Uno scrittore neritino sconosciuto: Cosimo Egidio Ramundo

 

di Cosimo Rizzo

L’autore, recentemente scomparso, avvocato, intraprese la carriera amministrativa alle dipendenze dell’amministrazione finanziaria statale e regionale, conseguendo posizioni dirigenziali apicali. Ha svolto per un lungo periodo di tempo le funzioni di giudice tributario presso le sedi di L’Aquila e Lecce e quelle di giudice di pace fino al collocamento in quiescenza.

Degne di nota sono le pubblicazioni specifiche della sua competenza professionale come La licenza di caccia, Editrice Adriatica Salentina del 1983; Modifiche al Codice Penale, l’illecito amministrativo e l’illecito venatorio, Cacucci Editore Bari del 1984; Il contenzioso tributario, Camera di Commercio di Lecce.

Oltre a tali studi, è anche uno scrittore vivace che ci fa respirare aria di casa nostra; basti pensare alle sue pubblicazioni Come le ciliege, Lupo Editore 2009; Racconti di Ndata, Albatros Roma 2011; La trozza, Gruppo Panda 2013.

Un posto a sé occupa, per il contenuto e la singolarità dell’impostazione, il volume Dopo il ciclone Nardò, Besa Editore 2009. L’autore si riferisce al periodo di governo di Silvio Berlusconi. Quello che emerge non è solo il profilo sorprendente dell’uomo che, dal governo o dall’opposizione, ha guidato l’Italia per molti anni; è anche la fotografia di un’Italia ripiegata su se stessa, prigioniera di logiche medioevali e moderne al tempo stesso, un’Italia dove i grandi intrecci della finanza si giocano più in base alle apparenze che alle competenze. Un’Italia nella quale libertà civili faticosamente conquistate vengono eluse giorno per giorno.

Le opere del Ramundo sono fortemente legate alle radici del proprio essere, ai luoghi, alle persone, agli eventi dei quali è costellata la vita dei singoli e delle comunità nelle quali essi si trovano ad agire. Ma riferirsi alle proprie radici, al proprio paese, significa anche ricostruire, con la mente e col cuore, il tessuto del rapporto con gli altri, l’immagine di una comunità colta spesso nei suoi aspetti meno ‘eroici’, per così dire, ma ricca di spirito, dal linguaggio vivace e talvolta salace. Una comunita è viva anche per questo. Non a caso l’autore va scovando ritratti e profili di personaggi noti e rimasti nella memoria dei propri concittadini per qualche tratto distintivo, per qualche vezzo verbale, per qualche episodio fatto a lungo oggetto di commenti divertiti. Ramundo coglie al yolo, si direbbe, ciò che passa nell’ aria del nostro ambiente; fissa con prontezza una battuta, un gesto destinati a una memorabilità che si affida alla memoria comune, quasi fino a diventare materia proverbiale. La trasmissione orale fa il resto. Una battuta diventa la divisa di un personaggio; il linguaggio non ha la pretesa di apparire ‘corretto’; se lo fosse, perderebbe la sua qualità più sicura che è l’immediatezza. Qualche volta ciò che Ramundo narra sembra un pò scontato: le cose però stanno in modo diverso. Ciò che appare scontato è il fondo comune su cui le sue storie si depositano: quella specie di elemento che appartiene a tutti ed a nessuno in particolare ma senza il quale anche le singole storie perderebbero un poco di mordente.

Ramundo dice in riferimento a ciò che narra: “Un riguardo speciale è dovuto a quegli uomini semplici che ci hanno regalato direttamente o tramandato alla maniera antica i saggi, la sagacia, la comicità e la lungimiranza della loro esperienza e cultura. Quasi un compendio di idee, espressioni, ragionamenti che si sarebbe perso ne1 marasma dei suoni e degli eventi se il pregevole suo significato non fosse stato percepito come patrimonio della saggezza popolare”. Giusta avvertenza, poichè si potrebbe equivocare il significato di certe rappresentazioni di quegli “uomini semplici” vedendovi un gusto di derisione che non c’e. Invece c’e simpatia, umana comprensione, sano divertimento, ammirazione sincera per la battuta pronta, per l’ osservazione puntuta, per la saggezza espressa in modi rudi ma destinati ad imprimersi con forza nella mente di pochi o di molti. Così espressivi certi tratti verbali da entrare nel patrimonio comune con le facce, i gesti, i momenti di vita significativi di chi, proprio in forza di quella semplicità sulla quale l’autore richiama l’attenzione, ha contribuito a costituire un arricchimento del patrimonio civile espressivo, e di quello “civile” del Sud d’Italia.

Particolarmente significativa la raccolta de I racconti di Ndata che puntano l’attenzione alla tradizione orale che caratterizza soprattutto la cultura narrativa del Sud.

Emergono diverse storie che, tramandandosi di generazione in generazione, hanno creato un immaginario popolare condiviso che l’autore riporta alla luce nelle sue pagine.

Sono narrazioni leggendarie in cui il piano della realtà e quello della fantasia si confondono, lasciando lo spazio a un mondo “antico” fatto di eroi e personaggi che si muovono in periodi storici e politici che caratterizzano le diverse vicende.

Al di là delle singole storie, la peculiarità della raccolta è quella di riportare alla memoria una dimensione perduta, l’atmosfera, come dichiara l’autore, del “momento in cui vengono raccontati li cunti, vale a dire fatti strani, paurosi e pieni di sorprese.

Tra tutti emerge per una sua particolare originalità il romanzo dal titolo La leggenda dell’amabile saraceno in Sancta Maria ad Balneum, contenuto ne I racconti di Ndata. Qui l’alto burocrate si tuffa nei territori del fantastico.

Una storia si può raccontare in molti modi: quelli di una stretta aderenza ai dati reali o quelli che esplorano tutte le possibilità offerte dal fantastico, dal fiabesco, dall’incredibile persino. Un incredibile che si fa credibile perché all’interno della narrazione occorre accettare quello che l’autore ha predisposto per renderla credibile. Questo evoca la parola leggenda assunta nel titolo di questa delizioso racconto.

La leggenda nasce in un luogo che ci è familiare oppure è proiettata nella lontananza del tempo e dello spazio che si fanno, però, contemporanei nella narrazione. Vien fatto di chiedersi, di fronte a questa procedimento, fino a che punto la realtà d’ogni giorno sfuma in una visione inconsueta e l’incredibile si affaccia nella pagina senza ombra d’ironia, poichè esso è l’anima delle leggende. Che possono essere incredibili ma care al cuore.

Quando diciamo leggenda pensiamo ad una storia meravigliosa, che ripercorriamo con la mente attraverso le vicende narrate nel libro. Su una leggenda si accumulano gli strati di tempi diversi, che la modificano, aggiungono particolari e varianti, raccontano in modi diversi la stessa storia, si propongono sempre con una freschezza che gli anni, o i secoli, non fanno appassire.

Aggiungete alla leggenda l’aggettivo amabile con il quale viene connotato il personaggio protagonista (o co-protagonista) del racconto: il saggio e misterioso Galip che, come vogliono le convenzioni legate a personaggi fortemente idealizzati, è presente a se stesso in ogni circostanza e, soprattutto, ama, come un cavaliere da poesia medievale, con la mente più che con il corpo, la donna che egli rapisce ma alla quale non si accosterà se non quando la volontà stessa della donna glielo consentirà.

L’aspetto più intrigante della vicenda è proprio questo amore eroico, questo rispetto di Galip esaltato nella sua caratteristica di prova da superare per essere degno di una risposta positiva al suo desiderio e alla sua aspirazione: per lui e per Mariella, la fanciulla amata e raggiunta solo dopo una serie di impensabili sacrifici, la vicenda si comporrà nelle linee di un’aspirazione a qualcosa di sublime. II loro agire rispecchia non solo consuetudini e modi di vivere di una gente in un particolare luogo della terra, ma anche quella sorta di corso di perfezionamento spirituale le cui tappe sono scandite da incontri fuggevoli, da intensa trepidazione, da gesti colti – quasi rubati – da un’attenzione sempre vigile.

Per coloro che conoscono i luoghi che fanno da sfondo alla vicenda, sarà possibile evocare i personaggi nel teatro di uno scenario noto ed amato: Santa Maria al Bagno, la bella Abbazia di San Mauro, la campagna ed il mare che si fanno compagnia in uno scenario aspro di terra e pietra e consolato dalla dolcezza del verde di oliveti e di pinete: quasi simboli di una sintesi offerta dalla terra ai due innamorati perchè vi si rispecchino e in essa si comprendano. E, sempre, sullo sfondo, il mare. Un mare d’avventura, ma anche di pena o di salvezza. Lo scenario si allarga, si dilata nel mare aperto: Galip sembra percorrer ampi tratti di Mediterraneo – e sue dipendenze – con la facilità di qualcuno che possegga un’imbarcazione magica da far volare sul mare come un vascello del sogno. Navigazione notturna e diurna che ha i suoi incanti e i suoi pericoli: la nebbia traditrice, la tempesta, o il sole che rende smagliante la distesa azzurra delle acque amate.

Un carattere di questa narrazione è di far sentire come appartenente ad usi e costumi del nostro tempo una storia che per tanti versi appare lontana, anche nella singolarità dei suoi svolgimenti. Ma appunto questa costituisce un’attrattiva in più del romanzo: con, insinuatavi, qualche annotazione di storia: ma una storia del Si dice , Si racconta che ... messi lì ad avvalorare ancor più il carattere leggendario della vicenda.

L’atmosfera spirituale che questa vicenda pervade da un certo punto in poi sembra appartenere ad un’età lontana e ad una volontà eroica oggi difficilmente riscontrabili. L’ascesi sembra essere stata risucchiata nel buio d’un passato cosi remoto da rendere difficile e quasi impossibile rilevarne traccia. Ma forse è proprio in quel cammino ascetico che è nascosto un suggerimento: se un grande amore richiede anche un grande sacrificio, quel grande amore è il banco di prova di una volontà che si forgia, di una speranza che non cede agli inganni del tempo.

 

BIBLIOGRAFIA

Opere dell’autore

 

  1. La licenza di caccia, Editrice Adriatica Salentina, 1983
  2. Modifiche al Codice Penale, l’illecito amministrativo e l’illecito venatorio, Cacucci Editore, Bari 1984
  3. Il contenzioso tributario, Cacucci Editore, Bari 1985
  4. Come le ciliegie, Lupo Editore 2009
  5. Dopo il ciclone, BESA Editore, Nardò 2009
  6. I racconti di Ndata, Albatros Editore, Roma 2011
  7. La trozza, Gruppo Panda 2013
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