L’iconografia araldica del portale della Collegiata di Manduria: ipotesi e indirizzi di ricerca

di Marcello Semeraro

 

In due articoli apparsi recentemente sulle pagine web di ManduriaOggi, lo studioso Giuseppe Pio Capogrosso ha avanzato alcune ipotesi di lettura sulla decorazione araldica presente sul magnifico portale rinascimentale della chiesa Matrice di Manduria, realizzato, com’è noto, da Raimondo da Francavilla nel 1532 (fig. 1).

Fig. 1 – Manduria, Chiesa Matrice della SS. Trinità, facciata, particolare del portale d’ingresso
Fig. 1 – Manduria, Chiesa Matrice della SS. Trinità, facciata, particolare del portale d’ingresso

 

Si tratta, lo ricordiamo, di un insieme formato da quattro stemmi litici disposti a coppie ai lati del portale, due sopra e due sotto. La coppia superiore, collocata alla base delle colonnine della sovrapporta, è costituita da due scudi sagomati con forme diverse; quella inferiore, visibile sotto i capitelli delle paraste, è invece composta da due scudi gemelli appesi a chiodi mediante guiggie. Ques’ultima coppia non pone particolari problemi interpretativi: si tratta della più antica raffigurazione a noi nota dell’arma dell’Universitas di Casalnuovo (oggi Manduria), recante il solo albero di mandorlo sradicato[1] (figg. 2 e 3).

Fig. 2 – Manduria, Chiesa Matrice, particolare del primo dei due stemmi dell’Universitas di Casalnuovo (foto di Giuseppe D’Angeli)
Fig. 2 – Manduria, Chiesa Matrice, particolare del primo dei due stemmi dell’Universitas di Casalnuovo (foto di Giuseppe D’Angeli)

 

Fig. 3 - Manduria, Chiesa Matrice, particolare del secondo dei due stemmi dell’Universitas di Casalnuovo (foto di Giuseppe D’Angeli)
Fig. 3 – Manduria, Chiesa Matrice, particolare del secondo dei due stemmi dell’Universitas di Casalnuovo (foto di Giuseppe D’Angeli)

 

Più problematica risulta, invece, la lettura della coppia di stemmi sovrastanti, caratterizzata, come si vede nelle illustrazioni (figg. 4 e 5), da abrasioni di notevole entità che ne rendono difficile l’immediata decifrazione.

Fig. 4 - Manduria, Chiesa Matrice, particolare del primo stemma della coppia superiore, recante il partito Bonifacio/Cicara (foto di Giuseppe D’Angeli)
Fig. 4 – Manduria, Chiesa Matrice, particolare del primo stemma della coppia superiore, recante il partito Bonifacio/Cicara (foto di Giuseppe D’Angeli)

 

Figg. 5 e 5a - Manduria, Chiesa Matrice, particolare del secondo stemma Bonifacio/Cicara (foto di Giuseppe D’Angeli)
Figg. 5 – Manduria, Chiesa Matrice, particolare del secondo stemma Bonifacio/Cicara (foto di Giuseppe D’Angeli)

 

Figg. 5 e 5a - Manduria, Chiesa Matrice, particolare del secondo stemma Bonifacio/Cicara (foto di Giuseppe D’Angeli)
Figg. 5a – Manduria, Chiesa Matrice, particolare del secondo stemma Bonifacio/Cicara (foto di Giuseppe D’Angeli)

 

Capogrosso ha identificato correttamente la prima di queste due armi (quella di sinistra, fig. 4), riconoscendo in essa uno stemma d’alleanza matrimoniale che riunisce, per mezzo di uno scudo partito, le insegne araldiche di Roberto Bonifacio (signore di Casalnuovo, fra alterne vicende, dal 1522 al 1536) e della moglie Lucrezia Cicara[2] (figg. 6 e 7).

Fig. 6 – Bayerische Staatsbibliothek (Biblioteca Nazionale Bavarese), BSB Cod.icon. 279 (1550-55), fol. 35r. Arma della famiglia Bonifacio: «d’oro, alla banda scaccata di due file d’argento e di rosso, accostata da due leoni illeoparditi dello stesso»
Fig. 6 – Bayerische Staatsbibliothek (Biblioteca Nazionale Bavarese), BSB Cod.icon. 279 (1550-55), fol. 35r. Arma della famiglia Bonifacio: «d’oro, alla banda scaccata di due file d’argento e di rosso, accostata da due leoni illeoparditi dello stesso»
Fig. 7 - Bayerische Staatsbibliothek (Biblioteca Nazionale Bavarese), BSB Cod.icon. 279 (1550-55), fol. 40r. Arma della famiglia Cicara: «d’oro, a due scaglioni d’azzurro, quello superiore troncato; al capo cucito del primo, caricato di un uccello di nero, posato sulla partizione»
Fig. 7 – Bayerische Staatsbibliothek (Biblioteca Nazionale Bavarese), BSB Cod.icon. 279 (1550-55), fol. 40r. Arma della famiglia Cicara: «d’oro, a due scaglioni d’azzurro, quello superiore troncato; al capo cucito del primo, caricato di un uccello di nero, posato sulla partizione»

 

Per il secondo stemma lo studioso manduriano propone, invece, un’ipotesi di lettura che a nostro avviso risulta priva di fondamento. A detta del Capogrosso, l’insegna riprodurrebbe «il simbolo araldico della chiesa parrocchiale SS. Trinità (all’epoca eretta in Arcipretura, ma non ancora in Collegiata, sebbene fosse già servita, per il culto, collegialmente) rappresentato così come più tardi comparirà miniato nel Librone Magno delle famiglie mandurine».

Tuttavia, un’osservazione attenta del contenuto blasonico dello scudo, condotta anche mediante l’ausilio di foto ad alta risoluzione, smentisce l’ipotesi di attribuzione proposta dall’autore manduriano. Malgrado le vistose abrasioni, nella parte sinistra (destra per chi guarda) dello scudo si intravedono chiaramente gli scaglioni e il volatile, vale a dire le figure araldiche dell’arma Cicara (figg. 5 e 5a).

Ciò significa che il partito d’alleanza coniugale Bonifacio/Cicara è rappresentato anche nel secondo scudo della coppia superiore[3]. In effetti, la disposizione delle armi sul portale suggerisce un ordine funzionale alla rappresentazione di una gerarchia di poteri: sopra gli stemmi dei feudatari (arma di dominio), sotto quelli della locale Universitas (arma di comunità).

Ricordando che in contesti simili la ripetizione delle stesse armi all’interno dello stesso scudo è una costante legata essenzialmente a ragioni di simmetria, osserviamo, tuttavia, che il secondo scudo della coppia superiore presenta una foggia diversa rispetto al primo e appare scolpito su una lastra rettangolare che risulta decisamente fuori contesto. Entrambi gli scudi, inoltre, sono applicati alla base delle colonnine mediante staffe metalliche, particolare che li distingue nettamente dagli stemmi sottostanti, che invece appaiono scolpiti direttamente sulle paraste e costituiscono parte integrante della ricca iconografia presente sul portale del 1532.

Come spiegare, dunque, tutte queste anomalie? L’ipotesi più probabile, allo stato attuale delle ricerche, è quella di una collocazione successiva dei due stemmi superiori rispetto a quelli inferiori. È possibile, in particolare, che l’applicazione degli attuali scudi sulle colonnine della sovrapporta sia avvenuta utilizzando manufatti originariamente collocati altrove, reimpiegati, forse, per sostituire una precedente coppia di scudi gemelli Bonifacio/Cicara gravemente danneggiati o magari rimossi sotto i colpi della damnatio memoriae che colpì la figura di Giovanni Bernardino Bonifacio (*1517 †1597), figlio e successore di Roberto, sospettato di eresia e fuggito in modo rocambolesco nel 1557, con la conseguente confisca dei feudi di Oria, Casalnuovo e Francavilla.

Non è nemmeno da escludere che gli stemmi Bonifacio/Cicara appartengano allo stesso Giovanni Bernardino e che la damnatio memoriae abbia colpito proprio le sue insegne[4]. Nel testamento firmato il 16 gennaio 1534, Roberto Bonifacio dichiara il figlio erede universale, disponendo altresì che «se habbia finche vivera a cognominare del cognome nostro de Bonifatio, et Cicaro, cognome de la signora marchesa mia consorte». Quest’ultima circostanza può aver fornito a Giovanni Bernardino l’occasione per combinare all’interno di uno scudo partito le armi paterne con quelle materne, traducendo in tal modo araldicamente la volontà espressa dal padre di mantenere sempre vivi i cognomi Bonifacio e Cicara: ne avrebbe avuto, del resto, tutto il diritto.

Il fatto è che dell’arma usata dall’illustre umanista napoletano non resta oggi più alcuna traccia visibile. Mancano, infatti, altre attestazioni su monumenti, stemmari o altri manufatti con cui poter fare un raffronto, per cui la nostra resta solo una mera ipotesi, da prendere con le dovute cautele[5].

Come abbiamo già ricordato poc’anzi, quella con l’albero di mandorlo rappresentato a radici nude costituisce la più antica raffigurazione dell’arma civica di Manduria-Casalnuovo giunta fino a noi.

Si tratta di una testimonianza di notevole importanza perché documenta come agli inizi del Cinquecento l’Università di Casalnuovo – i cui primi statuti risalgono agli anni 1463-64, durante il periodo aragonese – fosse già dotata di una personalità giuridica e di un assetto politico-amministrativo tali da giustificare l’uso di un stemma. Quest’ultimo, infatti, trovava posto su tutta una serie di supporti (sigilli, monumenti, altri manufatti) atti a rendere visibili certi diritti e certe prerogative dell’amministrazione locale, separati, e a volte anzi contrapposti, a quelli dello Stato rappresentato dalla Corona e dal feudatario.

La presenza degli emblemi della municipalità sul portale rinascimentale voluto da Raimondo da Francavilla potrebbe allora essere messa in relazione con la funzione pubblica che la chiesa Matrice ebbe già nel Cinquecento come sede del Consiglio municipale[6], il che spiegherebbe anche l’eventuale presenza, ab origine o comunque entro il 1557, di un apparato araldico istituzionale composto da quattro armi, due del feudatario (sopra) e due dell’Università casalnovetana (sotto).

Un’altra ipotesi tira in ballo il giuspatronato detenuto dall’Universitas sulla stessa vhiesa Madre[7] e in tal caso gli stemmi ne rappresenterebbero il signum.

È innegabile, comunque sia, il fascino esercitato da questi documenti figurati che rappresentano visivamente i primi passi dell’autonomia amministrativa di Manduria-Casalnuovo nel senso moderno del termine.

L’iconografia complessiva del portale della chiesa Matrice attende ancora di essere debitamente studiata: l’auspicio è che la nostra ricerca, passibile di ulteriori sviluppi, rappresenti un primo passo in questa direzione.

 

BIBLIOGRAFIA

T. Albanese, Historia Dell’antichità d’Oria Città della Provincia di Terra d’Otranto. Raccolta da molti antichi e moderni Geografi, ed Historici Dal Filosofo e Medico Domenico Tomaso Albanese della stessa Città, nella quale anco si descrive l’origine di molti luoghi spettanti alla sua Diocesi, Brindisi, Biblioteca pubblica arcivescovile A. De Leo, Manoscritti, ms. D/15.

P. Brunetti, Manduria: tra storia e leggenda, dalle origini ai giorni nostri, Manduria 2007.

G. Delille, Famiglia e potere locale: una prospettiva mediterranea, Bari 2011.

F. Filo Schiavoni, M. Annoscia, …Tra i segni di tanta vita e di tanta storia: Manduria in immagini e documenti fra 800 e 900, Manduria 1994.

S. Fischetti, Novità archivistiche su Manduria-Casalnovo: emblema civico e inediti, in «Cenacolo», Rivista storica di Taranto, n. s. XV (XXVII), 2003, pp. 89-114.

G. Jacovelli, Manduria nel Cinquecento, Galatina 1974.

N. Morrone, Nuovi documenti sul rapporto tra Giovanni Bernardino Bonifacio e l’Università di Casalnuovo, disponibile al seguente indirizzo: https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/11/17/nuovi-documenti-sul-rapporto-tra-giovanni-bernardino-bonifacio-e-luniversita-di-casalnuovo/.

O. Neubecker, Araldica: origini, simboli e significato, Milano 1980.

N. Palumbo, Nobilitas mandurina, Manduria 1989.

M. Pastoureau, Traité dhéraldique, Picard, Paris 20085.

A. Savorelli, Araldica e araldica comunale. Una sintesi storica, in «Estudos de Heráldica Medieval», coordenação de M. de Lurdes Rosa e M. Metelo de Seixas, Lisboa, IEM-CLEGH-Caminhos Romanos, 2012, pp. 254-273.

L. Tarentini, Manduria sacra, ovvero Storia di tutte le chiese e cappelle distrutte ed esistenti dei monasteri e congregazioni laicali dalla loro fondazione fino al presente, Manduria 1899, rist. anast. Manduria 1999.

M. E. Welti, Dall’umanesimo alla riforma. Giovanni Bernardino Bonifacio marchese di Oria (1517-1557), Brindisi 1986.

 

[1] Riteniamo che Casalnuovo, come molti altri centri minori, si sia dotata di uno stemma civico fra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI. Il Cinquecento, in particolare, è il periodo della definizione dell’emblema civico casalnovetano, che si stabilizzerà solo a partire dal secolo successivo. Ci riproponiamo di parlarne più diffusamente in un apposito articolo di prossima pubblicazione.

[2] Altri due esemplari recanti il partito Bonifacio/Cicara si trovano scolpiti al lati del basamento del monumento sepolcrale dedicato ad Andrea Bonifacio (figlio di Roberto e Lucrezia, morto nel 1515, all’età di sette anni), situato nella chiesa dei Santi Severino e Sossio di Napoli. Il sito Nobili napoletani ne fornisce una riproduzione fotografica al seguente indirizzo: http://www.nobili-napoletani.it/Bonifacio.htm.

[3] Dall’analisi degli ornamenti esterni emerge, inoltre, che gli scudi della coppia superiore avevano in origine il medesimo timbro, ovvero una corona composta da un semplice cerchio, probabilmente decorato con gemme, che appare ancora integro nel primo scudo e frammentario nel secondo: un altro particolare che accomuna i due manufatti.

[4] E in tal caso bisognerebbe spostare il terminus post quem per la datazione della collocazione degli stemmi superiori al 1536, data della morte del padre Roberto.

[5] Sebbene non se ne conoscano esempi, Giovanni Berardino fece sicuramente uso di uno stemma, come dimostra la testimonianza de visu fornita dallo storico oritano Domenico Tommaso Albanese (*1638 †1685), contenuta in una pagina del manoscritto Historia Dell’antichità d’Oria. L’Albanese ricorda come ancora ai suoi tempi le armi del marchese di Oria decorassero gli stalli del coro della chiesa di San Francesco d’Assisi, stalli che lo stesso Bonifacio commissionò e dei quali, ahimè, si è persa oggi ogni traccia. Cfr. D. T. ALBANESE, Historia Dell’antichità d’Oria Città della Provincia di Terra d’Otranto. Raccolta da molti antichi e moderni Geografi, ed Historici Dal Filosofo e Medico Domenico Tomaso Albanese della stessa Città, nella quale anco si descrive l’origine di molti luoghi spettanti alla sua Diocesi, Brindisi, Biblioteca pubblica arcivescovile A. De Leo, Manoscritti, ms. D/15, c. 311v.

[6] Dall’inizio del XVI secolo fino alla fine del XVIII tutti i Consigli municipali di Casalnuovo erano composti da un sindaco e da quattro auditori (assessori), scelti fra i nobili viventi, e da otto eletti, scelti fra i popolari. I membri del Consiglio erano responsabili, sui loro beni patrimoniali, dell’amministrazione della loro carica.

[7] L’Università aveva l’obbligo di provvedere alla manutenzione della chiesa e ad altre spese necessarie al suo funzionamento.

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