Celestino Cominale (1722-1785), l’uggianese che osò sfidare Newton

di Armando Polito

Isaac Newton in una stampa del XIX secolo (disegno di Joseph Théodore Richomme (1785-1849), incisione di Ephraïm Conquy (1809-1843) e Celestino Cominale in una incisione di P. Iore tratta da Domenico Martuscelli (a cura di), Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli, tomo IX, Gervasi, Napoli, 1822.

 

Probabilmente le giovani generazioni, salentine e non,  di Newton (1642-1726) non conoscono nemmeno il famoso aneddoto della mela, e non per colpa loro …

Taglio la testa al toro ricordando solo che Isacco Newton godette ai suoi tempi di tanto prestigio che, riferito a lui, si può benissimo usare l’ipse dixit (l’ha detto lui), che aveva sancito prima l’autorità di Pitagora (VI-V secolo a. C.) e, poi, nel Medioevo, quella di Aristotele (IV secolo a. C.).

Forse, e ripeto forse …,  la scienza è l’unico campo in cui il successo non suscita invidia e, con l’invidia, l’antipatia. Tutti, o quasi tutti, si rassegnano all’ipse dixit e si guardano bene dal dire la loro, anche quando, magari, sono attrezzati a farlo.

Con Newton, però, Celestino Cominale non si tirò indietro, attrezzato com’era, anche caratterialmente.

Nato a Uggiano la Chiesa (LE), aveva iniziato gli studi letterari e filosofici a Lecce nel Collegio dei Padri Gesuiti. Continuò poi con la fisica, la matematica, la botanica, l’astronomia e la medicina, studi che perfezionò a Napoli. Esercitò la professione di medico con maestria tanto da essere chiamato anche a Roma per ragioni professionali. Insegnò nelle Università di Roma, Bologna, Padova e Pisa. Nel 1770 ritornò ad Uggiano continuando i suoi studi fino alla morte.

La poliedricità del suo ingegno e l’ampio spettro degli studi fatti si riflettono nelle sue pubblicazioni:

Anti-newtonianismi  in quattro tomi pubblicati da Benedetto Gessari a Napoli nel 1754, nel 1756, nel 1769 e nel 1770.

Historia physico-medica epidemiae neapolitanae anni MDCCLXIV, Francesco Morello, Napoli, 1764

Nel frontespizio della prima, sulla quale torneremo subito, si legge Anti-newtonianismi pars prima, in qua Newtoni de coloribus sistema evertitur, et nova de coloribus theoria luculentissimis experimentis demonstratur opera ac studio Caelestini Cominale m(edicinae) D(octoris) in Regio Archi-gymnasio Neapolitano Philosophiae Professoris (Prima parte dell’Antinewtonianismo, nella quale a Newton in base alla geometria viene demolito a partire dai propri principi  il sistema sui colori e una nuova teoria sui colori viene dimostrata con eccellenti esempi dall’opera e dallo studio di Celestino Cominale Dottore di Medicina, Professore di Filosofia nel Regio Archiginnasio napoletano).

In quello della seconda: Historia Phisico-medica e pidemiae neapolitanae an(no) MDCCLXIV opera ac studio Caelestini Cominale in Regio Archi-gymnasio neapolitano Philosophiae, et Matheseos Professoris elucubrata ( Storia fisico-medica dell’epidemia napoletana nell’anno 1764 elaborata ad opera e cura di Celestino Cominale Professore di Filosofia e Matematica nel Regio Archiginnasio napoletano).

Il lettore avrà già capito che connessa col titolo di questo post è la prima opera nella quale già dal titolo traspare una coraggiosa vis polemica nei confronti delle teorie dello scienziato inglese.

L’ugentino appartiene alla ristrettissima schiera di antinewtoniani1, ma è l’unico a dichiararlo senza mezzi termini a partire dal titolo. Dovette vedersela, fra l’altro, anche con un conterraneo, Oronzo Amorosi di Galatone, newtoniano sfegatato, come all’epoca erano, l’ho già detto, i più. Dello scontro tra i due nulla sapremmo,  se nel 1821 Vincenzo Lillo non avesse copiato l’autografo del galatonese e se Gabriella Guerrieri non ne avesse curato la pubblicazione (titolo: Gara letteraria inedita tra i signori Oronzo Amorosi di Galatone e Celestino Cominale di Uggiano della Chiesa copiata dall’autografo di esso Amorosi da Vincenzo Lillo, 1821) per i tipi di Conte a Lecce nel 1999.

Bisogna dire, però, che pur nella marea di critiche2 al nostro basate sulla cieca fiducia nell’Anglo che tanta ala vi stese (Ugo Foscolo, Dei sepolcri, 163), si levò qualche voce più prudente, invocando per lui una sorta di beneficio d’inventario.

La più autorevole fu senz’altro quella dell’abate Giovanni Antonio Battarra3 di Rimini in una lettera del 22 luglio 16704: … Vengo in secondo luogo a dirvi, come nel Settembre del 1754 io mi ritrovava una mattina in Cagli presso Monsig. Bertocci Vescovo degnissimo di quella Città, e che, a dirvela senza adulazione, è uno di quei Vescovi , che mi piace, perché oltre molte belle sue doti , ha quella di esser molto portato per la buona letteratura, e stima molto le persone di lettere. Discorrendo pertanto insieme di cose erudite, in compagnia dell’Abate Agostini mio amicissimo, Prevosto di quella Cattedrale, presso del quale io mi trattenni alcuni giorni, esso Monsignore mi comunicò un articolo delle Novelle Letterarie di Venezia5, in cui si dava ragguaglio, che un certo  Dottor Celestino Cominale Lettor di Fisica nell’Università di Napoli aveva pubblicato il primo Tomo d’una sua Opera intitolata Anti-Newtonianismi Pars prima, in qua Newtoni de Coloribus systema ex propriis principis geometrice evertitur, et nova de Coloribus historia luculentissimis experimentis demonstratur, etc.

In questo articolo si riferivano tutti i Capitoli dell’opera, dove con mia maraviglia veniva attaccato il Newton nelle dottrine più sode e più sublimi, e corroborate anche colle più decisive sperienze, che ha nell’opere sue. A tale avviso mi voltai a quel Prelato sorridendo e dissi: -Potrebbe il Cominale aver addentato un osso più duro de’ suoi denti? -. Due anni dopo l’Autore pubblicò la seconda Parte di questa sua opera spiritosa, e con un cambio della mia operetta de’Funghi6 feci acquisto fra altri libri anche di quest’opera da me cotanto desiderata. La lessi, e rilessi, con attenzione; e se debbo dirvela schietta, è vero che l’Autore si conosce che è un giovane intraprendente e pien di fuoco, e un po’ troppo Metafisico, che non lascia nemmeno sulle spalle del Newton  fermar le mosche; tuttavia vi ho lette molte buone cose, et quidem7 molto ben ragionate, e se si fosse contentato di distruggere soltanto, e di non edificare altrimenti, avrebbe fatto miglior colpo. Io qui mi protesto in quanto al merito della causa di parlare in aria, perciocché, come sapete, io mi trovo in una Città, che è senza presidii di macchine fisiche,e non ho potuto aver il contento di rifar quelle sperienze, che son contrarie alle conclusioni del Newton. Ho tentato di farle rifare nelle più culte Università d’Italia, e toltone una, che a stento mi è riuscito di avere per la parte di Bologna, per cui il Cominale parmi che vada al di sotto, io non ho potuto aver altro. Anzi consultati vari Lettori primari di Fisica di queste più celebri Università d’Italia per opera de’ miei amici, quattro anni dopo che l’opera del Cominale era alle stampe, chi mi facea dire che il Cominale non l’avea incentrata, chi mi dicea che, avendo letto l’uno e l’altro Autore, non cessava d’esser Newtoiiano, e chi perfino ebbe il coraggio di asserire che ancorché le sperienze del Cominale fossero vere, tanto la dottrina del Newton non sarebbe a terra; ma a certi dubbi proposti a questa assertiva, da due anni in qua, ho ancora d’aver risposta.

Ora dico io: la nostra Italia, che è la madre della Letteratura Europea, che bella figura farà presso gli Oltramontani nel lasciar correre quest’opera ingiudicata? Io ho sempre creduto che fosse principalmente dovere de’ Professori delle Università nostre esaminare somiglievol causa, e riconoscendola trattata con imposture, e vaniloqui, castigarne l’Autore con la dovuta censura; e se il Sig. Cominale è veridico nelle sue sperienze, e non sono soggette a critica, perché non inalzarlo all’onor della palma8 sopra un Eroe, le cui dottrine vengono tanto venerate da tutto il mondo letterario? Vedete un poco di risvegliare questa premura in codesti vostri Fisici, che son quasi i soli, che mi restano da stimolare in Italia. Addio. 

Ci fu pure chi stigmatizzò in versi l’audacia di Celestino. Di seguito un sonetto del salentino Leonardo Antonio Forleo9, con cui chiudo questo lavoro.

 – L’Anglo paventia – ardito uomb dicea

 – che leggi imporre all’universo ardisce:

vedrà, vedrà se il labbro mio mentisce

e il gran valor di mia sublime idea -.

– Ferma! – disse ragion. Ma quei volgea

la penna incauta, che sistemi ordisce;

ma credendo ferir ei non ferisce,

creduto vincitor vinto cadea.

Quest’inutili assalti espose al riso:

segni di suo valor furono allora,

ma d’un valor dalla ragion diviso.

Musac abbenchéd perditore l’onora,

che ad Annibale ugual vinto, e conquisof,

nelle perditeg sue fu grande ancora.

 

a Newton tema

b Celestino Cominale

c la poesia

d sebbene

e perdente

f conquistato, sconfitto

g sconfitte

__________

1 Prima di lui Giovanni Rizzetti aveva pubblicato il De luminibus affectionibus (Gli stati della luce) per i tipi di Bergamo a Travisio e di Pavino a Venezia nel 1726; dopo di lui Ignazio Gajone il Nuovo sistema fisico universale per i tipi della Stamperia Raimondiana a Napoli nel 1779 e Tommaso Fasano  l’Esame della compenetrabilità della luce esposto in dialoghi, per i tipi di Raimondi a Napoli nel 1870. Una recensione dell’opera del Fasano è in Efemeridi letterarie di Roma, tomo IX, Zempel, Roma, 1780, pp. 299-301, dove alla fine si legge: Ci giova sperare che la nuova Reale Accademia delle scienze dissiperà finalmente tutti questi filosofici sogni, de’ quali sembra che siansi un po’ troppo finora pasciuti i belli, e vivaci, ma alcune volte un po’ troppo fervidi ingegni Partenopei, e che farà un po’ meglio rispettare nell’avvenire le sublimi scoperte dell’immortale Newtono (sic), troppo indegnamente state finora attaccate dall’Anti-Newtonianismo del Sig. Cominale, dal Nuovo Sistema Fisico del Sig. Gajone, dalla nuova penetrabilità della luce, e da altrettali filosofiche stravaganze.

Solo il Rizzetti era stato difeso a spada tratta dalla voce isolata di Iacopo Riccati in due sue lunghe lettere (Opere del conte Jacopo Riccati, Rocchi, Lucca, 1765, pp. 109-122).

2 In Storia letteraria d’Italia, Remondini, Modena, 1757, v. X, le pp. 143-153 sono dedicate ad un’analitica recensione dell’opera del Cominale. Fin dall’inizio appare chiara la posizione decisamente newtoniana: Noi ci congratuliamo col dotto Professore del Collegio romano [Carlo Benvenuti, convinto newtoniano, autore di Synopsis physicae generalis, e di De lumine dissertatio physica usciti entrambi per i tipi di Antonio de’ Rossi a Roma nel 1754], a cui però non è ne’ sentimenti a Newton favorevoli conforme un professore di Napoli, il quale, anziché ammirare e seguire il Newton, impugnalo con tutte le forze sue. Seguono gli estremi bibliografici della pubblicazione del Cominale del 1754 e, punto per punto, la contrapposizione tra le tesi del Newton e quelle del Cominale (con prevalenza assoluta delle prime). Una nota (la 37 alle pp. 152-153), tuttavia, costituisce una sorta di riconoscimento delle potenziali (se indirizzate diversamente …) capacità del nostro: Preghiamo per ultimo il Nostro Autore che non voglia offendersi, se noi con filosofica libertà abbiamo alcune cose nel suo libro notate, e diciamo ingenuamente, essere presso noi di maggior peso le dottrine dei Newtoniani, che le sue impugnazioni, benché non siamo tra quelli, che credono impossibili  gli errori del Newton. Se non altro varranno a meglio rischiarare la verità, e a dare al fervido ingegno del Nostro Autore campo d’esercitarsi.  E Celestino nella prefazione della terza parte dei suoi Anti-newtonianismi (Morelli, Napoli, 1769) replicò allo Zaccaria (autore della Storia insieme con Leonardo Ximenes, Domenico Troili e Gioacchino Gabardi) dicendo che egli non poteva ergersi a giudice in questa materia e che non aveva letto neppure i titoli delle sue opere.

3 (1714-1789) Naturalista micologo, autore di Fungorum agri Ariminensis historia, Ballante, Faenza, 1755;  Pratica agraria distribuita in vari dialoghi,Casaletti, Roma, 1778; Naturalis historiae elementa, Marsonerio, Rimini, 1789.

4 In Novelle letterarie pubblicate in Firenze l’anno MDCCLX,  Albizzini, Firenze, 1760, tomo XXI, colonne 570-573.

5 Novelle della repubblica letteraria per l’anno MDCCLV, Occhi, Venezia, 1755, pp. 260-263. Fra l’altro vi si legge: Se tanto romore fece il nuovo sistema Neutoniano circa la luce ed i colori, non minor grido ottener dovrebbe la nuova confutazione data al medesimo dal Sig. Cominale, il quale nulla paventando la gran turba de’ ciechi seguaci dell’Inglese Filosofo, si protesta di atterrar colle stesse macchine o arme Neutoniane  il preteso sistema de’ Colori.

6 È la prima opera citata nella nota n. 2.

7 certamente

8 vittoria.

9 Era nato a Francavilla Fontana (BR). Il sonetto è in Vari ritratti poetici storici critici di alcuni moderni uomini di lettere sul gusto di Agatopisto Cromaziano e per servire di prosieguo all’opera del medesimo di Leonardo Antonio Forleo, Raimondi, Napoli, 1816, p. 32. Agatopisto Cromaziano è il nome pastorale del monaco celestino Appiano Bonafede che fu socio dell’accademia romana dell’Arcadia a partire dal 1791. Il Forleo, che era socio dell’Accademia Pontaniana di Napoli, fu autore prolificissimo. Si riportano qui solo alcune delle altre pubblicazioni: Amenità dell’etica, Rusconi, Napoli, 1827; 1827; Ragionamento critico intorno alla moderna comedia, Rusconi, Napoli, 1830; La lira Iapigia, Società Filomatica, Napoli, 1831; I politici, Cataneo, Napoli, 1832; Il manoscritto di Sterne, Cataneo, Napoli, 1832; Manfredi, Rusconi, Napoli, 1833; Certamen ad cathedram archeologiae, poesis Romamaeque eloquentiae in Regio Neapolitano Archigymnasio obtinandam perfectum, Russo, Foggia, 1834; Il Colombo, ovvero l’America ritrovata, Russo, Foggia, 1834; La statua del grande, Russo, Foggia, 1835; Il racconto di una vedova, Agianese, Lecce, 1836; L’arpa cristiana, Agianese, Lecce, 1839; Cause e ragioni che fanno classico il poema di Dante, Cannone, Bari, 1842; Liceo dantesco, Petruzzelli, Bari,1844; Napoli nel XVI secolo. S. Sebastiano, Migliaccio, Cosenza, 1846.

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