L’umile ma utile canna domestica

 canne

di Mimmo Ciccarese

“Siamo proprio come le canne al vento,  Ester mia. 

Ecco perché! Siamo canne, e la sorte è il vento” 

(da “Canne al vento” di Grazia Deledda)

 

Pianta antichissima, certamente utilizzata dagli antichi messapici, che pare utilizzassero i suoi culmi come unità di misura (2,50 cm), oltre che per scrivere e disegnare.

Nel ventoso territorio salentino le canne non mancano mai, anche perché perenni,  ritrovandosi assai frequenti in luoghi prevalentemente umidi o acquitrinosi dolci o salmastri, sebbene non sia una pianta acquatica.

Oggi considerate infestanti, un tempo erano assai utilizzate per svariati scopi, ma soprattutto per realizzare con i suoi fusti gli insostituibili cannizzi, sui quali si collocavano principalmente fichi e pomodori da essiccare nei mesi estivi, ma anche per procurarsi ombra nelle ore più calde, per proteggersi durante la falciatura del grano, per la fabbricazione di còfane e panari. I fumatori sapevano ben scegliere quelle dal giusto calibro, visto che da una parte del fusto ricavavano parti della pipa, come celebra il proverbio dell’alto Salento: “ci uei fumi tuttu l’annu pippa te crita e cannuccia ti canna”.

Con quelle più lunghe ed elastiche, i cosidetti masculini, si poteva andare a pesca o le si utilizzava come supporto per fissare i pennelli con cui tinteggiare i muri. Con quelle più tozze si costruivano le matassareddhe, per incanalare i legnetti del telaio sul tessuto, ma anche come sagome per fare la pasta casareccia ed alcune tipologie di dolci da riempire con crema. E ad esse si ricorreva anche per realizzare i giochi dei bambini, tra i quali senz’altro gli aquiloni (prumete o cumete), dei quali ne costituivano lo scheletro su cui poi si attaccavano i fogli di carta velina. Frequente anche l’utilizzo per i terribili fucili a molla, o per ricavarne cerbottane a fiocchetto, fischietti, girandole, trottole (curruli) ed archi da tiro. Non ci risultano altre piante dall’utilizzo così svariato.

Forse particolarmente abbondanti dovevano essere in quel di Cannole, un piccolo centro vicino ad Otranto, che la volle riprodurre nel suo stemma municipale. La tradizione vuole che le distese di queste piante sarebbero state utili ai residenti per nascondersi in occasione delle tanti invasioni turche.

Appartenente alla Classe delle Monocotyledones, Ordine delle Cyperaceae, la Famiglia è quella delle graminacee. Il suo nome scientifico è Arundo donax L.

Le canne hanno molto bisogno di acqua per crescere, anche fino a 5 cm giornalieri di lunghezza durante i mesi primaverili, fino a raggiungere, in condizioni ideali, i cinque metri in altezza, con un diametro di tre centimetri. Sarebbero ottime se assunte come robuste siepi frangivento.

Le foglie lanceolate, rastremate in punta, presentano un ciuffo peloso alla base. I semi sono raramente fertili e la loro riproduzione avviene attraverso rizomi sotterranei, tipicamente legnosi e nodosi, che penetrano fino ad spannare anche un metro di profondità, insinuandosi tra gli interstizi del terreno e diffondersi come una colonia di radichette tra gli strati superficiali più compatti e paludosi.

La consistenza legnosa del fusto o culmo è eccellente per realizzare ance per flauti, clarinetti e cornamuse; è fonte di cellulosa per l’industria cartiera e grande serbatoio di stoccaggio di carbonio nel suolo agrario, fino a venti volte in più di una coltura annuale.

L’infiorescenza della pianta è una pannocchia fusiforme, di colore marrone, lunga circa 40-50 cm; la sua fugacità viene celebrata dai salentini con uno stornello che ancora si ricorda: “Fiorin di canna, nu crìtere alla tonna ca lusinga, prima tice t’amu e poi te inganna, fiorin di tutti i fiori, fiorin di canna”.

Al di là delle note di folklore rispetto alle altre piante ha un alto coefficiente fotosintetico che le conferisce un alto pregio ecologico. Uno degli aspetti importanti è la sua capacità di bonificare e decontaminare gli ambienti molto inquinati da metalli pesanti o reflui organici urbani e zootecnici. È infatti una pianta fitodepuratrice, che iperaccumula tratti di terreni senza peraltro dimostrare alcuna sofferenza.

 

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Un commento a L’umile ma utile canna domestica

  1. Le canne erano usate non solo per ” per realizzare ance per flauti, clarinetti e cornamuse”, ma anche e soprattutto, nel passato, per costruire lo “zùfolo”, detto comunemente “fraulo”, flauto. Ogni pastore ne aveva almeno uno zufolo, o flauto, fatto di canna. Lo costruiva il pastore stesso nelle lunghe giornate in campagna e col flauto-zufolo-fraulu suonava spesso. Chiariamo subito che il flauto costruito dai pastori molto spesso emetteva suoni non precisi, ma permetteva al pastore di passare il tempo e riempire le campagne di suoni. Ma esistevano anche i flauti di canna fatti a regola d’arte, con i buchi alle distanze giuste: I pastori più bravi, riuscivano a far suonare lo strumento usando la sola lingua. Chi non riusciva a suonare con la sola lingua, usava la “muddica”, ossia un pezzo di legno di fico, sagomato nella maniera giusta e inserito nella parte del flauto che si metteva sulle labbra..

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