Morirà prima lui o prima lei?

la lavandaia, di Camille Pissarro
la lavandaia, di Camille Pissarro

Non si dice, ma si pensa

Morirà prima lui o prima lei?

 

di Emilio Rubino

Anche oggi, così come nei tempi andati, è presente nella mente di ogni marito e moglie il desiderio di sapere chi dei due morrà per primo. Il marito o la moglie?

Alla lunga questo tarlo diventa un vero dramma, perché nessuno dei due è disposto a morire prima dell’altro, neanche nel matrimonio tutto zucchero e miele. Ognuno vuole sempre trapassare dopo di lei o di lui; ognuno desidera ardentemente allungare i propri giorni, ritardare il più possibile l’ultimo istante della propria vita.

E allora, come si fa a conoscere il futuro, se cioè morrà prima lui o prima lei?

È un vero mistero che in ogni tempo e luogo ha assillato e assilla la mente umana. Per questo motivo, la fertile fantasia umana ha escogitato da sempre numerosi sistemi per dare delle risposte plausibili all’inquietante enigma. Addirittura, è stato inventato un procedimento per ogni singola coppia di sposi (si ritiene che sia assolutamente infallibile). In pratica, si tratta di uno stratagemma “ad personam”.

Vediamo un po’ in cosa consiste.

Intanto il sistema è denominato la “Regola del nove”. Come prima cosa, si prendono i nomi (ma non anche i cognomi) dei due coniugi (badate, tutti i nomi anagrafici, anche se sono più di due). Non si prende in considerazione il diminutivo del nome, bensì il nome di battesimo. Ad esempio, se un uomo si chiama Pippi oppure Gigetto, è necessario considerare i loro nomi di derivazione, che sono rispettivamente Giuseppe e Luigi. Stessa cosa, ovviamente, vale per le mogli. Procediamo. Si sommano le lettere di tutti i nomi di entrambi i coniugi. Ad esempio, se i coniugi si chiamano Federico e Margherita, si ha un totale di 18 lettere (8 di Federico + 10 di Margherita). Dalla somma ottenuta, si sottrae il numero fisso 9, oppure un suo multiplo (come nel nostro caso). Se, invece, il totale delle lettere dei loro nomi non dovesse superare il numero 9 (ad esempio con i nomi Ugo ed Eva), si utilizza il sottomultiplo di 9, cioè 3, e lo si toglie dalla somma quante più volte è possibile.

Se il resto ottenuto è un numero pari oppure zero, significa che morrà prima la moglie, se, invece, il resto è un numero dispari, toccherà naturalmente al marito.

Tutto qui? Esatto, tutto qui! È troppo facile, vero?

Se qualcuno di voi, amici lettori, dopo aver applicato la “regola del 9”, si accorgerà che spetta a lui congedarsi dalla moglie e dal mondo, non dovrà prendersela con i propri genitori per non aver avuto un nome con una lettera in più o una in meno, ma, semmai, con il destino. Sì, proprio con il destino. Perché, a voler ragionare sino in fondo, è stato il destino a farlo incontrare con una donna con un nome a lui sfavorevole e viceversa. Magari, bisogna prendersela con se stessi, per non essere stati molto oculati nel momento della scelta del proprio partner. In passato molte persone non si sono azzardate a sposarsi, perché dall’esito della “regola del nove”, è emerso un esito a loro fatale.

Questo sistema è in pratica un “oracolo della Sibilla cumana” applicato ai coniugi.

Domanda. Come si sarebbe dovuta comportare una persona se fosse venuta a conoscenza della “regola” solo a matrimonio avvenuto ed avesse appreso dell’esito a lui o a lei sfavorevole?

La risposta è: niente! Ormai il destino è segnato!

Qualche intelligentone avrà senz’altro pensato che divorziando dal coniuge si potrebbe porre rimedio al problema e, magari in seguito, sposarsi con chi gli avrebbe garantito di morire dopo.

E no!… La “regola” è inflessibile con chiunque e, colui o colei, che si azzarda ad infrangerla, viene castigato ad una morte anticipata rispetto all’altro coniuge, con l’aggiunta che il “furbetto” spenderebbe un sacco di soldi per il divorzio, senza ottenere alcun vantaggio. Come dire: oltre alla beffa anche il danno! Perciò, la “regola del nove” non vale per gli sposati in seconde nozze.

Con questo breve scritto, non vorremmo aver messo la classica pulce nell’orecchio a voi lettori, molti dei quali – siamo convinti – appena finito di leggere l’ultimo rigo di questo articolo, si metteranno a far di conto sommando le lettere del proprio nome con quello del coniuge.

Attenti, però, perché se le sorti vi saranno sfavorevoli, non prendetevela con noi, ma con il fato. Ma se saranno a voi benigne, premiate questa rivista sottoscrivendo un abbonamento annuale!!!

Ora, prima di chiudere il pezzo, vogliamo parlarvi di una caso realmente accaduto a Nardò nel secolo scorso.

Una vecchia casalinga, appena conosciuto il sistema del “nove”, provvide immediatamente ad applicare la regola. I nomi erano tanti da addizionare, per cui doveva ricorrere ad applicare il “multiplo”, ma si trovò subito in grande difficoltà, poiché non ne conosceva il significato. Estremamente imbarazzata, telefonò ad un’amica per chiedere lumi, ma costei, presa alla sprovvista, rispose assai dispiaciuta che non sapeva darle una sicura spiegazione.

“Cce ssàcciu, cummare mia. Iò no’ sso’ ‘na professoressa o ‘na medichessa. Me pare, però, ca lu multiplu gghete ‘na mìticina. Perciò, vane a lla farmacia e fatti spiecare de lu duttore”.

L’anziana, desiderosa di conoscere il significato di questo benedetto “multiplo”, decise di seguire il consiglio dell’amica.

Arrivata in farmacia, la donna notò che il titolare era impegnato con un’altra cliente. Dovendo fare in fretta, chiese delucidazioni a Miminu, un inserviente suo amico, il quale, ovviamente, le rispose che non aveva mai sentito parlare di simili medicinali.

“Lu Multiplu?!?… No’ ll’àggiu mai ‘ntesa ‘sta miticina!”.

Giunta a casa, la donna raccontò ogni cosa al marito, il quale, sapendo di che pasta fosse la moglie e volendo prenderla in giro, fece finta di contare e ricontare le lettere dei loro nomi e di sottrarre quante più volte era possibile il “nove”. La moglie, intanto, seguiva con molta trepidazione l’andamento della conta. Ma ecco che, dopo un buon minuto di conteggi e riconteggi, finalmente il marito pronunciò, con voce sommessa, il verdetto.

“Mi tispiace, Ninuzza mia, ma tocca a te!”.

La donna, come è logico pensare, scoppiò in un pianto inarrestabile.

Ci pensò il marito a farla riavere.

“Cce hai capitu, Ninuzza!… Tocca a te cu mmi puerti li fiuri a llu campusantu!”.

La donna smise subito di piangere ed un sorriso radioso le inondò il volto.

A voler chiudere definitivamente la pratica, vi dirò che, purtroppo, fu lei a lasciare questo mondo per prima.

 

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