L’obelisco di Porta Napoli a Lecce (2/5)

di Marcello Gaballo e Armando Polito

DISTRETTO DI LECCE

1bis

 

Ecco i dettagli citati nell’opuscolo: “1) Minerva progrediente col motto Lycii Japygum ultima colonia1; 2) Il dio Pane, ed il Lupo, col motto Lycii Japygo-Messapii2; 3) L’Aquila, che nasconde la testa tra le nuvole, col motto allusivo Lycii Cretenses et Salentini3″4.

Procederemo ora ad esaminarli uno per uno partendo dal basso e aggiungeremo anche la descrizione di quei dettagli che nell’opuscolo non sono citati.  Faremo così anche con le altre tre facce dedicate agli altri distretti.

“L’Autore vuole ancora, che il pubblico abbia la conoscenza di una sua latina iscrizione, da lui fatta per l’Aguglia medesima, nella quale essa non vedesi scolpita per causa della di lui assenza da Lecce. Egli ben si lusinga di meritarne alcun favorevole suffragio, che vale sempre più di quello, che gli verrebbe dall’opera dello scalpello.

FERDIN. I Siciliarum Regum omnium optumo

  1. F. invicto Augusto

                  Viam hanc Praetoriam,

                                Quod,

Ubi eam fieri concessit, suum etiam sacrum

               nomen commendaverit,

Moxque, ut abs Tarento Neapolim usque

                          sterni jusserat,

Ipsum quoque ad quatuor Salenti regiones

                extendendam permiserit,

Ad perpetuum istius beneficii memoriam servandam,

Qua harum viarum caput occurrit, pyramide

                         a solo excitata,

Cunti5 hujus, populique

Concordibus, gratisque animis consecrarunt.

  1. AE. Chr. MDCCCXXII6

 

Eccone la traduzione linea per linea, nei limiti del possibile:

A Ferdinando I il migliore di tutti i re delle Sicilie,

pio felice invitto Augusto.

Questa via pretoria,

poichè

quando concesse che fosse costruita, anche il suo sacro

nome (le) diede,

e ora, come da Taranto fino a Napoli

aveva disposto che fosse spianata,

che essa pure alle quattro regioni del Salento

venisse estesa permise,

per conservare il perpetuo ricordo di questo beneficio,

dove è posto l’inizio di queste vie, una piramide

essendo stata elevata dal suolo,

tutte le istituzioni e i popoli di questa provincia

consacrarono con animo concorde e grato.

Nell’anno 1822 dell’era di Cristo.

 

Sul monumento, invece, venne incisa quella che all’inizio abbiamo riprodotto e che qui replichiamo.

Traduzione: A Ferdinando I di Borbone molto provvido re del Regno delle Due Sicilie, restauratore della pubblica felicità, poiché diede ordine che la via rotabile da tutti i principi prima intentata, opportunissima per il commercio della provincia otrantina e delle confinanti, fosse spianata e che all’eternità del nome di Augusto fosse consacrata. I cittadini di ogni ordine, gli abitanti del posto ed i vicini, formulati voti augurali per la prosperità del principe e la saldezza della casa augusta, devotissimi alla sua potenza e maestà.

Poiché il Cepolla lamenta che l’iscrizione che aveva preparato non vedesi scolpita, che quella che oggi leggiamo presenta non solo discordanze testuali notevoli ma, soprattutto l’assenza di un dettaglio presente in ogni epigrafe che si rispetti, cioè  la data, bisogna concludere che la stessa fu apposta successivamente all’uscita dell’opuscolo cioè durante o dopo il 1827, a cinque o più anni dalla visita del sovrano (1822), a tre o più dalla sua morte (1 gennaio 1825).  Tutto ciò giustificherebbe l’assenza della data, anche se lo spazio libero del margine inferiore poteva benissimo contenere non una ma due linee, il che non esclude che almeno un rigo sia stato abraso (per vandalismo politico? e quando?), anche perché il dettaglio nella prima immagine anteriore al recente restauro, mostrerebbe, rispetto al secondo successivo al restauro qualche residuo di incisione.

Continuando l’esame della facciata dell’obelisco dedicata al distretto di Lecce incontriamo un’iscrizione non citata nel progetto del Cepolla. È un augurio di buon viaggio per chi è diretto ad Otranto. Alla stessa altezza nelle facce dedicate agli altri distretti leggeremo messaggi analoghi, anche loro, come questo, non citati dal progettista.

 

 

Per questa origine di Lecce dai Lici il Cepolla ha seguito Erodoto (V secolo a. C.) per il quale (Storie, VII, 170): Ὡς δὲ κατὰ Ἰηπυγίην γενέσθαι πλέοντας, ὑπολαβόντα σφέας χειμῶνα μέγαν ἐκβαλεῖν ἐς τὴν γῆν: συναραχθέντων δὲ τῶν πλοίων, οὐδεμίαν γάρ σφι ἔτι κομιδὴν ἐς Κρήτην φαίνεσθαι, ἐνθαῦτα Ὑρίην πόλιν κτίσαντας καταμεῖναί τε καὶ μεταβαλόντας ἀντὶ μὲν Κρητῶν γενέσθαι Ἰήπυγας Μεσσαπίους, ἀντὶ δὲ εἶναι νησιώτας ἠπειρώτας [(Si racconta) che come (i Cretesi) navigando giunsero presso la Iapigia una grande tempesta dopo averli sorpresi li scaraventò a terra; essendosi fracassate le navi non c’era nessuna possibilità per loro di tornare a Creta. Allora, dopo aver fondato la città di Hyrie, restarono passando ad essere, invece di Cretesi, Iapigi Messapi, continentali invece di isolani)].

Per completare il quadro di questa commistione va detto che per Erodoto i Lici provenivano da Creta; op. cit., VII, 92: Λύκιοι δὲ Τερμίλαι ἐκαλέοντο ἐκ Κρήτης γεγονότες, ἐπὶ δὲ Λύκου τοῦ Πανδίονος ἀνδρὸς Ἀθηναίου ἔσχον τὴν ἐπωνυμίην (i Lici originari di Creta si chiamavano Termili ma presero il nome da Lico figlio dell’ateniese Pandione).

Anche se il Cepolla non lo dice espressamente, per lui Lecce è, pure etimologicamente parlando, da Lici). Sull’origine cretese dei Salentini ecco come si esprime Strabone (I secolo a. C.-I d. C.), Geographia, VI, 3: Τοὺς δὲ Σαλεντίνους Κρητῶν ἀποίκους φασίν (Dicono che i Salentini sono coloni dei Cretesi).

Questo dettaglio, insieme col successivo, si ripete, come abbiamo già detto, tal quale sulle altre tre facce. Si è pure detto che nell’opuscolo si parla solo di “uva intrecciata con frondi di ulivo”: le spighe di grano, che nel monumento hanno una rilevanza figurativa pari, come si può agevolmente notare, al ramo d’ulivo e al tralcio d’uva, non compaiono.

Anche questo dettaglio, insieme col precedente, si ripete tal quale sulle altre tre facce, riferendosi ad elementi perfettamente comuni ai quattro distretti.

 

Questo lavoro è stato pubblicato integralmente nel periodico della Fondazione  Terra d’Otranto Il delfino e la mezzaluna, anno III, n. 1 (ottobre 2014), pp. 171-189.

 

Per la prima parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/20/lobelisco-porta-napoli-lecce-1-4/  

Per la terza parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/25/lobelisco-porta-napoli-lecce-35/

Per la quarta parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/31/lobelisco-porta-napoli-lecce-45/

Per la quinta parte: http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/11/04/lobelisco-porta-napoli-lecce-55/            

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1 Lycii Japygum ultima colonia= I Lici ultima colonia degli Iapigi. “I discendenti di Giapeto rappresentati generalmente da tutti questi popoli [Siri-Egizi, Babilonesi ed Assiri] devono certamente considerarsi come gli autori dell’origine del loro nome collettivo di Giapigi nella prima epoca della civilizzazione dei nostri aborigeni…restò in fine riconosciuta per ultima colonia de’ cosiddetti Giapigi la Città di Lecce…chiara, ed evidente pruova nell’istessa significazione del primo di lei nome, che fu quello di Sybaris, dappoiché secondo il linguaggio Caldeo significa Figli della divinità del Sole. Quindi è ben agevole comprendere la ragione dell’assunto di loro emblema della Dea Minerva progrediente, poiché in siffatta guisa restò abbastanza definito il carattere della loro origine Achea, essendo stata Minerva la prima condottiera delle principali colonie di tali Genti”. (L. Cepolla, op. cit., pagg. 7-8).

2 Lycii Japygo-Messapii=I Lici Iapigo-Messapi. “Il secondo periodo dell’antica storia di questa Città si rinviene facilmente nella politica, e religiosa riunione dei primitivi Giapigi co’ popoli Messapi, ossia cogli altri nostri primi coloni  Arabo-Egizi, giacchè tanto per l’appunto suona letteralmente il nome Messapus. Imperciocché non vi è dubbio, che il culto del Sole fu proprio dei Babilonesi, e degli Assiri, non che degli Arabo-Fenici, e degli Egizi, i quali adorarono la natura sotto tutt’i rapporti della fisica rappresentazione di tutti i di lei effetti; e da ciò avvenne, che fu da loro immaginato il Dio Pane, il quale colla sua figura rappresentava tutto l’ordine della natura” (L. Cepolla, op. cit., pag. 8).

3 Lycii Cretenses et Salentini=I Lici Cretesi Salentini. “L’ultimo periodo dell’antica storia di questa Città…può bene attribuirsi intieramente al glorioso avvenimento del governo della Dinastia Cretese sopra tutta questa Provincia. Licio Idomeneo, tanto per effetto delle sue armi, che per mezzo del matrimonio che contrasse con Evippa figlia di Malennio Re dei Messapi, fondò il suo trono sopra tutti i popoli di questa Penisola…Meritò quindi a buon diritto codesto sì grande avvenimento di esser consacrato all’immortalità coll’emblema di un’Aquila, che innalza la sua testa sopra le nuvole. Si sa, che l’Aquila è sacra a Giove, il quale nacque in Creta sul Monte Ida, onde i Cretesi assunsero per emblema nazionale il divino Augello. Qui ella figura, che vola, e nasconde la testa nelle nuvole per indicar la sublimità dell’origine del prototipo di siffatto emblema, qual fu Giove, padre degli uomini, e degli Dei” (L. Cepolla, op. cit., pag. 8).

4 L. Cepolla, op. cit., pag. 3.

5 Per Cuncti.

6 L. Cepolla, op. cit., pag. 16.

 

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