Le pergamene ritrovate. San Pietro in Bevagna in tre documenti di età normanna

di Nicola Morrone

 

Da tempo ci dedichiamo allo studio delle vicende storiche riguardanti la chiesa di San Pietro in Bevagna, presso Manduria (TA). Le nostre ricerche, iniziate nel 2003, hanno avuto come finalità immediata la stesura di una tesi di laurea sull’argomento, discussa nel 2005. Esse sono poi proseguite per tutto il quindicennio successivo, concretizzandosi in una serie di contributi pubblicati su varie riviste di storia locale.

Di recente, abbiamo avuto la fortuna di rinvenire le copie fotografiche di tre importanti documenti medievali riguardanti la chiesa, dei quali pareva non essere rimasta traccia.

Si tratta di tre documenti di età normanna (secc. XI-XII), regolarmente citati, e talora anche trascritti, dagli storici (non solo locali) che si sono occupati dell’argomento, anche in tempi recenti[1].

Non ricostruiremo in questa sede la storia della chiesa di San Pietro in Bevagna, già tracciata, nelle linee essenziali, da vari studiosi (anche se, soprattutto in relazione all’età medievale e moderna, sono ancora da compiere organiche ricerche d’archivio). Ci occuperemo invece di approfondire la “storia” di queste pergamene, scandita da poche, ma significative vicende.

 

Una storia travagliata

I documenti di cui trattasi fanno riferimento alla donazione, da parte del duca Ruggero Borsa (1060-1111) di alcune chiese con le relative pertinenze, al monastero benedettino di San Lorenzo di Aversa (CE). Tra le chiese donate al cenobio aversano, compare anche quella di San Pietro in Bevagna, con il vicino casale di Felline. Tale donazione fu formalizzata nel 1092 , e poi confermata nel 1102.

Tali vicende sono testimoniate da tre atti, cioè due del 1092 (donazione) e uno del 1102 (conferma). Lasciamo ai paleografi e ai diplomatisti lo studio dettagliato delle riproduzioni fotografiche (due delle quali, purtroppo, leggibili con difficoltà). Ci limitiamo a ribadire che si tratta di documenti fondamentali per comprendere la storia della chiesa di San Pietro in Bevagna, poiché fanno riferimento ad un momento decisivo: quello dell’ingresso della chiesa e delle sue pertinenze nell’orbita benedettina.

Le tre pergamene ebbero verosimilmente la loro primitiva collocazione nell’archivio (tabularium) del monastero di San Lorenzo di Aversa, cioè dell’ente cui il duca normanno aveva donato i beni[2]. I monaci dovettero conservare con cura gli atti, poiché essi attestavano i relativi diritti di possesso, fino a tutto il sec. XVIII.

Chiesa di San Lorenzo di Aversa.Leone stiloforo (sec. XI) (ph. Nicola Morrone)

 

All’inizio del sec. XIX, il monastero aversano, al pari di tante altre fondazione benedettine possidenti, fu soppresso dai napoleonidi[3]. Come logica conseguenza dei provvedimenti soppressivi, lo Stato acquisì i fabbricati , le proprietà fondiarie e i beni mobili delle case monastiche, sottraendo dalla confisca esclusivamente gli edifici sacri e la suppellettile strettamente indispensabile al culto.

Tra i beni confiscati vi furono i patrimoni archivistici delle case religiose, di cui era spesso parte integrante, per i monasteri di più antica fondazione, il fondo pergamenaceo. Così, anche le pergamene del soppresso monastero di San Lorenzo d’Aversa entrarono nella disponibilità dello Stato, che decise poi di farle confluire, insieme ad un’enorme quantità di documenti consimili, in un apposito fondo del neonato Archivio Generale del Regno di Napoli [4].

Il testo delle membrane fu in seguito trascritto e pubblicato da un gruppo di archivisti napoletani in un’opera di fondamentale importanza, cioè i Regii Neapolitani archivi monumenta edita ac illustrata[5] (RNAM).

Da quest’opera gli eruditi ricavarono dati di estremo interesse per la ricostruzione della storia dei monasteri dell’Italia Meridionale. Le pergamene originali, trascritte e pubblicate nei RNAM, rimasero depositate nell’Archivio Generale del Regno fino al 1943, quando vennero materialmente distrutte in seguito all’incendio appiccato al deposito archivistico di San Paolo Belsito (NA) dalle truppe tedesche in ritirata. Si persero così per sempre le pergamene dei monasteri soppressi dell’Italia Meridionale, tra le quali, naturalmente, anche i tre documenti oggetto del nostro studio, riguardanti la chiesa di San Pietro in Bevagna.

Fortunatamente, nel 1905 lo studioso tedesco Richard Salomon, nell’ambito delle ricerche per la stesura della sua tesi di dottorato (poi pubblicata[6]) aveva personalmente acquisito copia fotografica degli originali di varie pergamene di età normanna, conservandone in questo modo traccia concreta. Lo studioso conferì poi le riproduzioni all’ Istituto storico Germanico di Roma, presso cui le stesse sono ancora consultabili.[7]

Monastero di San Lorenzo di Aversa (ph Nicola Morrone)

 

I documenti

Come già precisato,due delle tre fotografie da noi rinvenute presso l’Archivio dell’Istituto Storico Germanico di Roma fanno riferimento all’atto di donazione della chiesa di San Pietro in Bevagna (e di varie altre chiese con le loro pertinenze) al Monastero di San Lorenzo di Aversa, da parte del duca Ruggero Borsa. Orbene, le due fotografie fanno riferimento ad uno stesso atto (del 1092), di cui furono evidentemente realizzati almeno due esemplari, uno ufficiale provvisto di sigillo (poi rimosso) ed una copia , sprovvista di sigillo.

La terza foto fa invece riferimento all’atto del 1102 , con cui lo stesso duca Ruggero Borsa conferma al Monastero di San Lorenzo di Aversa le proprietà precedentemente donate. Naturalmente, non ci spingiamo oltre nella descrizione dei documenti, il cui esame, a partire dalle riproduzioni fotografiche, spetta appunto a paleografi e diplomatisti, restando in attesa della loro edizione[8].

 

La pergamena del 1102

Con tale atto, il duca Ruggero Borsa conferma al monastero di San Lorenzo di Aversa il possesso di alcune chiese con beni stabili . Tra queste, anche la chiesa di San Pietro in Bevagna, con il casale di Felline[9].

Copia della pergamena
(© Istituto Storico Germanico in Roma. Riproduzione vietata)

 

rigo 6 della predetta pergamena: “et sanctum petrum de babagnia”
(© Istituto Storico Germanico in Roma. Riproduzione vietata)

 

 

Conclusioni

La storia della chiesa di San Pietro in Bevagna, che già conosciamo nelle linee principali, va ulteriormente approfondita con puntuali ricerche d’archivio, che possano fare luce, oltre che sugli avvenimenti d’età altomedievale (per la conoscenza dei quali un utile contributo potrà venire dalla ricerca archeologica) anche su quelli d’età bassomedievale e moderna.

Una ricognizione presso l’Archivio Vescovile di Aversa, che conserva un fondo specifico relativo al Monastero di San Lorenzo, da cui dipese per sette secoli la chiesa di Bevagna, potrà riservare altre sorprese. Per il momento , forniamo un ulteriore, modesto contributo alla riscoperta di una realtà, che è stata oggetto dei nostri studi per quasi un ventennio.

 

 

Note

[1] Per una bibliografia aggiornata sulla chiesa di San Pietro in Bevagna, cfr.E. Dimitri, Saggio Bibliografico su San Pietro in Bevagna, in G. Lunardi-B. Tragni, San Pietro in Bevagna nella storia e nella tradizione (Manduria 1993) pp.135-142, e successiva ristampa (Manduria 2004), pp.145-147. Da ultimo, si segnalano i lavori di E. Musardo Talò, San Pietro in Bevagna, un bene culturale da salvare (Manduria 2011) e G. Selvaggi (a cura di), San Pietro in Bevagna. Fedeli in pellegrinaggio (Manduria 2015). I nostri contributi giornalisti sull’argomento sono stati pubblicati sul sito della Fondazione terra d’Otranto (www.fondazioneterradotranto.it) cui rimandiamo il lettore.

[2] Cfr.P.F. Kher, Regesta Pontificum Romanorum (Berlino 1935) vol.VIII, pp.287-289.

[3] Ciò avvenne con legge del 13 Febbraio 1807.

[4] L’Archivio Generale del Regno di Napoli fu istituito dal Re Gioacchino Murat nel 1808. Sulle vicende riguardanti gli archivi dei monasteri soppressi, cfr, Regii Neapolitani Archivi Monumenta, 2 edizione (Atella 2011), pp. 8-11 e 14-18.

[5] Il primo volume dei RNAM (con documenti a partire dall’anno 703) fu pubblicato nel 1845. Il sesto ed ultimo volume (con documenti fino all’anno 1130) uscì nel 1861. Per una rapida storia dei RNAM, cfr. ibidem, pp.11-14.

[6] Cfr. R. Salomon, Studien zur normannisch-italischèn Diplomatik: Die Herzogsurkunden fiir Bari, Diss.Berlin 1907.

[7] Le fotografie sono conservate nell’Archivio dell’Istituto Storico Germanico>Photosammlung R.Salomon> Umschlag n.3> photo n.3,4; 3,5; 3,6-7.Si ringrazia il Dott.Andreas Rehberg per averne consentito l’acquisizione e la pubblicazione, con autorizzazione del 3/4/2018.

[8] I documenti relativi ai primi duchi normanni d’Italia (1046-1087) sono stati editi da L.R. Menager, in Recueil des actes des ducs normands d’Italie (Bari 1980). Si attende l’edizione delle pergamene normanne del periodo successivo.

[9] Il testo è trascritto in RNAM, vol.VI, pp.275-276; in A.P. Coco, ibidem, pp.184-186; in RNAM (2 edizione), vol.V, doc.508 (con traduzione a fronte).

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