Un’opera del Settecento nel castello di Copertino

di Giovanni Greco

Rappresentato privo di vita, con le palpebre abbassate; con il capo reclinato sulla spalla destra nell’atto di esalare l’ultimo respiro. La folta chioma caratterizzata da riccioli ondulati, scende sulla spalla destra lasciando scoperto il collo.

Ecco, finalmente restaurato e fruibile ai visitatori del castello di Copertino, il “Cristo ligneo del XVIII secolo”, opera di ignoto maestro meridionale, intagliata in tronco di latifoglia, alta 64 centimetri e larga 67.

L’intervento conservativo, avviato nell’ottobre scorso, è stato realizzato attraverso il progetto “Opera tua” con investimenti della Coop Alleanza3.0, e votato dal 53% dei soci Coop, vincendo così la tappa di Puglia e Basilicata. L’esecuzione del restauro è avvenuta ad opera della Cnido di Alessandro Burgio, in particolare della restauratrice Chiara Muschitiello, in collaborazione con Fondaco Italia, società attiva nella valorizzazione dei beni culturali italiani che coadiuva l’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco.

Il Crocifisso, che da oggi è possibile ammirare in una delle sale di palazzo Pignatelli del castello, rappresenta il primo esemplare di una collezione di opere d’arte provenienti da sequestri del Nucleo per la tutela del patrimonio artistico. L’opera in questione infatti è un manufatto erratico recuperato presso un rigattiere della zona dalle forze dell’ordine durante un’operazione di sequestro di beni sottoposti a vincolo storico-artico.

Tant’è che le condizioni precedenti il restauro lasciavano intravedere un passato molto travagliato, sottolineato da interventi arbitrari e discutibili. La parte strutturale si presentava gravemente compromessa, priva di due chiodi e del supporto ligneo con funzione portante. Quella scultorea priva di diverse parti e oggetto di profonde abrasioni in corrispondenza della mani e dei piedi.

La policromia visibile prima dell’intervento conservativo non era quella originale: eseguita in modo grossolano, presentava plurime lacune; le indagini diagnostiche condotto da geologo Davide Melica hanno permesso di fare chiarezza sulla stratigrafia dell’opera e sugli interventi pregressi. La restituzione grafica dettagliata in scala del manufatto è stata realizzata da Annachiara Riccardo, studentessa presso il Liceo artistico di Galatina. Alla cerimonia di presentazione c’erano la direttrice del castello, Filomena Barbone; Aldo Pulli, presidente dell’area Coop del meridione d’Italia; Enrico Bressan di Fondaco Italia e i restauratori Burgio e Muschitiello.

Evangelista Menga, progettista del castello di Copertino

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di Giovanni Greco

Evangelista Menga, progettista del castello di Copertino, a cui si attribuiscono i lavori di quelli di Mola e Barletta nonchè le fortificazioni di Malta, fu anche tra gli architetti che si alternarono nella fabbrica del Castel nuovo di Reggio Calabria.

La sensazionale rivelazione, a firma di Francesca Martorano, direttore del Dipartimento patrimonio, architettura, urbanistica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, consente di allargare ulteriormente gli orizzonti circa la conoscenza di questo architetto militare originario di Francavilla Fontana e naturalizzato copertinese, per anni al servizio di Carlo V.

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particolare dell’ingresso del castello di Copertino

 

Il nome di Evangelista Menga compare tra i progettisti che contribuirono alla ricostruzione del complesso quadro dell’architettura fortificata in Calabria, richiesta dalle grandi incursioni autorizzate dal sultano ottomano. Una rete difensiva che costò enormi sacrifici da parte della popolazione in termini di uomini, mezzi, denaro. Nel XVI secolo, quando anche in territorio calabrese l’attenzione del potere centrale si spostò dalla singola fortificazione al territorio nel suo insieme, diversi ingegneri e architetti inviati dalla Corona Spagnola, si avvicendarono nella rimodellazione di una serie di opere militari. Antonello da Trani, Giovanni Maria Buzziccarino, Gian Giacomo dell’Acaja, Evangelista Menga, Ambrogio Attendolo, Benvenuto Tortelli, Gabrio Cerbellon sono i nomi di coloro di cui esiste ampia documentazione.

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cortile interno del castello di Copertino (ph Khalil Forssane)

 

A Reggio Calabria i documenti ritrovati qualificano il Menga “capomastro”. Ma doveva trattarsi di un capomastro particolare se il 16 gennaio 1547 gli vennero anticipati dalla Regia Corte 600 ducati di salario. In altri documenti viene definito “architettor dela fabbrica”. La cifra che gli veniva corrisposta non era da poco, se la paga usuale per la qualifica di capomastro era di 8 ducati al mese. Altri pagamenti al Menga vengono registrati per tutto il 1547 e fino al maggio dell’anno successivo.

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Il castello di Copertino

di Fabrizio Suppressa

Immerso tra il verde degli ulivi salentini e a pochi chilometri dal blu del mare Ionio sorge Copertino, un comune popolato da poco meno di 25000 abitanti. Se dovessimo descrivere questa ridente cittadina con un’immagine che la rappresenta, senz’altro ci lasceremmo catturare dalla mole bruno-carparo del castello cinquecentesco e dal mastio angioino inglobato nella fortezza. Una perfetta macchina da guerra, che seppur svaniti i cupi periodi bellicosi, continua tutt’ora a destare rispetto e meraviglia ai turisti che giungono a visitare il Monumento Nazionale.

veduta aerea di Copertino

Ripercorriamo brevemente le origini del fortilizio celate nelle gagliarde murature, sino ad arrivare all’attuale conformazione del “più grande, bello e forte castello che si vegga nella provincia”, per dirla con le parole del Marciano, opera di Evangelista Menga “Architettore eccellentissimo, (..) della Cesarea Maestà di Carlo V”. 

Delle primordiali origini del castello di Copertino vi sono molte ipotesi, la più avvincente riguarda una possibile fondazione bizantina di un castéllion o di una piccola cittadella fortificata che amministrava fiscalmente e militarmente i limitrofi casali. Nonostante accurati saggi di scavi e rilievi a cura della Soprintendenza, ad oggi non sono state rinvenute tracce risalenti a questo periodo storico.

Il primo nucleo ben identificabile è l’antico mastio sorto probabilmente sotto il dominio Svevo e portato a termine dagli Angioini, come testimoniano l’esistenza di alcuni stemmi e l’iscrizione “CAROLUS ANDEGAVENSIS 1267”.

castello di Copertino (ph F. Suppressa)

In seguito, a causa di successioni ereditarie, il feudo copertinese, assieme a quelli di Leverano, Veglie e Galatone, passa ai Gualtieri di Brienne, che appongono il proprio stemma in pietra leccese sul lato Est con l’iscrizione (non più esistente)  “GUALTERIUS DE BRENNA COMES CUPERTINI”.

Possiamo immaginare questa magnifica opera come isolata e probabilmente munita di recinzione e fossato di difesa, non molto differente dalla vicina torre federiciana sita in Leverano. D’altronde in alcuni punti non avvolti da superfetazioni, sono ben visibili una pronunciata scarpa alla base della torre e superiormente dei beccatelli mutilati che sorreggevano probabilmente un camminamento in legno. L’interno era poi costituito da solai lignei, sostituiti poi nel ‘700 con volte in muratura, mentre una scala a chiocciola, realizzata nella spessa muratura, collegava tra loro i vari piani.

Il dongione era praticamente inespugnabile poiché l’accesso originario era collocato alla quota del primo piano, e comunicava con l’esterno tramite un ponte levatoio, di cui oggi permangono gli scassi dei bolzoni sul lato Nord che tracciano sulla scarna muratura una sorta di grossa croce latina.

Con il matrimonio tra Caterina, figlia di Maria D’Enghien e Raimondo Del Balzo Orsini, con il Cavaliere francese Tristano di Chiaromonte, il feudo e il castello vengono donati ai novelli sposi. Tristano, divenuto ora Conte di Copertino, cinge di mura le terre del proprio feudo ed erige il raffinato e tutt’ora esistente Palazzo Comitale, arricchendolo successivamente da un grazioso loggiato con bugne a punta di diamante.

Non passa poco tempo che feudo e castello vedono nuovamente cambiare signore. Con la guerra tra Angioini e Aragonesi e la vittoria di quest’ultimi, le proprietà vengono concesse ai Principi Castriota Scanderberg d’Albania come ringraziamento degli aiuti prestati.

Ma siamo oramai agli inizi del XV secolo, l’invenzione e lo sviluppo dell’artiglieria sconvolge radicalmente le tecniche difensive di castelli e rocche. In tutta Europa le esili mura medievali vengono sostituite con cortine e opere bastionate ed anche il nostro castello di Copertino verrà perfettamente rimaneggiato alla maniera moderna.

Promotore di queste nuove ristrutturazioni è Alfonso Castriota come ci ricorda la lunga iscrizione che corre lungo il prospetto Nord-Est:

D. ALFONSO CASTRIOTA MARCHIO
ATRIPALDI DVX PRAEFECTVSQVE CAESARIS
ILLVSTRIVM D ANTONII GRANAI CASTRIOTAE
ET MARIE CASTRIOTAE CONIVGVM FERRANDINAE
DVCUM ET COMITVM CVPERTINO, PATER, PATRVVS
ET SOCER ARCEM HANC AD DEI OPTIMI MAXIMI
HONOREM CAROLI QVINTI REGIS ET IMPERATORIS
SEMPER AVGVSTI STATAM. ANNO DOMINI MDXL.

Costui affida l’incarico al copertinese Evangelista Menga, architetto militare nativo di Francavilla Fontana, già divenuto celebre per le sue fortificazioni di Malta, Mola e Barletta.

Il nuovo sistema difensivo, realizzato tra il 1535 e il 1540, si sviluppa attorno agli edifici preesistenti e ricalca planimetricamente il cortile trapezoidale dell’antico Palazzo Comitale. Vengono realizzate le spesse cortine di difesa, suddivise in due ordini di fuoco di cui quello superiore in “barbetta” e i quattro bastioni a punta di lancia collegati tra loro con una lunga galleria che scorre all’interno del perimetro del castello.

Contemporaneamente viene anche realizzato il portale di accesso (sempre opera di Evangelista Menga), dalle geometrie che ricalcano le linee angioine-durazzesche, arricchito inoltre da decorazioni scultoree in pietra leccese e da augustali con i volti dei personaggi che hanno contribuito alla storia dell’abitato.

particolare del portale del castello di Copertino (ph F. Suppressa)

Possiamo immaginare il castello nel pieno del suo splendore grazie ad un anonima descrizione settecentesca custodita presso l’Archivio Vescovile di Nardò:

“Così è fabbricato con ogni regola militare, che sempre a difesa dei suoi cittadini servirà da palladio contro i nemici. Né il suo fabbrico potrà mai venir meno, che per le sue fondamenta appoggiate si veggono sopra il sasso; tanto più sempre durevole, quanto ch’è pietra viva. E’ di passi 200 di circulo la sua pianta, cingendola per intorno il fossato largo passi 17 dalle cortine di fuore, e dalli Baloardi passi 8. Ha quattro torrioni in faccia de quattro venti più principali, difendendo la terra per ogni parte dai suoi nemici: ogn’uno di quelli ha quattordici finestroni, ed in ciascheduno di quelli vi sono due finestre una diversa dall’altra, per dove a traverso può giocare il cannone. (…)

Nella sua porta maggiore non solo vi è il rastrello, ma anche il ponte a trabocco; a fronte di chi, prima di entrare nel suo cortile, vi sono due fenestroni che con delle bombarde minacciano l’ingesso.

Succedendo il bisogno di far mine, e contro mine, così vi sono altre sotterranee corsie, come sotto de li baluardi in terra piana, che guardano le fossate. Vi sono stanze per abitare di varia sorte di genti e per risposta d’ogni attrezza di guerra. Forni, e molini per macinare grani, e polvere, ritrovandosi in quantità nelle sue grotte il salnetro. Non mancano le provviste dell’acque piovane nelle molte cisterne; come in un pozzo l’acque surgenti dolcissime, ed in abbondanza. Il fabbrico delle sue mura è largo palmi 35 con calcina di molta gran forte mistura. Detto castello fu guarnito con cento pezzi di cannoni ed altra artiglieria di bronzo, e con cento venti e più altri di ferro. Il piano vicino al castello è tutto minato, e con difficoltà questa fortezza potrà essere abbattuta.”

Con l’estinzione del ramo Castriota, il feudo viene messo all’asta dal regio demanio e acquistato dagli Squarciafico, banchieri genovesi con molte attività nel Salento. A questa famiglia dobbiamo la realizzazione di un capolavoro nel capolavoro, ovvero la costruzione della cappella di San Marco (realizzata al di sopra di una angusta cripta tutt’ora esistente) interamente affrescata dal pittore copertinese Gianserio Strafella con scene del Vecchio e Nuovo Testamento; senza tralasciare un ulteriore opera d’arte custodita nella cappella: il monumento funebre di Stefano e Uberto Squarciafico realizzato dallo scultore gallipolino Lupo Antonio Russo in stile manierista.

Negli anni a seguire si susseguiranno ulteriori nobili famigli, quali i Pinelli, i Pignatelli e i Granito di Belmonte, che passata la paura ottomana, trascureranno il nostro castello a favore di palazzi molto più sfarzosi e confortevoli nelle città più importanti del Regno.

L’ultimo periodo di gloria per il castello avverrà verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il re Vittorio Emanuele III e il Governo Badoglio rifugiandosi a Brindisi, stabiliscono qui il Comando di Presidio dell’Esercito. Tutti i locali interni e le aree attorno saranno destinate al ricovero delle truppe someggiate.

Verrà in seguito, dopo anni di abbandono ed incuria, acquistato dal Ministero che in accordo con la Soprintendenza darà il via ai lavori di restauro e di restituzione dell’opera come polo culturale ai suoi legittimi possessori: i cittadini di Copertino.

Libri/ Copertino. Immagini e storie

castello di copertino (ph M. Gaballo)

di Paolo Vincenti

Copertino. Immagini e storie”, di Mario Cazzato è un libro edito, per il Crsec Le/38 di Copertino Regione Puglia, dalle Grafiche Panico (2005). “Copertino. Immagini e storie”, a cura di Pierpaolo De Giorgi, offre una ulteriore riflessione sulla storia di Copertino dei secoli passati e va ad aggiungersi alle preziose pubblicazioni sulla storia del casale salentino già edite. Solo che stavolta si tratta non di una pubblicazione scientifica tout court, ma di un volume che, pur attingendo alla storia copertinese, si ritaglia ampi spazi  di invenzione fantastica, collocandosi  a metà strada fra il romanzo storico ed il saggio di carattere divulgativo. Si tratta di una storia avvincente offertaci da chi, come Mario Cazzato, ha una lunga esperienza di pubblicazioni di storia patria ed è avvezzo a consultare archivi e biblioteche, per dare alle proprie pubblicazioni il crisma della scientificità e del rigore nella ricerca.

Stavolta, però, Cazzato ci offre una lunga passeggiata nel XIV secolo, in compagnia di un cavaliere francese, Sourè, che arrivò a Copertino al seguito dei dominatori angioini e che, per propria devozione, realizzò, nella campagna fra Galatina e Copertino, un santuario dedicato a San Michele Arcangelo, santo guerriero dal Sourè molto amato. Questa devozione è testimoniata da una lunga

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