Le zucchine e i loro fiori nella cucina salentina

di Massimo Vaglio

Una volta tanto la giustamente avversata globalizzazione ha provocato un effetto collaterale positivo. Infatti, grazie all’acquisizione da parte delle giovani generazioni dell’americanissima festa di Halloween, è tornata un po’ in auge la coltivazione delle zucche, e si rileva anche la riscoperta di tante ricette dimenticate ed un rinnovato  interesse per questi, come vedremo, utilissimi quanto bistrattati ortaggi.

Prima, però occorre fare un po’ di chiarezza nella non sempre semplicissima materia botanica. Facile infatti dire zucca, ma bisogna sapere che sotto questa banale denominazione ricadono ben novanta distinti generi e un numero di specie stimato intorno al migliaio. Negli orti italiani, si coltivano numerose varietà di zucche e zucchette, di cui si utilizzano come ortaggio i frutti quando sono completamente maturi, ossia le zucche; oppure, quando sono ancora teneri e non del tutto ingrossati, ovvero le zucchette meglio note come zucchine.

Si tratta di varietà orticole derivate da alcune specie appartenenti al genere Cucurbita e alla famiglia delle Cucurbitaceae. Le varietà di zucca universalmente più diffuse sono quelle derivate dalla Cucurbita maxima. Si riconoscono per il portamento delle piante che sono sarmentose o rampicanti con frutti generalmente molto grossi, globosi, schiacciati ai poli, lisci, costoluti o bitorzoluti.

Altre zucche molto interessanti e saporite sono quelle derivate dalla Cucurbita moschata, queste sono ugualmente sarmentose e danno luogo all’emissione di frutti molto grandi, cilindrici, diritti o leggermente ricurvi e maggiormente ingrossati all’apice ove sono contenuti i semi.

Le zucchette, sono invece il prodotto della Cucurbita pepo, che si distingue facilmente dalle altre specie per il portamento cespuglioso e i frutti cilindrici e dai piccioli tipicamente quadrangolari che si raccolgono rigorosamente quando sono immaturi, lunghi al massimo 20-25 cm e di 2-4 cm di diametro.

Oggi nel Salento,  un po’ come dovunque, impera la coltivazione delle zucchette, effettuata sopratutto in coltura protetta ossia sotto piccoli tunnel di polietilene o in serra, quindi disponibili ormai tutto l’anno. Ciò, ha portato gradatamente i consumatori ad orientarsi pressoché esclusivamente verso il consumo degli sciapiti frutti di quest’ultima specie di cui sono state selezionate numerose varietà orticole, tutte ugualmente sciapite, indistintamente appellate zucchine anche se  distinguibili fra loro per la colorazione esterna dei frutti che può variare dal verde al grigio nerastro al bianco giallognolo. Una vera rivoluzione nelle abitudini alimentari dei salentini, che sino a qualche decennio addietro non conoscevano affatto le zucchette, ma consumavano in luogo di queste esclusivamente i saporiti frutti teneri della cosiddetta cucuzza te jernu o ‘ngìnuese (genovese), prodotti da antichi ecotipi locali derivati dalla su citata Cucurbita moschata. Questi erano disponibili però solo in estate; in inverno, seguendo i tempi della natura, si consumavano le grandi zucche mature della medesima specie  orticola.

Gli enormi frutti della Cucurbita maxima, l’altra specie tradizionalmente coltivata, erano denominati cucuzze te uei (zucche da buoi) e serbate, come ricorda Vittorio Bodini, sui cornicioni delle bianche case e delle masserie salentine, erano destinate pressoché esclusivamente all’alimentazione del bestiame.

Ma torniamo alle nostre ‘ngìnuesi. Di queste, equivalenti vegetali del proverbiale maiale, non si buttava via nulla: i tralci e i germogli teneri venivano consumati stufati alla stregua delle cime di rapa; i fiori, tanto quelli femminili, quanto quelli maschili (fiuri camaci), anch’essi stufati, in frittata o fritti in pastella. Numerosissimi, gli usi della polpa, ammannita nei più svariati modi compresi dolci e canditi; i semi, salati e tostati, costituivano lu passatiempu, uno snack gradito da grandi e bambini e persino la coriacea scorza veniva utilizzata per  preparare una sorta d’appetitosa scapece autarchica.

Vista la moltitudine di ricette tradizionali che la vedono protagonista, l’apprezzamento dei salentini per la zucca, sembrerebbe un amore storico e incondizionato, se insieme alle ricette non ci fossero pervenuti una serie di folcloristici detti e adagi tutti univocamente poco lusinghiero nei confronti della stessa, tra questi:

–         Ccònzala comu oi, sempre cucuzza rimane.

–         Cucinala comu oi, sempre cucuzza ete.

–         La cucuzza nu ttira e no ttuzza, e se no lla sai ccunzare, no se pote mangiare; ma se la cconzi bona, tira, tuzza e sona, però ci vene unu cu tuzza, no dire ca sta mangi cucuzza.

–         Puru cucuzza, ma ccunzata bbona.

–         La fatia si chiama cucuzza, a tie te fete e a mie me puzza.

La motivazione di quest’insolito sprezzo nei confronti di un così munifico ortaggio, risorsa a dir poco strategica nei magri inverni di una volta, trova giustificazione nel fatto che quando di apriva una grossa zucca, onde evitare che andasse a male, questa ritornava per più giorni sullo stesso desco e il suo sapore dolciastro, certamente grato, ma alla lunga stucchevole, finiva per stancare. Indubbiamente, un peccato d’irriconoscenza nei confronti di questi ortaggi, che offrono eccezionali quantità di carotenoidi, carboidrati complessi, potassio e vitamine de gruppo B. Come altri ortaggi ricchi di carotenoidi le zucche hanno dimostrato un elevato effetto protettivo nei confronti di molti tumori e in particolare di quello ai polmoni. Ma le proprietà salutari non si fermano qui, i semi di zucca infatti sono ricchissimi di elementi nutritivi e sono un’ottima fonte di acidi grassi essenziali, proteine e minerali. Ormai da tempo vengono usati dai naturopati per curare i disturbi della prostata grazie al loro contenuto di acidi grassi e di zinco, mentre la medicina popolare, li ha sempre usati come potenti antielmintici, efficacissimi per espellere i parassiti intestinali, specialmente elminti o vermi. Inoltre, dai semi zucca, e in particolare da quelli prodotti dalla zucca stiriana (Cucurbita pepo L. convar, citrullina var. styriaca), che ha la particolarità di produrre semi senza buccia, si ricava un olio molto interessante, contenente ca. l’80% di grassi insaturi, di cui il 50-60% polinsaturi.

Coltivata in tutto il mondo la zucca trova spesso impiego anche come oggetto divenendo: fiasca, borraccia, salvagente, ciotola, soprammobile, strumento musicale e addirittura spugna (zucca luffa).

E’ l’Italia il paese che rende ad essa maggior onore con una serie infinita di piatti ormai celeberrimi, come i cappellacci ferraresi e i tortelli mantovani che partiti dalle nebbiose valli padane, insieme ai risotti dai cromatismi solari, hanno via via conquistato i palati di mezzo mondo, insieme altre buone quanto misconosciute specialità quali i canditi di zucca, ingredienti insostituibili, della celeberrima cassata siciliana.

Il Salento, che in quanto a fantasia gastronomica non è sicuramente secondo a nessuno, si difende bene con un bel carnet di originali specialità fra le quali la cucuzzata, un gustoso, originalissimo pane condito.

Cucuzzata

Ingr. : 1 kgdi farina di grano duro, 500 g di zucca genovese o di zucchine della stessa varietà, cipolle, olive nere in concia, pomodorini,1 dl d’olio dei frantoi salentini, 2 cubetti di lievito di birra, peperoncino, origano acqua sale.

E’ una specialità originaria di Santa Cesarea Terme e dei paesini del suo interland, soprattutto di Vitigliano, che ogni anno in Agosto gli dedica un’affollata sagra. Preparate un trito con la zucca, le cipolle e i pomodorini, unitelo alla farina e impastate unendo l’olio, tutti gli altri ingredienti  e l’acqua sino ad ottenere un impasto piuttosto omogeneo. Lasciatelo riposare in ambiente tiepido e senza correnti d’aria. Trascorsa qualche ora, rimpastatelo sino a renderlo perfettamente liscio, omogeneo ed elastico. A questo punto staccate dei pezzi di pasta di due- trecento grammi, formate dei panetti e poneteli in forno a legna ben caldo per una ventina di minuti.

Cucuzza a scapece

Ingr. : zucca genovese, pane grattugiato, olio dei frantoi salentini, aceto, aglio e menta.

Nettate la zucca dalla scorza, tagliatela a fette spesse un dito e larghe due e lessatele in abbondante acqua salata. Una volta cotte, ma ancora sode si sgocciolano e sistemano in una terrina, cospargendole a strati con mollica di pane raffermo grattugiata, aglio e foglioline di menta. Lasciate macerare per almeno un paio di giorni prima di servire. Una seconda versione, decisamente meno soft, prevede che la zucca venga fritta invece che lessata.

Cucuzza cu la ricotta schianta

Ingr. : 1 kg di zucca, una manciata di olive Celline di Nardò in concia tradizionale, un pugnetto di capperi sott’aceto, una grossa cipolla,1 dld’olio dei frantoi salentini, tre quattro acciughe, ricotta forte q.b. , peperoncino, sale.

In una casseruola, con un filo d’olio sul fondo, fate  imbiondire leggermente la cipolla, unite la zucca (preferibilmente zucca genovese) nettata e ridotta a dadini, quando questa sarà quasi cotta unite le olive, i capperi e il peperoncino facendo stufare a fiamma bassa, a cottura unite qualche cucchiaino di ricotta forte stemperata in acqua calda, aggiustate di sale se c’è ne fosse bisogno e servitela ben calda.

Fiori di zucca fritti 

Ispezionate e lavate delicatamente i fiori di zucca, lasciateli scolare riponendoli all’ingiù in un colapasta, eliminate il peduncolo e il pistillo e calateli in una pastella preparata con uova e farina o più semplicemente con farina, acqua e lievito. Friggeteli in olio di frantoio bollente e serviteli ben caldi.

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Fiori di zucca e cozze fritti

Se volete preparare una leccornia buona quanto semplice nettate i fiori di zucca eliminando il peduncolo e il pistillo, calateli nella pastella insieme a delle cozze liberate a crudo dalle valve e spolverizzate di pepe nero macinato al momento e mescolate bene. Versate il preparato a cucchiaiate in olio d’oliva ben caldo sino a quando le frittelle non avranno ottenuto un’invitante colorazione dorata. Ponete le frittelle ottenute su della carta assorbente a cedere l’unto in eccesso e servitele ben calde.

Fiori di zucca farciti 

Scegliete dei fiori di zucca freschissimi e sani, sciacquateli uno ad uno ispezionando l’interno;  farciteli ognuno con una listarella di mortadella o prosciutto cotto e una listarella di caciocavallo o scamorza e friggeteli. Oppure sempre con mozzarella o scamorza insieme ad un filetto di pomodoro pelato condito con olio, sale e origano e un paio di capperi sott’aceto. Quindi immergeteli delicatamente nella pastella e friggeteli in olio vergine di frantoio. Poneteli su della carta assorbente a cedere l’unto e serviteli ancora caldi.

Zucca candita

Ingr. :2 kgdi polpa di zucca,1 kgdi zucchero, 1 lt d’acqua, 15 gr di sale.

Affettate la polpa di zucca ricavandone una decina di pezzi, ponetela cuocere in abbondante acqua.

Intanto, preparate uno sciroppo, mescolando insieme lo zucchero, il sale e l’acqua. Fate bollire lo sciroppo per 5 minuti, appena la zucca sarà cotta al dente, cacciatela dall’acqua di cottura e immergetela nello sciroppo caldo e fate sobbollire il tutto, adagio, in modo che la zucca completi la cottura e allo stesso tempo assorba più zucchero possibile. La zucca sarà pronta quando apparirà quasi trasparente. A questo punto levatela dal fuoco e lasciatela intiepidire nel suo stesso sciroppo. Quando è quasi fredda, togliete i pezzi dallo sciroppo e ponete questo sul fuoco a bollire ancora per qualche minuto. Levatelo nuovamente dal fuoco, unite i pezzi di zucca e lasciateveli raffreddare. Quando saranno freddi, toglieteli dallo sciroppo e fateli asciugare in un luogo arieggiato, per una giornata. Infine tagliate i pezzi di zucca a dadini, a losanghe o in altre forme a piacere e inzuccherateli. Conservate i canditi così ottenuti in vasi di vetro a chiusura ermetica.

 

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