Il punto sulla vicenda “Costa dei Cafari” a Nardò

di Gianni Ferraris

Come avevamo anticipato in altro articolo il progetto faraonico prevede una lottizazione selvaggia per la costruzione di circa 200.000 metri cubi di parallelepipedi in cemento nella zona a ridosso di Porto Selvaggio. Vediamo chi sono gli attori di questo dramma:

Sui 168.686 metri quadri di terreno 106.339 appartengono a due ditte napoletane:

La SOCITUR srl che ne detiene 74.156 e la ANTALE snc con 32.183.

Le due imprese hanno un capitale sociale complessivo di poco più di 15.000 euro, in particolare:

ANTALE Snc  Amministratore Napoletano Alessandro, soci: Napoletano Antonio e Riselli Marcella. Le loro quote societarie sono di 10.000.000 di vecchie lire a testa pari a 5164,27 euro per un totale di 15494 euro.

SOCITUR srl Amministratore unico : Pone Carmine (già sindaco di Sant’Anastasia, poi dimissionato dai suoi consiglieri che non approvarono il bilancio.)

Soci: Riselli Marcella (toh, un cognome già sentito in Socitur), Parisi Alessandro, Napoletano Antonio (toh, un altro cognome noto) Covino Rosanna, Vela Domenico e Raucci Francesco.

Il capitale sociale complessivo è di € 10.920-

La socitur denuncia zero dipendenti.

Questi signori detengono una quota imbarazzante di terreni per il loro peso economico, sarà molto interessante capire: da chi, come e quando sono stati acquistati, soprattutto se sono stati pagati per contanti e se sono stati interamente pagati. Staremo attenti a quel che succederà in futuro, la cosa incuriosisce sempre più. Al momento una cosa è certa, i campani amano il Salento al punto di volerlo acquistare a pezzi. Già alcuni tentativi sono stati bloccati da indagini passate. Si parlava di aziende non proprio limpide e altre amenità. Veramente vogliamo minimizzare tutto quanto? L’amministrazione comunale di Nardò che ne dice?

 

Libri/ Il Salento dei poeti

 

ph Vincenzo Gaballo

 

 

Qui, se mai verrai…

Il Salento dei poeti

di Gianni Ferraris

E’ un audiolibro, è una guida poetico – sonora del Salento a cura del Fondo Verri per i luoghi d’allerta (http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2010/08/08/luoghi-d%E2%80%99allerta-ottava-edizione/).

Un viaggio nel territorio dei muretti a secco, degli ulivi narrato con le parole di Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Ercole Ugo D’Andrea, Rina Durante, Vittore Fiore, Vittorio Pagano, Claudia Ruggeri, Salvatore Toma, Antonio Verri e recitato da Angela Di Gaetano, Piero Rapanà, Simone Giorgino accompagnati dalle musiche di Adria e Bandadriatica.

Qui se mai verrai è l’0maggio a chi ha saputo interpretare la pietra, il vento e il mare, le strade di polvere e i dolori delle malinconie consumate al sole. La luce col suo accecare, il soffoco e il mare. Il Salento insomma, la terra che stai visitando! Che mai potrai sapere nella sua pienezza. Fugge sempre… sempre cangia puntuta e scontrosa… Sensi soltanto, nell’allerta, ti chiediamo. La poesia è accorgersi e dimenticare, sussurro… materia labile. Confondila con gli occhi! Guardala”.  Così Mauro Marino nel risvolto della copertina.

E ancora, Antonio Errico, nella sua introduzione, dice dei poeti di Salento e delle parole della poesia: “…Accade, a volte, che una poesia rassomigli straordinariamente ad una terra. Che nelle sue parole si senta l’ odore del basilico, si vedano i colori dei gerani, si accendano riflessi di orizzonte, rilucano increspature di mare…”

Salento, terra dei rimorsi e della  storia tutta compressa in ogni salentino. Dalle

Note a margine di una tragedia

di Gianni Ferraris

Sto incollato ai vari TG che mi raccontano Genova. Austera, stupenda città. Conosco Brignole, ci sono stato un sacco di volte. Conosco la via dello shopping e dello struscio, Via XX Settembre devastata nella sua parte bassa. Ci sono stato un sacco di volte. E conosco le vie distrutte. Lì vicino c’è lo stadio di Marassi, bello, roba da mondiali novanta, poi c’è il carcere di Marassi, lì vicino c’è il cimitero monumentale. Il torrentello, tranquillo e quasi sempre asciutto, arriva, viene inglobato dal cemento, diventa strada, lui scorre là sotto, intanto è spesso a secco, chi se ne frega. Il 4 novembre non era più secco, si è semplicemente ripreso ciò che gli appartiene.  Quanti sono i torrentelli asciutti che vengono “intombati” (come dicono i TG) a Genova?  Troppi per non parlare di colpevolezza dei cementificatori che si sono susseguiti nei decenni

Trivellazioni in mare. Gianni Ferraris intervista Maria Rita d'Orsogna

Trivellazioni in mare, ne abbiamo parlato con Maria Rita D’Orsogna, abruzzese, che lavora come Associate Professor Mathematics Department California State University at Northrigde Los Angeles, CA. Che ci ha risposto da Los Angeles nonostante il fuso orario di 9 ore diverso dal nostro.

ph Stefano Crety


Il governo italiano ha dato concessioni per le trivellazioni in mare per ricerche petrolifere, ha senso spingere in questa direzione anzichè nella ricerca di energie alternative?

E’ ovvio che no, ma non soltanto perchè  il futuro dell’energia è nelle fonti alternative – solare in primis – ma soprattutto perchè il petrolio che abbiamo in Italia è di qualita’ scadente, posto in profondità e non presente in grandi quantità. Il petrolio italiano non cambierà di una iota lo scenario energetico nazionale ma servirà solo per arricchire chi lo estrae. Basti pensare che il più grande giacimento europeo si trova in Basilcata e produce solo il 6% del fabbisogno nazionale italiano. Questo vuol dire che se vogliamo restare ancorati al petrolio, volenti o nolenti, continueremo a importarlo dall’estero a lungo. La Northern Petroleum stima che il petrolio presente nei mari di Puglia e’ pari a circa 50 milioni di barili – quanto basta all’Italia per un mese. Il gioco vale la candela? 

In più il petrolio italiano in genere è “amaro e pesante” cioè carico di impurità sulfuree e le cui molecole non sono della lunghezza giusta per farci la benzina. Il petrolio migliore del mondo è dolce e leggero – tutto il contrario del nostro, che risulta particolarmente inquinante e che necessita di speciali trattamenti per eliminare lo zolfo. La maggior parte delle concessioni di cui si parla oggi arrivano dopo sondaggi gia’ eseguiti 40 o 50 anni fa. A suo tempo si decise che, a parte speciali situazioni come Cortomaggiore (Piacenza), poiche’ il petrolio italiano era di qualita’ pessima non era conveniente estrarlo, e si preferi’ importarlo dall’estero. Oggi c’e’ questo revival di petrolio italiano perche’ la materia prima inizia a scarseggiare, c’e’ molta piu’ competizione da parte di cinesi e indiani, anche per quello che l’ENI ha definito in mia presenza “il fondo del barile”. E siccome siamo nel mondo globale e ipervelocizzato, c’è molto da speculare anche da petrolio cosi scadente come quello italiano.

Quale impatto ambientale provocheranno le trivellazioni?

Quello a cui non sempre si pensa è che per trivellare e poi estrarre petrolio occorre iniettare grandi quantita’ di “fluidi e fanghi” perforanti nel sottosuolo, saturi di inquinanti, a volte di materiale radioattivo e cancerogeni. Si stima che nell’arco della sua vita – di 30 o 40 anni – una piattaforma marina produca circa 90 mila tonnellate di questi rifiuti classificati come speciali e tossici. In teoria queste sostanze dovrebbero essere smaltite in maniera ottimale, nella realta’ spesso finiscono in acqua: lontano dagli occhi della gente. E questo non solo in Italia, ma in tutto il mondo, lo fanno anche in

A proposito delle dune di Gallipoli

di Gianni Ferraris

Dopo la pubblicazione, venerdi 24 giugno, del comunicato stampa dell’ADOC (Associazione Difesa e Orientamento Consumatori) sullo sbancamento delle dune nei lidi gallipolini, abbiamo parlato con l’Avv. Alessandro Presicce, presidente dell’associazione stessa. Ovviamente non dubitiamo che tutto sia in perfetta regola per quanto riguarda concessioni,   autorizzazioni e gestione dei lidi stessi da parte di operatori che hanno a cuore, oltre che il business, anche l’ambiente che è il valore aggiunto maggiore del Salento. Così non pare essere invece.

 

“L’ADOC di cosa si occupa?”

“Intendiamo la tutela del consumo non solo come interventi sui prezzi, costi, risparmi, ma anche a livello esteso, in questo caso stiamo difendendo l’ambiente da sconsiderati attacchi che sconquassano un intero ecosistema”.

 

“Parliamone, cosa è successo nei lidi gallipolini?”

 “Una cosa gravissima, il cordone dunale della litoranea che va dallo stadio di Gallipoli a Punta Pizzo, creatosi nei millenni, è stato letteralmente spianato in alcuni lidi, per fortuna non in tutti. Erano dune molto consistenti ed importanti. Alll’interno delle concessioni le dune sono state sbancate  fino al muretto a secco che separa la spiaggia dalla strada litoranea. Ci tengo a sottolineare che questo muretto era stato costruito su pressioni di Legambiente per proteggere proprio la duna dalle auto e per impedire anche il passaggio pedonale indiscriminato. Ora i  colpevoli dello scempio forse  hanno interpretato il muretto stesso come confine di quanto in loro possesso”

 

“Nel vostro comunicato dite che questi lavori sono stati fatti di notte”

 “E’ molto probabile, la cosa è avvenuta a  ridosso della stagione estiva. Di notte con tutta probabilità perché occorrono macchinari ingombranti per farlo, non bastano certo paletta e secchiello. Nelle centinaia di metri quadri recuperati sono stati piazzati ombrelloni. Il sistema delle dune gallipoline che era un tutt’uno,  ora sembra una dentiera con denti alterni.”

 

“Ma la duna a che serve?”

“E’ come una banca della sabbia, la trattiene quando il mare la porta e la restituisce quando manca. E’ un ecosistema vero e proprio, ci sono piante, piccoli animali che permettono alla sabbia di restare e non disperdersi. E’ un

Le dune a sud di Gallipoli stanno scomparendo!

a cura di Alessandro Presicce

 

 

ADOC LANCIA L’ALLARME

LE DUNE A SUD DI GALLIPOLI STANNO SCOMPARENDO!
E QUESTO PROPRIO ALL’INTERNO DELLE CONCESSIONI


Adoc chiede alle autorità di vigilare e ai cittadini  di segnalare gli abusi!

Con l’inizio della stagione balneare, Adoc è costretta a registrare l’ennesima aggressione nei confronti del delicato ecosistema salentino da parte di scriteriati che hanno in odio e disprezzo tutto ciò che di bello la natura ha saputo offrire al nostro territorio.

Adoc segnala con sgomento che in località Baia Verde, nei pressi dell’ingresso sud, il millenario cordone dunale che caratterizza tutto il litorale meridionale di Gallipoli è stato sbancato e spianato da ignoti in più punti, proprio in

Libri/ L’ultima fatica di Paolo Vincenti

di Gianni Ferraris

Il tempo  scorre, incombe. È la prima sensazione che ho avuto guardando le copertine di Paolo Vincenti. “L’orologio a Cucù (good times)” lo porta nel titolo e in copertina, in un collage di immagini che erano il mito di un adolescente degli anni 70/80, quando Fonzie e l’uomo ragno si mischiavano con De Gregori e Vasco Rossi, e dove svetta la foto di un campanile con orologio.

La seconda opera “Danze moderne (i tempi cambiano)” ha come immagine di copertina un grande orologio da parete.

“Di tanto tempo (questi sono i giorni)” è l’ultima fatica di Paolo. In questa copertina c’è una vera e propria orgia di orologi. Addirittura cinque, tutti a  segnare ore diverse. Ed è un vero e proprio viaggio attraverso il tempo (o i tempi?) “Il filo che tesse la sua scrittura produce riverberi misurabili con qualche cronometro da vecchio ferroviere, col metronomo di un vecchio insegnante di pianoforte…” come dice bene nell’introduzione Vito D’armento.

Non è un libro di poesia, non è prosa, non è un saggio, non è un romanzo. Nulla di catalogabile con i cliché classici. In realtà si sta leggendo poesia, un romanzo, un saggio, una prova di prosa.

Sono acquerelli, prove d’autore o, forse meglio, impressioni.

Il viaggio nel tempo, nella fantasia, nella memoria, nella realtà. Sembra di sentire   Vecchioni che canta: “io sono l’uomo della pioggia, niente è impossibile per me”. Ed ogni paragrafo/ capitolo, è liberamente ispirato, o, per dirla con l’autore, è una camminata  “in compagnia di…”    compagni di viaggio che si chiamano: Gerard de Nerval, William Blake, Anchiloco, Alceo, Capitan Black, Socrate, Platone, Celentano, Guccini, De Gregori e altri, e ancora altri. Uno squarcio delle sue letture e passioni, una ripresa ad amplissimo raggio delle cose lette, imparate, ascoltate. E traspaiono i   poeti salentini.

Così non ci si stupisce di nulla, neppure di leggere  un “De Profundis” camminando assieme a Virgilio. E non si resta basiti leggendo (contrapposto al signore della pioggia di prima)  “Il signore del Fuoco”: “Ardano i musei

Libri/ Liberi e ribelli – da Lecce nella resistenza

di Gianni Ferraris

749 partigiani, patrioti e combattenti, 108 caduti, 55 decorati con medaglie d’oro al valor militare. Questi sono i numeri raccolti da Enzo Sozzo, partigiano combattente, sulla partecipazione dei salentini alla lotta di resistenza. Appartenenza quasi sconosciuta fino a vent’anni fa, in quanto si credeva che la Resistenza fosse affare del Nord.

Eppure l’antifascismo era diffuso anche in Salento. Ad oggi non è ancora finito il censimento dei resistenti e degl antifascisti, lavoro a cui l’ANPI, guidato in provincia da Maurizio Nocera, dedica le sue forze e risorse.

– “il medico di Latiano, Cosimo Rubino e il rotondetto Agesilao… a Taviano il D’Ambrosio, a Gallipoli il falegname inflessibile Francesco Pastore, a Galatina l’avvocato Mauro, nonché i repubblicani Egidio Reale e Antonio Vallone ed il più autorevole di tutti, quella specie di radicale e quacquero all’inglese che fu De Viti Marco…”. Con queste interessanti considerazioni Tommaso Fiore in Salento antifascista (1968), dissolveva i luoghi comuni

Libri/ Viaggio in Requiem

“Ricordati Barbara
Pioveva senza sosta quel giorno su Brest… ” (Jacques Prevert)

 

Pioveva anche  su Lecce sabato mattina, mentre attraversavo la città pensando alla  sera prima.

Da  Via Salandra a Porta Rudiae sotto una leggera e salvifica pioggia. Fino alla chiesa di San Giovanni Battista. Ieri sera eravamo lì, verso le 23. Mauro, Santa, Francesca ed io. Un ultimo saluto prima di andare verso casa. Ognuno con i suoi pensieri,  con qualche emozione in più. Era illuminata la chiesa, e non c’era più il signore con il piccolo pianoforte che pervadeva la strada di note. Francesca ci aveva fatto un regalo poche ore prima. Aveva presentato il suo libro “Viaggio in requiem” nella sala del Fondo Verri affollata ed attenta.

La storia di un viaggio lungo 12 giorni. L’Italia trapassata senza usare autostrade, da Lucca a Otranto. Un diario.  Francesca in compagnia di Guido. Sotto la pioggia pensavo a quel viaggio, ai paesaggi. E pensavo a quanto sia difficile parlare di quel libro.

Il sospetto mi venne quando lessi un breve corsivo di Mauro* sul giornale che provava a parlarne. Lui, sempre così ironicamente attento e pungente, che trova le parole per dire le cose con leggerezza, in quelle colonne ha utilizzato molto le parole di altri, citazioni. Poi ho avuto tra le mani il libro, 115 pagine di un’intensità tale da lasciare senza fiato. Ed ho capito Mauro e le

Due recensioni per Paolo Vincenti

di Gianni Ferraris

Il tempo  scorre, incombe. È la prima sensazione che ho avuto guardando le copertine di Paolo Vincenti. “L’orologio a Cucù (good times)” lo porta nel titolo e in copertina, in un collage di immagini che erano il mito di un adolescente degli anni 70/80, quando Fonzie e l’uomo ragno si mischiavano con De Gregori e Vasco Rossi, e dove svetta la foto di un campanile con orologio. La seconda opera “Danze moderne (i tempi cambiano)” ha come immagine di copertina un grande orologio da parete. “Di tanto tempo (questi sono i giorni)” è l’ultima fatica di Paolo. In questa copertina c’è una vera e propria orgia di orologi. Addirittura cinque, tutti a  segnare ore diverse. Ed è un vero e proprio viaggio attraverso il tempo (o i tempi?) “Il filo che tesse la sua scrittura produce riverberi misurabili con qualche cronometro da vecchio ferroviere, col metronomo di un vecchio insegnante di pianoforte…” come dice bene nell’introduzione Vito D’armento. Non è un libro di poesia, non è prosa, non è un saggio, non è un romanzo. Nulla di catalogabile con i cliché classici. In realtà si sta leggendo poesia, un romanzo, un saggio, una prova di prosa. Sono acquerelli, prove d’autore o, forse meglio, impressioni. Il viaggio nel tempo, nella fantasia,

Facciamo il punto sulla Punta

30/9/2011

Ultim’ora!

Grazie alla segnalazione degli amici del gruppo ForumAmbiente Salute apprendiamo che è stata vinta la causa pendente presso il TAR di Lecce contro l’ampliamento della base di PUNTA PALACIA, ad Otranto. Ieri il TAR di Lecce ha accolto il ricorso contro gli atti del Ministero della Difesa per l’ampliamento e ristrutturazione della base militare di Punta Palascìa. Il ricorso era stato presentato il 28/11/2007 dal Comitato Giù le mani da Punta Palascìa.

Per altre notizie:
http://www.sudnews.it/notizia/38850.html

da http://www.badisco.it/album/litoranea%20NORD/slides/391125(kk101).html

di Gianni Ferraris

Sono stato al TAR di Lecce. È la prima volta   che entro nelle ovattate sale di un tribunale amministrativo. Bello il palazzo. Era un convento di frati, mi si dice. Il palazzo di fronte, l’attuale municipio di Lecce, era invece un convento di suore. L’amico che me lo mostra mi dice anche di voci che si rincorrevano sulla continguità dei due edifici, su passaggi segreti che avrebbero, secondo la vulgata popolare, permesso convegni segreti e festaioli. Ah le malelingue.

Comunque sia, in quella lunghissima mattinata, ho aspettato con pazienza, assieme ad alcuni amici, che si discutesse il ricorso contro la cementificazione di Punta Palascia voluta dal ministero della guerra, ops, pardon, della difesa. Dalle 10,30 si è arrivati alle 13 circa. Per un’udienza durata una decina di minuti. 5 avvocati seduti con le loro belle toghe nere. 4 giudici, anche loro con toga. Parla l’avvocatessa del ministero, affiancata da un signore in divisa che, mi si dice, è un generale (mica noccioline). Il presidente contesta la mancata  produzione di alcuni documenti, per cui veda, la difesa, di procurarli. Udienza rinviata. Con buona pace del ministero che si vede bloccato per altri lunghi mesi il progetto scempio. Viva il processo lungo, in questo caso.  Uscendo, l’avvocatessa e il generale mi passano accanto, lei è palesemente adirata e dice sibillina “se vogliono gli atti li forniremo”. Al momento beccatevi questa e noi, finchè possiamo, ci godiamo un paesaggio ancora a disposizione del buon senso.

“C’è un punto di vista paesaggistico, dietro al nostro ricorso, ma anche culturale. La città di Otranto è stata riconosciuta dall’UNESCO  come “Messaggera di pace”. La cosa non coinvolge solo il centro storico della

Miliardi di api stanno morendo e la nostra intera catena alimentare è in pericolo

Api e catena alimentare

 

 

da Wikipedia, sotto la licenza Creative Commons

  

di Angela Guadagnini (a cura di)

Gli scienziati puntano il dito contro i pesticidi tossici e quattro governi europei li hanno già vietati. Se riusciamo a convincere gli USA  e l’UE a unirsi alla messa al bando, altri governi in tutto il mondo potrebbero seguirli, e salvare così le api dall’estinzione.

In silenzio, miliardi di api stanno morendo e la nostra intera catena alimentare è in pericolo. Le api non solo producono il miele, ma sono una gigantesca forza lavoro, perché impollinano ben il 90% delle piante che coltiviamo.

Diversi studi scientifici hanno individuato in un gruppo di pesticidi tossici (vedere il link:  http://www.apiterapia.it/notizie/toxicity_of_pesticides_to_bees.htm )  la loro drastica diminuzione, mentre la popolazione delle api è aumentata incredibilmente nei quattro paesi europei che hanno vietato questi prodotti. Ma alcune potenti industrie chimiche stanno facendo pressioni enormi per continuare a vendere questo veleno. L’opportunità che abbiamo per salvare le api ora è dispingere gli Stati Uniti e l’Unione europea a unirsi nella messa al bando di quei prodotti: la loro azione è cruciale perché avrebbe un effetto a catena nel resto del mondo.

Le api sono essenziali per la vita sulla Terra: ogni anno impollinano piante e coltivazioni per un valore stimato in 40 miliardi di dollari, oltre un terzo delle scorte alimentari in molti paesi. Senza un’azione immediata per salvare le api potremmo rimanere senza frutta, verdura,  noci, oli e cotone.

Negli ultimi anni la popolazione delle api ha registrato un notevole declino globale: alcune specie di api sono ora estinte e altre arrivano solo al 4% del loro numero precedente. Gli scienziati si stanno arrovellando per trovare le risposte. Alcuni studi ritengono che il declino sia dovuto alla combinazione di alcuni fattori, incluse malattie, la perdita dell’habitat naturale e prodotti chimici tossici.

da http://pdphoto.org/PictureDetail.php?mat=pdef&pg=8202

 

Ma una nuova ricerca indipendente di primo piano ha prodotto dati incontrovertibili che danno la colpa ai pesticidi neonicotinoidi. Francia, Italia, Slovenia e Germania, paesi in cui è basato il suo più grande produttore Bayer, hanno vietato uno di questi killer delle api. Ma Bayer continua a esportare il suo veleno in tutto il mondo.

La questione sta per raggiungere il punto di ebollizione, visto che  importanti nuovi studi confermano la portata del problema. Se riusciremo a

Prigioniero numero 50860

Prigioniero numero 50860

di Gianni Ferraris

Dopo l’8 settembre, i militari italiani che non aderirono alla Repubblica di Salò, subirono un’offensiva di dimensioni enormi da parte dei nazisti. Ricordiamo, su tutti, i massacri dei prigionieri di Cefalonia, dell’Egeo, di Corfù, dell’Albania. Oltre che di molti altri episodi in Italia e fuori. E sono stati oltre 600.000  i soldati italiani deportati ed internati nei campi di concentramento e di lavoro in Germania. A Hitler mancava mano d’opera per costruire armamenti per “l’offensiva finale”  . Già erano utilizzati molti russi, e prigionieri civili e militari di altre nazionalità, ma ancora non era sufficiente. Non è un caso se Goebbels definì l’armistizio dell’Italia “un grande affare per la Germania”.

Per facilitare il tutto, venne scavalcata anche la convenzione di Ginevra con un semplice cambio di denominazione. I militari italiani si trasformarono da “prigionieri di guerra” in IMI (Internati Militari Italiani). Questo consentì di utilizzarli come forza lavoro, ma soprattutto di non riconoscere il governo Badoglio per il quale i militari internati combattevano la loro guerra contro i nazisti. E provocò anche una vera e propria carneficina. Non avendo lo scudo della convenzione, la Croce Rossa Internazionale non potè intervenire in alcun modo. Non a caso la mortalità per stenti, fame, freddo, fu superiore di molto a quella dei “normali” militari internati. Si parla addirittura di quattro volte rispetto a quella dei prigionieri francesi nella stessa situazione, ma protetti dalla convenzione, per fare un

Punta Palascia non è un luogo qualunque, è “IL” luogo

da http://www.badisco.it/album/

 

di Gianni Ferraris

“…Alloggi per il personale militare, un garage per automezzi, due torri di 11 metri di altezza in supporto alle antenne radar….  E il comitato “giù le mani da Punta Palascia” ha impugnato davanti al TAR tutti gli atti di formazione ed approvazione del progetto. Nei prossimi giorni si terrà l’udienza. Il delicato equilibrio della scogliera di Punta Palascia – inclusa a pieno titolo nel Parco Regionale Otranto S.M. di Leuca – va difeso ad oltranza non solo per la sua indiscussa bellezza ma anche per il suo valore simbolico: il dialogo, lo scambio e l’incontro dei popoli e delle culture del Mediterraneo…”

Questo scrive l’amico Mauro Marino su Paese Nuovo di mercoledi 19 gennaio. Punta Palascia non è un luogo qualunque, è “IL” luogo. E proprio lì, a sovrastare la meravigliosa costa che profuma di mare e di sole, i “proprietari” di quei terreni vogliono compiere, senza badare a vincoli di sorta, passando come bulldozer sulle sensibilità delle persone, calpestando la maggior industria del Salento, il turismo, uno degli scempi più ignobili del territorio. Perché le “ragioni della difesa” valgono più di ogni piano regolatore, di ogni normativa.

Ci sono ripassato qualche tempo addietro,   ed è sempre un’emozione. Quel giorno si vedeva la costa dell’Albania e la neve sulle alture. E so di amici che la notte di capodanno, dopo i brindisi e le feste, vanno lassù per vedere la prima alba, perché “porta fortuna”, perché è bella.

Permettere, in nome della “difesa”, un progetto che ha l’amarissimo sapore di speculazione edilizia, piuttosto che di protezione delle sacre coste da nemici invasori, senza opporsi con ogni mezzo lecito, è uno schiaffo non solo al Salento. La guerra fredda è finita da lunghissimo tempo,  ed abbiamo antenne e ripetitori in ogni luogo possibile e plausibile. Ci sono satelliti e strumenti a noi sconosciuti che ci mandano addosso ogni tipo di onde, neppure fossimo prigionieri di forni a microonde, ora ci vogliono scippare anche quel poco di natura che altri speculatori hanno, al momento, lasciato

Libri/ Alberto Buttazzo Tipografo a Lecce

di Gianni Ferraris

Ogni volta che ci passavo davanti non potevo non guardare quella stupenda insegna “Tipografia del Commercio”, ho poi scoperto che prima si chiamava  tipografia “La Teatrale”, nel centro storico di Lecce. All’interno ci sono pezzi di storia leccese appesa ai muri. Campagne elettorali, festività religiose : Oronzo, Giusto e Fortunato. E altre ancora. Roba d’epoca.  E, mi raccontano di un maxi manifesto ante litteram per pubblicizzare uno spettacolo di Totò, molto più grande degli attuali 6 x 3.

Antonio Buttazzo, il tipografo che con testardaggine continuava ad utilizzare attrezzature antiche e sicure, ne era l’anima.

Arte e artigianato che si fondono e si confondono. Il tipografo era compositore, doveva avere intuito e creatività per mettere assieme colori e caratteri. E come lui tutti gli artigiani di un tempo che si dedicavano alla ricerca, si fabbricavano, molto spesso, gli strumenti del mestiere, proprio come lo scultore o il pittore che deve essere, prima di tutto, artigiano, imparare gli strumenti del mestiere.

Il volume presentato ieri sera nel fojer del teatro greco, a Lecce, è la sua storia.  Si tratta, in sostanza, della summa, non gli atti, di un convegno realizzato nel 50° anniversario della morte di Antonio (29 maggio 1957) ed è curato da Alberto Buttazzo e Maurizio Nocera .  Non sono gli atti del

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