Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina,

Giorgio Cretì

 

Poppiti (Il Rosone, 1996) è un romanzo moderno che ha sapore d’antico.

Ne è autore Giorgio Cretì (1933-2003), scrittore salentino, nato a Ortelle, in provincia di Lecce, ma trasferitosi presto a Pavia. Autore di vari racconti pubblicati su “Il Rosone”, la rivista dei pugliesi di Milano, e su altri periodici, Cretì, membro dell’Associazione Stampa Agroalimentare, ha dedicato i propri interessi di studio prevalentemente al settore della gastronomia e della cucina, dando alle stampe pregevoli testi come: Erbe e malerbe in cucina (Sipiel, 1987), il Glossario dei termini gastronomici, compresi i vocaboli dialettali, stranieri e gergali, annesso al volume I grandi menu della tradizione gastronomica italiana (Idea Libri, 1998), Il Peperoncino (Idea Libri, 1999), La Cucina del Sud (Capone Editore, 2000), A tavola con don Camillo e Peppone (Idea Libri, 2000), La Cucina del Salento (Capone, 2002), ed altri.

Il romanzo narra una storia d’amore che si volge nella campagna salentina, a Masseria Capriglia, fra Santa Cesarea Terme e Vignacastrisi, dove vivono i protagonisti del racconto, Poppiti appunto (o, nelle varianti Ppoppiti, con rafforzamento della lettera iniziale, o ancora Ppoppeti).

Varie le etimologie di questo termine gergale, ma la più accreditata è quella che lo fa risalire al latino post oppidum, ossia “fuori dalle mura del borgo”, ad indicare nell’antica Roma coloro che abitavano fuori dalle mura fortificate della città, dunque i contadini.

Questo termine è passato ad indicare la gente del Salento e in particolare dell’area più meridionale, ovvero di un territorio caratterizzato fino a cinquant’anni da un paesaggio prevalentemente agricolo e dominato dalla civiltà contadina.

ph Giorgio Cretì

 

La storia si svolge all’inizio del secolo Novecento e gli umili contadini del racconto sono Ia e Pasquale, il quale è chiamato alla guerra di Libia del 1911 ed è così costretto a lasciare soli la moglie ed il bimbo appena nato. L’assenza di Pasquale si protrae a lungo perché in guerra egli viene fatto prigioniero. Quando ritorna nel Salento, con grandi progetti per la sua famiglia, Pasquale non trova però la situazione ideale che aveva immaginato ma anzi incombe sulla Masseria Capriglia una grave tragedia.

Del romanzo è stato tratto un adattamento teatrale dalla compagnia “Ora in scena”, per i testi della scrittrice Raffaella Verdesca e la regia dello studioso Paolo Rausa. La rappresentazione teatrale è stata portata in vari teatri e contesti culturali a partire dal 2013 con un discreto apprezzamento di critica e di pubblico. In particolare, fra il maggio ed il giugno del 2014, ad Ortelle, città natale dello scrittore, nell’ambito della manifestazione “Omaggio a Giorgio Cretì”, venne allestita in Piazza San Giorgio, la mostra di pittura Ortelle. Paesaggi Personaggi … con gli occhi (e il cuore) di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello, presso Palazzo Rizzelli. Ortelle commemorava così un suo figlio illustre, con una serie di incontri e conferenze e con la messa in scena dello spettacolo teatrale, a cura di Raffaella Verdesca e Paolo Rausa. Le parole del romanzo di un cultore di storia patria si intrecciavano ai colori e alle immagini di due artisti del pennello, anch’essi ortellesi. La mostra pittorica di Casciaro e Chiarello ha portato alla pubblicazione di un catalogo dallo stesso titolo della mostra, con doppia speculare copertina, realizzato con il patrocinio del Comune di Ortelle, dell’Università del Salento, del CUIS e della Fondazione Terra D’Otranto.

Sulla copertina, in una banda marrone nella parte superiore, si trova scritto: “Per un antico (pòppitu) eroe. Omaggio a Giorgio Cretì”. Nella parte centrale, la foto di un bellissimo antico portale del centro storico di Ortelle. All’interno del volumetto, Casciaro e Chiarello si dividono equamente gli spazi: da un lato le opere dell’uno e dal lato opposto quelle dell’altro, realizzando una sorta di residenza artistica o casa dell’arte su carta. Il catalogo è introdotto da una bellissima poesia di Agostino Casciaro, dedicata proprio ad Ortelle e da una Presentazione della critica d’arte Marina Pizzarelli.

uno dei dipinti di Carlo Casciaro

Quindi troviamo i volti di Carlo Casciaro, fra i quali il primo è proprio quello dello Pòppitu Cretì, in un acrilico su tela del 2014; poi quello di Agostino Casciaro, tecnica mista 2014, e quello del pittore Giuseppe Casciaro (1861-1941), ch’è forse la maggior gloria ortellese, pittore di scuola napoletana, del quale Carlo è pronipote. Inoltre, l’opera Ortelle, acrilico su tela 2012, con una citazione di Franco Arminio; Capriglia, acrilico su tela 2014, con una citazione dal romanzo di Cretì; Largo Casciaro, acrilico su tela 2013, e infine una scheda biografica di Carlo Casciaro. Di Carlo ho già avuto modo di scrivere che dalla fotografia alla pittura, egli comunica attraverso la sua arte totale. (Paolo Vincenti, L’arte di Carlo Casciaro in “Il Galatino”, 14 giugno 2013).

Laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha vissuto a lungo a Milano prima di ritornare nel borgo avito e qui ripiantare radici. L’oggetto privilegiato della sua pittura è il paesaggio salentino. Il suo è un naturalismo che richiama quello dei più grandi maestri, come Vincenzo Ciardo. È un paesaggismo delicato, fuori dal convenzionale, dal naif. Nelle sue tele, dai vivaci colori, in cui vengono quasi sezionati i reticolati urbani dei nostri paesini, più spesso le aree della socialità come le piazze, gli slarghi, le corti, si ammirano animali quali pecore, buoi, galline, gazze, convivere in perfetta armonia con oggetti e persone, in un’epoca ormai lontana, fatta di ristrettezze e di fatica, quella della civiltà contadina del passato. Il segno colore di Casciaro dà ai suoi paesaggi un’immagine di gioia temperata, di una serenità appena percepita, cioè non un idillio a tutto tondo, tanto che il cielo incombente sulle scene di vita quotidiana sembra minaccioso e il sole non si mostra quasi mai.

Nel microcosmo di una piccola e fresca cantina nella quale ha ricavato il suo studio, oggi Carlo fotografa vecchi e vecchine, parenti, amici, personaggi schietti e spontanei di quella galleria di tipi umani che offre la sua comunità, li immortala nei suoi ritratti a matita e pastello e li appende con le mollette a dei fili stesi nella cantina a suggellare arte e vita, sogno e contingenza. Una delle sue ultime realizzazioni infatti è Volti della Puteca Disegni-Foto-Eventi, Minervino Ortelle Lecce 2016 (Zages Poggiardo, 2017).

Mutando verso del catalogo, si ripetono la poesia di Agostino Casciaro e la Presentazione di Pizzarelli, e poi troviamo le opere di Antonio Chiarello. Fra i versi di Antonio Verri e Vittorio Bodini, sette acquerelli con una piantina turistica di Ortelle, cartoline e vedute panoramiche della città di San Vito e di Santa Marina e una Vecchia porta + vetrofania, L’uscio dell’orto (…e lucean le stelle), tecnica mista del 2011. Quindi, la scheda biografica di Antonio Chiarello. Anche di Antonio, fra le altre cose, ebbi a scrivere che egli, laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, utilizza, per le sue Pittoriche visioni del Salento, le tecniche più svariate con una certa predilezione per l’acquerello. (Paolo Vincenti, Da Sant’Antonio ad Antonio Chiarello in “Il Paese Nuovo”, 18 giugno 2011).

Nel 2005 Chiarello ha realizzato per la prima volta la mostra devozionale “San’Antonio giglio giocondo…”, con “tredici carte devozionali” dedicate al suo santo onomastico ed ha portato questo progetto- ex voto in giro per la provincia di Lecce in tutti i paesi dove vi sia il protettorato o almeno una devozione per il santo. Visceralmente legato alla patria salentina, Chiarello ne ha dipinto le grotte, i millenari monumenti, gli alberi, i suoi borghi incantati, le bellezze di Castro e di Porto Badisco, di Santa Cesarea e di Otranto, di Muro Leccese, di Poggiardo e di tutta la costa adriatica leucadense.

Autore anche di svariate realizzazioni grafiche e di manifesti, nella sua avventura umana ed artistica, ha interagito con amici quali Antonio Verri, Pasquale Pitardi, Donato Valli, Antonio Errico, Fernando Bevilacqua, Rina Durante. All’epopea degli ppoppiti, Chiarello e Casciaro confessano di sentirsi intimamente vicini per cultura, formazione e scelta sentimentale.

Ecco allora, nell’ideale ricerca di un’identità salentina, la pittura dei due artisti poppiti salentini intrecciarsi, in fertile connubio, con la scrittura di uno poppitu di ritorno quale Giorgio Cretì.

Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina, in Identità Salentina 2020, Salento Quale identità quale futuro? Contributi e testimonianze per la cultura e il governo del territorio, Italia Nostra sezione Sud Salento, a cura di Marcello Seclì, Collepasso, Tip. Aluisi, 2021

Su Giorgio Cretì vedi:

Giorgio Cretì – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

L’omaggio di Ortelle a Giorgio Cretì con la presentazione del volume antologico delle opere – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

 Giorgio Cretì come uno sciamano – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Storia di guerra e passione nel Salento rurale – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Carlo Casciaro e i ‘’Volti della Puteca’’ a Minervino di Lecce

Catalogo Volti della Puteca 2017

Vi è mai successo di entrare in un locale attratti da un richiamo irresistibile?

Nella Puteca di Minervino di Lecce capita.
In attività da dodici anni, “La Puteca de mieru” sostituisce il canto delle sirene con un’abbondante dose di cucina di qualità, una fiammata di buona musica e un posto a tavola sempre riservato all’Arte.
Il ‘Lunedì degli Artisti’, giorno dedicato all’esibizione libera di cantanti, attori e musicisti provenienti dall’Italia e dall’estero, è il banco di prova migliore per la traversata della noia sotto la guida d’una strana banda di avventori, suonatori e Shakespeare in erba.
Fino alle 22.00 tutto appare normale: i clienti occupano i tavoli e il proprietario, Antonio Amato, va e viene dalla cucina per prendere ordinazioni e fare arrivare agli ospiti succulente pietanze della tradizione salentina.
La gente nel frattempo si scalda e tra una chiacchiera e un bicchier di vino l’atmosfera diventa subito euforica e familiare.
All’apparenza, i clienti sembra non sappiano cosa accadrà di lì a poco, ma appena Pasquale Quaranta, in arte P40, o Claudio Giagnotti, alias Cavallo, intonano canti e battono ritmi, inizia la festa.
Ci sono lunedì in cui illumina la sala anche la virtuosa esibizione del chitarrista e cantante Leone Marco Bartolo, la voce piena di Lucia Minutello e quella vibrante di Rossella De Benedetto, i brani pop di Bruno Rizzello, il tam tam etnico e travolgente del tamburellista Giuseppe Delle Donne e lo spettacolo di un altro Giuseppe, Giuseppe Pezzulla, istrionico videomaker.
Raffaele Mallozzi viene dal Lazio e regala spesso ai compagni della Puteca il suono della sua fisarmonica, Mino De Santis, cantautore, le emozioni della sua terra.
Salvatore Brigante, vivaista e cantastorie, qui si è più volte esibito e qui ha conosciuto sostenitori dei suoi fantasiosi progetti, come un tal Paolo Rausa, regista teatrale e attore nato a Poggiardo e preso in prestito da Milano. Storiche le sue declamazioni di versi e di vita.
Giulio Fiorentino se la ride di gusto, lui sì che ha esperienza di Puteca!
E’ stato uno dei primi clienti di questo posto.
Altra presenza nella trattoria salentina è Alberto Leo, fabbro e artigiano del legno e della pietra, e così Pietro Manduca, pensionato agricoltore residente nella stessa Minervino, o Silvana Leone, simpatica frequentatrice della prima ora.
Renato Grilli è un attore teatrale, il pubblico della Puteca lo ammira.
Mimetizzata fra i tavoli, Raffaella Verdesca applaude e non perde mai sul viso quell’espressione di divertimento e di stupore che solo un cilindro magico come “La Puteca de mieru” possono regalare a una scrittrice.
Alberto Caroppo, fotografo di Giuggianello, la pensa allo stesso modo e non meno interessati si dimostrano Anna Maria Rizzo, barista di Caprarica con la passione per lo yoga, e Giovanni Deodato Guida, insegnante di materie economiche.
Si potessero fermare certi momenti, fissarli nel meglio delle loro espressioni!
Qualcuno ha raccolto la sfida.
Carlo Casciaro, pittore ortellese ha di fatto trasformato questo desiderio collettivo in realtà.

Giuseppe
Nel riflesso tintinnante di un brindisi, l’artista ha colto l’emozione di un’umanità festante riunita per consacrare il riposo e l’amicizia come un tempo, nella semplicità della musica e nella ricchezza della condivisione.
A saracinesche chiuse o nel pieno della festa, grazie all’originale iniziativa di Casciaro, La Puteca de mieru si è guadagnata l’immortalità, testimoni ne siano i ‘ritratti parlanti’ di alcuni dei suoi ospiti e degli artisti che l’hanno resa partecipe del folclore salentino.
Decisi i tratti dei Volti delineati a matita, carboncino, gessetti e pastelli dal pittore, a sorpresa la nota originale di colori acrilici dati a pennello su un supporto di cartoncini colorati 50x70cm.
Il fortunato visitatore che si trovi ad ammirare la collezione artistica “I Volti della Puteca” di Carlo Casciaro rimarrà inevitabilmente incantato dalle espressioni realistiche dei soggetti, dal magnetismo degli sguardi, dalla cura di dettagli che unici riescono a sovrapporre i personaggi alle personalità rendendo quanto mai vivi i ventitré ritratti di uomini e donne, artisti e gente comune, che della Puteca hanno contribuito a creare la storia.
Intenzione dell’autore è ampliare la collezione delle tavole catturando nel suo vortice creativo altre fette di pubblico e di palco.

'P40' tecn.. carboncino e matita. 2016 part .
Le opere d’arte realizzate finora, già esposte nella ‘Casa Madre’ e attualmente itineranti, hanno il potere della suggestione e, osservandole, si ha l’impressione di sentire l’eco dei suoni e delle voci della Puteca, importante baluardo di una tradizione che trasforma gli uomini in un popolo.
I “Volti della Puteca” scelti dall’artista per rappresentare il clima bohémien di una provincia oggi alla ribalta quasi esclusivamente per il turismo, non sono altro che il simbolo di un Salento ancora pulsante energia buona a fare dell’Arte un modo di vivere e della Vita un’arte.

Raffaella Verdesca

Il Festival delle Culture Mediterranee al castello di Andrano (Le), dal 5 al 7 settembre

La NiKe violata, di Carlo Casciaro
La NiKe violata, di Carlo Casciaro

di Paolo Rausa

 

Un Festival d’arte in un castello lungo la costa salentina a sud di Otranto. Da qui si guarda a Oriente. Lo hanno fatto i romani inseguendo il sogno di Alessandro il Macedone, i locali nel 1480 timorosi delle galee turche che lasciarono un segno di sgomento. Da qui, dal Castello Spinola Caracciolo di Andrano, sede del Parco della Litoranea Salentina, da Otranto a Tricase fino a S. Maria de finibus terrae, dove – dice Bodini – i salentini dopo morti tornano con il cappello il testa, prende il via la proposta artistica del Festival che comprende una mostra d’arte contemporanea, concerti, teatro, cinema, letture e la degustazione di prodotti tipici biologici e dei vini delle più rinomate cantine del Salento. ‘Sarà proprio il regista salentino Edoardo Winspeare, che ha diretto molti film su questa terra, l’ultimo dei quali lo splendido ‘In grazia di Dio’, – ci comunica Maria Rizzello De Pierri, presidente della Associazione Culturale Mediterranea con sede ad Andrano e curatore artistico della Mostra e direttore artistico del Festival – ad inaugurare la mostra il 5 settembre alle ore 20,30.

diSegni d'Acqua, A. Chiarello
diSegni d’Acqua, di Antonio Chiarello

Una mostra che accanto ad una sezione storica con l’esposizione di opere di artisti di primo piano quali Picasso con la pregiata litografia ‘Arlecchino Mediterraneo’ e i dipinti di Guttuso, Manzù, Fiume, ecc. accoglie opere di artisti contemporanei provenienti da varie parti del mondo (Brasile, Spagna e Albania) e italiani, fra cui i salentini Casciaro e Chiarello, e inoltre  Caroli, Scanderebech, Schifano, Zingarelli, Carrozza, Malerba, Cacciatori e  Marzo.

Il Mediterraneo è il ‘Mare nostrum’ dei romani e prima ancora il mare su cui sono sorte civiltà, luogo di scambi fra gli etruschi, i fenici-cartaginesi, i greci con le loro colonie, e poi di tutte le varie civiltà che si sono susseguite con il loro carico di cultura e di violenza, sempre comunque ardenti per il desiderio di incontrare l’altro da sé per incantarlo e possederlo. Il mare dei miti, la Colchide, Medea, gli Argonauti, Odisseo polùmetis, dal multiforme ingegno, di letterati e di poeti. Kavafis, fra tutti con la sua Itaca, “Se Itaca è la mèta del tuo viaggio/formula voti sia una lunga via;/peripezie e scoperte la gremiscano…” Ma è Fernand Braudel, ne ‘Il Mediterraneo (lo spazio e la storia – gli uomini e la tradizione)’ a darne una sintesi: ‘Si può dire che il Mediterraneo realizza il proprio equilibrio vitale a partire dalla triade ulivo-vite-grano.’ L’olio, il vino e il pane, che non mancano sul nessun desco, in qualunque parte delle sue sponde, la loro mancanza e la loro ricerca  forniranno ispirazione alle opere esposte e alle varie proposte di riflessione: il 6 settembre alle 20,00 la visione del documentario ‘L’approdo delle anime migranti’ di Simone Salvemini, alle 21,00 la presentazione del libro ‘Adriatico: golfo d’Europa’ a cura di don Giuseppe Colavero, alle 21,30 la rappresentazione teatrale Kater di Francesco Niccolini del Teatro Thalassia. Il giorno successivo, 7 settembre, alle ore 21,00 incontro con l’autore di ‘Ama il tuo sogno’, Ivan Sagnet e alle ore 21,30 il concerto ‘Officine Zoè con Baba Sissoko’.

Da segnalare la grande tela di Carlo Casciaro dal titolo “la Nike violata’, una grande statua che emerge dal mare su un’intensità di azzurro illuminata da una pallida luna con il suo panneggio mosso dal vento, simbolo del pensiero greco di progresso e di civiltà ai cui piedi però giacciono corpi senza vita di migranti, barconi naufragati e un viso di donna terrorizzato che esprime l’angoscia di questi viaggi della morte in un mare che è sempre stato incrocio di civiltà, e la tela di Antonio Chiarello “di/Segni d’Acqua”- acrilico su tela cm.70×200, accompagnata dai versi di Girolamo Comi: ‘…Mare, un brivido etereo che riproduce l’immagine spirituale del Cielo’.

Un Festival da non perdere!

 

5-7 settembre, Castello di Andrano,

info: maria.depierri@gmail.com, 349 1963390, ore 20:30-24:00, ingresso libero.

Ortelle. Paesaggi e personaggi … con gli occhi (e il cuore) di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello

Fiera di Ortelle-il cibo nei quadarotti

di Paolo Vincenti

 

Nell’ambito della manifestazione “Omaggio a Giorgio Cretì” che si tiene ad Ortelle sabato 31 maggio e domenica 1 giugno 2014 in Piazza San Giorgio, è allestita la mostra di pittura “Ortelle. Paesaggi Personaggi … con gli occhi (e il cuore) di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello”, presso Palazzo Rizzelli sempre nella centrale Piazza San Giorgio.

L’occasione è di quelle importanti. Infatti, nel salotto buono della città, Ortelle rende omaggio ad un suo figlio illustre, Giorgio Cretì autore del romanzo “Pòppiti” con una serie di incontri e conferenze e finanche una riduzione teatrale dell’opera summenzionata a cura di Raffaella Verdesca e Paolo Rausa.

Ma torniamo alla mostra pittorica di Casciaro e Chiarello, Chiarello e Casciaro.

I due ortellesi offrono un viaggio attraverso i propri personali mondi pittorici che si incontrano e si specchiano in omaggio ad un altro ortellese del passato, appunto Cretì.

Nell’evenienza  della mostra, è stato pubblicato un catalogo, con lo stesso titolo e una doppia speculare copertina, realizzato con il patrocinio del Comune di Ortelle, dell’Università del Salento, del CUIS e della Fondazione Terra D’Otranto.

Anche il catalogo vuole essere un omaggio allo scrittore ortellese, come è manifesto dalla copertina che in una banda marrone nella parte superiore reca scritto “Per un antico (pòppitu) eroe. Omaggio a Giorgio Cretì”. Nella parte centrale della copertina, la foto di un bellissimo antico portale del centro storico di Ortelle. All’interno del volumetto, Casciaro e Chiarello si dividono equamente gli spazi: da un lato le opere dell’uno e dal lato opposto quelle dell’altro, realizzando una sorta di residenza artistica o casa dell’arte su carta.

Il libro è introdotto da una bellissima poesia di Agostino Casciaro, dedicata proprio ad Ortelle e da una Presentazione della critica d’arte Marina Pizzarelli. Quindi troviamo i volti di Carlo Casciaro, fra i quali, ultimi realizzati, proprio quello dello Pòppitu Cretì, in un acrilico su tela del 2014; poi quello di Agostino Casciaro, sotto il quale vengono riportati alcuni versi di Renato Grilli, e quello di Giuseppe Casciaro (1861\1941), pittore del passato e maggior gloria ortellese. Inoltre, l’opera “Ortelle”, acrilico su tela 2012, con una citazione di Franco Arminio, “Capriglia”, acrlico su tela 2014,con una citazione di Giorgio Cretì,  “Largo Casciaro”, acrilico su tela 2013 e infine una scheda biografica di Carlo Casciaro.

Di Carlo ho già avuto modo di scrivere:  <Dalla fotografia alla pittura, Carlo Casciaro  comunica attraverso la sua arte e mi sembra perfettamente integrato con  il microcosmo di una piccola e fresca cantina nella quale ha ricavato il suo studio e dalla quale osserva il mondo esterno,  senza spostarsi da casa, indagatore dell’anima, collezionista di memorie, archivista di emozioni.  Carlo è un viaggiatore fermo, un nomade stanziale, se mi si perdona l’ossimoro. Da Milano, dove ha vissuto e lavorato diversi anni, è ritornato al paesello, nella sua amata Ortelle, e qui ha ripiantato radici,  la sua è diventata  una scelta di fede, perché è facile essere attaccati al paese dove si è nati, ciò è naturale e scontato, ma quando invece lo si risceglie in piena consapevolezza,  dopo essere stati via per anni, e lo si rielegge a propria residenza,  questo ha un valore raddoppiato. Così  Carlo ha deciso di vivere qui, nell’antica Terra Hydrunti,  a fotografare vecchi e vecchine, parenti, amici, sdentati  e sorridenti personaggi schietti e spontanei  di quella galleria di tipi umani che offre l’ecclesia ortellese, a immortalarli nei suoi ritratti a matita e pastello e ad appenderli con le mollette a quei fili stesi nella sua cantina a suggellare arte e vita, sogno e contingenza>.

Mutando verso del catalogo, si ripetono la poesia di Casciaro e la Presentazione di Pizzarelli, e poi troviamo le opere di Antonio Chiarello. Fra i versi di Antonio Verri e Vittorio Bodini, sette acquerelli con una piantina turistica di Ortelle, cartoline e vedute panoramiche della città di San Vito e di Santa Marina e una “Vecchia porta + vetrofania” del 2011. Quindi, la scheda biografica di Antonio Chiarello.

Anche di Antonio, fra le altre cose, ebbi a scrivere: <Antonio Chiarello, “cuore messapo”, vuole raccontare l’anima vera del Salento… Il nostro autore porta dentro di sé uno smisurato amore per  questa terra di mezzo che sempre affascina chi fa arte e chi ha un animo sensibile disposto all’ascolto. Chiarello si sente per intero  figlio di questa terra bagnata dai due mari e dei suoi angoli nascosti, delle sue pietre parlanti, del culto dei suoi santi, delle sue grotte, dei suoi millenari monumenti, dei suoi alberi e delle sue case, di Castro e di Porto Badisco, del suo cielo incantato e incantatore,  di Santa Cesarea e di Otranto, dei gabbiani che volano basso, delle sue chiese e delle sue storie, che è bello continuare a tramandare come favole di bimbo, come perle di una collana di tristezza e di felicità intrecciate per l’indissolubile.

Tutto queste cose fanno il “Salento d’autore” di Antonio Chiarello, cioè la sua veduta del nostro paesaggio, che è poi l’interpretazione che ad esso dà un pittore-grafico-fotografo di vaglia come il Nostro. Nella sua avventura umana ed artistica, Chiarello ha avuto la fortuna di circondarsi di personaggi di primo piano della cultura salentina, quali, ad esempio, Antonio Verri, Donato Valli, Antonio Errico, Pasquale Pitardi, Fernando Bevilacqua, Rina Durante.  E allora, per accostarsi all’universo poetico di Antonio Chiarello, è bello andare a visitare questa mostra che conferma esattamente quanto diceva Ugo Foscolo, ossia che “L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentarle con novità”.>  E quest’ultima citazione vale dunque, e anzi doppiamente, come invito per la mostra di Ortelle.

Omaggio a Giorgio Cretì. A Ortelle

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“Per un antico(pòppitu)eroe” è l’incipit che accompagna il progetto/omaggio a Giorgio Cretì, giornalista, scrittore, cultore della gastronomia e delle tradizioni popolari, scomparso lo scorso anno. Ortelle, sua cittadina natale, gli rende merito con due iniziative culturali, che hanno lo scopo di celebrarne la memoria e anche di far germogliare altri semi che Cretì seppe spargere amorevolmente in terre lontane dal suo Salento.

Le manifestazioni si svolgeranno in piazza San Giorgio, agorà del borgo di Ortelle, Sabato 31 maggio con l’illustrazione del progetto “Ortelle e gli ortellesi attraverso gli occhi di Giorgio Cretì e dei contemporanei”, un progetto promosso dal Comune di Ortelle che si è valso della collaborazione della “Fondazione Terra d’Otranto”, finanziato dal CUIS e sostenuto  dall’Università del Salento, Dipartimento Beni Culturali.

Dopo i saluti delle autorità,i familiari di Cretì illustreranno la bio-bibliografia,mentre il presidente della Fondazione Terra d’Otranto dott. Marcello Gaballo presenterà il volume antologico che comprende i due romanzi, racconti inediti e foto d’archivio dello stesso Cretì.

Il volume, riccamente illustrato, sarà distribuito ad ogni famiglia del Comune, con ciò rispettando la volontà di Giorgio Cretì e della stessa Fondazione Terra d’Otranto, a cui sono stati ceduti i diritti dei testi pubblicati.

Domenica 1 giugno, alle 21, si alza il sipario sullo spettacolo teatrale “Pòppiti”, tratto dall’omonimo romanzo di Cretì. Il testo scritto dalla scrittrice Raffaella Verdesca sarà rappresentato dalla Compagnia teatrale ‘Ora in scena’, diretta da Paolo Rausa. Le musiche e le canzoni della tradizione salentina saranno eseguite da P40 e Lucia Minutello, la coreografia daKalimbaStudio Dance. Il racconto è unaffresco di salentinità,una storia d’amore e di guerra ambientata a Capriglia, una masseria collocata nell’entroterra fra Santa Cesarea Terme e Vignacastrisi. Le vicende si svolgono nel 1911 e si intrecciano con la guerra di Libia.

Nei due giorni è possibile visitare la mostra “Ortelle /Paesaggi Personaggi” con opere dei pittori locali Carlo Casciaro e Antonio Chiarello e la “lettura” fotografica di Pòppiti a cura di Stefano Cretì, allestita nell’atrio e nelle sale di Palazzo “Rizzelli”, in piazza San Giorgio.

Info: Comune di Ortelle, 0836 958014, www.comune.ortelle.le.it

 

Paesaggi e personaggi a Ortelle

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“ORTELLE. PAESAGGI/PERSONAGGI  …con gli occhi (e il cuore )  di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello“ è il titolo di una mostra pittorica a quattro mani  che si svolgerà a Ortelle dal 23 al 27 aprile .

Allestita negli affascinanti sale di Palazzo “Rizzelli”, in Piazza S.Giorgio, aprirà di fatto le celebrazioni per il progetto “Ortelle e gli ortellesi attraverso gli occhi di Giorgio Cretì e dei contemporanei” attuato dal Comune di Ortelle insieme al Cuis, all’Università del Salento(Dipartimento Beni Culturali)  e alla Fondazione Terra d’Otranto.

Tale evento si terrà il 31 maggio e il 1 giugno p.v. con un nutrito e articolato programma in fase di ultimazione.

La mostra pittorica è quindi l’anteprima di questo omaggio a Giorgio Cretì,”antico (pòppitu)eroe” ortellese scomparso l’anno scorso.

L’esposizione sarà inaugurata significativamente ,il 23 aprile in concomitanza con la festa patronale di S.Giorgio con la seguente scaletta:  ore 19- Saluti  del Sindaco Francesco Rausa e dell’assessore alla cultura Antonella Maggio.

A seguire Con/tibuto poetico di Marina Pizzarelli (Critica d’arte) e lettura della poesia “Ortelle” dalla voce del suo autore Agostino Casciaro.

Le opere in mostra  anche se diverse per stile e tecniche sono un atto d’amore per il borgo natio da parte dei due artisti  e un tributo sia ai loro “illustri compaesani” Giorgio Cretì e Giuseppe Casciaro, che agli umili “pòppiti” che hanno popolato Ortelle e le amene campagne.

L’esposizione sarà visitabile dal 23 al 27 aprile  e poi nei due giorni  31 maggio  e 1 giugno con i seguenti orari: 17-21 feriali  e 10-13,  17- 21 festivi.

 

Paesaggi e personaggi a Ortelle attraverso le pitture di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello

casciaro3di Paolo Rausa

 

Sono visti con gli occhi e con il cuore – ci tengono ad aggiungere i due artisti ortellesi – i Paesaggi rurali e gli angoli più pittoreschi di Ortelle e i Personaggi che li hanno attraversati come meteore, lasciando la scia del loro passaggio, perciò li hanno ritratti in una mostra pittorica, gioco forza a quattro mani,  gli artisti Carlo Casciaro e Antonio Chiarello e li hanno esposti in più giorni, ma non tanti, dal 23 al 27 aprile.

Dove? In una magione dall’architettura imponente che sovrasta piazza San Giorgio a Ortelle, nientemeno che il Palazzo Rizzelli. Ampi saloni, volte geometriche, pareti dipinte, una vista dai suoi balconi che spazia sulle marine di Castro e di Santa Cesarea Terme.

Mostra ancor più significativa perché anticipa e prepara il progetto di omaggio ad un figlio illustre di Ortelle, quel Giorgio Cretì che ha onorato il suo paese con l’amore e la penna scrivendo racconti, romanzi (Pòppiti sarà ripubblicato e presentato la sera del 31 maggio in piazza mentre il giorno dopo sarà rappresentato lo spettacolo teatrale tratto dal romanzo), libri di ricette salentine, del sud, e di alcune regioni del nord, dove ha vissuto, compilati non solo come espressione del gusto ma come strumento di conoscenza di un territorio e della agri-cultura praticata come strumento di armonia con la natura e non di sfruttamento e stravolgimento.

Questo il senso di una vita, questo il senso del progetto complessivo che i due artisti ortellesi introducono con questa mostra pittorica: “Ortelle e gli Ortellesi, attraverso gli occhi di Giorgio Cretì e dei contemporanei”, promosso dal Comune di Ortelle, dall’Università del Salento (Dipartimento dei Beni Culturali), dalla Fondazione Terra d’Otranto e cofinanziato dal CUIS e dal Comune di Ortelle.

E’ stata scelta per l’inaugurazione dell’esposizione la data del 23 aprile, in coincidenza con la festa patronale di S. Giorgio.

La cerimonia di apertura prevede alle 19,00 i saluti del Sindaco Francesco Rausa e dell’Assessore alla cultura Antonella Maggio, a seguire il contributo poetico della critica d’arte Marina Pizzarelli e di Agostino Casciaro, con la lettura della sua poesia dedicata a Ortelle.

Le opere in mostra,  diverse per stile e tecnica per la poliedricità degli artisti, rappresentano un atto d’amore per il borgo natìo  e un omaggio, modesto ma significativo, ai loro illustri compaesani Giorgio Cretì e Giuseppe Casciaro, e ai tanti pòppiti, inteso proprio come villani, contadini,  che hanno costituito il nerbo sociale che ha consentito di preservare il paesaggio rurale ortellese e salentino.

Apertura dal 23 al 27 aprile, il  31 maggio  e 1 giugno con i seguenti orari: 17,00/21,00 nei giorni feriali, 10.00/13.00 e 17.00/21.00 nei giorni festivi.

Info: tel. 0836 958014, fax 0836 958748, www.comune.ortelle.le.it.

Dalla fotografia alla pittura, Carlo Casciaro e Ortelle

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di Paolo Vincenti

Ortelle è un giorno di sole e il caldo che ti segue fra le stradine del centro.

Ortelle è la Madonna della Grotta e la Fiera di San Vito.

Ortelle è il culto di San Vito e Santa Marina, testimonianza di quella devozione popolare che impasta la cultura di questi piccoli borghi della nostra penisola salentina.

Ortelle sono i volti allegri spensierati, tristi malinconici, stirati, rugosi, ritratti da Carlo Casciaro. E Ortelle è Carlo Casciaro, che vado a trovare in una mattina in cui schiocca scirocco fra le pieghe delle case calcinate, di un bianco rilucente e abbagliante; e nella mia fantasia , il paese si identifica totalmente con il suo cantore, aedo del pennello, celebratore di  luoghi e persone, pietre e stagioni, percorsi della memoria.

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Dalla fotografia alla pittura, Carlo Casciaro  comunica attraverso la sua arte e mi sembra perfettamente integrato con  il microcosmo di una piccola e fresca cantina nella quale ha ricavato il suo studio e dalla quale osserva il mondo esterno,  senza spostarsi da casa, indagatore dell’anima, collezionista di memorie, archivista di emozioni.

Carlo è un viaggiatore fermo, un nomade stanziale, se mi si perdona l’ossimoro. Da Milano, dove ha vissuto e lavorato diversi anni, è ritornato al paesello, nella sua amata Ortelle, e qui ha ripiantato radici,  la sua è diventata  una scelta di fede, perché è facile essere attaccati al paese dove si è nati, ciò è naturale e scontato, ma quando invece lo si risceglie in piena consapevolezza,  dopo essere stati via per anni, e lo si rielegge a propria residenza,  questo ha un valore raddoppiato. Così  Carlo ha deciso di vivere qui, nell’antica Terra Hydrunti,  a fotografare vecchi e vecchine, parenti, amici, sdentati  e sorridenti personaggi schietti e spontanei  di quella galleria di tipi umani che offre l’ecclesia ortellese, a immortalarli nei suoi ritratti a matita e pastello e ad appenderli con le mollette a quei fili stesi nella sua cantina a suggellare arte e vita, sogno e contingenza. “Anime appese” le chiama Carlo Casciaro, “catturate con armi di matita e passione”, a vantaggio di coloro che possono ammirarli nelle personali che di tanto in tanto egli tiene, come l’ultima sua mostra svoltasi nell’agosto del 2012 e dalla quale ha tratto un piccolo catalogo che mentre torno a casa porto con me, prezioso omaggio amicale. E in questa brochure leggo le osservazioni critiche sulla sua arte ad opera di Paolo Rausa, Nino Pensabene e Raffaella Verdesca, tutti nomi a me noti ed al mio uniti dalla comune militanza nelle file del cenacolo culturale  “Fondazione Terra D’Otranto”.

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E trovo anche fotografata su una polverosa carrareccia a ‘Vignavecchia’ in agro di Vitigliano,  frazione di S.Cesarea Terme, l’anziana madre di Carlo, “Mamma Eleonora” con le sue 90 margherite di giugno. E trovo suo padre, u Totu camillu “sigaretta nturtiiata” una matita su cartoncino : e questo soprannome, che allude all’antica abitudine dei nostri contadini di arrotolare le sigarette artigianalmente o anche di masticare il tabacco, mi riporta sorprendentemente allo stesso Carlo che, come tanti di questa nostra generazione, hanno ripreso ad arrotolare cartine (come dire, laddove non arriva la nostalgia, ci pensa la crisi). L

’oggetto privilegiato dalla pittura di Casciaro, pronipote di ‘Tata Peppe’ , ossia Giuseppe Casciaro (Ortelle 1861-Napoli 1941), pittore di scuola napoletana, è il paesaggio salentino.  Il suo è un naturalismo che richiama quello dei più grandi maestri salentini,  fra tutti Vincenzo Ciardo. Un paesaggismo delicato, abbastanza fuori dal convenzionale, dal naif.

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Scrive Raffaella Verdesca:  “Casciaro ama la sua terra e ce ne regala i colori migliori attraverso immagini che nel passato scovano l’armonia del vissuto, del semplice, di quel palpitare non più ovvio se immortalato nei volti che quelle stesse strade e piazze hanno abitato. Ed ecco affacciarsi i ritratti di personaggi che hanno il sapore della storia, forse della favola. In caso di dubbio sulla giusta direzione, è a loro che Carlo ci suggerisce di chiedere”.

Nelle sue tele, dai vivaci colori, in cui vengono quasi sezionati i reticolati urbani dei nostri paesini, più spesso le aree della socialità come le piazze, gli slarghi, le corti, si ammirano animali come pecore, buoi, galline, gazze, convivere in perfetta armonia con oggetti e persone, in un’epoca ormai lontana, fatta di ristrettezze e di fatica, quella della civiltà contadina di qualche decennio fa. E poi un cielo attraversato da nuvolette dispettose; il  sole non appare mai in tutto il suo splendore ma sempre filtrato dalle nubi passeggere di un cielo velato madreperlaceo, occhieggiante fra le fenditure e i recessi del paesaggio  incantato, così salentino ortellese. Sembra quasi un minuto prima della pioggia, quell’aria di sospensione, in cui gli animali restano assorti immobili nella percezione dell’addiveniente. Oppure, la quiete dopo la tempesta, con quelle strade slavate e quelle pozzanghere ancora imbevute e già il contadino che si mette in cammino per la campagna e l’artigiano che ritorna all’opera usata.

Il segno colore di Casciaro dà ai suoi paesaggi un’immagine di gioia temperata, di una serenità appena percepita, voglio dire non un idillio a tutto tondo, tanto che il cielo incombente sulle scene di vita quotidiana sembra sempre minaccioso e il sole, come già detto, non si mostra mai. Intanto i volti ci guardano dall’acrilico delle sue tele, ci scrutano, mentre chiacchieriamo amabilmente di un tempo perso che più perso non si può, il tempo dell’arte, quello che fuga le mene e le paturnie della  vile quotidianità. I volti di Carlo, a dire il vero, sembra che scrutino più me, che forse ho l’aspetto troppo urbano per stare a mio agio in questo posto così semplice e austero,  ma è solo un pregiudizio, perché io mi trovo bene in ogni luogo in cui si respira arte e cultura,  e ora mi metto anch’io ad arrotolare sigarette con Carlo e a ricambiare quegli sguardi scrutatori dei suoi volti di carta, mentre con l’autoscatto della sua macchinetta fotografica immortaliamo il nostro incontro.

Saluto Carlo che si rammarica perché mi dice che nel paesello non c’è nemmeno un bar dove possa portarmi ad offrirmi un caffè. Io lo ringrazio comunque perché di caffè, a quell’ora della mattina, in genere ne ho già bevuti  di più di quanti magari lui ne berrebbe in tutto il giorno, e lo saluto affettuosamente. Accomiatandomi, mi accorgo che i suoi  volti disegnati non mi guardano più di sottecchi ma iniziano forse a prendere famigliarità con questo cronista che è venuto a rompere la loro calma assidua assorta silenziosa silente. Ma è troppo tardi, perché nel frattempo io sono già sulla mia scatarrante jeep,   “sulle strade di Carlo Casciaro”.

 

 

La ritrattistica, e non solo, di Carlo Casciaro

 

di Paolo Rausa

Un pomeriggio infuocato salentino di quasi metà luglio non era il momento più indicato per incontrarsi con un artista. Mi aveva colpito un suo quadro in acrilico che riproduceva la piazza di un paesino accanto al suo, Diso, con alcuni elementi innovativi: le piccole costruzioni addossate le une alle altre, poste a ridosso della chiesetta e intorno ad una colonna votiva, una strada o viottolo, alcune figure umane, molto piccole, che animavano la rappresentazione, colori pastosi e il cielo che sovrastava limpido e sereno, insomma un paesaggio andino in pieno Salento!

Il giorno dopo ero a trovarlo nel suo studio a Ortelle, ricavato da una cantina,

Le strade di Carlo Casciaro

di Raffaella Verdesca

 

“Tutte le strade portano a Roma” era il detto più usato da questa nostra nazione fin nei villaggi più sperduti dello stivale.

Orgoglio patriottico e bussola per i distratti, gli insicuri e i maratoneti d’ogni giorno, quelli bisognosi di traguardi.

A me basta osservare il cielo per trovare la strada giusta, e il cielo che oggi mi è amico è quello fitto di nuvole e schiarite che Carlo Casciaro appende in alto alle sue tele per far luce sulle strade di Diso, Giuggianello, Vignacastrisi. Salento crocevia di piazze, di storie e di vita.

I prospetti bianchi delle case sono illuminati da un sole che non si vede ma si intuisce dalle tonalità celesti sopra le case senza tetti, dai giochi d’ombra sotto i cornicioni senza abbandono, fatali connubi che attestano che Casciaro riprende ciò che esiste e fa esistere ciò che ritrae.

Se fisso dove si specchiano i raggi sui muri so in quale parte del cielo danza il sole prima dell’applauso finale, so quando l’ultimo gatto lascerà la soglia della propria casa per la caccia notturna, riesco a sentire il richiamo delle madri sui giochi di strada dei figli, vedo i curiosi ritirarsi dalla facciata di una locandina che informa il mondo della Mostra Pittorica di Carlo Casciaro, quella che li farà conoscere al pubblico.

E io chiudo gli occhi certa dei miei passi.

Insieme a voi arriverò fino a ‘Roma’, ovvero alla sorgente naturale della meraviglia, calpestando le vie che una mano d’artista ha segnato attraverso l’occhio mite e attento del suo respiro innamorato.

Casciaro ama infatti la sua terra e ce ne regala i colori migliori attraverso immagini che nel passato scovano l’armonia del vissuto, del semplice, di quel palpitare non più ovvio se immortalato nei volti che quelle stesse strade e piazze hanno abitato.

Ed ecco affacciarsi i ritratti di personaggi che hanno il sapore della storia, forse della favola. In caso di dubbio sulla giusta direzione, è a loro che Carlo ci suggerisce di chiedere.

Fra tutti questi fogli appesi a consigliarci c’è u Dunatu Capone u Peppe Zainu  Mescia Cosima’,  non mancano la stessa madre e lo stesso padre  del pittore.

La metamorfosi del tratto dell’artista fa scomparire d’incanto il colore dai ritratti, come sciolto dal sudore di una vita dura a cedere il passo alla dimenticanza.

Chiunque avrà la fortuna di ammirare queste splendide tavole di Carlo Casciaro avrà l’impressione di essere osservato da uomini e donne in carne ed ossa, figure fiere di quel chiaro-scuro che oggi di loro racconta il sacrificio, la bontà, l’inquietudine dettata da una passione da realizzare o da seppellire, la beatitudine alimentata da un sogno da consacrare o da dimenticare.

Arriveremo tutti a ‘Roma’ sani e salvi, novelli Magi all’inseguimento di cieli brillanti d’azzurro, di sguardi carichi di emozioni e di forti legami con la terra, gli stessi che scavano le strade che Carlo Casciaro oggi ci offre come un viaggio, il viaggio alla scoperta di noi stessi, l’avventura che non dura il tempo di una Mostra, la mappa di ogni cacciatore di vita che si rispetti.

 

 

 

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