Sulla statua dell’Assunta nel Duomo di Lecce

La nuova statua fatta venire da Napoli’: attori e comprimari intorno alla commissione dell’Assunta lignea per il Duomo di Lecce

1. Nicola Fumo, Assunta, 1689. Museo diocesano, Lecce, proveniente dalla cattedrale della città.

 

di Maura Sorrone

<<A 15 agosto si fece la prima festa della SS. Vergine Assunta della nuova statua fatta venire da Napoli dal vescovo Pignatelli collocata sopra l’altare maggiore della cattedrale, opere del celebre Nicola Fumo insigne scultore napoletano>>[1].

L’opera, conservata nel museo dell’arcidiocesi di Lecce, ben conosciuta dai più autorevoli studiosi del settore[2], testimonia la fervida attività di committenti nobili ed ecclesiastici che tra Sei e Settecento favorirono la devozione popolare, facendosi carico e promuovendo l’acquisto di importanti sculture sacre.

Il 15 agosto del 1689 i leccesi per la prima volta avevano a disposizione un’opera monumentale per manifestare la propria devozione alla Vergine Maria.

All’arrivo della statua, avvenuta qualche mese prima, la chiesa cattedrale era già stata ricostruita e ammodernata da Giuseppe Zimbalo (1659 – 1670) per volontà del vescovo Luigi Pappacoda (1639 – 1670)[3].

Il committente dell’opera, mons. Michele Pignatelli (1682 – 1694), tenne conto dello spazio a disposizione per la sistemazione della maestosa statua sull’altare maggiore del duomo, probabilmente accordandosi con lo scultore su misure e modello da realizzare. Come possiamo immaginare tale scelta rendeva piuttosto scenografica l’area presbiteriale della chiesa.

Giuseppe Cino, testimone dell’arrivo dell’opera a Lecce, con le sue Memorie ha fornito agli studiosi di scultura in legno un importante dato documentario. Infatti la sua affermazione che cita Nicola Fumo autore dell’Assunta è tra le più antiche .

Fin qui nulla ci sarebbe da aggiungere. Nel 2011, però, un atto di pagamento recuperato da Vincenzo Rizzo presso l’archivio storico del Banco di Napoli, ha permesso di conoscere altre personalità che contribuirono in diverso modo alla realizzazione dell’opera.

ASBN, Banco della Pietà, giornale copia polizze di cassa, matr. 903, 15 aprile 1689:

  1. A Geronimo d’Aponte, ducati 25 et per lui a Giovanni Battista Gricelli per altrittanti e per lui a d. Carlo Coppola per altrittanti e per lui a Francesco D’Angelo a compimento di d. cento ottantuno, e sono in conto d’una statua di legno lavorata e miniata dell’Assunta della nostra Regina quale doverà consignarli per servitio del duomo di Lecce, non restando a conseguir’altro che d. dodici, atteso l’altri l’ha ricevuti per diversi banchi et per lui ad Aniello Conte per altrittanti [4].

Come talvolta accade, non sempre negli atti di pagamento è dichiarato il nome dell’artista. Questo documento in un primo tempo ha portato a mettere in discussione dati storicizzati e considerati attendibili.

Considerare ogni singolo episodio come facente parte di una “serie”, cioè di un insieme di fatti, circostanze e abitudini legati tra loro da un’imprescindibile relazione, ci consente di dare la giusta importanza ad eventi artistici che, se estrapolati dalla realtà che li ha generati, finirebbero per restituirci una visione alquanto distorta di fatti e relazioni che hanno contribuito alla presenza nel territorio salentino di importanti sculture in legno commissionate a Napoli tra Sei e Settecento.

Da un’analisi del nostro documento diverse persone prendono parte alla vicenda. Si tratta di un passaggio di denaro da Geronimo, noto esponente della famiglia d’Aponte[5], a Francesco D’Angelo tramite diverse altre personalità. Nel gergo delle attività bancarie dell’epoca, Geronimo d’Aponte è il “cambiatore”, colui cioè che da una determinata zona periferica raggiungeva i Banchi napoletani per adempiere commissioni prese in carico. Infatti, analizzando i documenti a suo nome, si leggono tantissimi atti di pagamento effettuati tramite i banchi riguardanti le faccende più disparate, che legavano molti prelati e membri della nobiltà locale della Terra d’Otranto alla città di Napoli. Allo stesso modo gli altri personaggi citati nel documento fanno da tramite: da quanto è emerso dagli archivi, Don Carlo Coppola è un sacerdote della curia leccese, vicino al vescovo Pignatelli. Quest’ultimo, seppur non presente nell’atto di pagamento, da quanto leggiamo nelle attendibili cronache di Giuseppe Cino, è evidentemente il committente della scultura.

Giovan Battista Gricelli, non è stato rintracciato in nessuna fonte locale, ma finora è stato sottovalutato un fatto importante: il suo nome compare nella polizza di pagamento della Madonna del Carro realizzata dieci anni dopo da Gaetano Patalano per la parrocchiale di San Cesario di Lecce [6], sebbene Isabella Di Liddo abbia riportato il nome di Giovan Battista Oricelli, il corretto nome dell’intermediario è da leggersi più correttamente “Gricelli”:

ASBN, Banco della Pietà, giornale copiapolizze di cassa, matr. 1069, anno 1699

31 marzo:

A D. Francesco Marullo ducati quaranta, e per lui a Gaetano Patalano, statuario per farne una statua della Madonna Santissima del Carro secondo il convenuto con D. Giovanni Battista Gricelli della Città di Lecce, in qualità del disegno, al medesimo trasmesso, e per lui a Nicola Garofano.

Invece non possiamo affermare con certezza che Francesco D’Angelo, citato nel documento riguardante l’Assunta del Duomo, sia l’argentiere attivo nel cantiere della fontana di Monteoliveto a Napoli, come si è pensato in un primo momento  [7].

Ad ogni modo un Francesco D’Angelo compare ancora in un atto di pagamento per altre opere leccesi, cioè le statue di San Pietro d’Alcantara, di San Gaetano Thiene e dell’Immacolata  per la chiesa di Santa Chiara, datate 1692. Dunque è importante evidenziare che le commissioni fatte in questi anni a Nicola Fumo e Gaetano Patalano per le chiese leccesi avvenivano tramite gli stessi intermediari.

ASBN, Banco dello Spirito Santo, giornale copiapolizze di cassa, matr. 721, anno 1692, 7 febbraio:

A Francesco d’Angelo duc. Cinquantasei, e per lui a Gaetano Patalano e sono per saldo delle tre statue che l’ha fatto per servitio del monastero delle rev.de monache della città di Lecce cioè della Concettione, San Gaetano, e San Pietro d’Alcantare di altezza di palmi sette l’una, e d.ti 56 li paga se suoi propri denari per doverseli rimborzare da d.to monasterio, e con d.to pagamento resta d.to Gaetano interamente soddisfatto per non doversene avere cosa alcuna [8].

Sicuramente non si tratta di nomi clamorosi, ma comparare fonti e documenti ci permette indubbiamente di conoscere al meglio le relazioni tra individui che hanno contribuito alle scelte delle opere e degli artisti nel campo di un settore alquanto complesso come quello della scultura in legno napoletana.

Ritornando alla nostra Assunta, ricordiamo che l’opera restò sull’altare maggiore sino al 1757, quando si decise di dotare la cattedrale di un cospicuo arredo marmoreo che modificò nuovamente l’aspetto dell’edificio. A testimonianza di ciò Francesco Piccinni nel 1757 ci racconta del nuovo capo altare consacrato dal vescovo Sozy Carafa e di una nuova sistemazione dell’Assunta del “celebre Nicola Fumo”. Cambiamento voluto dall’Abate don Francesco Palumbo canonico della Cattedrale, “di indole portato alle novità nonostante molti reclami del popolo” [9]. All’Assunta lignea del Fumo, fu preferita una nuova tela della titolare, dipinta da Oronzo Tiso e collocata nell’area presbiteriale [10].

Si può comprendere quanto l’opera di Fumo fosse stata una novità apprezzata dai fedeli che non sembra abbiano ben tollerato le modifiche compiute dal vescovo Alfonso Sozy Carafa nel 1757. Il vescovo attuò le disposizioni testamentarie del predecessore, Scipione Sersale (1744 – 1751), facendo eseguire un nuovo altare marmoreo con balaustrata e due angeli capo altare dal marmoraro napoletano Gennaro De Martino.

È evidente quanto l’immagine della Vergine dipinta dal Tiso abbia avuto come modello la scultura di Nicola Fumo sia nell’impostazione delle figura sia nella postura degli angeli – soprattutto quello a sinistra di chi guarda l’opera -[11] .

Dal punto di vista dello stile non si aggiungerà in questa sede nulla d’inedito riguardo alla scultura di Fumo. L’opera, già ricordata da Borrelli come “un’autentica montagna colorata semovente” [12] si caratterizza per la dinamicità totale. Lo scultore, con abilità e sapiente maestria, ha perfettamente reso l’idea del transito al Cielo della Vergine in anima e corpo.

La figura di Maria sembra pronta a sollevarsi dalla nuvola posta sotto i suoi piedi, i panneggi sono mossi e impreziositi dalla fantasia floreale [13]. Motivo questo che ben presto diverrà modello iconografico da non sottovalutare nella pittura e nella scultura locale da questa data in poi.

Il panorama che si andava così tracciando nel Salento sul finire del XVIII secolo, fu quello di un territorio pronto ad accogliere le principali novità napoletane. Tali innovazioni artistiche furono ricercate dai committenti per omologare le città della Terra d’Otranto, alla Capitale. Il Salento, infatti, a differenza di quanto accadde nelle altre periferie dipendenti da Napoli, fu senz’altro maggiormente disposto ad accogliere le opere d’importazione, allontanando ogni tipo di ritardo artistico o rifiuto dei nuovi modelli elaborati nella capitale partenopea.

 

Note

[1] CINO, Giuseppe, Memorie ossia notiziario di molte cose accadute in Lecce dall’anno del Signore 1656 sino all’anno 1719 del signor Giuseppe Cino ingegnere leccese, in Cronache di Lecce, a cura di Alessandro Laporta, Lecce: Ed. del Grifo, 1991, pp. 49 – 98, p. 63.

[2] CASCIARO, Raffaele, Seriazione e variazione: sculture di Nicola Fumo tra Napoli, la Puglia e la Spagna, in La scultura meridionale in età moderna nei suoi rapporti con la circolazione mediterranea, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Lecce, 9 – 11 giugno 2004), a cura di Letizia Gaeta, Galatina: Congedo ed. 2007, 2 voll., II, pp. 245 – 264, 247 – 248; Rossi, Valentina, scheda opera n. 48 p. 260- 261, in Sculture di età barocca tra Terra d’Otranto, Napoli e la Spagna catalogo della mostra (Lecce, 16 dicembre 2007-28 maggio 2008), a cura di Raffaele Casciaro e Antonio Cassiano, Roma: De Luca edit. 2007, pp. 260 – 261.

[3] Cazzato, Vincenzo, Schedatura dei centri urbani, Provincia di Lecce, in Atlante del Barocco in Italia, Puglia, 2. Lecce e il Salento, 1, i centri urbani. Le architetture e il cantiere barocco, a cura di Mario Cazzato e Vincenzo Cazzato, Roma: De Luca ed. 2015, pp. 99 – 103.

[4] RIZZO, Vincenzo, Su alcune ritrovate sorprendenti sculture napoletane tra Sei e Settecento, in “Quaderni dell’Archivio Storico del Banco di Napoli”, Napoli 2009 – 2010, Napoli: Farella snc. 2011, pp. 213 – 231, p. 224. Il documento è stato verificato da chi scrive durante le ricerche per la tesi di dottorato presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli. Colgo l’occasione per ringraziare il responsabile dell’Archivio Storico dell’Istituto Banco di Napoli – Fondazione – Eduardo Nappi e il personale tutto.

[5] BALSAMO, Bruno, Gli Aponte: un’antica famiglia marinara sorrentina, Sant’Agnello: Monghidoro 2011.

[6] DI LIDDO, Isabella, La circolazione della scultura lignea barocca nel mediterraneo. Napoli, la Puglia e la Spagna una indagine comparata sul ruolo delle botteghe: Nicola Salzillo, Roma: De Luca ed. 2008, pp. 131 – 136.

La Madonna del Carro (1699) di Gaetano Patalano per San Cesario di Lecce

[7] Rizzo, Vincenzo, Su alcune ritrovate sorprendenti sculture napoletane…cit., p. 223

[8] Borrelli, Gian Giotto, Sculture in legno di età barocca in Basilicata, Napoli: Paparo ed. 2005, doc. 60 p. 112.

[9] Principiano le notizie di Lecce di Francesco Antonio Piccinni della classe dei civili di questa città nell’anno 1757, in Cronache leccesi…cit., pp. 99 – 303, p. 148.

[10] In precedenza, nel presbiterio era collocata un’Assunta dipinta dal gallipolino Giovan Domenico Catalano (1560 ca. – 1627 ca.).

[11] Sicuramente non fu una novità per il pittore Oronzo Tiso prendere a modello l’opera di Fumo. Egli, infatti, nella sua produzione ebbe come punto di riferimento i pittori del barocco napoletano, però probabilmente nel duomo leccese il modello di riferimento fu specificatamente la statua dell’Assunta.

[12] BORRELLI, Gennaro, Sculture di Nicola Fumo nel Salento, in Studi di storia pugliese in onore di Nicola Vacca, Galatina: Congedo ed. 1971, pp. 19 – 25, p. 24.

[13] GAETA, Letizia, … colorite e miniate al naturale: vesti e incarnati nel repertorio degli scultori napoletani tra Seicento e Settecento, in La statua e la sua pelle. Artifici tecnici nella scultura dipinta tra Rinascimento e Barocco, Atti del Seminario Internazionale di Studi (Lecce, 25 – 26 maggio 2007), a cura di Raffaele Casciaro, Galatina: Congedo ed. 2007, pp. 199 – 220.

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