Ho a cuore Castro: perciò, osservo e scrivo

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di Rocco Boccadamo

 

Come è noto, a Castro, la Perla del Salento, si staglia sulla via Vittorio Veneto sboccante nella rinomata e testé ricostruita “Piazzetta” ossia a dire il fulcro pulsante della marina, un imponente edificio risalente agli inizi del 1900 e sorto grazie alle disposizioni testamentarie di un facoltoso e generoso cittadino della vicina località di Ortelle, Francesco De Viti.

La struttura in discorso, denominata, giustappunto, Istituto De Viti, è stata adibita, per circa mezzo secolo a vari servizi di utilità sociale collettiva, in particolare a beneficio dei ragazzi meno abbienti.

Esempio prevalente, l’utilizzo come colonia estiva, dove sono stati accolti, agli inizi, giovanissimi orfani di combattenti della prima guerra mondiale, poi gli ospiti dell’orfanotrofio maschile di Ortelle, quindi gli alunni frequentanti le scuole dell’obbligo del medesimo paese, sempre con priorità per le famiglie in condizioni povere

Servizi, affidati alle cure di un gruppo di suore e di un sorvegliante di sesso maschile.

E però, a un certo punto, vuoi per il cambiamento dei tempi, vuoi a causa di altre più moderne e preferite iniziative similari sorte nella zona, il pur prezioso ruolo dell’Istituto si è andato inaridendo, cosicché il complesso ha finito col chiudere i battenti, rimanendo per diversi lustri abbandonato, con grave rischio di degrado e pregiudizio della sua stessa stabilità e agibilità.

Per fortuna, qualche anno addietro, grazie a un progetto cofinanziato con il Fondo europeo di sviluppo regionale, sono stati avviati consistenti lavori di ristrutturazione radicale dell’edificio, con l’obiettivo di adibirlo, di qui in avanti, all’accoglienza di persone fisiche impedite e versanti in condizioni d’abbandono sociale.

Il relativo cantiere è ormai in stato avanzato, anzi quasi completato.

Nella nuova veste del fabbricato, si pone in risaltò un particolare di carattere estetico ma nello stesso tempo rilevante, cioè il colore utilizzato per tinteggiare le facciate esterne: un giallo “sparato” che, a parere di chi scrive, nulla, proprio nulla, sembra avere a che vedere, né con la tonalità originaria dell’edificio, né tantomeno con il contesto urbano e abitativo in cui la costruzione si trova inserita.

Un non addetto ai lavori potrebbe addirittura avere l’impressione che si tratti di un clamoroso pugno nell’occhio, mentre, verosimilmente, secondo qualche architetto o tecnico o specialista o amministratore, l’accesissimo colore giallo calza a pennello, sia a livello del fabbricato a sé stante, sia in rapporto al panorama e all’habitat circostanti.

In casi del genere, ovviamente, si è di fronte a mere opinioni, rispettabili ma discutibili.

Ad ogni modo, queste note, ispirandosi e ponendosi in ossequio e omaggio al puro e oggettivo senso dell’armonia, si prefiggono essenzialmente di richiamare, sulla realtà di che trattasi, anche con l’ausilio delle immagini allegate, l’attenzione delle istituzioni cui competono la “sorveglianza” e le valutazioni sui luoghi sotto l’aspetto ambientale e paesaggistico.

Si pongono, inoltre, l’obiettivo di conoscere cosa pensano gli altri in generale circa quest’utile insediamento tinteggiato di giallo, in sostanza se l’apprezzano o meno così come si presenta.

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Un commento a Ho a cuore Castro: perciò, osservo e scrivo

  1. Eh si, Castro appoggiata sul mare… Condivido (come non farlo?) la costernazione di Rocco per quella bizzarria cromatica che, a parte il non aver nulla a che vedere con la tradizione e l’ambiente circostante, è un vero pugno nello stomaco per chi guarda. Arrivandoci con nuvole grigie il giallo si stempera, però se il sole batte (in terra di Salento non è raro il fenomeno) si amplifica l’effetto evidenziatore del giallo. Evidenziare, appunto. Speriamo solo che il tempo e gli anni ci siano complici e amici e contribuiscano in breve tempo a spegnere un pò di quella luce impropria.

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