Araldica del Regno d’Italia a Oria: il caso dello stemma Martini-Carissimo

Fig. 1 - Oria, contrada S. Cosimo, ingresso della tenuta Martini-Carissimo
Fig. 1 – Oria, contrada S. Cosimo, ingresso della tenuta Martini-Carissimo

 

di Marcello Semeraro

Il decoro araldico oggetto di questa investigazione si trova scolpito sul fastigio del portale d’ingresso della tenuta Martini-Carissimo, sita a Oria in prossimità del Santuario di San Cosimo alla Macchia (fig. 1). Si tratta della stessa proprietà che nel 1908 fu oggetto di una visita guidata da parte di Cosimo De Giorgi e dei suoi alunni, che ne ammirarono il pionieristico sistema d’irrigazione realizzato dall’allora sindaco di Oria Gennaro Carissimo (*1846 †1927).

Le insegne araldiche sono quelle delle antiche famiglie Martini e Carissimo, rappresentate sotto forma di due scudi appuntati e accollati in consorteria, felice locuzione blasonica, quest’ultima, che indica lo stato di alleanza matrimoniale fra due casate, espresso accostandone le rispettive insegne (fig. 2).

Fig. 2 – Oria, contrada S. Cosimo, ingresso della tenuta Martini-Carissimo, particolare dello stemma di Giuseppe
Fig. 2 – Oria, contrada S. Cosimo, ingresso della tenuta Martini-Carissimo, particolare dello stemma di Giuseppe

 

Gli scudi sono timbrati da un unico elmo aperto, rabescato, fregiato di gorgieretta e posto in terza, ornato di lunghi svolazzi che si protraggono fino ai lati dei due scudi e di cercine. Su quest’ultimo è posta una corona nobiliare, composta da un cerchio gemmato e rialzato da otto perle (cinque visibili). Sebbene il manufatto non rechi indicazioni cromatiche, siamo in grado di ricostruire in parte il blasone dei Martini e in tutto quello dei Carissimo: d’azzurro, partito: nel 1° tre monti, moventi dalla punta, sormontati da tre gigli, ordinati in fascia; col capo caricato di una stella d’argento; nel 2° un leone d’oro, accompagnato in capo da tre stelle d’argento, ordinate in fascia [Martini] (fig. 3); troncato: nel 1° d’azzurro, al cuore d’argento, sormontato da tre stelle male ordinate dello stesso; nel 2° d’argento, a tre sbarre d’azzurro [Carissimo] (figg. 4 e 5 ).

Fig. 3 - Stemma della famiglia Martini di Oria, un tempo visibile all’ingresso della loro residenza estiva, attualmente di proprietà delle famiglie Desiato-Spina (foto di Ubaldo Spina).
Fig. 3 – Stemma della famiglia Martini di Oria, un tempo visibile all’ingresso della loro residenza estiva, attualmente di proprietà delle famiglie Desiato-Spina (foto di Ubaldo Spina).
Fig. 4 – Francavilla Fontana, Villa Carissimo, particolare dello stemma. Cfr. R. POSO, F. CLAVICA (a cura di), Francavilla Fontana: architettura e immagine, Galatina 1990.
Fig. 4 – Francavilla Fontana, Villa Carissimo, particolare dello stemma. Cfr. R. POSO, F. CLAVICA (a cura di), Francavilla Fontana: architettura e immagine, Galatina 1990.

 

Fig. 5. Stemma Carissimo (Martini-Carissimo), riprodotto nell’Elenco storico della nobiltà italiana: compilato in conformità dei decreti e delle lettere patenti originali e sugli atti ufficiali di Archivio della Consulta Araldica dello Stato Italiano, Roma 1960.
Fig. 5. Stemma Carissimo (Martini-Carissimo), riprodotto nell’Elenco storico della nobiltà italiana: compilato in conformità dei decreti e delle lettere patenti originali e sugli atti ufficiali di Archivio della Consulta Araldica dello Stato Italiano, Roma 1960.

 

Non è nota la valenza semantica dell’insegna Martini, mentre qualcosa in più si può dire per quella dei Carissimo, che appartiene alla variegata tipologia delle armi parlanti (così chiamate perché contengono figure che alludono al nome del portatore), presenti all’incirca nel 20/25% degli stemmi europei. Si noti, in particolare, come le raffigurazioni contenute nel primo quarto dello stemma evocano il nome di famiglia attraverso un ideogramma: Carissimo=cuore+stelle. Gli araldisti classificano questo tipo di armi come parlanti allusive, perché la relazione che si stabilisce fra le figure e il cognome non è di tipo diretto, cioè non si basa sulla mera traduzione grafica del nome (una scala per i Della Scala o una colonna per i Colonna, ad esempio), ma piuttosto sull’idea che esso evoca (come si vede, per esempio, nell’arma della famiglia napoletana Nunziante, recante una colomba con un ramoscello d’ulivo).

Quanto alla disposizione delle insegne, va osservato che l’impiego di due scudi contigui per rappresentare un’alleanza matrimoniale è un procedimento che cominciò ad affermarsi a partire dal XVIII secolo. Solitamente a destra (sinistra per chi guarda) veniva posto lo stemma del marito, mentre a sinistra (destra per chi guarda) quello della consorte. Tuttavia, l’esemplare oritano mostra una disposizione diversa, legata a ben precisi motivi ereditari.

Il 10 maggio del 1891 il senatore Tommaso Martini (†1893), appartenente a una delle più antiche e cospicue famiglie di Oria, con testamento olografo lasciava in eredità al primogenito dei suoi nipoti tutti i suoi averi, a patto che quest’ultimo anteponesse il cognome Martini a quello proprio. L’eredità spettò a Giuseppe Carissimo (*1889 †1955), patrizio di Benevento (1910), proveniente da un’antica famiglia che si vuole di origini bolognesi, con ramificazioni nel beneventano, in Sicilia e in Terra d’Otranto. Figlio del già ricordato Gennaro (*1846 †1927), patrizio di Benevento, e di Maria Annina Martini, nel settembre 1911 Giuseppe ottenne per decreto reale l’autorizzazione a fare uso del doppio cognome, divenendo così il capostipite dei Martini-Carissimo di Oria. Conformemente alle disposizioni testamentarie dell’avo Tommaso, Giuseppe fece precedere le proprie insegne agnatizie da quelle dei Martini, che così sopravvissero non solo a livello onomastico ma anche araldico.

Va ricordato che in epoca sabauda l’araldica italiana fu soggetta a una regolamentazione normativa molto precisa. Con l’Unità d’Italia, infatti, l’ordinamento araldico e nobiliare sabaudo fu esteso a tutto il paese dalla classe dirigente piemontese, senza tenere conto delle specificità storiche dei vari Stati preunitari. Questa codificazione, avviata con la costituzione della Consulta Araldica del Regno d’Italia nel 1869, prevedeva una serie di norme precise riguardanti le insegne di dignità (elmi, corone, manti) corrispondenti al grado del titolare.

Tuttavia, il sistema di differenziazione degli elmi e delle corone in base al titolo del possessore non sempre trovò piena applicazione nella pratica araldica. Istruttivo è, sotto questo punto di vista, il caso dell’esemplare in esame, che presenta una corona da nobile – titolo che il nostro Giuseppe portò fino al 1940, allorché fu insignito del titolo comitale – a cui avrebbe dovuto corrispondere un elmo posto di profilo anziché in terza verso destra.

Quello presente all’ingresso della tenuta di famiglia non è comunque l’unico stemma Martini-Carissimo superstite. Un altro esemplare, del tutto simile al primo, si trova scolpito su una lastra rettangolare visibile nella piazza d’armi del castello di Oria, del quale Giuseppe entrò in possesso nel 1933, per effetto di una permuta con la quale cedette al Comune il settecentesco palazzo Martini, che divenne sede municipale fino alla metà degli anni ’80 (fig. 6).

Fig. 6 – Oria, piazza d’armi del castello, particolare dello stemma di Giuseppe Martini-Carissimo
Fig. 6 – Oria, piazza d’armi del castello, particolare dello stemma di Giuseppe Martini-Carissimo

 

La famiglia Martini-Carissimo è presente nell’Elenco storico della nobiltà italiana, edito nel 1960 dal Sovrano Militare Ordine di Malta e compilato in conformità ai decreti, alle lettere patenti originali e agli atti ufficiali di Archivio della Consulta Araldica. Come si vede nell’illustrazione (fig. 5), lo stemma ivi riprodotto presenta la sola insegna agnatizia dei Carissimo.

Per quanto lontani dalla semplicità dell’araldica delle origini, gli esemplari monumentali che abbiamo esaminato costituiscono comunque dei reperti interessanti che vanno letti come campioni rappresentativi dello stato dell’araldica durante il Regno d’Italia e come l’espressione visiva degli ultimi vagiti di una nobiltà ormai ridotta a mero titolo, priva di ogni prerogativa giurisdizionale, ma comunque bisognosa di strumenti di rappresentazione del proprio status sociale. Giuseppe Martini-Carissimo morì nel 1955, ma già sette anni prima del suo decesso il quadro giuridico della nobiltà italiana era cambiato drasticamente.

La XIV disposizione transitoria della Costituzione, entrata in vigore l’1 gennaio 1948, stabilì infatti il non riconoscimento dei titoli nobiliari, limitandosi a prevedere la sola cognomizzazione dei predicati esistenti prima del 28 ottobre 1922. Fu così che le ambizioni nobiliari dei Martini-Carissimo si infransero con l’affermazione dei principi liberali e democratici che regolarono e regolano tuttora la legge fondamentale dello Stato italiano.

 

BIBLIOGRAFIA

Elenco storico della nobiltà italiana: compilato in conformità dei decreti e delle lettere patenti originali e sugli atti ufficiali di Archivio della Consulta Araldica dello Stato Italiano, Roma 1960.

Notize storiche della famiglia Catissimo, Lecce 1911.

P. Spina, Oria, strade vecchie, nomi nuovi, strade nuove, nomi vecchi, Oria 2003

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