Un lavoro agricolo del tempo che fu: la salentina scatena

di Armando Polito

Immagine tratta da Salento come eravamo (https://www.facebook.com/Salento-Come-Eravamo-546048392120110/?fref=ts)
Immagine tratta da Salento come eravamo (https://www.facebook.com/Salento-Come-Eravamo-546048392120110/?fref=ts)

 

Si è scatenato il finimondo.

Al mio segnale scatenate l’inferno.

Le due frasi sono emblematiche del destino di alcune parole. Nel nostro caso il verbo scatenare nella prima vive l’anonima atmosfera che circonda le parole di uso comune, nella seconda si è cinto dell’aureola particolare che la notorietà cinematografica le ha conferito, messo in bocca a Russel Crowe ne il Gladiatore, ma che ha, come fenomeno, dei precedenti illustri, tra i quali spicca il Dopotutto domani è un altro giorno pronunziato da Vivien Leigh in Via col vento.

Scatena del titolo, poi, mi ricorda il detto Se ne vanno sempre i migliori; e non solo, come vedremo, per la scarsa probabilità che hanno le parole dialettali di entrare nella lingua nazionale (con qualche sparuta eccezione: per il salentino ricordo lampascione, salvo poi che ancora oggi per una sorta di ipercorrettismo , che io considero sempre frutto d’ignoranza, lo sento chiamare lampone dal solito ridicolo sedicente raffinato) o di morire per obsolescenza, però più rapidamente di quanto pure succede per tante parole della lingua nazionale. Ancora permane, infatti, rispetto a questa, l’idiota pregiudizio della presunta inferiorità del  dialetto, E la cosa paradossale è che la funzione catartica che l’alfabetizzazione, secondo un suo concetto contraddittorio, ascientifico e astorico, si proponeva come obiettivo ha finito, con l’imbastardimento scelleratamente programmato della scuola, per raggiungere lo splendido risultato che moltissimi giovani (non condannati per natura ad essere imbecilli) non solo non comprendono la ricchezza della lingua parlata dai loro nonni (e in qualche caso anche padri ,,,) analfabeti, ma spesso mostrano di ignorare il significato o i significati dei vocaboli più comuni della lingua nazionale. L’invito, poi, ad andare a controllare su un vocabolario cadrebbe nel vuoto, ma anche di questo non hanno colpa: come si fa a consultare un vocabolario se non si conosce l’alfabeto? …

Qualcuno a questo punto dirà che son rimasto, sotto questo aspetto, all’età della pietra e che oggi basta la rete per fare qualsiasi ricerca e, dunque un pc o, la praticità anzitutto!, un telefonino al quale impartire un comando vocale. Sì, ma bisogna pronunziare con dizione quasi perfetta e correttamente (per farlo, però, bisogna saper leggere …) e  per il pc bisogna digitare anche qui  correttamente nel motore di ricerca, anche perché, in caso di errore, la correzione automatica ti può dirottare verso traguardi esilaranti …

Insomma, se un telefonino ti può salvare la vita, non può certo colmarti le lacune culturali, così come un pc non farà di uno stupido una persona intelligente e, comunque, non innalzerà mai quasi automaticamente, come qualche ingenuo potrebbe credere, il livello intellettivo  di qualsiasi utente.

È tempo, però, di pensare a scatena. Se un qualche aggeggio elettronico riuscirà mai a captare i suoni rimasti incapsulati nelle pareti probabilmente chi avrà la fortuna di fruire della loro registrazione passerà decenni o secoli a tentare di decodificare quelli, per fare un esempio salentino, quelli della Grotta dei Cervi. Lo stesso apparecchio potrebbe captare in una vecchia abitazione neretina del secolo XXI questa serie di suoni: Osce m’aggiu straccatu bellu bellu. Mancu ci era statu alla scatena …

La traduzione in italiano,  soprattutto se nemmeno questo sarà sopravvissuto della nostra cultura, potrà fornire, ammesso pure che questo post sopravviverà per lunghissimo tempo a chi l’ha  scritto, qualche aiuto al filologo decodificatore: Oggi mi sono stancato ben bene. (Non sarebbe successo) nemmeno se fossi stato alla scatena.

Chiedo scusa al lettore per lo scatena della traduzione che può sembrare, proprio esso che è il più importante, un dettaglio tautologico. L’ho fatto non perché sarei stato costretto ad usare una perifrasi ma per restituire alla voce dialettale ciò che contro ogni logica le è stato negato.  In campo linguistico, purtroppo, anche per una serie di fattori imprevedibili e apparentemente ingiustificabili,  spesso succede anche questo. Infatti in italiano da un lato da  montare è nato monta, da contare è nato conta e dall’altro non è stato consentito a scatenare di veder riconosciuto scatena. Credo che ciò sia successo non tanto perché scatena, essendo dialettale, era un figlio illegittimo, dunque una vergogna da non esibire ma, probabilmente, per il concetto stesso, anch’esso quasi marchio infamante caratterizzante la gente del sud,  che il vocabolo evocava.  La scatena era il lavoro agricolo più faticoso e consisteva nello zappare profondamente il terreno, non con una zappetta o con la binetta di cui mi sono occupato recentemente in un altro post, ma col modello più pesante e più grande di zappa in circolazione, in modo da spezzare le catene della terra e, rompendone la compattezza, prepararla ai successivi lavori. Solo che tale lavoro spezzava sì le catene della terra ma stringeva vieppiù quelle metaforiche del contadino poco più che servo della gleba e nel contempo , purtroppo, ne spezzava  quella che può essere considerata, senza neppure troppa fantasia, la catena delle spalle, cioè le vertebre.

Oggi le catene sono esclusivamente di carattere economico e finanziario, ma nulla è cambiato nella sostanza del lavoro: c’è chi esegue e chi dirige, chi usa mani e cervello, chi solo il cervello (con esiti spesso disastrosi , direttamente proporzionali al suo emolumento e alla sua buonuscita …), chi, da una parte e dall’altra, si sentirebbe male a fare il furbo o l’ipocrita, chi della furbizia e dell’ipocrisia ha fatto la sua bandiera, da trasmettere, inevitabilmente, ai figli. chi, pur essendone ministro (pure lui senza diretta elezione …), rinnega nei fatti l’insegnamento di Cristo, chi, per converso, si è reso protagonista di azioni sublimi di generosità, altruismo e, magari, di sacrificio della vita restando nel più buio degli anonimati.

E se il mondo è andato e, temo, andrà così fino alla fine, io dovrei scandalizzarmi per un semplice  scatena  che non ha avuto il destino che meritava? Infatti non mi sono scandalizzato più di tanto ma per me sarebbe stato certamente scandaloso non tentare di andare alle radici del presunto scandalo. E se qualcuno trova scandalosamente fasulle le mie conclusioni, si faccia avanti fornendomi, però, controprove incontrovertibilmente convincenti. In caso contrario scoppierà veramente uno scandalo epocale …

Dio mio, come mi hanno ridotto (spero solo in rapporto all’arguzia formale delle ultime proposizioni) quei pochi secondi (perché subito cambio canale) in cui sono costretto a sorbirmi all’ora del tg questa e pure quella pappardella renziana!

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8 Commenti a Un lavoro agricolo del tempo che fu: la salentina scatena

  1. Alla scatina, poi la zolla di terra arsa dal sole si girava con uno scatto repentino della zappa grande

  2. Mi sono sempre chiesta cosa voleva dire questa espressione .
    Avevo intuito ma così è meglio.
    Grazie
    Giuseppe Corvaglia che ne pensi?

    • I vantaggi di essere più giovane … Io, invece, conservo ancora la zappa di mio padre (era capostazione ed aveva l’hobby dell’agricoltura, ma gli piaceva esagerare nell’attrezzatura); finché il fisico me l’ha consentito l’ ho usata pure io, non certo per parecchie ore di fila …

  3. Secondo me la “scatina” oltre al significato di togliere le catene e quindi dare Libertà alla terra,era anche un modo di ribellione e quindi di un liberarsi dalle catene da parte dei contadini.Infatti a fine giornata lavorativa,erano stanchi ma soddisfatti.

    • Credo che nemmeno il più masochista e stupido dei contadini si sarebbe confortato con questa identificazione, retorica, paternalistica e padronale, della “liberazione” della terra con la sua.

  4. la ” scatina “-voce e prassi particolare della campagna agricola nostra – da tempo immemore sempre tale con la ” i ” intendo agro di Arnesano – Monteroni – Magliano – Carmiano – Leverano – Novoli . La scatina : uno dei lavori più duri della campagna per l’uomo di un pò di tempo fa . Lu ” razzale “- contadino specifico per quel tipo di lavoro – al quale – gli si chiedeva forza di braccia – gambe e spalla. Nella prassi poi, si determinavano anche delle regole e comportamenti pure per l’attrezzo – la zappa – se ne potrà parlare- . Il senso pratico o se vogliamo letterale, era : rovesciare -girare – ribaltare la terra -il terreno – preparandolo a futuri seminativi . cordialità sempre -peppino –

  5. La zappatura profonda (a doppia taglia) era d’obbligo nell’impianto della vite. “Terra pe vigna” era una terra molto profonda fresca perfetta per la vigna – Antu de zappa = zappatori in linea

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