Taranto, che facciamo: rimuoviamo quella ringhiera?

di Armando Polito

(immagine tratta da https://www.facebook.com/160644517282600/photos/a.574743302539384.145448.160644517282600/575052732508441/?type=3&theater)

Il fenomeno della damnatio memoriae (per chi non conosce il latino, alla lettera: condanna della memoria) è antico e, secondo me, rappresenta un esempio tra i più significativi dell’intolleranza, dell’ignoranza  e della stupidità umane.

Intolleranza perché non è corretto pretendere di avere il diritto di cancellare con la distruzione fisica una memoria che non corrisponde al nostro sentire e intorno alla quale sarebbe meglio, a mio avviso, discutere, analizzando il messaggio scaturente da un manufatto, sia esso un’epigrafe celebrativa che una fabbrica piccola o grande. Ignoranza perché solo un ignorante può credere di avere il diritto autolesionistico di privare le generazioni successive, lo si voglia capire o no,  di un pezzo di storia, che non vive solo di pagine scritte ma, direi soprattutto, di elementi concreti, fisici. Stupidità perché, per quanto si possa essere ignoranti, solo un imbecille può perorare simili operazioni.

Così ogni tanto qualcuno a corto di argomenti ma in cerca di pubblicità prevalentemente politica avanza la demenziale proposta di eliminare tutto ciò che richiama alla memoria e all’intelligenza, perché certi crimini non si ripetano, il regime fascista (ma, sia ben chiaro, il discorso per me vale per qualsiasi potere, qualsiasi colore esso abbia) . Certe volte la geniale proposta non viene nemmeno partorita, anche perché il potere da sempre vede prevalentemente le cose eclatanti (quelle che, secondo lui, tutti capiscono, tanto per intenderci …) ma non si accorge di ciò che è più discreto e, in fondo, più suggestivo per le sue fini allusioni piuttosto che per le sue rozze affermazioni sbattute in faccia, magari senza neppure un minimo di senso estetico.

Come molti sapranno, il lungomare a Taranto venne inaugurato l’11 agosto 1931. Bellissima realizzazione e bellissima anche la ringhiera di Corso due mari prospiciente il Castello Aragonese, dove al centro di ogni sezione si ripete la composizione della foto di testa (in quella che segue, tratta ed adattata da Google Maps, la freccia indica il primo dettaglio della serie).

Chissà quanti, passandoci innumerevoli volte, avranno colto quel dettaglio (come ha fatto l’autore della foto inserita nel profilo di  Facebook prima riportato) e quanti si saranno posto il problema del suo simbolismo. A beneficio di tutti (eccetto coloro che lo sapevano da tempo o l’hanno appreso da poco), me compreso, anche perché ignoravo l’esistenza del manufatto, ho pensato di stilare queste poche note, ripetendo, passo passo il cammino fatto prima di giungere alla loro stesura.

Il dettaglio mi ha immediatamente riportato alla memoria la marca tipografica di Aldo Manuzio (1449/1452-1515) adottata successivamente, tal quale, dal figlio Paolo.

L’elemento in comune, l’ancora, vede attorto sul suo fusto il delfino, quella di Taranto una gomena; nella prima rappresentazione, dunque, un oggetto ed un essere animato (per chi volesse sapere di più sul delfino  e sui suoi rapporti con la Terra d’Otranto: https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/11/il-delfino-e-la-mezzaluna-prima-parte/), nella seconda due oggetti.

Mentre nella marca di Manuzio gli ingredienti marinareschi finiscono qui, un altro si aggiunge nel dettaglio di Taranto: un pentacolo (una stella a cinque punte inscritta in un cerchio). La stella a cinque punte è un simbolo esoterico antichissimo, già noto a Sumeri ed Egizi. Una stella a cinque punte è pure la cosiddetta (perché, in realtà, la stella, astronomicamente, non esiste) stella di Venere,  giacché l’omonimo pianeta chiude la sua orbita  in otto anni compiendo un percorso che ricalca il contorno di una stella a cinque punte. Una stella bianca a cinque punte, la Stella d’Italia, popolarmente detta Stellone, sovrasta lo scudo dei Savoia nello stemma del Regno d’Italia dal 1870 al 1890 e, adottato ininterrottamente nel periodo successivo,  continua ad essere il simbolo dell’Italia repubblicana.

(immagini tratte da https://it.wikipedia.org/wiki/Stella_d%27Italia)

L’immagine allegorica dell’Italia più antica che io conosca è in un sesterzio (ma anche in un denario dello stesso anno) di Antonino Pio (138-161) recante al dritto la testa laureata dell’imperatore volta a destra con legenda  ANTONINUS AUG(USTUS) PI US P(ATER)P(ATRIAE) TR(IBUNICIA) P(OTESTATECO(N)S(UL) III (Antonino Augusto Pio,  padre della patria, con potere di tribuno console per la terza volta1), al verso l’Italia turrita, seduta su un globo, che regge la cornucopia con la destra e lo scettro con la sinistra, con legenda S(ENATUS) C(ONSULTU)2 e nell’esergo ITALIA.

(immagine tratta da http://www.wildwinds.com/coins/)

Tornando alla stella, appare curioso il fatto che  essa, associata all’Italia turrita,  presenta non cinque ma sei punte in  Cesare Ripa, Iconologia, Fary, Roma, 1603, p. 247.

Gli ingredienti indiscutibilmente marinareschi dell’ornamento tarantino si fermano qui , ma come tralasciare la vaga (mancano le impugnature) evocazione della ruota di un timone suggerita dalla coppia stella/cerchio? La sola stella, poi, fa prima andare il pensiero alla rosa dei venti o stella dei venti (anche se quest’ultima ha quattro punte nella forma più semplice, otto in quella più completa) e poi lo fa tornare alla stella di Venere ed alla leggenda inventata da Stesicoro (probabilmente VII-VI secolo a. C.) e lasciataci in un frammento della sua Presa di Troia in un papiro di recente ritrovamento, secondo la quale proprio Venere avrebbe guidato con l’astro che porta il suo nome il figlio Enea nel suo viaggio da Troia verso l’Italia. La stessa Venere non era  nata dalla spuma del mare? E, infine, è casuale il fatto che la coppia ancora/cerchio ricalchi, soltanto togliendo all’ancora la parte superiore del fusto, il simbolo di Venere che già presente nell’antichità greca e romana, continua ai nostri giorni  nel simbolo del sesso femminile?

C’è un sistema infallibile per impedire di porsi domande di questo tipo  e precludere per sempre una risposta, sia pur dubitativa: basta rispondere con un idiota e criminale sì alla domanda che nel titolo ho posto al popolo che è sovrano (o no?). Il fatto che l’attuale amministrazione è di sinistra (o no?) è assolutamente casuale e non è detto a priori che tra i militanti o simpatizzanti, come tra gli elettori,  di un qualsiasi partito ci siano solo imbecilli

Attenzione, però: dopo la rimozione è doveroso, in omaggio all’altrui ed alla propria acclarata idiozia, recuperare quel lucchetto liberandolo dall’intrusione di quella oscena gomena stupratrice e dargli onorevole sepoltura, volevo dire  sistemazione …

 

Ahi, ahi, in che grossolana contraddizione sono incappato! Prima esalto Venere dea dell’amore con i suoi annessi e connessi e poi me la prendo (che vigliacco!) con un inerme mocciano lucchetto …

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1 Era stato console la prima volta nel 120 ed in quell’occasione aveva rifiutato il titolo di Pater patriae (padre della patria), per accettarlo, invece, con il secondo consolato nel  139, col terzo nel 140 e col quarto nel 145. La moneta, dunque risale al 140.

2 SENATUS CONSULTU=(emesso) per decisione del senato.

 

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6 Commenti a Taranto, che facciamo: rimuoviamo quella ringhiera?

  1. La damnatio memorie, in antico, era riservata a quei consoli, principi, papi, (anche quelli), che si erano resi invisi ai cittadini sudditi o che… con azioni infamanti vili disonorevoli o lesive dei beni, della libertò e dei valori stessi coltivati e rispettati dai Cittadini o della loro vita. Tante furono nella storia romana, europea e non, i casi in cui si trattò di vendetta settaria… La storia antipopolare antidemocratica e catastrofica dei savoia inizia nel 1891, è vero ma col fascismo resta collegata definitivamente dalla tragica avventura ventennale, si è evidentemente trattato di sconfitti che hanno, però, DISONORATO, VIOLATO, VILIPESO, DANNEGGIATO ED INFAMATO il nome sacro del Paese.
    Vanno eliminati dal quotidiano ricordo/memoria spiccioli (strade ponti, toponimi, insegne monumenti dedicati ecc.) e non si tratta di vendetta ma di PULIZIA la Storia, quella vera, scritta col sangue dei Martiri per la Libertà, di qualunque colore e credo politico, ha già dato il proprio verdetto!
    Attardarsi con questi sogni e ricordi e precisazioni acculturate sicuramente ma bizantine e comunque superflue, è inutile!
    p.s. Chiunque da dell’idiota ignorante e stupido a chi la pensa diversamente da sè si denota come un intollerante…

    • Se qualche sprovveduto tutore della legalità più o meno corrente dovesse malauguratamente leggere il suo commento senza riflettere sulla sostanza dei concetti da me espressi nel post, nemmeno il Padreterno sarebbe in grado di risparmiarmi l’accusa di apologia del fascismo.
      La distruzione della testimonianza di una memoria, per quanto vergognosa e della quale sarebbe stato meglio fare a meno, non è opera di pulizia, ma di rimozione, che è il meccanismo psicologico messo in atto per non sentirsi in colpa o, comunque, a disagio. La storia non può subire, nemmeno nelle sue testimonianze materiali più ignobili, colpi di forbici o di mannaia. Solo prendendo atto, anche semplicemente visivo, di un dettaglio espressione di un momento, pur disgraziato, della nostra esistenza, possiamo sperare che una buona volta la storia ci insegni qualcosa. Insomma la conoscenza, quella vera, non può prescindere dall’analisi, sempre da approfondire, di fatti per quanto sgradevoli, il cui valore educativo, specialmente per i posteri, può risiedere anche in un dettaglio microscopico, se raffrontato ad altri, quale il nostro. In altre parole: il giudizio morale viene dopo la conoscenza e non ci si può privare della possibilità di comprendere il nostro passato, qualunque esso sia (e la storia non è fatta solo, come crede lei, dai martiri, che non sarebbero tali se non ci fossero pure i carnefici) rinunziando all’occasione irripetibile di mettere in risalto, attraverso un’epigrafe, un toponimo ed altri dettagli da lei citati, le nostre miserie. Altro che bizantinismo e precisazioni acculturate (poteva pure dire direttamente “esibizionismo culturale”)! Non esiste valenza educativa più alta di quella dell’errore, purché si sia in grado di analizzarlo nelle sue molteplici manifestazioni, il che significa studiarlo, non giustificarlo e tanto meno farne pretesto, per quanto labile, di più o meno razionale emulazione o repellente rigurgito. Quanto all’accusa d’intolleranza formulata nell’aforisma del post scriptum, mi pare paradossale che provenga da qualcuno che, a quanto ho capito, non ci penserebbe su due volte a demolire l’oggetto del contendere, evitando così nella maniera più rozza (tanto ho ragione che non è nemmeno il caso di discuterne …) ogni possibile contraddittorio, anche su un dettaglio che ad uno sguardo superficiale non dice nulla o quasi, ma che, a saperlo leggere, ha tanto da insegnarci. Sarò pure intollerante (ogni cosa va chiamata col suo nome e l’ignoranza, la stupidità e simili, una volta provate, non possono essere chiamate con altro nome) ma lei lo è più di me. E se ho usato la voce “idiota” l’ho fatto nel senso corrente, ma anche nell’etimologico, che è quello della parola greca da cui deriva e che significa “privato cittadino”. Purtroppo ogni tanto qualche politico (che personaggio privato certamente non è, ma che, ormai per definizione, non brilla altrettanto certamente per intelligenza) avanza, magari per qualche voto in più o per lucidare una notorietà che sente appannata, proposte demolitrici. Farebbe bene, visto che è indegno di rivestire un ruolo pubblico, a tornare ad essere privato cittadino; così almeno si ridurrà il numero di spettatori della sua idiozia.

  2. Per il Sig. Polito
    Accertato ed accettato che Lei apologo del fascismo non è, mi chiedo CHI tra noi, (io sono del ’52) nati dopo la IIG.M. possa sentirsi in colpa per avere cambiato “rimosso”, per usare la Sua definizione ricordi fisici di un regime criminale; per me (ma probabilmente anche per Lei) una toponomastica, alcuni monumenti, stemmi, statue ecc. sono connaturati con la presa visione del mondo: in questo senso, e mi associo a quanto dice sulla morale, solo con l’età della ragione e della conoscenza, si sviluppa una morale positiva soltanto avendo potendo studiare la Storia in quinta liceo sc. critica storica e testi di Valdo Spini per cinque anni, compresi quanto fosse immorale ad es. intitolare a Francesco Crispi la strada del fronte del porto di Palermo! (la mia città). Parliamo di un conclamato delinquente (e la Storia come la cronaca lo confermano)… Creda, non mi permetterei MAi di dare dell’esibizionista ad alcuno che si occupi di Storia, materia che venero, (sebbene abbia io fatto Liceo Scientifico e Geologia).
    Sul valore pedagogico dei “piccoli particolari” posso dissentire e lo faccio convintamente allorquando ad essi sia collegato, e me lo consentirà, un valore APOLOGETICO: pensi a quante statue sei Savoia, obiettivamente traditori degli Italiani dal 1861 fino all’indecoroso 1943, (e sto parlando ad un Meridionale) sono ancora immeritatamente esposte senza che nulla, me lo permetterà, possano oramai insegnare ad alcuno.
    Quanto alla mia visione personale della Storia, sebbene non credo sia necessariamente interessante, Le dirò che la considero la PRIMA delle scienze che non si può però disgiungere dalla MORALE ed un impatto pèedagogico sugli “utenti”; faccio l’Educatore nei Convitti Nazionali da 37! anni, oltre alla professione, ed in questo periodo ho visto (mi creda) affievolirsi l’interesse dei Discenti alla partecipazione democratica ed al valore della cittadinanza in funzione diretta dell’appassire, nella Scuola, dell’insegnamento della Storia. Questo mi porta anche ad affermare che, sempre secondo me, la Storia NON può dare una serie di avvenimenti e date, sarebbe cronaca; non può essere troppo estensiva “Historia universalis”, ma deve citare analizzare, mediare fatti motivi e descrivere/definire meccanismi in maniera razionale. Facendo ciò non può esimersi dal giudizio morale sugli uomini che l’hanno fatta e sul valore politico del loro operato. Come noterà ho dato due giudizi (su Crispi ed i Savoia) su cui si sa praticamente tutto, a meno di ulteriori scoperte d’archivio, sono giudizi netti, troppo forse, ma sono abituato a ragionare in maniera scientifica e quindi ad avere un “risultato” anche nel ragionare piuttosto che avvitarmi. Aggiungerei che non mi convince il Sua affermazione sui personaggi principali, su chi “fa” la Storia: nel divenire storico e nella contingenza sono i perdenti (nella fattispecie quelli che ho chiamato “martiri”) a farla, proprio perchè chi vince non sempre ha ragione, e non sempre la Ragione vince sarebbe mettere sullo stesso piano fascisti e Resistenti i primi mandarono Italiani a morire in Germania i secondi li liberarono… Comunque sia, sono lieto di averLa contattata! Saluti alla meravigliose Puglia e Terra d’Otranto!

  3. Siamo d’accordo su tutto, meno che su un dettaglio, che per lei è irrilevante, per me d’importanza fondamentale. Anch’io, nato nel 1945, non ho, e come potevo?, ricordo alcuno degli anni di quel tragico periodo. Anch’io mi sono fatto un’idea di quel regime attraverso i ricordi dei miei genitori e dei miei nonni, nonché, più avnti, con le rituali letture, scolastiche e non, giungendo alla conclusione che, soprattutto nel periodo iniziale, solo pochi intellettuali e persone comuni, li definisco lungimiranti eroi, ebbero il coraggio di non condividere certe posizioni, anche quando potevano sembrare suggestive (l’impero e tante altre demenziali balle). Quando, poi, il corso degli eventi cominciò a dar loro ragione, ci fu, come succede in questi casi, anche oggi a livello di squallida politica spicciola e non solo, il salto sul carro del vincitore, in più di un caso con distinguo così sottili, espressi, peraltro con disgustosa retorica, da far crepare d’invidia il più bizantino dei bizantini. Il senso di colpa e la rimozione ai quali alludevo, perciò, non ci riguardano direttamente, ma, se è vero che i figli non debbono pagare per le colpe dei padri, le memorie di ciò che è stato debbono, secondo me, essere,lasciate alla vista e alla riflessione di tutti,.e quando si riferiscono ad un fatto moralmente riprovevole e nel caso contrario. Mi è capitato più di una volta nel mio insegnamento di latino e greco di cogliere, nonostante i miei salti acrobatici per attrarre la loro attenzione, la noia stampata sul volto dei ragazzi mentre, pur partendo da un testo, tentavo di far cogliere i fenomeni grammaticali ed espressivi più rilevanti. La situazione è drasticamente cambiata da quando ho cominciato a portare in classe, non sempre, purtroppo, perché a quei tempi la rete non era ancora uno strumento così usuale, foto di manoscritti o di epigrafi. Il benefico effetto, poi, si è incrementato quando li ho accompagnati a vedere, a tradurre ed a commentare dal vivo qualcuna delle tante epigrafi, anche moderne, per fortuna presenti a Nardò. Se avessi insegnato storia a Taranto, una passeggiata culturale, dopo adeguata analisi sulla scorta dei saggi relativi al periodo incriminato, per me sarebbe stata d’obbligo e molto probabilmente l’esame del nostro dettaglio avrebbe avuto gli stessi connotati strutturali di quello del post.
    Non mi dilungo oltre, perché mi pare che il pensiero di entrambi coincida perfettamente in tutto, anche nel fatto che da un punto di vista scientifico, cioè della conoscenza, martiri e carnefici hanno la stessa importanza, ma sul piano morale i primi sono dei fiori bellissimi e profumati, gli altri escrementi puzzolenti e tossici, non buoni nemmeno concimare. A questo punto, però, le nostre strade si divaricano: per me è necessario, purtroppo, tapparsi il naso e sorbirsi la puzza, per lei no, perché non ne vale la pena. Pur rispettando la sua opinione, mi permetto di osservare, che, secondo me, questa scelta è pericolosa, anche perché, in riferimento ad altre situazioni attuali (e a che servono la cultura e l’educazione se non a cogliere questi agganci?), pur nell’incommensurabile differenza di gravità. Faccio un solo esempio: quanti personaggi sono stati nominati cavalieri (lo scrivo volutamente con l’iniziale minuscola, senza offesa per chi sa andare a cavallo …)) e lo sono tuttora con condanne definitive sul groppone?. Tutto sommato penso che la conservazione del titolo sia un bene, perché la sua cancellazione avrebbe reso meno scandalosao quel riconoscimento ed avrebbe riabilitato, agli occhi dei cittadini attenti anche a questi dettagli apparentemente di poco conto, l’attributore. Ma il potere rende così stupidi da non rendersi conto nemmeno di ciò che converrebbe fare per salvare almeno la faccia.
    Superfluo dirle quanto mi sia stato gradito questo scambio di idee e quanto mi abbia commosso e inorgoglito l’apprezzamento per la mia terra. Con stima. Armando Polito

  4. Come di è “sfuggito” sono un geologo ed esercito, costruttore navale, ho esercitato, ancora educatore nei Convitti Nazionali, proveniente dallo Scientifico ed abilitato per la classe A040, ho una carriera culturale da tecnico, forse, se vuole confusa, ma da tecnico. Devo ammettere che non sopporto i Cristianisti ed chi critica la Scienza ufficiale, spessissimo si è trattato di politicanti ignoranti tra cui Ministri della P.I. (continuerò a chiamarla sempre così) che ideologicamente pieni di sé NEGANO l’evidenza scientifica dell’evoluzionismo, ad es. … ho avuto modo (dei miei 37 anni di servizio) di spenderne quasi 10 nel Liceo classico della mia scuola, conosco bene il Latino ho dovuto accostarmi al Greco (ci occupiamo di tutte le materie), anche la filosofia mi era nota dal mio Liceo. Il mio cursus honorum scolastico/lavorativo non per vanagloria vuota ma solo per definire un percorso culturale diverso che, talvolta, mi rendo conto che i miei Colleghi apprezzano fino ad un certo punto. Parlo al Collega Docente di latino/greco, lei sa bene, anche come Meridionale, che in nuce dall’Unità d’Italia divise noi Cittadini in colti e cafoni addolcendola poi con borghesi e proletari aggravandosi questa divisione con la riforma Gentile, la Scuola, la Cultura, il Paese tutto è diviso in modo, credo apodittico, tra cultori di scienze e di lettere… divisione manichea, evidentemente su base spesso classista che non può più avere motivo di essere, stante l’aspetto sempre più proteiforme della scienza e cultura di oggi, ma che ha attecchito e profondamente.
    Questo credo che sia il vulnus più grave, mai sanato nella cultura del Paese; se uno scrittore ha nel proprio pedigree una laurea scientifica, un percorso che non sia quello “canonico” è definito “estroso” con sufficienza: lei penserà a Sciascia o Gadda, tuttavia credo che non tantissime siano queste eccezioni.
    Forse il fare parte di questa cultura “perdente”, ma credo fino qd un certo punto, mi ha spinto e spinge ad essere così “tranchant” riguardo ai reperti storici minuti di cui si trattava prima. credo che ci si debba dare, anche per capire/capirsi una motivazione nelle scelte, credo di essere arrivato ad esprimermi meglio. Scuserà una certa lungaggine. Cordialità! Carlo Sicari

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