Una grande donna dell’Ottocento nella celebrazione di un poeta neretino.

di Armando Polito

Oggi non so se ancora esiste con questo nome, ma certamente i suoi contenuti sono cambiati. Parlo del sussidiario1 che ai miei tempi dedicava molto spazio agli eroi del Risorgimento, sicché nomi come Cesare Battisti, Carlo Pisacane, Amatore Sciesa, Daniele Manin erano molto familiari, anche se le loro gesta, nonostante l’enfasi retorica, ad essere sincero, non mi coinvolgevano per nulla e dedicavo loro il tempo strettamente necessario solo per mero dovere scolastico.

Forse, senza che allora me ne rendessi conto, era proprio quell’enfasi retorica, non ridimensionata adeguatamente per rendere il ricordo veramente coinvolgente sotto il profilo emozionale, a rendere un pessimo servizio a questi martiri della libertà. Peccato, perché alla luce di un’interpretazione più disincantata (chi sa parlare dice revisionista) degli eventi dei decenni immediatamente successivi, questi personaggi hanno acquistato paradossalmente ai miei occhi un’aureola più luminosa, avendo sacrificato inconsapevolmente (i confini tra la stupidità e l’idealismo sono molto labili, come quelli tra la genialità e la pazzia) la loro vita per preparare l’unità del paese con un processo che mi ricorda molto quello della relativamente recente unificazione europea.

Non è motivo di conforto, a maggior ragione, sapere che oggi i giovani a distanza di quasi un secolo e mezzo sanno benissimo chi è Cesare Battisti: peccato che si tratta non del patriota ma di un suo omonimo, terrorista. Poteva andar peggio: pensate se la storia ci avesse tramandato il nome di un Fabrizio Corona patriota …

Comunque. tra i personaggi oggetto di studio della mia verdissima età non ho citato a bella posta i fratelli Cairoli: Benedetto fu uno dei Mille e rimase gravemente ferito nel corso della spedizione;  durante la stessa morì di tifo nel 1860 Luigi; Ernesto era morto nel 1859 combattendo  tra i Cacciatori delle Alpi; Enrico, dopo aver partecipato pure lui alla spedizione dei Mille, morì nello scontro di Villa Glori nel 1867; due anni dopo, per i postumi delle ferite riportate in questo scontro, morirà Giovanni.

Non ho citato all’inizio i cinque fratelli perché intendevo cedere, come faccio, la parola al poeta dialettale neretino  Francesco Castrignanò del quale  mi sono ripetutamente occupato in precedenti post. In essa protagonista è, però, la madre Adelaide (1806-1871) e i fratelli appaiono come comprimari e non solo perché ad Adelaide toccò ripetutamente il destino più atroce che possa capitare ad un genitore: seppellire il proprio figlio. A lei, morta nel 1871, sopravvisse dei figli maschi solo Benedetto , mentre le due figlie Rachele ed Emilia erano morte entrambe nel 1856.   Quando ella morì il Castrignanò, che era nato nel 1857, aveva quattordici anni. La poesia, perciò non è il frutto di un’emozione vissuta personalmente ma, risalendo Cose nosce (il volume da cui è tratta) al 1909, di un ricordo sufficientemente sedimentato e che doveva fatalmente essere stato oggetto di studio, per quanto scolastico, emotivamente più coinvolgente di quanto non sarebbe stato il mio a distanza di quasi un secolo.

 

Adelaide Cairoli con i ritratti dei figli morti (1869). Immagine tratta da http://www.150anni.it/webi/index.php?s=58&wid=1864

Adelaide con i ritratti dei figli morti (1869). Immagine tratta da http://www.150anni.it/webi/index.php?s=58&wid=1864

 

Che poi Adelaide sia stata una grande donna lo dimostra non solo questo pesantissimo tributo che con rassegnazione e coraggio pagò alla vita ma anche il suo impegno politico e sociale, le sue lettere e, infine, queste sue parole: Prima ancora dunque che alla causa femminile, io mi ero votata a quella della mia patria e il mio amore per la prima nacque dal mio amore per la seconda.

Peccato che simili memorie vengano poi barbaramente strumentalizzate, come fu per Adelaide sotto il fascismo, com’è stato qualche giorno fa per Enzo Tortora. Sono i casi in cui sarebbe meglio, non fosse altro che per rispetto, far esprimere quel poco di intelligenza residua  con il pudore del silenzio.

 

 

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1 Sulla sua storia vedi http://www.treccani.it/scuola/dossier/2010/150anni_istruzione/cossetto.html

2 Si tratta del monumento inaugurato nel giardino dell’asilo infantile il 24 ottobre 1875 a Gropello Cairoli (Pavia), opera dello scultore Gerolamo Masini, alla presenza del figlio Benedetto (foto seguente).

Immagine tratta da http://www.museicivici.pavia.it/risorgimento/risorgimento/opere/img/C8_0001b.jpg
Immagine tratta da http://www.museicivici.pavia.it/risorgimento/risorgimento/opere/img/C8_0001b.jpg

 

Il monumento oggi. Immagine tratta da http://www.vallinorestauri.com/curriculum.html
Il monumento oggi. Immagine tratta da http://www.vallinorestauri.com/curriculum.html

 

Il ricordo dell’evento è in Baccio Emanuele Maineri, Il monumento ad Adelaide Cairoli in Gropello Lomellino, 24 ottobre 1875, Zanaboni, Milano, 1876. Proprio a questo monumento probabilmente allude l’articolo uscito sul settimanale L’emporio pittoresco (anno VIII, n. 344 del  2-8 aprile 1871) in cui, dopo la notizia  della morte di Adelaide, si legge: Una madre piemontese all’annunzio della morte della sublime donna ideò un monumento degno di lei, ed invita per mezzo della stampa tutte le madri italiane ad una quota di cinquanta centesimi per raccogliere la somma necessaria ad innalzarne una statua da collocarsi in quella città d’Italia che venisse prescelta, oppure nel sepolcreto della famiglia Cairoli in Gropello, dove, insieme ai resti mortali de’ suoi quattro figli, giace ora la spoglie della madre magnanime, tipo perfetto di bontà e di abnegazione! Chi tra le madri di cuore italiano non risponderà al patriotico e pietoso appello?  È molto probabile che, avendo il poeta nel 1876 diciannove anni, questa poesia sia stata scritta parecchi anni dopo.

2 Credo che con signura motu ricca e curaggiosa il Castrignanò intendesse esprimere la sua meraviglia che una donna ricca si votasse al sacrificio. Io, però, mi chiedo: se Adelaide non fosse stata ricca sarebbe stata tanto curaggiosa, cioè avrebbe trovato voglia e opportunità di affermare la sua forte personalità, cosa che ancora oggi con difficoltà riesce ad un uomo, figurarsi ad una donna? Rimane, comunque,  la nobiltà, quella vera, del suo modo di essere, al servizio di un ideale superiore e non del potere, mentre avrebbe potuto benissimo condurre, essendo ricca, un’esistenza più tranquilla. A chi state pensando, per contrasto?

 

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