La spurchia, acerrima nemica dei contadini, ma buona da mangiare

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di Massimo Vaglio

Spùrchia, è l’appellativo dialettale delle orobanche (Orobanche spp.), piante saprofite delle fave e dei piselli. Acerrime nemiche dei coltivatori di queste leguminose perchè suggono la linfa  dalle radici delle stesse facendole deperire. Un tempo, i coltivatori di fave e piselli, conducevano una strenua lotta manuale contro queste piante che venivano estirpate prima che fiorissero, propagando i semi, quindi lasciate essiccare e bruciate.

E’ così che qualcuno, in tempi in cui le genti erano alla continua ricerca di qualcosa con cui riempire lo stomaco, ha pensato di poterne ricavare del cibo, inizialmente si cominciò a lessarla per consumarla come verdura e poi man mano sono stati elaborati tutta una serie di piatti oggi ritenuti prelibati e spesso serviti come golosa specialità nei giorni festivi.

In ogni caso, prima di qualsiasi tipo d’impiego, la “spurchia” va preventivamente lessata, previo diligente risciacquo, necessario per rimuovere a fondo gli eventuali residui di terra trattenuta dalla peluria che la ricopre ed eliminando il tallo ossia la parte inferiore, generalmente più dura e fibrosa.

 

Spurchia in insalata

Fate bollire le orobanche dopo averle lavate e nettate, per circa cinque minuti, ponetele in una ciotola con acqua fresca e procedete per un paio di giorni a frequenti ricambi d’acqua in modo che per osmosi eliminino la linfa che le rende e particolarmente amare. Infine, strizzatele delicatamente onde eliminare l’acqua trattenuta. Conditele, quindi con aglio fresco, alcune foglioline di menta, sale ed olio extravergine d’oliva.

Sempre previo trattamento di deamarizzazione possono seguire la stessa sorte  gastronomica degli asparagi e sono particolarmente apprezzate fritte o al gratin, in frittata e conservate sott’olio.

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3 Commenti a La spurchia, acerrima nemica dei contadini, ma buona da mangiare

    • La spurchia ha un seme piccolissimo con una capacità germinativa enorme; (può restare nel terreno oltre dieci anni) attacca solo le leguminose vernine; il terreno, una volta infestato, non potrà essere utilizzato per quelle colture almeno per una ventina di anni. Un rimedio? Si seminano solo le fave di San Nicola (quelle di colore blu) che, maturano i baccelli, molto in anticipo rispetto alle altre varietà di fave. Solo in questo modo è possibile coltivare leguminose in terreni infestati. Hanno provato a disinfettare il terreno con i lanciafiamme … ma si spendono soldi e i risultati sono spesso deludenti.

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