Personaggi salentini: Guido Melle e la sua trance medianica al pianoforte

di Gianfranco Mele

 

Guido Melle, di Sava (TA) in paese detto “Don Guido”, era noto, oltre che come medico, per la sua passione per l’occulto e l’esoterismo. Galantuomo d’altri tempi, aveva fama di medium. Non faceva mistero di questi suoi interessi, difatti accettava di buon grado di parlare con chiunque delle sue ricerche in campo occultistico e medianico.

Per noi ragazzi, attratti da tutto ciò che era ricollegabile all’esoterico e all’ignoto, Don Guido era un personaggio particolare, misterioso, in un certo senso carismatico, per cui diverse volte, tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80, con pretesti diversi, andammo a fargli visita. Ci accoglieva sempre, dopo averci ben scrutati e interrogati sui motivi delle nostre richieste, e sulle nostre intenzioni. L’ultima volta che andai a trovarlo fu nel 1983 (Don Guido aveva già 71 anni), stavolta non per curiosità fine a se stessa, ma in occasione di una ricerca sulla magia contadina, e in particolar modo sul tema del malocchio, argomento assegnatomi dal mio professore nell’ambito di un seminario-ricerca del programma di Antropologia istituito nell’ ambito della facoltà di Magistero dell’ Università di Urbino. Don Guido mi fornì una spiegazione stringata e “tecnica”: “il malocchio esiste! Ne sono portatori persone particolarmente sfortunate, o risentite o invidiose, che pertanto hanno accumulato energia negativa e di conseguenza la diffondono all’esterno o nel loro ambiente”. Non mi sembrò particolarmente interessato all’argomento (difatti si occupava d’altro) e concludemmo con poche altre informazioni. Per di più, dovetti escludere questa intervista dal mio report finale, in quanto il target tassativamente imposto dal professore era costituito da anziani di estrazione contadina, addentrati nelle pratiche e/o nelle credenze sul malocchio, con esclusione, appunto, sia di uomini e donne di estrazione sociale diversa, che di studiosi e cultori “professionali” di scienze occulte. In quella e in altre occasioni, Don Guido si soffermò più che altro (senza lasciarsene pregare) a parlare delle sue esperienze di medium e di “ricercatore” nell’ambito del paranormale e dello spiritismo. Ciò che ricordo di queste visite in particolare, sono le “registrazioni delle voci dei morti” (metafonia secondo i cultori di questa singolare e per me bizzarra e improbabile pratica) che Don Guido custodiva gelosamente, e che ci fece ascoltare, tirando fuori un vecchio registratore a bobine, con la solennità di chi   sta facendo dono e dimostrazione di un documento prezioso ed eccezionale. Altra cosa che ci mostrò a testimonianza dei suoi contatti con il paranormale, fu una foto che lo ritraeva giovane, quando era un ufficiale di marina, nella quale lui era convinto che fosse stata immortalata dall’obiettivo, sullo sfondo, una presenza misteriosa, uno “spirito” (che, per la verità, io faticavo a vedere). In occasione di una mia ulteriore visita con una mia coetanea, sua frequentatrice in quanto appassionata anche lei di esoterismo, assistetti ad una ulteriore performance: Don Guido traeva il “fluido” dalla mia amica abbracciandola e stringendola a sé. Capii che era un rituale di prassi, ma non so altro in merito a tale questione del “fluido”. Tuttavia, la chicca del suo repertorio erano le sue suonate al pianoforte, “guidate” da una misteriosa entità. Per due o tre volte, nel corso di queste mie visite, potei assistere a questa singolare esibizione. Lo scenario era lo stesso di quello che ho raccolto in una serie di articoli o stralci di libro che cito più avanti: Don Guido che, in una sorta di trance, e, a suo dire, ispirato da forze misteriose, si metteva a suonare il piano lasciandosi guidare da queste entità sul come e dove posizionare le mani sulla tastiera. Le premesse, le ricordo – nei suoi racconti di cui fui diretto testimone – articolate e dense di particolari, mentre la performance aveva delle varianti rispetto a come è raccontata nei passi che riporterò a seguire: mentre ad esempio, nel racconto di Mancigotti, Don Guido pone sul pianoforte la foto della figlia trapassata dello stesso Mancigotti, insieme ad un libro di parapsicologia, nelle esibizioni in mia presenza poneva la statuetta di un angelo, che toccava e sfregava prima delle esibizioni.

La premessa-spiegazione all’esibizione, che il medico ci forniva, era la seguente:

una notte, gli era apparso in sogno una sorta di putto, un bimbo paffutello e dai capelli dorati e riccioluti, che lo stesso Guido ci indicò come incredibilmente somigliante ad un bambino del paese (che si distingueva proprio per il suo singolare aspetto da piccolo angioletto) che abitava a poca distanza da lui, in via Roma. Questo bimbo si presentò a Guido come “Il Cherubino delle Armonie Celesti” e gli disse: “ora alzati dal letto e vai a suonare il pianoforte. Da questo momento tu sarai guidato da me, le tue mani si muoveranno sul pianoforte tracciando delle melodie che tu eseguirai ogni volta che puoi, con il fine di aiutare i bambini bisognosi: terrai concerti, e il ricavato sarà devoluto per aiutare questi bambini”. Così fece Guido, si recò al pianoforte e si mise a suonare, nel cuore della notte; ne uscì fuori una musica celestiale (ci raccontava lui), tanto che la moglie si svegliò di soprassalto, si avvicinò incantata a Guido e lo ascoltò rapita, e in lacrime, tanto sublime era la melodia che fuoriusciva dalla tastiera.

Sava, Casa Melle

 

Poichè Guido era in grado, ogni volta che lo volesse, e sfregando la statuetta, di ripetere a suo piacimento la prodigiosa performance, usava farlo anche a scopo dimostrativo e indipendentemente dai concerti che avrebbe dovuto tenere. Così, la replicò anche davanti a noi quando andammo a trovarlo, per mostrarci il dono ricevuto dall’ Angelo delle Armonie Celesti. Francamente, in quelle due o tre volte che fui spettatore dell’evento, la mia impressione fu sempre la stessa: mi trovavo di fronte ad un discreto musicista, non professionale, che aveva però un buon orecchio e la dote e il gusto dell’improvvisazione. Nulla di trascendentale o particolare (almeno per me e secondo le mie impressioni), se non nella suggestiva e rituale atmosfera che don Guido sapeva costruire. Certo, non aveva l’aria di un mentitore o di un imbonitore, don Guido: pareva sincero, e sicuramente lo era, in quanto lui, a tutto questo, ci credeva e aveva speso, del resto, la sua vita e le sue energie nella ricerca e nella dimostrazione (agli altri e a sé stesso) della possibilità della comunicazione con l’aldilà e con entità soprannaturali. Nelle suonate di Guido io non vidi Debussy o Listz o Schubert e quant’altri, e nemmeno ne fui rapito ed estasiato come ne sono rapiti ed estasiati i suoi amici o colleghi cultori di parapsicologia e spiritismo che lo celebrano nei passi che cito a seguire. Devo aggiungere che, sebbene nelle varie recensioni sia specificato che lui non aveva mai suonato il pianoforte né aveva tecnica o preparazione alcuna, sta di fatto che una sia pur minima familiarità con lo strumento, Guido – a mio avviso – doveva avercela, avendolo in casa (un bel pianoforte peraltro) e provenendo da un ambiente affatto digiuno di musica. Passiamo ora ad elencare le recensioni.

Il periodico Gente del 5 settembre 1996 dedica a Guido Melle un articolo, intitolato: “Debussy dall’ aldilà mi aiuta a suonare il piano”. Uno stralcio di questo articolo è riportato da un’ inchiesta del C.I.C.A.P. presente anche sul web:

Guido Melle, 84 anni- chirurgo in pensione, da vent’anni riesce a improvvisare straordinari concerti al pianoforte, ma sostiene di non conoscere la musica. «Una mattina – racconta – mentre mi trovavo ancora a letto vidi un bambino di circa dodici anni fermo sulla porta della mia camera. (…) “Sono l’angelo delle armonie celesti” mi disse – e sono venuto per affidarti un incarico importante. Hai sempre aiutato i bambini poveri e ammalati che conosci. Ebbene ora aiuterai anche quelli che non conosci, tenendo concerti di pianoforte per beneficenza. Adesso, quando decido di suonare, sento una forza misteriosa penetrare dentro di me. Resto perfettamente cosciente, ma sento di essere dominato da una presenza estranea. Ritengo che sia lo spirito di Debussy che prende possesso del mio corpo e suona con le mie mani. Lo sento infatti come se fosse vicino a me.1

Laura Guerra Rascio, personaggio dedito all’occulto, racconta del “I Congresso di Parapsicologia” tenutosi a Napoli nel 1983, dove ha occasione di incontrare Guido Melle:

“In quella occasione, conobbi ed ascoltai suonare al pianoforte il caro amico dott. Guido Melle, Uff. Medico di Marina, che aveva il dono che, oggi, chiamerei “metamusica”, perchè, pur non avendo alcuna cognizione di note e di spartiti, quando appoggiava le sue mani sulla tastiera, in un leggero stato di allocoscienza, realizzava musiche molto simili a quelle di Listz, Schubert, Chopin. Lo incontrai poi, tante altre volte, in tanti altri congressi, ed ebbi l’onore di riceverlo a casa mia, con immensa gioia, perchè era una persona gentile, colta, umana, esente da protagonismo tanto in voga oggi. Anche i miei figli ne furono conquistati, e mio marito, che lo ricorda con stima e simpatia” 2

La storia di Guido Melle “novello Debussy” è presente in un altro libro, che non sono riuscito a reperire, dal titolo “A colazione con E.T., esperienze paranormali di persone famose”, il cui autore è Renzo Allegri (1988). il libro viene citato però da Lida Russo, che nel suo “La vita è un soffio, la morte è vita”, riprende la descrizione della storia e dell’esperienza di Guido Melle:

Al congresso di Cattolica del 1989, il dottor Mario Mancigotti presentò ai partecipanti il dottor Melle, che, al pianoforte, eseguì un pezzo di musica classica, spiegandoci come era arrivato a conoscere quel motivo. Il dottor Melle confessò di non aver mai suonato il pianoforte, tantomeno musica classica.

Registrai quel motivo di venerdi e, riascoltandolo, la musica si udiva limpida, come il dottor Melle l’aveva eseguita.

Il giorno seguente giunsero altri congressisti, e il dottor Melle eseguì il solito motivo, che io di nuovo incisi su nastro.

La sera, quando riascoltai la bobina, tra le meravigliose note, trovai incise queste parole: Mamma, ci siamo tutti.

Il pianoforte non era più il solo strumento a suonare, ma era accompagnato da un’intera orchestra con molti strumenti e da un allegro rintocco di campane.

Passato un anno, ci ritrovammo tutti a Cattolica, per un nuovo congresso, e feci ascoltare la sinfonia a molti presenti. Quando la musica finì, mi si avvicinò una signora, che si qualificò come musicista e si dichiarò entusiasta di ciò che aveva udito. A rendere ancor più belle quelle note era la loro natura celestiale.” 3

 

Lida Russo inserisce in queste pagine del suo libro una nota biografica di Guido Melle, scrivendo:

“Guido Melle è un medico chirurgo pugliese, abitante a Sava, in provincia di Taranto. Nel 1975, una mattina, prima del risveglio, ebbe la visione di un angelo che lo invitò a tenere concerti per i bambini poveri ed ammalati. Da allora, pur non avendo mai studiato armonia e tecnica pianistica, egli tiene spesso concerti, improvvisando musiche al pianoforte che vengono giudicate, dagli intenditori, straordinarie. Si ritiene che le sue mani siano guidate sulla tastiera dallo spirito del grande musicista francese Claude Debussy. Il caso Melle di “musica medianica” è probabilmente l’unico del genere. Renzo Allegri gli ha dedicato un intero capitolo del suo libro “A colazione con E.T. (1988)”. 4

In un libro del 1990 parla di Guido Melle anche tal Mario Mancigotti, cultore di medianità, scrivendo:

Automatismi: sono così denominate quelle manifestazioni paranormali di sensitivi che, pur non possedendo capacità artistiche acquisite, sono in grado, quasi fossero ispirati o guidati da entità trapassate, di eseguire in stato di coscienza vigile, in semi-trance o in trance, elaborati di alto valore formale e contenutistico nel campo della: Pittura […], Musica, come le stupende sonate per pianoforte eseguite da Guido Melle di Sava (Taranto) ispirate da grandi compositori del passato come Debussy ed altri; Scrittura […]. “ 5

 

Più avanti il Mancigotti dedica un capitolo intero a Guido Melle, dal titolo “Una musica celestiale per noi”. Mario Mancigotti e sua moglie Luisa son convinti di essere in contatto con lo spirito della loro figlia Daniela, morta prematuramente. In questa storia di “contatti con l’aldilà” si sarebbe inserito il Melle.

Mancigotti scrive:

“Il caro amico Guido Melle di Sava (Taranto), il noto medico che pur non avendo studiato musica né tanto meno la tecnica pianistica ha il dono carismatico della “musica ispirata” (si tratta di una forma misteriosa di automatismo al pari della pittura o della scrittura e del disegno medianico), si pone davanti alla tastiera del suo pianoforte, ponendo sul leggìo la fotografia di Daniela ed il libro “Oltre il tunnel”.

Ne sboccia d’incanto una musica davvero celestiale che sono in grado di ascoltare con commozione profonda quando mi giunge il dono prezioso della cassetta incisa.

Al termine del brano musicale Guido ha registrato queste parole: “Miei cari Luisa e Mario, se Daniela si farà viva con la sensitiva vi prego di salutarmela e chiederle se è stata lei ad ispirarmi la musica. Il brano è unico, non c’è copia e potete farne l’uso che volete. Spero che sia un altro dei ponti che più saldamente servirà a ricongiungervi con la diletta figliola. Vi abbraccio, Guido Melle”.

21 e 22 settembre. Sono trascorsi appena cinque giorni; sto attendendo la visita del noto giornalista Renzo Allegri per un servizio su “Gente”, ed ecco che Daniela così si esprime: “Cara mamma, mi senti poco perchè tu sei stanca e la tua mente è l’organo più sensibile; cerca di riposare e impara a ricevere ogni persona, ogni fatto, ogni contatto con il distacco necessario”.

Luisa domanda: “Dani, ieri mi è stata recapitata una cassetta registrata da Guido e mi ciede una tua conferma”; la conferma giunge immediata.

Caro Guido, cari genitori, è facile attribuire ad un genio una bella musica ma questo brano è un condensato, una elaborazione dell’amore che irradio verso di voi, il concorso di Debussy c’è, perchè voi sapete che io mi sono solamente limitata ad una breve prova con la chitarra. Cara mamma, so con quanta nostalgia ricordi quelle brevi esibizioni ma ho visto con quanta nostalgia e commozione hai ascoltato il brano di Melle; tienilo caro, io mi sono inserita con tutto il sentimento che nutro per voi, per tutti voi che non avete una vita facile ma più che per voi pregate il Signore per tutti coloro che soffrono in ogni parte della terra sottoposta ad ogni genere di ludibrio. Guardate lontano, il punto più lontano, pensando che di lì si diparte la serenità, la perfetta comunione di tutti i fratelli in Cristo, la speranza di una giustizia vera con la spiegazione delle vostre sofferenze che oggi non potete capire appieno”. 6

Ma il Mancigotti dedica a Guido Melle anche il capitolo succesivo del suo libro, dal tiutolo “Appare alla mamma”, narrando della visione della figlia Daniela morta:

“Ritengo opportuno riportare un episodio di eccezionale valore collegato a questo brano musicale, a me tanto caro. Se veramente in esso c’è l’estro di Claude Debussy, ebbene questa volta egli ha superato se stesso. Quante volte ho riascoltato il celebre “Chiaro di luna” o il “Notturno” in re bemolle maggiore o qualche preludio del celebre compositore parigino, ma nessuno di essi mi procura una emozione, un brivido estatico come questo.

Bene, una sera dell’inverno 1987 resta con noi a cena una giovane coraggiosa signora di Trento, Luciana G., la quale si trova sola a Milano per assistere il marito Franco, in stato di coma da oltre un anno e mezzo a causa di un banale incidente stradale, ricoverato al Policlinico milanese per un intervento chirurgico. Ella ci ha conosciuto attraverso la lettura del libro ed è diventata una cara amica.

Dopo cena ci riuniamo nello studio, che era una volta la cameretta di Daniela ed ora è il posto di raccoglimento, di preghiera, di sperimentazione metafonica, di ascolto di musica. Propongo di fare ascoltare a Luciana la musica di Melle.

Io sono al centro rivolto verso il registratore ed ho alla mia destra Luisa e alla sinistra Luciana; alle mie spalle si trova il lungo tavolo fratino sul quale è posta la fotografia di Daniela, quasi protetta da un massiccio mezzo busto del Cristo, intagliato, in modo stupendo in un pezzo di ulivo bruciacchiato, da un contadino-scultore siciliano.

Inizia l’ascolto della musica, ma mi avvedo che Luisa è distratta da rumori e guarda dietro di me; anche Luciana avverte strani rumori.

Agli occhi di mia moglie – come lei stessa poi ci riferirà – appare, come appoggiata al tavolo, con una gamba accavallata all’altra, la visione improvvisa di Daniela.

Si visualizza dai piedi fino alla testa e poi, viceversa, scompare dalla testa ai piedi; l’apparizione è durata pochi istanti, ma sufficienti per rendere radioso di felicità il volto di Luisa.

Era lì, accanto a noi, ad ascoltare la sua musica ed ha voluto darcene una prova così tangibile.” 7

 

L’ esperienza di Guido Melle è citata anche in un altro testo del settore, “Magia astrologica da Ermete a Cecco d’Ascoli e da Cecco d’ Ascoli a Campanella” , a cura di Anna Maria Partini e Vincenzo Nestler. Qui, si fa riferimento alla sua “musica medianica” come rimedio terapeutico: lo stesso Melle, in quanto medico, ne avrebbe verificato potenzialità risanatorie. 8

Il Melle è citato inoltre in diversi altri testi che si occupano di esoterismo, e recensioni e articoli appaiono in numerosi quotidiani e settimanali degli anni Settanta, Ottanta e Novanta.

 

Concludo il ricordo di questo singolare personaggio con un simpatico aneddoto: in una delle nostre visite a don Guido, se pure noi avevamo fondamentalmente un sincero rispetto e stima del personaggio, non si può dire che palesavamo (per il semplice fatto che non la avevamo) una totale adesione alle sue convinzioni. Dovette, forse, cogliere nei nostri occhi o nel nostro atteggiamento un certo scetticismo, che, in particolar modo nel sorrisetto accennato sul labbro di uno di noi mentre ci congedavamo, poteva anche apparire sarcasmo. Così, accadde che in coincidenza con il momento in cui varcavamo la soglia di casa per uscire, e nel momento dei saluti, si verificò quel fenomeno atmosferico noto con il nome di sabbia del deserto: la vista di quella sorta di “pioggia di terra”, a cui non eravamo affatto abituati, e per di più in coincidenza con la visita a Don Guido, ci impressionò, assunse in quel contesto un significato particolare, e provocò in noi un sussulto e uno sgomento che l’anziano medico dovette cogliere, e che utilizzò per ammonirci: “ragazzi, non prendetevi mai gabbo di queste cose”, in riferimento a tutto ciò di cui avevamo parlato e che ci aveva mostrato poco prima.

1 “Gente”, 5 settembre 1996, cit. in: https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=274607

2 Laura Guerra Rascio, Napoli chiama, il Cielo risponde. Storia di una vita e una ricerca, Lettere Italiane, Guida Editore, 1999, pag. 28

3 Lida Russo, La vita è un soffio, la morte è vita. Messaggi e segni della dimensione dello spirito”, Hermes Edizioni, Roma, 1999, pp. 20-21

4Ibidem

5 Mario Mancigotti, Carezze di Dio, Hermes Edizioni, Roma, 1990, pag. 18

6Ibid., pp. 31-32

7Ibid., pp. 33-34

8Anna Maria Partini, Vincenzo Nestler, Magia astrologica da Ermete a Cecco d’Ascoli e da Cecco d’Ascoli a Campanella, Edizioni Mediterranee, Roma, 1983, pag. 96

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Un commento a Personaggi salentini: Guido Melle e la sua trance medianica al pianoforte

  1. Bell’articolo!… lo ricordo anch’io il dottor Guido Melle, sinceramente quando lo incontravo per strada nel paese, mi faceva un bel po ‘ di timore…una volta mi fermò e mi fece una serie di domande su di me , chiedendomi poi anche di salutargli mio padre che era suo amico da sempre e, ricordo che nell’occasione mi fece una serie di gesti strani sul capo e intorno al corpo, non ricordo se pronunciò anche delle parole, e poi quando morì papà, don Guido venne a casa e mi disse che mio padre era lì, con noi, e che nei giorni a venire, (in quanto ancora era troppo presto per un contatto fra di loro), mi avrebbe cercata nel caso di qualche messaggio per me da parte di papà; purtroppo don Guido morì dopo poco tempo e , ad oggi, mi è rimasto il rimpianto di non aver ” approfittato” delle sue doti , ossia di non aver avuto il coraggio di andare a casa sua per provare a vedere di persona e anche per un solo istante, se davvero sarebbe stato capace di mettermi in contatto con papà. !…..

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