L’abbazia di San Nicola di Macugno a sud dell’abitato di Neviano (Lecce)

di Cosimo Napoli

L’abbazia di San Nicola di Macugno è un insediamento bizantino ubicato a sud dell’abitato di Neviano, in località “Specchia di Macugno”.
L’insediamento è raggiungibile dalla Neviano – Collepasso per una antica carraia scavata nella roccia, segnata da solchi profondi (per un buon tratto distrutta da uno sbancamento abusivo nel 1985) ed  è annunciato da due tratti di muri secolari; sul limite del muro di destra è incisa una croce patente (simbolo templare).
Il complesso consta di quattro grotte sotterranee; una di esse è assai vasta, con pilastro al centro, e fu, evidentemente, una cripta.
I fabbricati sono costituiti da un corpo turrito fortificato con tracce di caditoia e da un ampio locale con volta a botte e forno.
L’insediamento s’inerpica sul pianoro, oltre i 100 mt. sul livello marino, da dove si domina la vallata sottostante punteggiata dagli abitati di Neviano, Collepasso, Cutrofìano.
Una delle due nicchie della torre ospita ancora uno sbiadito affresco relativo alla figura del Santo Vescovo con mitra e pastorale: si tratta, probabilmente, di San Nicola di Bari, che vigila tuttora sul complesso grottale Nevianese.

II sito è coperto da lecci e vegetazione tipica delle macchie; sul crinale (la serra) esso è chiuso e protetto da un muraglione medievale di dimensioni straordinarie, circa mt. 2,5/3,00 di larghezza e mt 2,00 di altezza.
Oltre che delimitativo, l’avanzo murario in questione sembra abbia dovuto assolvere ad una funzione di terrazzamento, proteggendo le grotte e il complesso monastico, posti lungo il declivio, dalle frane e dalla piena delle acque.
Numerosi accessi a scala scandiscono quella specie anche di antemurale ogni 5/6 mt., consentendo di montare in cima e quindi di penetrare all’interno.
L’abbazia di San Nicola di Macugno è attestata per la prima volta nel 1578, nella visita pastorale di Mons. Cesare Bovio, vescovo di Nardò, tra le ” Abatie nuncupate civitatis et dioecesis Neritonensis”.
Essa dipendeva dalla chiesa di Nardò cui doveva obbedienza ed il tributo di una libra di cera all’anno in occasione della festa dell’Assunta.
Nel 1612 il beneficio ” S. ti Nicolai de Macugni appare traslato nella cappella del castello (“in castro dicti Casalis Neviani”) che patronato dei baroni pro-tempore di Neviano, i Pirelli.
Il suo modesto patrimonio fondiario nel 1618 consisteva di “12 tomoli di terre scapole in loco detto lo Prato in medio cuiu adest Ecclesia S. Nicolai. Abbatia nuncupata iuxta bona curiae baronalis dicti Casalis, bona doctoris Thomae Megha de Galatone, ex pluribus lateribus, bona Francisci Epifani di Galatone et alios confines, sei tomoli in loco detto la Ruca, dodici tomoli di terre scapole in loco “nuncupato le Pile seu li Mucchi de la Fontana”.

Una ventina di anni dopo, nel 1636, l’arciprete di Galatone Cosimo Megha, convisitatore del Vicario Granafei, la annotò tra le quindici abbazie della diocesi.
Nel 1650 i terreni abbaziali risultano affittati a tal Colamaria Magi, che per essere moroso viene condannato al pagamento di 300 libre di cera.
Notizie scarse e imprecise dà dell’abbazia, dell’ordine monastico e del sito, il Vetere, il quale in forma dubitativa la ipotizza come istituzione bizantina maschile da localizzare in territorio di Neviano.
L’abbazia fu, quindi, polo di aggregazione per i rurali che vi si insediarono e dettero vita ad un casale.

particolare con la croce potenziata

I Registri Angioini ci forniscono alcune informazioni sulle intestazioni feudali del casale di Macugno, che viene anche denominato Matunii e Matundi.
Nel 1269, appena sedato il turbine delle contrapposizioni svevo-angioine, Carlo I D’Angiò concede ai fratelli Rodolfo e Teobaldo Belerio o De Bulleriis, militi, i casali di Matugnii, Neviani, et Melloni con ” provisio pro possesione”.
Anche in seguito, negli anni 1271-1272-1276-1277, l’angioino conferma e rinnova ai due suoi partitanti “casalia Neviani et Macugnii”.

Trapela dalla medesima fonte che prima della infeudazione in favore dei fratelli de Bulleriis, i nobili Narzone de Toziaco e Riccardo de Petravalda avevano posseduto Neviano e metà di Macugno.
Evidentemente de Toziaco e Petravalda dovevano essere stati signori tra il 1266 e il 1269.
Agli inizi del secolo XIV Macugno è in potere degli Amendolia ed è qualificato come feudo. Dopo essere succeduto al padre Giovanni, Tuzzolino de Amigdolea aveva assegnato il casale Matundi al fratello Nicola, con Neviano, Melissano e Maturano.
Coinvolto nelle oscure lotte tra angioini e durazzeschi, il ribelle Nicola Amendolia fu privato di Macugno nel corso della campagna pugliese del 1384 e fu sostituito col fedele Orso Minutoli.
Fin qui le notizie storiche che si è riusciti ad ottenere.

Nel 2005, dopo diversi secoli di abbandono, l’ abbazia di San Nicola di Macugno è stata acqustata dal Comune di Neviano e, grazie ai finanziamenti europei del PIS 14, è stata nel 2008 completamente restaurata e resa funzionale. Attualmente è sede dell’associazione “Ecomuseo del Paesaggio delle Serre di Neviano”. L’insediamento è visitabile previa prenotazione, contattando il Comune di Neviano.

Le foto sono di Cosimo Napoli

Da una foto del 1911 ecco il Grande Laboratorio di fichi secchi di Neviano

di Armando Polito e Marcello Gaballo

La foto, gentilmente messa a nostra disposizione  dall’amico Cosimo Napoli, fondatore del gruppo di Facebook ” Neviano – Abbazia di San Nicola di Macugno – Ecomuseo delle serre” , costituisce un prezioso documento non solo sotto l’aspetto storico ma anche sotto quello artistico e del costume.

Cominciando dal primo, la didascalia ci fornisce dati preziosi sulla cronologia e sul soggetto: Grande Laboratorio di fichi secchi diretto dal proprietario Sig. Rocco Miccoli Neviano (Lecce) Ottobre 1911 Fot. Cosimo Greco – Nardò.

Non tutti sapranno e pochi potrebbero pure immaginarlo che fino agli anni ’50 dello scorso secolo il fico1 ha rappresentato un prodotto di spicco nell’economia del Salento. Chi oggi ha più di sessant’anni e da piccolo ha avuto l’opportunità di trasferirsi con la famiglia per la villeggiatura in una casa di campagna (casìnu2) avrà un ricordo, per quanto vago, della raccolta giornaliera dei fichi, operata di solito dagli uomini, mentre alle donne era per lo più riservato il compito di spaccarli e di collocarli sui graticci (cannìzzi3) perché seccassero. Al tramonto del sole, poi, i cannìzzi venivano di solito trasferiti in un locale coperto o, comunque, protetti dall’umidità della notte. Il giorno successivo, dopo che i fichi erano stati rivoltati, venivano riesposti al sole e quest’operazione si ripeteva finché il processo di essiccazione non era completato, il che richiedeva che trascorresse un tempo variabile in funzione delle condizioni atmosferiche, ma, comunque, non inferiore ad una decina di giorni. Quando tutto il prodotto era perfettamente essiccato i fichi venivano lavati e riesposti al sole ad asciugare; dopo di che avveniva un’operazione di scelta: i migliori, di solito quelli di pezzatura maggiore, venivano richiusi con all’interno una mandorla e pezzettini di scorza di limone e sistemati verticalmente uno a stretto contatto con l’altro in grandi teglie rettangolari a bordi bassi (stanàti4); gli altri, per così dire di seconda qualità, trovavano la stessa collocazione ma in

Nell’area del castello di Neviano un insediamento Neolitico?

di Cosimo Napoli

I lavori di sistemazione dell’area circostante il castello baronale di Neviano, eseguiti nel 2009, hanno dato risultati sorprendenti: dai saggi archeologici effettuati, con l’assistenza della Soprintendenza Archeologica di Taranto e la sorveglianza continua dell’Archeologa Dott.sa Barbara Vetrugno, sono venuti alla luce dei reperti di importanza straordinaria.

Sono state trovate le fondamenta di locali precedenti a quelli edificati nel 1700 e poi demoliti nel 1970. Si tratta di locali medioevali del XIII secolo. Scavando il battuto medioevale è stata ritrovata una moneta del V secolo dopo Cristo. Durante il proseguo degli scavi in quella zona ci si è imbattuti in un altro reperto importante: un dado da gioco in osso. Molto antico (foto).

Ma la scoperta più incredibile è stata un coltello del neolitico: una lama in selce della lunghezza di ben 9 centimetri.

E’ un ritrovamento molto raro per il Salento. La selce infatti non si trova nella nostra penisola ed è praticamente impossibile che sia giunta nell’area del castello per puro caso. Tale minerale in quell’epoca aveva un valore enorme, serviva per armi e utensili necessari alla sopravvivenza.
Dal ritrovamento di diversi frammenti di ceramica di impasto, della stessa epoca del coltello, si presume che nell’area del castello di Neviano vi sia stato un insediamento neolitico.

Entrambi i reperti, più tre monete che sono al vaglio degli studiosi, sono stati presi in consegna dal Centro Operativo di Lecce dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia.
L’Amministrazione Comunale nel 2009 ha fatto il suo dovere, oggi, deve procedere ad incrementare la cultura e la storia del nostro comune. Occorre reperire i fondi necessari all’acquisizione del castello e al recupero dello stesso.
A livello storico-archeologico è importante che per ogni lavoro, specialmente pubblico, da effettuare nella zona del centro storico siano previsti dei saggi archeologici.
E’ auspicabile, pertanto, non cambiare rotta. Neviano ha diritto ad avere il suo castello, valorizzato, funzionale alle esigenze culturali dei cittadini.

Anche l’associazione “Ecomuseo del Paesaggio delle Serre di Neviano” chiede il recupero del monumento più importante del paese, da tutti riconosciuto come un vero e proprio baluardo difensivo, proteso verso la pianura salentina.

 

Le foto sono di Cosimo Napoli.

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