Plinio e l’aglio: non vi sarà richiesto alcun account

di Armando Polito

Immagine tratta da Ioannes Sambucus, Icones veterum aliquot ac recentium medicorum Philosophorumque di Ioannes Sambucus, Ex officina Christophori Plantini, Antuerpiae, 1574
Immagine tratta da Ioannes Sambucus, Icones veterum aliquot ac recentium medicorum Philosophorumque di Ioannes Sambucus, Ex officina Christophori Plantini, Antuerpiae, 1574

Per metà della giornata dell’11 u. s. su questo blog in seconda posizione tra i titoli pubblicati ce n’è stato uno che prometteva di conoscere le ultime scoperte sulle sorprendenti proprietà dell’aglio. Essendo un fanatico ammiratore e consumatore di questo bulbo, di buon mattino per una gradita colazione virtuale ho cliccato sul link dove, dopo poche righe di presentazione dell’argomento, c’era un altro link che mi ha reso indigesto il bulbo senza nemmeno averlo assaggiato. Il lettore che fino a questo punto avrà fatto come me sarà probabilmente andato avanti ed avrà aderito alla richiesta di aprire un account con i soliti dati, tra i quali spiccava l’indirizzo della propria (o altrui …, tanto è l’indirizzo in sè che conta) posta elettronica. Io, però, ho soffocato senza pietà e esitazione la mia maledetta voglia di saperne un po’ di più e mi sono dedicato ad altro (non è la prima volta che lo faccio navigando). Chi, invece, avrà continuato, probabilmente, se è riuscito ad accedere alle preziose informazioni …, starà maledicendo quel momento dal quale dipende un bombardamento ora serrato di messaggi sull’aglio  che è costretto a sorbirsi ogni volta che accede alla posta. L’account, cioè, nasconde un intento pubblicitario e, tutto sommato, economico, non è certo uno strumento per veicolare in modo selettivo e mirato cultura ma solo un moderno espediente per informare, per esempio, che al tale indirizzo si potrà ordinare la tale crema di bellezza realizzata, secondo gli ultimi dettami della cosmetologia, con pasta di aglio …

Siccome sono un rompiscatole che non si fa i fatti suoi specialmente quando gli interessi di pochi tendono a prevaricare quelli di molti (senza che parecchi di loro nemmeno lo sappiano …) verso mezzogiorno, per evitare a qualcuno come me, invece della colazione, un pranzo virtuale nefasto, ho segnalato l’inconveniente a chi di dovere, anche perché nel frattempo mi ero accorto che il post, pubblicato pure su facebook nel profilo del titolare del sito e su quello della fondazione, aveva collezionato parecchi “mi piace” e pure qualche condivisione che in breve ne avrebbe assicurato la virale proliferazione.

A mezzogiorno ed un minuto il post era già stato rimosso e di questo ringrazio il chi di dovere di prima per essersi immediatamente reso conto che quell’account in qualche modo imbrattava la purezza del blog e la stessa filosofia della fondazione.

Tutto è bene quel che finisce bene e tutto il male non viene per nuocere. Infatti … ora chi vorrà si sorbirà quel che segue, senza, però, nessun account e, soprattutto, con la garanzia delle parole di uno scienziato, non un semplice divulgatore bene che vada, di duemila anni fa: Plinio. Non è la prima volta che la scienza moderna scopre l’acqua calda e mi chiedo cosa sarebbe venuto fuori se il naturalista latino avesse potuto fruire degli strumenti moderni di indagine e di analisi, così come, in tempi a noi più vicini, cosa sarebbe stato in grado di fare, per esempio, il Rholfs con l’informatica applicata alla linguistica.

Seguono i brani pliniani relativi all’aglio nella mia consueta traduzione e con l’aggiunta di qualche nota esplicativa. Buona lettura con il bulbo capace (secondo Plinio) di tutto (tra l’altro, come vedrete può fungere da sonnifero o da succedaneo del viagra, senza contraddizione, perché il segreto sta nelle modalità di assunzione …) e che l’account non sia con voi!

 

L’Egitto ha la cipolla e l’aglio come dei nel giuramento1.

Si crede che l’aglio sia utile soprattutto per molti rimedi della medicina contadina. È tutto rivestito di membrane sottilissime e separate, poi è composto da parecchi spicchi anch’essi separatamente rivestiti; quanto più sono gli spicchi più l’aglio è aspro. Come per le cipolle anche per lui c’è il fastidio relativo all’alito, cosa che non si verifica quando è cotto. Le differenze tra le varietà consistono nel tempo (la precoce matura in sassanta giorni), poi nella grandezza. E per quanto riguarda quest’ultima i Greci chiamarono ulpico2 l’aglio di Cipro, altri antiscorodo3, apprezzato soprattutto quello d’Africa tra le pietanze contadine, più grande dell’aglio. Tritato nell’olio e nell’aceto è singolare la quantità di schiuma che produce. Alcuni sconsigliano di seminare l’ulpico e l’aglio in pianura e di collocarli a mucchi distanti fra loro tre piedi. Fra i granelli dev’esserci la distanza di quattro dita e debbono essere sdarchiati appena escono tre foglie. S’ingrossano quanto più spesso sono sarchiati. I gambi di quelli che hanno cominciato a maturare spinti verso  il basso vengono sotterrasti; così si evita che crescaqno in fronda. Conviene che nei luoghi freddi siano seminati in primavera piuttosto che in autunno. Per il resto affinché perdano il cattivo odore si consiglia che tutte queste specie siano seminate quando la luna è in congiunzione con la terra, raccolte raccolte quando lo è. In alternativa Menandro tra i greci scrive che per coloro che hanno  mangiato aglio l’odore può essere eliminato se subito dopo mangeranno radice di bietola tostata isulla brace. Vi è chi crede che ulpico e aglio siano seminati molto opportunamente tra i Compitali4 e i Saturnali5. Anche l’aglio proviene da un seme, ma lentamente. Nel primo anno, infatti, raggiunge nella testa la grandezza di un porro, nel secondo si divide, nel terzo sui completa e certi considerano questo più gradevole. Non deve essere lasciato a produrre il seme ma il gambo va attorcigliato per la produttivà della piantagione affinché la testa ingrossi. Se si vuole conservare più a lungo l’aglio e la cipolla le teste devono essere bagnate con acqua salata tiepida; così dureranno di più, saranno migliori per l’uso e non germoglieranno. Altri si accontentano di porli anzitutto sulla brace e credono che questo basti per evitasre che germoglino, cosa che certamente fanno l’aglio e la cipolla anche fuori dalla terra riducendosi man mano che il fusto cresce. Altri credono che pure l’aglio si conservi ottimamente nella paglia. C’è un aglio e nasce spontaneamente nei campi, lo chiamano alo, che, cotto perché non possa rinascere viene gettato contro l’avidità degli uccelli che si cibano si semi e subito quegli uccelli che se ne sono nutriti vengono catturati con le mani intontiti o, se hanno indugiati un po’, addormentati. C’è anche il selvatico, che chiamano ursino, simile nell’odoreodore, dalla testa molto piccola, con grandi foglie6; L’aglio ha una gran forza e grande utilità contro i cambiamenti delle acque e dei luoghi. Con lodore tiene lontani serpenti e scorpioni e, come dicono alcuni, cura anche i morsi di tutte le bestie, come bevanda, cibo o cataplasma; in particolare giova contro le emorroidi con il vino rigettato col vomito. E, affinché non ci meravigliamo che è valido contro il morso velenoso del toporagno, ha efficacia anche contro l’aconito7 che con altro nome è chiamato pardalianche8, è efficace pure contro il giusquiamo9  e i morsi dei cani, nel qual caso si applica con il miele; contro il morso dei serpenti è efficacissimo bevuto, applicato con le sue reste e con olio come cataplasma sulle parti corpo  contuse o sulle quali si sono formate vesciche. Ippocrate ritiene che dal suo profumo sia favorita l’espulsione delle secondine nel parto e che la sua cenere con olio guarisca le ulcere purulente del capo. È stato somministrato cotto agli asmatici, da altri pestato crudo. Diocle lo somministra agli idropici con la centaurea, o in fico doppio per purga, ma è più efficace bevuto nel vino col coriandolo verde. Alcuni lo hanno sommistrato anche pestato nel latte agli asmatici. Prassagora lo prescrive mescolato col vino contro il morbo regio10 e con olio e farina contro le occlusioni intestinali e contro la scrofolosi  contro la scrofolosi in olio e farina. Gli antichi lo somministravano crudo ai pazzi furiosi, Diocle lesso ai farneticanti. Giova applicarlo pesto contro le angine o facendone gargarismi. Dà sollievo in caso di odontalgia con tre teste pestate nell’aceto o se si lavano i denti con l’acqua del decotto o ponendolo nelle cavità dei denti. Gocce del succo con grasso di oca  vengono pure instillate nelle orecchie; bevuto oppure pestato con aceto e nitro contiene la ftiriasi e la tigna; con latte o pestato o misto a formaggio molle il raffreddore e preparato allo stesso modo combatte la raucedine o bevuto con la fava la tisi. Poi cotto completamente è più utile del crudo e lesso più del tostato e così giova anche alla voce. Respinge le tenie e gli altri animali degli intestini cotto in aceto e miele. Con la farina guarisce il tenesmo, lesso e applicato come cataplasma i dolori delle tempie e citto col miele e poi pestato l’erisipela; cotto con grasso vecchio o con latte la tosse o in caso di espettorato sanguigno o purulento cotto sulla brace e assunto allo stesso modo con miele; con sale e olio in caso di convulsioni e fratture. Con grasso sana i gonfiori sospetti, con zolfo e resina estrae la materia dalle piaghe, con la pece anche i pezzi di canna. Esaspera la lebbra, l’impetigine, le lentiggini e le sana con l’origano; anche la sua cenere applicata come cataplasmo con olio e garo. Così anche il fuoco sacro11. Bruciato col miele riporta al loro colore naturale le contusioni e i lividi. Credono che guarisca pure l’epilessia usato come cibo o bevanda e che una testa  bevutacon un obolo di laserpizio in vino di sapore aspro porti via anche la febbre quartana e anche in altro modo la tosse e qualsiasi catarro delle vie respiratorie cotta in fava infranta e così assunta come cibo fino a guarigione avvenuta.Concilia pure il sonno e i corpi più rubicondi nell’insieme. Pestato col coriandolo verde e bevuto col vino eccita pure il desiderio12. Ha qualche controindicazione, perché indebolisce la vista, produce flatulenza, fa male allo stomaco se preso in quantità accessiva. Per il resto mescolato col farro nel mangime giova ai gallinacei contro la pituita13  Dicono che nei giumenti favorisce la diuresi e che non sentano dolore se i loro genitali sono toccati con l’aglio pesto.14

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1 Naturalis historia, XIX, 35: Alium cepasque inter deos in iureiurando habet Aegyptus.

2 Così rendo l’originale ulpicum [la più antica attestazione negli autori latini risale a Marco Porcio Catone (III-II secolo a. C.), De agricultura, 70 e 71]  , che nei dizionari latini è tradotto con upiglio. Tuttavia è inutile cercare quest’ultimo nei moderni dizionari, perché è voce che nasce nel XIII secolo ad opera di un volgarizzatore del De re rustica di Rutilio Tauro Emiliano Palladio (IV secolo d. C.) per continuare fino a tutto il XIX. Credo proprio che da questa bizzarra trascrizione/traduzione dell’ ulpicum pliniano nasca l’etimo proposto per ulpicum nel Vocabolario universale italiano, Tramater, Napoli, 1840: Credesi voce fatta per contrazione di allium punicum, aglio di Cartagine.

3 Così rendo l’originale ἀντισκόροδον (leggi antiscòrodon), composto da ἀντί (leggi antì= invece di + σκόροδον (leggi scòrodon)=aglio. Da un punto di vista filologico è interessante notare come questa voce non è attestata da nessun autore greco, il che fa presumere che Plinio ci ha lasciato la memoria di una voce popolare.

4 Festa del Lari Compitali, che presiedono ai crocicchi. L’originale Compitalia è aggettivo neutro plurale soastantivato da compitalis/e=relativo ai crocicchi, a sua volta da compètere=incontrarsi in un punto. La festa, mobile, si svolgeva tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio.

5 Feste in onore di Saturno, che iniziavano il il 17 dicembre.

6 Naturalis historia, XIX, 37: Alium ad multa ruris praecipue medicamenta prodesse creditur. Tenuissimis et quae spernantur universum velatur membranis, mox pluribus coagmentatur nucleis, et his separatim vestitis, asperi saporis; quo plures nuclei fuere, hoc est asperius. Taedium huic quoque halitu, ut cepis, nullum tamen coctis. generum differentia in tempore – praecox maturescit LX diebus – , tum in magnitudine. ulpicum quoque in hoc genere Graeci appellavere alium cyprium, alii ἀντισκόροδον, praecipue africae celebratum inter pulmentaria ruris, grandius alio. Tritum in oleo et aceto mirum quantum increscit spuma. Quidam ulpicum et alium in plano seri vetant, castellatimque grumulis inponi distantibus inter se pedes ternos. Inter grana digiti IV interesse debent, simul atque tria folia eruperunt, sariri. Grandescunt, quo saepius sariuntur. Maturescentium caules depressi in terram obruuntur; ita cavetur, ne in frondem luxurient. In frigidis utilius vere seri quam autumno. Cetero ut odore careant, omnia haec iubentur seri, cum luna sub terra sit, colligi, cum in coitu. Sine his Menander e Graecis auctor est alium edentibus, si radicem betae in pruna tostam superederint, odorem extingui. Sunt qui et alium et ulpicum inter Compitalia ac Saturnalia seri aptissime putent. Alium et semine provenit, sed tarde. Primo enim anno porri crassitudinem capite efficit, sequenti dividitur, tertio consummatur, pulchriusque tale existimant quidam. In semen exire non debet, sed intorqueri caulis satus gratia, ut caput validius fiat. Quod si diutius alium cepamque inveterare libeat, aqua salsa tepida capita unguenda sunt; ita diuturniora fient melioraque usui et in satu sterilia. Alii contenti sunt primo super prunas suspendisse abundeque ita profici arbitrantur, ne germinent, quod facere alium cepamque extra terram quoque certum est et cauliculo acto evanescere. Aliqui et alium palea servari optime putant. Alium est et in arvis sponte nascens – alum vocant – , quod adversus improbitatem alitum depascentium semina coctum, ne renasci possit, abicitur, statimque quae devoravere aves stupentes manu capiuntur et, si paulum commorere, sopitae. Est et silvestre, quod ursinum vocant, odore simili, capite praetenui, foliis grandibus.

7 Erba velenosa; il nome è dal greco ἀκόνιτον (leggi acòniton), di origine incerta.

8 Erba velenosa; il nome è dal greco παρδαλιαγχές (leggi pardalianchès), da πάρδαλις (leggi pàrdalis)=leopardo+ἄγχω (leggi ancho)=soffocare.

9 Erba velenosa; il nome è dal greco ὑοσκύαμος (leggi iuoschiùamos), composto da ὗς (leggi iùs)=porco+κύαμος (leggi chiùamos)=fava; in passato si riteneva che i porci potessero cibarsene senza pericolo.

10 Perché richiedeva cure costose, che solo i re potevano permettersi. È l’Ittero, cioè il travaso di bile. In latino, oltre che morbus regius era detto anche  morbus arquatus (il sintomo ricordava i colori dell’arcobaleno) o aurigo (e non auriga come si legge in wikipedia all’indirizzo https://it.wikiquote.org/wiki/Ittero) perché il sintomo ricordava il colore dell’oro.

11 È l’herpes zoster, volgarmente detto fuoco di sant’Antonio (contro la malattia s’invocavano i poteri taumaturgici del santo di Padova). La locuzione latina sacer ignis (sacro fuoco) è, invece, verosimilmente legata al fatto che la malattia era considerata una punizione degli dei.

12 Inspessimento dell’epitelio della lingua causato dal disseccamento quando l’animale respira a becco aperto.

13 A proposito della scoperta dell’acqua calda, questa volta nell’acqua calda, vedi in http://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/aglio_impotenza_de_toma-518465.html la dichiarazione che sarebbe stata rilasciata da Antonio De Toma.

14 Naturalis historia, XX, 24:Alio magna vis, magnae utilitates contra aquarum et locorum mutationes. Serpentes abigit et scorpiones odore atque, ut aliqui tradidere, bestias omnes. Ictibus medetur potu vel cibo vel inlitu, privatim contra haemorrhoidas cum vino redditum vomitu. Ac, ne contra araneos mures venenati morsus valere miremur, aconitum, quod alio nomine pardalianches vocatur, debellat, item hyoscyamum, canum morsus, in quae vulnera cum melle inponitur. Ad serpentium quidem ictus tostum cum restibus suis efficacissime ex oleo inlinitur, adtritisque corporum partibus, vel si in vesicas intumuerint. Quin et suffito eo evocari secundas partus existimat hippocrates, cinere eius cum oleo capitis ulcera manantia sanitati restituens. Suspiriosis coctum, aliqui crudum id dedere; Diocles hydropicis cum centaurio aut in fico duplici ad evacuandam alvum, quod efficacius praestat viride cum coriandro in mero potum; suspiriosis aliqui et tritum in lacte dederunt. praxagoras et contra morbum regium vino miscuit et contra ileum in oleo et pulte, sic inlinens strumis quoque. Antiqui et insanientibus dabant crudum, Diocles phreneticis elixum. Contra anginas tritum in posca gargarizari prodest. Dentium dolorem tribus capitibus in aceto tritis inminuit, vel si decocti aqua conluantur addaturque ipsum in cava dentium. Auribus etiam instillatur sucus cum adipe anserino. Phthiriases et porrigines potum, item infusum cum aceto et nitro conpescit, destillationes cum lacte coctum vel tritum permixtumve caseo molli, quo genere et raucitatem extenuat vel in pisi aut fabae sorbitione. In totum autem coctum utilius est crudo elixumque tosto; sic et voci plus confert. Taenias et reliqua animalia interaneorum pellit in aceto mulso coctum; tenesmo in pulte medetur; temporum doloribus inlinitur elixum et pusulis coctum, dein cum melle tritum; tussi cum adipe vetusto decoctum vel cum lacte aut, si sanguis etiam excreetur vel pura, sub pruna tostum et cum mellis pari modo sumptum; convulsis, ruptis cum sale et oleo. Item cum adipe tumores suspectos sanat. Extrahit fistulis vitia cum sulpure et resina, etiam harundines cum pice; lepras, lichenas, lentigines exulcerat sanatque cum origano, vel cinis eius ex oleo et garo inlitus; sic et sacros ignes; suggillata aut liventia ad colorem reducit combustum ex melle. Credunt et comitialem morbum sanari, si quis eo in cibis utatur ac potione; quartanas quoque excutere potum caput unum cum laserpici obolo in vino austero, – (tussim et alio modo ac pectorum suppurationes quantaslibet sanat fractae incoctum fabae atque ita in cibo sumptum, donec sanitatem restituat. Facit et somnos, atque in totum rubicundiora corpora) – venerem quoque stimulare cum coriandro viridi tritum potumque e mero. Vitia eius sunt quod oculos hebetat, inflationes facit, stomachum laedit copiosius sumptum, sitim gignit. Cetero contra pituitam et gallinaceis prodest mixtum farre in cibo. Iumenta urinam reddere atque non torqueri tradunt, si trito natura tangatur.

 

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