Nell’autunno salentino, lenzuola sopra la terra rossa

ulive 002

di Rocco Boccadamo

In gergo comune, la gente suole definire “teli o reti” gli utili accessori o suppellettili impiegati nell’ambito e ai fini della raccolta delle olive.

A me, però, viene in mente, non a caso, di appellarli “lenzuola”.

Il riferimento attiene a una realtà operativa concreta, non solo vigente lungo queste amene plaghe del basso Salento, ma estesa all’intera Puglia e, in generale, a tutte le altre regioni, aree e, ho motivo di ritenere, anche Nazioni, dove esistono uliveti e si pone, quindi, il compito e l’obiettivo di ricavarne i preziosi frutti nella maniera migliore, sia dal punto di vista quantitativo, che sotto l’aspetto della qualità.

Si tratta di sottili strati a quadratini stretti, dai quattro lati uguali oppure, talora, in forma di rettangolo, di superficie variabile, in ogni caso almeno pari a quella corrispondente alle chiome dei singoli alberi dalle foglie color argenteo, taluni dei quali veri e propri monumenti che presuppongono, pertanto, teli o reti di dimensioni ragguardevoli o da sistemarsi in coppia ai loro piedi.

Gli accessori in discorso sono fatti di materiali plastici o similari, mentre i loro colori si alternano dall’avorio al beige chiaro, al verde intenso e al marrone, così da formare, talvolta, sequenze di pseudo tappeti policromi senza soluzione di continuità.

Ponendo l’accento, come premessa introduttiva, sull’estrema utilità di questi supporti agricoli, come cercherò di spiegare meglio più avanti, mi sembra anche il caso di rimarcare che il loro posizionamento sotto gli ulivi non avviene per semplice e libera caduta dal cielo, comportando, bensì, una non indifferente fatica, specie se il lavoro è compiuto da una sola persona.

Schiena ricurva, sforzi di braccia e gambe, paziente avvolgimento degli aggeggi intorno ai tronchi e, infine, ricerca di tantissimi ciottoli o piccole pietre, da poggiare sui lati dei teli, per evitare che il vento  li scompagini o li ripieghi.

Accennavo, prima, al prezioso scopo dell’impiego di tali accessori: in sintesi, grazie ad essi, le olive che cadono naturalmente o sotto l’effetto di abbacchiatori a batteria o di macchinari scuotitori sui tronchi, non si pongono a diretto contatto delle zolle, che possono, com’è noto, contenere sali, concimi, sostanze tossiche e altre impurità e, in tal modo, nei piccoli frutti ovali, la genuinità e la sanità degli elementi organolettici, le proprietà nutritive e le sensazioni gustative vengono sostanzialmente salvaguardate.

A questo punto, mette conto di annotare che i teli o reti esistono e si utilizzano  appena da alcuni decenni, mentre, in precedenza, si era fermi a modalità di raccolta delle olive di tutt’altro genere:   una per una o quasi,  mediante velocissimi movimenti delle dita delle mani e loro custodia in appositi sacchetti di tela (pusceddri) che si tenevano legati davanti al corpo, ovvero con ripetute ramazzate dei frutti giacenti sul terreno e la formazione di apprezzabili mucchi, riposti poi, a manciate, nei sacchi o in altri contenitori.

ulivo6

In sfida ai miei quindici lustri di età, conservo viva l’immagine di compaesani, specialmente compaesane, intenti a siffatti metodi di raccolta, negli anni quaranta/cinquanta dello scorso secolo, un lavoro che iniziava di primo mattino e terminava al tramonto, con un brevissimo intervallo per la consumazione di una frisella, condita con pomodori, accompagnata da un sorso d’acqua e, se e quando c’era, da un dito di vino.

Al paese, per altro, non esistevano grandi estensioni di uliveto, tali da assicurare un lavoro, ancorché stagionale, a molti, erano prevalenti le piccole proprietà frazionate, certamente non bastevoli e, di conseguenza, alle scene di siffatte attività in loco si aggiungevano quelle delle partenze di folti gruppi di concittadini, soprattutto donne, di età dai dodici a sessantacinque/settanta anni, che lasciavano Marittima per raggiungere il fieu (feudo, volendo riferirsi a una grande coltivazione ad uliveto) in qualche paese distante, in genere del tarantino o brindisino, dove trovare occupazione per un discreto periodo.

Dette trasferte, unite a quelle per la coltivazione del tabacco nelle pianure lucane, rappresentavano gli strumenti o fonti di reddito a che  le famiglie avessero modo di edificare una casa nuova (frabbicu) per i figli maschi o di preparare il corredo per le figlie femmine.

Anche il giorno d’oggi, per la verità e soprattutto per essere realisti, non tutti i proprietari di terreni a uliveto, piccoli o grandi che siano, si possono permettere di adoperare, o semplicemente vi ricorrono,  i teli o reti o le lenzuola come a me piace appellarli.

Coloro che non lo fanno, si preoccupano unicamente di ripulire le aree sottostanti agli alberi, per poi scopare i frutti caduti e sottoporli, quindi, a una cernita attraverso setacci manuali o meccanici. Certamente, in cotale guisa, il risultato sul piano della qualità dell’olio emerge radicalmente differente.

E però, richiamando l’immagine allegorica delle lenzuola e andando con i miei capelli bianchi ad antichi ricordi correlati, in particolare inerenti alle stagioni passate, anche in casa, anche riguardo ai letti, al riposo e al sonno, taluni, o per scarsità di risorse finanziarie o sulla scia di abitudini radicate, facevano a meno delle lenzuola, spesso materialmente mancanti, avvalendosi invece di semplici e spartani giacigli, riparandosi, d’inverno, dal freddo, sotto umili coperte o zinzuliere, nella migliore delle ipotesi, attraverso le imbottite, i piumoni di una volta, contenenti all’interno fiocchi di bambagia.

Scorrono i tempi, si succedono, come in questo periodo, le stagioni autunnali, sulla scena agreste e paesana dominano gli stupendi e maestosi ulivi e la raccolta dei loro irrinunciabili frutti.

La scena è allietata e colorata, non tanto dalla policromia dei teli o reti o lenzuola, quanto dalla sfumatura rosso vivo dei corbezzoli che giungono a maturazione esattamente nella presente fase dell’anno e dalla macchia, di eguale ma più tenue tonalità, che spicca sul petto di simpatici uccellini, i pettirossi, ghiotti e grandi piluccatori, guarda caso,  sia di olive sia di corbezzoli.

ulivo235

A proposito di immagini e rimembranze di molti calendari fa intorno alla raccolta delle olive,  mi viene spontaneo focalizzare un flash sulle particolari unità di misura di tali prodotti, contenitori metallici in forma cilindrica di varia capacità: il tomolo (tumminu) corrispondente a 55,54 litri attuali, il picciolo (picciulu) pari a 27 litri all’incirca, lo stoppello (stuppeddru) che conteneva circa 6,8 litri. Vi era inoltre una differenza tra recipiente colmo, raso e pieno: nel primo caso “la materia di cui era stato riempito sopravanzava su di esso in forma rotondeggiante a mo’ di cupola; nel secondo, la materia era al pari degli orli in tutta la sua superficie; nel terzo caso, nel recipiente sarebbe potuta entrare ancora qualcosa di più”.

Gli attrezzi in discorso sono da un bel po’ andati completamente in disuso e rappresentano ormai unicamente un flebile ricordo nel sentire e nella mente degli anziani.

Da ultimo, mi sovviene una località, Monteruga, situata in un triangolo di confine tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto, posta precisamente fra San Pancrazio Salentino e Torre Lapillo, avente una storia particolare: nel corso di cinquanta/sessanta anni, durante il secolo scorso, era un vero e proprio piccolo paese, con una comunità stanziale, la chiesetta e finanche una caserma, popolato in buona parte da famiglie provenienti dal basso Salento.

Successivamente,  fra il 1970 e il 1980,  poco per volta,  Monteruga  è purtroppo rimasta miseramente disabitata,  al punto da ridursi a niente più che una località fantasma.

 

20 ottobre 2016

Rocco Boccadamo

Lecce

Email: rocco_boccadamo@alice.it

 

12 allegati

Condividi su...

Lascia un commento

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!