Cavallo in cucina ovvero la preistoria a tavola

di Massimo Vaglio

G.D. Ferretti (1692-1766), Arlecchino cuoco, olio su tela, Sarasota (Florida), The John & Mable Ringling Museum

E’ notorio come le carni equine non siano apprezzate univocamente in tutta la penisola italiana, bensì, come il loro uso, sia circoscritto a piccole aree sparse a macchia di leopardo, tanto a Nord, quanto nel Centro-Sud.

Una delle più estese, è senza dubbio il Salento, ove il consumo di carni equine o ferrate, come vengono localmente denominate, è quantitativamente paragonabile a quello delle carni bovine e suine.

Nessuno azzarda a ipotizzare una continuità storica, ma è un dato scientificamente comprovato, che le carni di un piccolo equide: l’Asino Idruntino (Equus asinus hydruntinus), fossero qui, già cospicuamente consumate, sin dal Paleolitico Medio e Superiore, come una grande mole di reperti, ritrovati in molte grotte del Salento testimoniano. Forse, ma è sempre un’ipotesi, l’estinzione di questo simpatico asinello dalla testa di mulo, sopravvissuto persino alla terribile glaciazione wurmiana,

Alcune ricette salentine con la carne di cavallo

 

Il banco del macellaio di Pieter Aertszen, detto Pietro il Lungo (Amsterdam, 1508 circa – Amsterdam, 1575), pittore fiammingo

di Massimo Vaglio

Pezzetti alla “pignata”
In una casseruola fate imbiondire leggermente in olio di frantoio della cipolla tritata grossolanamente, aggiungete delle carote, delle coste di sedano a tocchetti, pepe macinato, meglio se pepe bianco, peperoncino, sale, un po’ d’acqua e conserva di pomodoro in quantità tale che non colori eccessivamente gli ortaggi. Lasciate stufare a fuoco lento in modo che tutti gli ingredienti cuociano perfettamente, ammorbidendosi e insaporendosi a vicenda, quindi passate diligentemente il tutto al passaverdure e tenetelo da parte. In una pentola, ponete la carne preventivamente tagliata a pezzetti della grandezza desiderata con qualche foglia di alloro, ricopritela di acqua, salate e portate ad ebollizione, schiumate ripetutamente, togliete dal fuoco, eliminate una parte di questo brodo e sostituitelo con il passato di ortaggi precedentemente preparato. Continuate la cottura a fuoco lento aggiustando di sale se necessario; appena la carne risulterà tenera e ben cotta e il sugo ben ristretto ed avrà acquisito il sapore della carne, si potrà
servire. Per questa tipicissima preparazione si possono adoperare sia carni bovine che equine; ma prevale nettamente l’uso di queste ultime, in questo caso il buon oste usa spesso inserire degli ossi di bovino o meglio degli ossi cartilaginosi presi dalla spalla o dal petto allo scopo di arrotondarne il gusto.

Carne di cavallo con i capperi
La carne tradizionalmente utilizzata per questa preparazione è quella “ferrata”, come in varie zone della Puglia (non è difficile capire il perché) viene indicata la carne equina. Originariamente si adoperava prevalentemente carne di asino,

Cavallo in cucina ovvero la preistoria a tavola

di Massimo Vaglio

G.D. Ferretti (1692-1766), Arlecchino cuoco, olio su tela, Sarasota (Florida), The John & Mable Ringling Museum

E’ notorio come le carni equine non siano apprezzate univocamente in tutta la penisola italiana, bensì, come il loro uso, sia circoscritto a piccole aree sparse a macchia di leopardo, tanto a Nord, quanto nel Centro-Sud.

Una delle più estese, è senza dubbio il Salento, ove il consumo di carni equine o ferrate, come vengono localmente denominate, è quantitativamente paragonabile a quello delle carni bovine e suine.

Nessuno azzarda a ipotizzare una continuità storica, ma è un dato scientificamente comprovato, che le carni di un piccolo equide: l’Asino Idruntino (Equus asinus hydruntinus), fossero qui, già cospicuamente consumate, sin dal Paleolitico Medio e Superiore, come una grande mole di reperti, ritrovati in molte grotte del Salento testimoniano. Forse, ma è sempre un’ipotesi, l’estinzione di questo simpatico asinello dalla testa di mulo, sopravvissuto persino alla terribile glaciazione wurmiana,

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