di Paolo Vincenti
“Certo, si può vivere senza musica, senza poesia, senza amore. Ma mica tanto bene!”: questa citazione, da Vladimir Jankelevitich, è messa in epigrafe a Poesia, liminare lirica di “Canti allo specchio”, nuova silloge poetica di Cosimo Corvaglia, edita da Besa (2006).
“Nel dilagare di tanta (pseudo) poesia dilettantistica e rozza, le sue non facili composizioni, così raffinate e sofferte insieme, riconciliano con l’arte moderna”: così scriveva Carlo Prato, nel 2000, di Corvaglia.
“Canti allo specchio” non reca alcuna prefazione o postfazione, ma si presenta così, scabra, essenziale, senza nessun apparato critico, se non fosse per alcune sparute note esemplificative ed un breve profilo biografico dell’autore in terza di copertina. Ciò è dovuto, forse, al fatto che l’autore vuole che queste sue poesie giungano ai lettori senza alcuna mediazione, cosicché ognuno possa dare ai testi una propria interpretazione. L’ambiente della formazione dell’autore è del tutto estraneo al Salento, avendo egli studiato prima ad Agropoli e poi a Genova.
Un “salentino di ritorno”, quindi, Corvaglia, poeta classico, nel senso più nobile del termine, e moderno, per certi versi addirittura sperimentale, al tempo stesso.Egli ha pubblicato numerosi saggi critici, nel corso della sua