Le patate del Salento

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di Massimo Vaglio

Alcuni alimenti non sono stati solo delle fonti di cibo ma cibo che ha fatto la storia. E’ notorio che l’uomo sarebbe rimasto nomade e primitivo se non avesse imparato ad addomesticare e coltivare i cereali; non a caso, definiti dagli storici, “piante di civiltà”. Per non parlare delle rivoluzioni indotte, dopo la scoperta dell’America, dall’arrivo di nuovi alimenti. Pomodori, tabacco, mais… hanno modificato abitudini e  culture, interrotto antiche tradizioni e inciso profondamente sugli assetti economici di molti popoli. Prodotti come il mais e il pomodoro hanno modificato le abitudini alimentari di milioni di persone sino a divenire gli emblemi dei due modelli alimentari contrapposti vigenti nella nostra Nazione: quello del Nord basato sulla coltivazione del mais che diviene polenta, ma che soprattutto rende conveniente l’allevamento intensivo del maiale e accessibili a tutti i suoi derivati; e quello del Sud, condiviso da larga parte dei popoli mediterranei, basato sul pomodoro, simbolo e protagonista assoluto della dieta mediterranea.

Eppure, stante i riconoscimenti ufficiali, il prodotto più meritevole è la patata, tanto che l’ONU, ha decretato il 2008 “Anno Internazionale della Patata”, con la motivazione che essa rappresenta la principale fonte di sostentamento per milioni di persone nel mondo. Un riconoscimento che vale un po’ anche come risarcimento morale. Infatti questo meritorio tubero, originario del Centro America, Perù in primis, quando venne introdotto non incontrò il favore delle popolazioni europee, ma al contrario venne pesantemente osteggiato e accusato di colpe infamanti, quali quelle di provocare gravi malattie. Furono i governanti dell’epoca, avendone intuito le potenzialità a incoraggiarne l’uso seppur fra molte difficoltà. In Russia si preferiva morire di fame piuttosto che cibarsene, tanto che venne accettata pienamente solo quando si scoprì che da esse si poteva ricavare un’acquavite, la Vodka.

Alcuni governi come quello prussiano emanarono editti con cui si condannavano ad amputazioni corporali coloro che si rifiutavano di coltivarle.

La tradizione vuole che l’introduzione della patata in Inghilterra sia avvenuta alla fine dei 1500 per merito di Walter Raleigh, la coltivazione si diffuse fortunatamente, però solo nella vicina Irlanda, dove in breve tempo costituì quasi una monocoltura e diventò l’alimento principale delle classi più povere, con le nefaste conseguenze di una serie di carestie fino a quelle più devastanti  del 1845-48 provocate dalla peronospora, un fungo, che distrusse per tre anni di seguito le coltivazioni causando l’emigrazione in America di milioni di Irlandesi. Per un’imponderabile circostanza l’americana patata porta delle carestie in Europa che come conseguenza causano la non certo indolore colonizzazione massiva del continente d’origine, una diaspora efficacemente raccontata da Martin Scorsese, nel film: “The gangs of New York”. Ancora una volta, cibo che diventa storia. Probabilmente, se non fosse stato per la patata, gli attuali Stati Uniti, sarebbero rimasti a lungo un territorio semispopolato alla stregua di quello australiano.

In Francia, una grande promozione venne fatta dall’agronomo francese Antoine Parmentier, che redasse dei fortunati articoli sul suo valore nutrizionale e sul suo utilizzo.

In Italia, benchè introdotte già alla fine del 1500 dai Carmelitani Scalzi che le importarono dalla Spagna, rimasero a lungo confinate come curiosità botanica e solo le carestie del Settecento, e la promozione effettuata dai governi dell’epoca, attraverso i rappresentanti del clero, rimossero i gravi pregiudizi che la attorniavano, e questo strano tartufo bianco, come spesso veniva indicata, cominciò ad essere accolto nei campi e sulle mense.

Sulla scorta delle rape venivano lessate e condite con olio, aceto e sale, oppure con olio, aglio, pepe, e prezzemolo.

Un grande impulso alla sua coltivazione, ed al suo uso, venne dato proprio da un salentino, l’oritano Vincenzo Corrado, che nel suo famoso libro di cucina, Il Cuoco Galante (1773), include un Trattato sulle patate o pomi di terra, ove egli consiglia l’uso della fecola di patate per confezionare il pane, mescolandola in ugual misura con la farina di grano; e ne rivela oltre cinquanta modi diversi d’impiego gastronomico.

Attualmente le coltivazioni  salentine di patate sono orientate verso la produzione di patate precoci. Pertanto la scelta varietale si basa si varietà adatte a fornire in anticipo un prodotto maturo, serbevole e con ottime caratteristiche organolettiche.

La varietà maggiormente coltivata è la Sieglinde, seguita a distanza dalla Spunta e dalla Nicola.

La patata novella Sieglinde è una pregiata varietà orticola di patata ottenuta nel 1935 dall’incrocio della July con la Stamm. Presenta tuberi di forma ovale allungata, del peso medio di 80-100 grammi, buccia di colore giallo intenso, brillante e pasta gialla. La produzione di provenienza salentina, è nota e particolarmente apprezzata sui mercati del Nord Europa, che alimentano la principale corrente d’esportazione, con l’appellativo di Sieglinde di Galatina.

La locuzione geografica è stata aggiunta dai gourmet d’oltralpe per distinguere la produzione che si realizza nella parte Sud Occidentale del Salento a partire da Galatina, area caratterizzata dalla presenza della cosiddetta sinopia, ovvero, della terra rossa, che conferisce alle patate ivi prodotte ineguagliabili caratteristiche organolettiche. Caratteristiche, purtroppo scarsamente percepite da noi italiani, ma fortunatamente ben distinte dai tedeschi la cui cultura gastronomica notoriamente sta alla patata, come la nostra alla pasta.

Le patate, merceologicamente, vengono classificate in tre tipologie: A, B e C. Il parametro che le differenzia è la loro qualità culinaria valutata dal  comportamento delle stesse dopo la cottura a vapore. Per cui con la tipologia A sono indicate le varietà dalla polpa più soda, particolarmente idonee in insalata, seguono nella tipologia B quelle a consistenza media, usate in modo universale, mentre nella C  sono classificate le patate dalla polpa farinosa, ossia che sfiorisce dopo la cottura, indicate, quasi esclusivamente, per la frittura e la cottura in forno.

La Sieglinde, per le sue caratteristiche fisiche, chimiche ed organolettiche, polpa soda, che non sfiorisce, aspetto umido e grana molto fine, è considerata patata da fetta o da insalata e rientra pertanto nella tipologia A.

La Spunta, che è seconda nel Salento per quantitativo prodotto, è invece una patata semiprecoce caratterizzata da tuberi di grossa pezzatura, allungati e schiacciati con buccia gialla e polpa giallo chiaro, anche questa presenta ottime caratteristiche organolettiche ed è un tipico prodotto da consumo fresco, è classificata nella categoria B, condizione che la rende idonea a tutti gli usi culinari e in particolare per la cottura in forno e in frittura.

Infine, la Nicola è una varietà a sviluppo rapido a maturazione medio tardiva; i tuberi sono di dimensioni medio grandi e di forma ovale-allungata, buccia gialla e polpa giallo intenso, merceologicamente viene classificata nella categoria A – AB rappresenta quindi una valida alternativa alla Sieglinde della quale può seguire la stessa sorte gastronomica.

 

 

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