Nardò. D’inverno

guglia di Nardò

di Livio Romano

 

E’ una cittadina di quarantamila abitanti che d’estate tocca i centomila, mica un paese di tremila anime. Trenta chilometri di costa, uno dei territori più vasti d’Italia. Che si spegne piano piano. Come tante altre, per carità, e in tutta Europa. Lo scriveva anche Bruno Manini di Piacenza. Ma qua oltre a quelle dei locali si stanno via via spegnendo le luci delle vetrine dei grandi negozi storici.

Le molte piazze sono buie, semplicemente. Come dappertutto, sale per il gioco d’azzardo e compro-oro malinconici spuntano a dire che la festa è finita -ma ho l’impressione che neppure loro facciano grandi affari. I begli empori di scarpe e vestiti di qualità sono letteralmente deserti, saldi o non saldi. I locali commerciali rimasti vuoti non espongono “si affitta”, bensì “si vende”. E si vendono case, dappertutto: si prova a farlo, almeno. Perfino gli hard discount hanno i parcheggi quasi sempre liberi. Giri per i viali e hai la sensazione di passeggiare per un qualsiasi Lido Sabbiadoro d’inverno.

Che nessuno si sogni di dire che è colpa delle troppe tasse: sarebbe riduttivo, consolatorio.

O magari si starà avverando quel che fricchettoni e pauperisti d’ogni risma fanno finta di auspicare: che la gente si fa il pane in casa e si cuce i vestiti da sé. Potrebbe darsi anche questo.

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3 Commenti a Nardò. D’inverno

  1. alcuni giorni fa, ho avuto occasione di passeggiare per alcune ore in città, ho visto una decadenza strutturale impressionante, la visita in cattedrale mi ha ripagato dell’energie spese e neanche sufficientemente

  2. IL GROSSO GUAIO E’ I POLITICI CHE MANDIAMO A RAPPRESENTARCI, PENSANO SOLO ED ESCLUSIVAMENTE PER LE LORO TASCHE, SE NE STRAFREGANO DEI TERRITORI, DEL COLLEGIO, DEGLI ELETTORI, ABBIAMO MANDATO DEI CAMPIONI DI ARRAFFATUTTO.

  3. Per risvegliare un centro di gravità ‘sostenibile’ permanente, potenzialmente, innovativo e alternativo come Nardò, la città andrebbe letta ed interpretata con occhi nuovi (filtri critici alternativi). Ambiente e arte, lo sappiamo tutti, potrebbero essere le leve di un nuovo ‘traduttore’ per riuscire a decifrarne la struttura complessa ancora nascosta. La sua storia fin’ora non ha insegnato nulla, nè gli storici locali si impegnano a descriverla nel modo che occorrerebbe, perchè supportata da dispositivi decrittivi (mai critici) evidentemente inadeguati. Se, poi, alla “burocratia” è dato il compito di selezionare le emergenze capaci di parvenze di novità (notate l’ossimoro), dovremmo rileggere in maniera più attenta quale processo di ‘consumo’ culturale sia in atto, magari comprendendo come proprio l’industria culturale (altro ossimoro) può rivelarsi un altro pericoloso equivoco. L’economia purtroppo, come è sempre stato, ma ora di più, elargisce ‘oggetti’ la’ dove il desiderio, unica forza riconosciuta ormai come ‘eversiva’, pone questioni vitali di sopravvivenza, richiedendo energia propulsiva nuova e dispositivi integranti funzionanti. Bordieu o Bauman parlano chiaro, spiegano il piano strategico in atto, il cui obiettivo è la ‘denaturalizzazione’ del quotidiano ‘sostenibile’; occorrono ancora conferme? Per una sagra con balli e pizziche 10.000 persone, ritrovarsi invece per discutere di ospedali, discariche e servizi al cittadino, invece 25 o quasi nessuno. Evasione che pretende la distra-azione, ma perenne e continua. Caro Livio, benvenuto nel migliore dei mondi possibili che siamo riusciti a creare (Nardò, come tutti i 96 comuni del Salento di cui 26 rivieraschi, tenuti divisi per meglio ‘imperare’) e non c’è prospettiva strutturata di sviluppo. Naturalmente le (mie) chiavi, ritengo, siano nella ricerca della semantica del segno, del simbolico e nel potenziale iconico che dà vita ai miti, ma in stagioni diverse, (pensa un po’ come le divinità mediterranee si divertono) alternandone però le necessarie ‘figure’ dei miti, semplice no?
    ; ) ottima osservazione (la tua) come sempre.
    Un caro saluto
    Paolo

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