Della morte nel 1799 del “giacobino” ugentino Oronzo Santacroce

 

di Luciano Antonazzo

 

Pietro Palumbo nel suo Risorgimento Salentino[1] descrisse i molteplici scontri, sfociati in omicidi, tra i fautori della Repubblica Napoletana ed i filo-Borbonici nel Salento.

Per quanto concerneva Ugento, testualmente scrisse a pagina 47:

“Ugento era lacerata dai partiti Santacroce e d’Alessio, il primo democratico, l’altro borboniano. Alle notizie di Lecce e di Campi gli odî si riaccesero e parve giunto il momento di sbarazzarsi dei giacobini. Il popolo fu spinto a tumultuare da Francesco d’Alessio, da Ippazio Viva e da Pasquale de Paolis, i quali decisero di ammazzare Oronzo Santacroce.

Suonando il vespero degli 11 febbraio [1799] un esercito di sfaccendati, di preti, di disertori, allagò le vie armato di schioppi e con le coccarde rosse ai cappelli. A quel rumore il Santacroce, indovinando le sinistre intenzioni della folla, segretamente uscì alla campagna. Scoperta la fuga, i più audaci gli corsero alle spalle, e il Santacroce sparò ed uccise Salvatore Pongo [Ponzo] il quale stava per ghermirlo. Ma raggiunto da altri fu finalmente colpito da punte di baionetta ed ucciso con pietre”.

In realtà però questo avvenimento ebbe luogo la notte del 15 marzo del 1799, presso la Porta San Nicola, ad ovest delle mura bizantine, e non in campagna, come ci attesta don “Hippatius Canonicus Theologus Colajanni Aeconomus Curatus” che registrò la morte del Santacroce nel libro dei defunti della cattedrale di Ugento. Questa registrazione ricalca l’esposizione di fatti riportata dal Palumbo, ma è più cruda nella sua realtà. Egli, quasi come cronista dell’epoca, testualmente riportò:

Uxenti die decima quinta Mensis martii anni R. S. millesimi septingentesimi noni, hora vigesima tertia cum dimidio, Orontius Santacroce, vir Barbarae Paschali coniugis de Uxento, aetatis sua annorum circa quadraginta, obiit extra muros hiuiusce Civitatis prope Portam vulgo dicta Santi Nicolai, ex violenti populari impetu lapidibus fractus, insimulatus tamquam Religiosissimo Regi nostro Ferdinandi IV rebellis, Gallisque hostibus amicus, vulgo Jacobinus; quam paullo ante ipse tormenti bellici laxata rota ignito globulo Salvatori Ponzo se se proprius inseguenti mortem intulisset in ipso dicto Portae Santi Nicolai fornice audituque. Ipse autem Orontius S. Croce in mortis articulo dato poenitentiae signo, ab adomudum Reverendo P. Magistro F. Alberto Arditi Carmelita de Praesitio Sacramentaliter absoluto decessit. Cuius corpus in proximum S. Oratorium Beatae Mariae Virginis sub titulo Assumptionis jam sequente nocte illatum, sequenti mane in Cathedralem Ecclesiam apportatutum, ibidem peractis ex R.R. Sacris cerimonis in sepultura heredum quondam canonici D. Antonii Sava inumatum fuit[2].

A questa segue la registrazione della morte di Salvatore Ponzo di circa trenta anni, deceduto “ex ictu sclopeti, qui sibi vulnus inflictum fuit ab Orontio S. Croce[3]. Il Ponzo ebbe il tempo di confessarsi allo stesso Colajanni e di ricevere il viatico, prima di rendere l’anima a Dio. La mattina seguente fu officiato il rito funebre ed il suo corpo fu deposto nella sepoltura dell’Università.

I tragici avvenimenti sopra descritti ebbero uno strascico ancora più crudele il giorno dopo.

Nello stesso registro dei defunti, dopo l’annotazione della morte del Ponzo, si legge infatti:

Uxenti die decima septima mensis martii millesimi septingentesimi noni, hora septima noctis praecedentis anima innocentis puellae Aemiliae S. Croce filia quondam Orontii Santacroce, aetatis suae annorum quatuor, et mensis unius cum dimidio in Coelum advolavit; convulsionibus enim repente abrepta fuit puella, quia imprudenter ducta fuissete in Sacrum Oratorium sub titulo Sanctae Mariae in Coelo Assuntae ad videndum Orontium S. Croce patrem suum vulneribus saucium domique miserrime jacentem. Cuius puellae corpus in Ecclesiam Cathedralem seguente mane illatum, expletis ex R.R. Sacris cerimoniis in sepultura heredem quondam canonici D. Antonii Sava simul cum patrem depositum manet[4].  

Oronzo Santacroce era nato il 24 ottobre 1658 dal notaio Vito e da Maddalena Nicolazzo, ed era fratello del notaio Francesco. Quest’ultimo venne implicato nella vicenda dei due omicidi ma, da quel che è dato sapere, ne uscì indenne. Di lui Nicola Vacca scrisse:

“Viene notato di perduto genio repubblicano. Mostrò tutta la premura di democratizzare quel luogo. Si insignì di coccarda tricolorata. Sparlò in pubblico dei sovrani.  Fu carcerato ed indi abilitato. Vi seguirono due omicidi, per i quali se n’è persa la memoria dal sig. udit.re D. Antonio Greco, ed esso Santacroce fu abilitato”[5]. 

 

[1] P. PALUMBO, Risorgimento Salentino (1799-1860), Gaetano Martelli Editore, lecce 1911.

[2] Trad.: “Ugento giorno quindici dell’anno della Riconquistata Salvezza 1799, all’ora ventitreesima e mezza, Oronzo Santacroce, marito di Barbara Pascale, coniugi di Ugento, all’età sua di circa quarant’anni, morì fuori le mura di questa città, vicino la porta dal volgo detta di S. Nicola in seguito a violento impeto popolare, fracassato con pietre, accusato sia come ribelle al nostro religiosissimo re Ferdinando IV, che come amico ai nemici francesi, per il volgo giacobino; il quale poco prima, esso stesso, con un’ infuocata palla di scioppo (tormenti bellici laxata rota),  a Salvatore Ponzo che proprio lui inseguiva, aveva arrecato la morte nello stesso detto arco ed adito della Porta di S. Nicola.  Lo stesso Oronzo S. Croce, dato in articulo mortis il segno della Penitenza dal molto Reverendo Padre Maestro frate Alberto Arditi carmelitano di Presicce, assolto sacramentariamente, decedette. Il cui corpo già deposto la notte seguente nel vicino S. Oratorio della Beata Vergine Maria sotto il titolo dell’Assunzione, la mattina successiva fu portato nella chiesa cattedrale, nello stesso luogo, avendo adempiuto secondo i Riti alle sacre cerimonie, fu inumato nella sepoltura degli eredi del defunto canonico don Antonio Sava”.

[3] Trad.: “per una ferita che gli fu inflitta da Oronzo Santacroce mediante un colpo di schioppetto”.

[4] Ugento -Archivio parrocchia della Maddonna Assunta, registro dei defunti 1798-1808, cc. 70r-70v.

Trad.: “Ugento, giorno diciassette del mese di marzo 1799, all’ora settima della notte precedente, l’anima dell’innocente fanciulla Emilia Santacroce, figlia del fu Oronzo Santacroce, all’età di anni quattro e mesi uno e mezzo volò in cielo; infatti la fanciulla fu repentinamente portata via dalle convulsioni perché imprudentemente era stata condotta nel Sacro Oratorio sotto il titolo di S. Maria Assunta in Cielo per vedere il padre suo straziato dalle ferite e nel tempio miseramente giacente. Il di cui corpo, della fanciulla,   portato il corpo la mattina seguente nella chiesa cattedrale, dopo aver adempiuto secondo i riti alle sacre cerimonie, rimane deposto insieme con il padre nella sepoltura degli eredi del fu canonico don Antonio Sava”.

[5] N. VACCA, I rei di Stato del 1799, Vecchi & C. Editori, Trani 1944, p. 98.

Libri/ Coppola rossa… Quando in Terra d’Otranto si piantarono gli Alberi della Libertà

L’ESPERIENZA DEGLI ALBERI DELLA LIBERTA’ IN UN LIBRO  DEL TUGLIESE GERARDO FEDELE

 

di Paolo Vincenti

In questi giorni di grandi discussioni, anche sulle colonne dei  giornali locali, sull’Unità d’Italia, su briganti e secessionismo, Borboni e Sabaudi, e via dicendo,  risulta particolarmente significativo questo piccolo libro, dal lunghissimo titolo,  pubblicato in Salento non molto tempo fa. Parliamo di Coppola rossa, bandiere a tre colori, ‘nnocche e ‘nzagarelle. Quando in Terra d’Otranto si piantarono gli Alberi della Libertà , di Gerardo Fedele (Tip. 5Emme, Tuglie, 2009), pubblicato con il patrocinio del Comune di Tuglie e della Società di Storia Patria per la Puglia, sez. di Maglie- Otranto-Tuglie.

da http://www.goilombardia.it

 

Il libro fa luce su un periodo storico molto importante per il Regno di Napoli, vale a dire quello della Repubblica Partenopea del 1799, un’esperienza esaltante quanto effimera, che coinvolse molta parte del ceto intellettuale napoletano e meridionale dell’epoca. Ma, come una meteora, brillò per pochissimo tempo nel cielo per poi spegnersi inesorabilmente.

Come sappiamo, la Repubblica Partenopea fu instaurata nel gennaio del 1799 in seguito all’invasione delle truppe francesi, al comando del Generale Championnet , che rovesciarono la monarchia borbonica e cercarono di far trionfare la democrazia in un regno, quello di Napoli, ancora legato ad antichi retaggi feudali. Purtroppo questa esperienza fallì miseramente dopo pochi giorni ed i Borboni, ritornati in patria, iniziarono una durissima repressione nei confronti di quanti avevano parteggiato per i Francesi.

Fior di intellettuali furono condannati, dopo processi sommari, perfino alla forca ed altri furono costretti a scappare e prendere la via dell’esilio. C’è da

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