di Armando Polito
(immagine tratta da https://www.giardinaggio.it/giardino/singolepiante/arbutus/arbutus.asp)
È il nome neretino del corbezzolo, col quale, tutto sommato, non condivide la difficoltà di giungere ad un etimo definitivo. Per corbezzolo, infatti, sono state formulate innumerevoli proposte che qui non riporto per non tediare il lettore e farlo giungere svogliato, se non già stanco, al nostro crùsciulu. Dico preliminarmente che nel Dizionario leccese-italiano di Antonio Garrisi (consultabile in http://www.antoniogarrisiopere.it/31_000_DizioLecceItali_FrameSet.html) al lemma rùsciulu viene riportato coome etimo il latino rubeus incrociato con rugius e con (corn)eolus. Quest’etimo mi appare decisamente bastardo ed uso questo vocabolo con un pizzico di ironia perché la voce sarebbe frutto non di un solo incrocio, ma, addirittura di due, ipotizzati non in modo disgiuntivo o, se preferite, alternativo; come se non bastasse, poi rugius, riportato come voce non ricostruita, cioè senza asterisco, non è attestato. Anche sul piano semantico l’etimo del Garrisi convince poco, perchè anche i frutti del corniolo (il corneolus (corniolo) del secondo incrocio sono rossi come quelli del corbezzolo e, dunque, non c’era nessun bisogno del rugius del primo incrocio.
(immagine tratta da https://www.euganeamente.it/il-corniolo/)
Eppure sarebbe bastato consultare il dizionario del Rohlfs, che in questo campo rimane ancora come una sorta di Bibbia. Oltre al neretino (e pure leccese) crùsciulu vi si trovano registrate anche le varianti di altre località del Salento: rìsciulu, crìsciulu, frùsciulu, rùsciulu e rùssulu. Ho lasciato questa voce per ultima perchè al suo lemma (dal quale si rinvia a quello delle altre varianti) il Rohlfs propone come etimo un latino *russulus=un po’ rosso. Qualcuno dirà che si tratta della solita voce ricostruita induttivamente; per fugare ogni dubbio dirò che non c’era neppure bisogno che il Rohlfs scomodasse il latino, sia pure ricostruito, *rùssulus diminutivo di russus, perché il dialetto neretino conosce il russulieddhu (un fungo, commestibilissimo, dal caratteristico colore rosso tenue), doppio diminutivo di russu=rosso (trafila: russu>*rùssulu>russulieddhu).
Rispetto a rùssulu in rìsciulu e rùsciulu, a parte la normalità del differente vocalismo, il passaggio –ss->-sc– trova giustificazione nella stessa evoluzione che si nota in frùsciu rispetto a flusso e probabilmente prorio quest’ultima voce, in una sorta di incrocio inconsapevole (cioè di natura esclusivamente fonetica) potrebbe spiegare la f– di frùsciulu. Infine in crìsciulu e crùsciulu la c– potrebbe essere di natura espressiva (e non frutto di incrocio con parola di problematica individuazione) analogamente a quanto avvenuto in cruffulare (=russare), che è da un precedente ruffulare, forma iterativa con assimilazione –nn-<-nf– dell’italiano ronfare.
Chiudo ricordando che crùsciulu a Nardò è usato anche nel senso traslato di stupido, con probabile riferimento al carattere selvatico e alla conseguente scarsa importanza economica dell’arbusto. Sarò grato a chiunque vorrà dire la sua, anche a costo, prove alla mano, di aver fatto la figura del crùsciulu, inconveniente, d’altra parte in cui tutti possiamo sempre incorrere, come, per giunta sul tema, mi è capitato tempo fa (https://www.fondazioneterradotranto.it/2010/09/24/che-figura-di-corbezzolo/) …