di Maria Grazia Presicce e Armando Polito.
Certe volte gli storici sembrano arrabattarsi in sottili distinguo e in ragionamenti che rasentano la masturbazione mentale e ci viene la tentazione di affermare che la più grande fesseria detta da Cicerone fu l’historia magistra vitae. Ci hanno fatto pensare l’una cosa e l’altra (in realtà si tratta, per quel che vale, della conferma di un convincimento maturato da tempo…) questa poesia, apparsa centotrentotto anni fa sul giornale leccese Il Propugnatore, la cui attualità lasciamo giudicare al lettore.
Tutte le strade conducono a Roma.
Proverbio
Amici miei, chiedete che in faceto
stile, raccozzi un qualche mio sciloma1?
Sia pur cosaccia, aborto, mostro o feto?
Asino stanco addosserò la soma
che m’imponete, e sarà cura mia
di farla entrare, o bene o male, in Roma.
Se entrarvi non potrò per piana via,
v’entrerò come esercito italiano,
rompendo o scavalcando Porta Pia.
Eccomi dunque con la penna in mano,