di Armando Polito
La voce designa la donna che esercita la sua fede religiosa con partecipaziobe attiva ai riti ed alle iniziative prese dall’autorità ecclesiastica locale d’immediata pertinenza, cioè dal parroco. Pure in passato per chi viveva la vita religiosa meno intensamente la voce conteneva un giudizio velatamente negativo, come succede per zelante. L’allontanamento progressivo dalla fede attiva intesa soprattutto se non esclusivamente come momento di aggregazione in preghiera o in meditazione e l’orientamento verso forme più concrete come il volontariato hanno reso obsoleta la voce probabilmente ignota alle nuove generazioni. Strano è però il fatto che essa non compare né nel dizionario del Rholfs né in quello del Garrisi ed è assente pure nel vocabolario in rete del dialetto di Scorrano di Giuseppe Presicce. A questo punto bisogna ipotizzare che piarella sia voce esclusivamente neretina, ipotesi che sembrerebbe confermata dalla sua presenza nella produzione letteraria di due neretini.
Il primo è Cosimo Egidio Ramundo1 che in Come le ciliege. Una tira l’addhra, Lupo, Copertino, 2010 scrive: “Per tenersele buone aveva dovuto aderire a denti stretti alla più volte sollecitata tinteggiatura delle porte di casa, non mancando nel contempo di qualificarle piarelle, sempre alla disperata ricerca di caz…i e cazzotti. Poi aveva incaricato nella stessa mattinata un suo parente falegname, meglio conosciuto come mesciu Ninu.”
Il secondo è Livio Romano2, che in Porto di mare, Sironi, Milano, 2002 così scrive: ” … abbiamo scoperto che, nella chiesa di san Michele, pare vigere una sorta di convenzione tra le piarelle addette alla pulizia del Monumento e una fioraia particolarmente costosa di fuori città. Certo, in ipotesi, tu potresti pure derogare a siffatta convenzione, ma la Piarella Veterana d’estate vive al mare, e non tutti conoscono il suo numero di cellulare, e si corre il serio rischio che il fiorista irregolare non sia capace di farsi aprire il diavolo di portone in tempo per addobbare l’altare e il corridoio nuziale. Così ci ritroviamo un pomeriggio di luglio . io in mutandoni e canottiera – ad aspettare l’arrivo della fiorista in Mercedes con la Piarella sedutale a destra.”. E quando arrivano ci fanno entrare nella chiesa, dicono do far presto, ci prospettano cascate di orchidee che partendo dall’armonium vanno a finire ai piedi dei due cinfessionali e torri di rose che muovendo dagli scanni si proiettano verso la cupola istoriata. Noi ridimensioniamo come possiamo questa creatività, e loro ci ricordano che, adesso, è finalmente finita l’epoca in cui era vietato metter fiori in ogni angolo visibile della chiesa, diosanto che tristezza, era consentito adornare soltanto l’altare, no no cari miei, adesso ci possiamo sbizzarrire, niente più pane e olio per l’offertorio, ma canestri di frutta esotica, e oggettini d’argento da donare alla chiesa.
… stava intervistando le vecchiette intorno alla cubatura degli immobili di quel vicoletto del centro provocando il batticuore alle piarelle di sotto casa mia, le quali si sentono costantemente perseeguitate da emissari del Fisco.”.
Ma, dopo aver documentato la sua consacrazione letteraria, non è giunto il momento di cercare di capire come questa parola si sìa formata, cioé il suo etimo? A prima vista si direbbe che –ella sia un suffisso diminutivo di origine latina come in casella, che è dal latino casella(m), diminutivo di casa. Tolto il segmento -ella ci resterebbe piar- che immediatamente evoca il verbo latino piare3, che può significare propiziare, placare, onorare, venerare una divinità, compiere, celebrare riti espiatori, allontanare, stornare, scongiurare con sacrifici, purificare, espiare con riti espiatori, punire, vendicare, espiare una colpa. Tutti i significati riportati riconducono alla sfera religiosa e non a caso il verbo piare deriva dall’aggettivo pius/pia/pium che significa, di vivente, virtuoso, devoto e, di morto, beato.
La conclusione è che piarella ha origine deverbale antica, la stessa, temporalmente più vicina, che ha, con genere diverso e con passaggio al valore di sostantivo, acquarello (dal latino medioevale aquare=irrigare). mentre origine più recente per formazione analogica mostrano, per esempio, pazzarella (manca pazzare4) e, per restare in linea con il nostro piarella, santarella (manca santare) e, diminutivo di diminutivo!, santarellina.
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1 1930-2016. autore anche di:
Modifiche al sistema penale : l’illecito amministrativo e l’illecito venatorio (LL. 27-12-1977, n. 968 e 24-11-1981, n. 689) : con nota critica all’aspetto sanzionatorio della Legge n. 10 in data 27 febbraio 1984 della regione Puglia, Cacucci, Bari, 1984
Dopo il ciclone, ovvero Eppur si muo… Re, Salento Books, 2009
I racconti di Ndata, Albatros, Roma, 2011
In collaborazione con Domenico Bavaro La licenza di caccia: manuale di preparazione all’esame di abilitazione all’esercizio venatorio, Adriatica, Lecce, 1989
2 Autore anche di:
Da dove vengono le storie, Lindau, Torino, 2000
Mistandivò, Einaudi, Torino, 2001
Dove non suonano più i fucili, Big Sur, Lecce, 2005
Niente da ridere, Marsilio, Venezia, 2007
Calypso mon amour, Manni, San Cesario di Lecce, 2009
Il mare perché corre, Fernandel, Ravenna, 2011
Diario elementare, Fernandel, Ravenna, 2012
Per troppa luce, Fernandel, Ravenna, 2016
3 Con esso non ha nulla a che fare l’italiano piare, sinonimo di pigolate, di origine onomatopeica.
4 Ma potrebbe aver avuto un ruolo il suo composto impazzare.
“Tra Riflessioni e preghiera” Piarella in plurale piarelle pezzo di articolo trovato da Ersilio Teifreto sul giornale (La voce di Nardò)
Aveva ragione quel mio amico Vescovo che mi disse “tieniti care le cosiddette vecchiette piarelle, perché sono loro il futuro della chiesa” (Mons. Marcello Semeraro). Cosimina era la manifestazione e la prova vivente che la fede è fatta di cose semplici, che il nostro non è il Dio dei filosofi (B. Pascal), ma dei semplici e degli analfabeti, lei aveva un cuore che, davanti a Lui, valeva più di mille cervelli di teologi.
BUONE FESTE PATRONALI
A Nardò con i Santi Armeni iniziano le feste di San Biagio con la “Benedizione della gola” il 3 Febbraio 2019, e si rinnova, dal 18 al 20 febbraio 2019, il tradizionale appuntamento con la festa patronale in onore di San Gregorio Armeno, attualmente patrono anche dell’intera diocesi di Nardò-Gallipoli. La profonda devozione dei neretini nei confronti di questo Santo, venerato già dal IX secolo, deriva dall’episodio di maggiore intensità religiosa a lui legato e che risale al 20 febbraio 1743, quando Nardò fu colpita da un terribile terremoto che, intorno alla mezzanotte, scosse tutto il Salento, con epicentro proprio nella città. I morti furono relativamente pochi, rispetto alla violenza del terremoto, e ciò fu attribuito all’intercessione del Santo.
Un Salentuoso saluto ai Neretini
Ersilio Teifreto
Caro Armando noi piemontesi siamo forse più cattivelli di voi salentini perchè gli analoghi in piemontese sono due: “Berlicabardele” o “Berlicabalustre” che vogliono dire entrambi “bacchettone” che valgono sia per le donne che per gli uomini e “Berliché” significa come puoi ben capire “Leccare” e le “Bardele” sono le “Predelle” e “Balustre” le “Balaustre”. Quasi certamente il “Berlicabalustre” è nato quando la comunione veniva solo data inginocchiandosi all’altare e non come oggi nelle mani dei comunicandi.
la parola a Spongano corrispondente alla vostra piarella è biatella che deriva con buone probabilità dal latino beata illa per sottolineare la vita casta e timorata di Dio che le stesse conducevano. anche qui le biatelle si dedicavano alla preghiera ma anche a quelle incombenze di pulizia e di mantenimento del decoro
nel Leccese – e anche in diverse località del Salento è beatilla -o beatille che erano un pò tutto nella chiesa – un particolare invece investiva – la beatilla : era quella che recitava il S.Rosario in mancanza del sacerdote o parroco . cordialità sempre – peppino .