Libri| Mia madre che amava le bambole

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Raccontare storie per riscattare la bellezza del nostro vivere quotidiano, per osservarlo con gli occhi dei grandi affabulatori, capaci di cogliere qualcosa di unico anche nelle storie più comuni: è quanto accade in questa raccolta di racconti ad opera di Alfredo Romano. Dal Salento alla provincia viterbese, tra l’euforia delle feste popolari e i sapori della cucina tradizionale, fra i ricordi di scuola, gli uliveti d’argento, le vigne e la raccolta del tabacco, un mosaico di storie che vengono fuori da un tempo sospeso, come le bambole dai comò delle nostre madri.

In chiusura del volume una chicca: il racconto-reportage Un salentino sulle tracce di Cesare Pavese, frutto del viaggio che l’autore ha compiuto nel maggio del 1976 alla ricerca dei luoghi e dei personaggi pavesiani. In particolare, nel racconto si parla dell’incontro con Pinolo Scaglione, il Nuto del romanzo La luna e i falò, il quale offre una testimonianza sull’uomo Pavese, visto non attraverso gli occhi dei critici ma attraverso quelli dell’amico più caro.

A 16 anni passa un caporale con un furgone stipato di facce scure e pensierose, e ti porta via. Allora tu ti lasci dietro tutto: l’infanzia, gli affetti, gli amici, il primo amore. Ti lasci dietro parole, suoni, profumi, odori, la frisa, li maccarruni fatti ‘ccasa, la ricotta schianta. Ti lasci dietro il mare.

Dopo, la vita è tutta una corsa a recuperare, a ricordare, a non dimenticare. Si sa, si ama ciò che non si ha, e tutto ciò che hai lasciato viene relegato nel mito. Scrivere è fermare quel mito, stagliarlo sul tuo orizzonte personale, sulla tua identità. Restando a Collemeto, non avrei mai avuto bisogno di affermare la mia identità, ma ora mi tocca farlo, quasi ogni giorno: io vengo da Collemeto, dalla Lecce barocca, dalla Terra d’Otranto.

A 16 anni passa un caporale con un furgone stipato di facce scure e pensierose, e ti porta via. Allora tu ti lasci dietro tutto: l’infanzia, gli affetti, gli amici, il primo amore. Ti lasci dietro parole, suoni, profumi, odori, la frisa, li maccarruni fatti ‘ccasa, la ricotta schianta. Ti lasci dietro il mare.

Dopo, la vita è tutta una corsa a recuperare, a ricordare, a non dimenticare. Si sa, si ama ciò che non si ha, e tutto ciò che hai lasciato viene relegato nel mito. Scrivere è fermare quel mito, stagliarlo sul tuo orizzonte personale, sulla tua identità. Restando a Collemeto, non avrei mai avuto bisogno di affermare la mia identità, ma ora mi tocca farlo, quasi ogni giorno: io vengo da Collemeto, dalla Lecce barocca, dalla Terra d’Otranto.

 

 

ALFREDO ROMANO è nato a Collemeto (Lecce) nel 1949. Vive a Civita Castellana nel Viterbese dove ha diretto la biblioteca comunale per quarant’anni fino al 2010.

Fra le opere di cui è autore ricordiamo: Salento tra mito e realtà. Canti e monologhi in dialetto salentino (1993), Ci sono notti che io (1994) e Cantavamo Contessa (1998). Per Besa editrice ha già pubblicato Tradizioni popolari e storie di vita nel Salento (2005) e Amneris, che morì di poesia (2006), mentre per Negroamaro nel 2011 sono usciti Piccoli seminaristi crescono e Lu Nanni Orcu e altri racconti salentini.

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