di Massimo Vaglio
Pastiddhre, con questo termine in larga parte della Puglia, ma anche della Sicilia e della Calabria, si appellano le durissime castagne secche senza scorza e “pellicina” che un tempo, in questa terra, costituivano il tipico pasto delle lunghe e fredde giornate di fine inverno. Facevano la loro comparsa in tutte le botteghe generalmente nel tardo inverno e venivano vendute a prezzo modico alla stregua dei legumi. Erano consumate principalmente previa cottura anche se i bambini se ne riempivano le tasche per sgranocchiarle durante il gioco.
Il castagno, come è noto, vegeta bene oltre i 700 metri sul livello del mare e quindi, nel pianeggiante Salento, venivano importate dalle regioni montuose più vicine. Erano spesso anche oggetto di baratto, infatti, avventurosi commercianti, con spirito e mezzi da veri pionieri, raggiungevano le impervie montagne della Basilicata e della Calabria, barattando i più tipici prodotti salentini: farina di grano duro, olio d’oliva, vino, mandorle e fichi secchi, con pastiddhre, castagne del prete e sovente anche con salsicce e maiali. Non mancavano neppure gli artigiani, soprattutto calzolai che andavano a vendere i loro manufatti nelle zone interne della Basilicata e della Campania, integrando spesso il compenso con qualche sacco di castagne che, al ritorno