Qual’è il problema? È che sei una capra, direbbe Vittorio Sgarbi …

di Armando Polito

Nell’immagine che segue la cronistoria comico-tragica di uno scambio di idee susseguitosi qualche giorno fa in Facebook sul blog LA LINGUA BATTE-Radio 3 (https://www.facebook.com/groups/266491950145853/?fref=nf). Prego chi ne ha la voglia di leggere attentamente il documento perché le osservazioni che seguiranno faranno puntualmente riferimento, com’è mia abitudine, ai suoi punti più significativi.

 Oggetto del contendere: si scrive qual’è o qual è?

Il documento originale da cui tutto è partito è il qual’è che compare nel dettaglio riprodotto da Anna Elisa Orofino. Non sapendo se l’autrice del post l’avesse ritagliato personalmente oppure riciclato da altro sito e se la citazione del testo da cui era stato tratto fosse o no di seconda mano, considerato che pure io sarei in grado, senza scomodare Photoshop, di costruire un documento fasullo dagli effetti ancor più esilaranti, ho operato un controllo preliminare che senza la rete, tengo a sottolinearlo, sarebbe stato, se non impossibile, quanto meno difficoltoso e, comunque, avrebbe comportato una notevole perdita di tempo. Chiedo scusa ad Anna Elisa per non essermi fidato ciecamente (non lo faccio nemmeno con me stesso) di lei.

Infatti all’indirizzo https://books.google.it/books?id=vHHbDY8JY7kC&printsec=frontcover&dq=i+racconti+di+canterbury+BUR&hl=it&sa=X&ei=GdSXVbXKJcSJygPY24DwCg&ved=0CC4Q6AEwAA#v=onepage&q=L’INGLESE&f=false è leggibile, sia pure parzialmente, il libro in questione e la fortuna ha voluto che uno dei frammenti corrispondesse proprio al nostro brano. Lo riproduco di seguito.

L’introduzione e le note del volume sono di Attilio Brilli e, siccome qual’è si legge nella nota 12, sappiamo a chi attribuire la reale o presunta “perla”. E se, a più riprese, Nicola Federici ha tentato di sdrammatizzare con interventi umilmente ironici che hanno suscitato il mio apprezzamento (tant’è che per ogni suo intervento uno dei mi piace è il mio), Giovanni Lopriore è stato il primo a far notare quello che poi tutti hanno stigmatizzato come errore.  Tutti, meno Marcello Meli, le cui repliche mi hanno decisamente sconcertato, tanto più che si definiva filologo pedante. Siccome diffido pure di quelli che, a torto o a ragione, si attribuiscono un qualsiasi titolo, sono andato a controllare (grazie ancora, rete!) e ho appreso dal suo profilo su Facebook che Marcello Meli è veramente un filologo (vi si legge Professore presso Università degli Studi di Padova). Un rapido controllo sul sito dell’università mi ha informato che Marcello Meli è Professore ordinario di filologia germanica. Dato per scontato che quello del profilo non è un omonimo e che, quindi, siamo veramente in presenza di un filologo, per quanto riguarda il pedante non riesco ad immaginare a cosa sarebbe arrivato il docente nella soluzione del nostro problema se non lo fosse stato …

Egli, infatti, ha tentato di difendere, con argomentazioni generiche e non sempre calzanti nel dettaglio, la sua opinione che, a mio avviso, propone, in ultima analisi,  una sorta di grammatica fai da te, quella in parte prospettata e, per i miei gusti accettata troppo supinamente, dallo storico della lingua Giuseppe Antonelli nel saggio Comunque anche Leopardi diceva le parolacce, Mondadori, Milano, 2014. Sarà pure un caso ma sempre dalla rete (https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Antonelli_(linguista) apprendo che il professor Antonelli collabora con la sezione linguistica del portale “Treccani.it” dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, conduce inoltre su Radio 3 la trasmissione “La lingua batte”.

E proprio dal sito della Treccani  (http://www.treccani.it/webtv/videos/Int_Giuseppe_Antonelli_errori.html) riporto la sua opinione sul tema che ci interessa:

L’errore ortografico è collegato allo sviluppo e all’evoluzione di una lingua. Per questo motivo non convince la giustificazione dello scrittore Roberto Saviano che, dopo le critiche ricevute per aver postato in un messaggio su Twitter “qual e” con l’apostrofo, ha affermato che continuerà a scriverlo sempre così proprio come facevano Pirandello e Landolfi. Ma questo ragionamento non funziona: non può esistere oggi un’ortografia personalizzata e l’errore di grammatica è ritenuto un errore sociale grave. Sono molti i casi in cui, nella lingua italiana, forme considerate inizialmente corrette sono poi state bandite perché valutate come improprie: ad esempio, fino alla seconda edizione dei “Promessi Sposi” la grammatica imponeva la forma “io parlava”, “io faceva”, “io andava”. Ma questo non è certo un buon motivo per riproporla anche oggi.

Pur condividendo in pieno l’opinione generale del professor Antonelli mi permetto, paradossalmente, di osservare che tale opinione, per quanto porti acqua al mio mulino, nello specifico è basata su un dato fasullo, meglio su un dato spacciato come reale da Saviano e che era doveroso, sempre, controllare, non perché non bisogna non avere fiducia in Saviano ma perché può capitare a chiunque di noi di essere convinto di aver letto qual’è mentre c’era scritto qual è.

Per farla breve: sfido chiunque a trovare in Pirandello un solo, dico un solo  qual’era. Ho fatto un controllo accurato senza neppure perdere troppo tempo (se qualcuno è interessato mi chieda come si fa e sarò felicissimo di passargli la dritta) e posso affermare che quello di Saviano è (a meno che non abbia creduto di leggere una cosa per un’altra) solo un bluff parziale andato, purtroppo, a buon fine. Eppure sarebbe bastato chiedergli di citare opera ed edizione di Pirandello in cui comparirebbe qual’è.

Diverso il discorso per Tommaso Landolfi per il quale, sempre con la stessa tecnica, ho trovato quanto segue in

https://books.google.it/books?ei=POyXVc2-I4PIyAPox4G4Aw&hl=it&id=qCZdAAAAMAAJ&dq=tommaso+landolfi&focus=searchwithinvolume&q=qual

Pur continuando a condividere quanto detto dal professor Antonelli, questa volta mi permetto di ipotizzare che il qual’è sia un errore del proto, visto che nello stesso testo il Landolfi mostra di ben conoscere la forma tronca qual:

Dirò di più: l’ipotesi sembra confermata in https://books.google.it/books?ei=POyXVc2-I4PIyAPox4G4Aw&hl=it&id=GUImAAAAMAAJ&dq=tommaso+landolfi&focus=searchwithinvolume&q=qual%27%C3%A8

Sulla Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/qual-e-o-qual-e_(La_grammatica_italiana)/)/) qual’è è segnalato per Federico Tozzi (Ricordi di un impiegato); di seguito nel dettaglio tratto dell’edizione 2012 (editore indecifrabile) https://books.google.it/books?id=kWwjBQAAQBAJ&pg=PT1&dq=tozzi+ricordi+di+un+impiegato&hl=it&sa=X&ei=3PGXVdz8McXIyAPTsYCgAg&ved=0CC4Q6AEwAA#v=onepage&q=qual&f=false

mentre qual è si legge nell’edizione Feltrinelli, Milano 1980 (https://books.google.it/books?id=z8rpIFHUmQMC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false)

e nell’edizione Edimedia, Firenze, 2012 di Tre croci (del  https://books.google.it/books?id=cE-0BgAAQBAJ&pg=PT5&dq=tozzi+ricordi+di+un+impiegato&hl=it&sa=X&ei=3PGXVdz8McXIyAPTsYCgAg&ved=0CFwQ6AEwCQ#v=onepage&q=qual’%C3%A8&f=false)

Sullo stesso link della Treccani segnalato all’inizio è citato un qual’era pure per il Collodi, ma anche per lui, come già per Pirandello, il controllo ha dato esito negativo.

Il maestrino, poi, si permette di segnalare il link http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/lesatta-grafia-qualin cui troverà un’opinione sul problema, datata (2002), ma non per questo meno autorevole e in linea con quella del 2012.

A me sembra che la documentazione allegata sia più che sufficiente, se non per affermare, almeno per sospettare fondatamente che il nostro errore (e non solo quello) sia da imputare ad uno scarso controllo dell’editore (o da chi da lui delegato) e che il fenomeno si allargherà a macchia d’olio ora che chiunque può realizzare il sogno di pubblicare, naturalmente pagando, qualcosa, anche nei casi in cui avrebbe fatto meglio a scrivere il suo capolavoro non in un file ma su un rotolo di carta igienica …

Credo che il lettore anche più sprovveduto, e non solo in campo largamente espressivo e strettamente grammaticale, abbia ben compreso che la forma esatta non può essere ma dev’essere qual è, anche se qualcuno ha dimostrato  di aver sostituto l’acribia che dovrebbe distinguere un filologo, pur non pedante, con l’approssimazione e con un’indulgenza che malamente si conciliano con l’educazione, non solo grammaticale. Meno male che, a parte l’Accademia della Crusca, anche Fabio Volo, la pensa come me …

(https://books.google.it/books?id=p6zDs2Cj6VcC&printsec=frontcover&dq=fabio+volo&hl=it&sa=X&ei=vPeXVZHhF8r0UJrvr-AO&sqi=2&ved=0CCAQ6AEwAA#v=onepage&q=qual’%C3%A8&f=false)

Raccomandazione di servizio: siccome il titolo è quello che rimane più impresso, e non solo perché sta all’inizio, dimenticatevi il qual’è che vi campeggia. Certo, il dialettale salentino quale ggh’è non avrebbe creato tutti questi problemi, ma non potevo infilarlo proprio nel titolo, perdendo oltretutto l’irripetibile occasione di farmi dare della capra (ma perché all’indirizzo dei maschi non usa capro o caprone o becco o montone?) da Vittorio Sgarbi …

 

 

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