Un “bestiario” medievale sulle antiche travi della Cattedrale di Nardò (1).

 

La facciata della cattedrale di Nardò, disegnata da Ferdinando Sanfelice
La facciata della cattedrale di Nardò, disegnata da Ferdinando Sanfelice

di Marcello Gaballo

 

 

1. La Cattedrale e la sua copertura lignea.

Il monastero benedettino di Nardò fino ai primi decenni del XV secolo era immediate subiectum alla Santa Sede ed aveva una rigorosa organizzazione gerarchica al cui vertice c’era l’ abate, cui faceva capo tutto il territorio dell’attuale diocesi con le quattordici inferiores abbazie[1].

La cronologia della chiesa è incerta. Sicuramente essa esisteva nel 1092 (è di tale anno, infatti, la prima menzione diretta di un monasterium Sanctae Mariae de Neritono in un diploma col quale Goffredo, conte di Nardò e di Conversano, fa alcune concessioni all’ abate Everardo)[2].

Ai Basiliani erano subentrati due anni prima, per volere dello stesso conte Goffredo, i monaci Benedettini, pionieri del rito latino e del potere della Chiesa di Roma, che eseguirono importanti rifacimenti della struttura originaria dell’ edificio, ricostruendo la navata sinistra, il presbiterio ed il campanile, gravemente danneggiati dal terremoto del 1245[3]. Quest’ ultimo mostra infatti nelle decorazioni del primo ordine aspetti molto simili ad altre chiese angioine coeve[4].

I monaci, nello stesso secolo, istituirono nel monastero cattedre di letteratura greca e latina, di eloquenza e di matematica, e conservarono nella chiesa ad essi affidata la liturgia greca affianco alla latina.

L’ edificio, internamente scandito da pilastri con una serie di cinque arcate[5], fu ricostruito dopo il terremoto del 1350, come si fa cenno nella cronaca spuria di Stefano, abate benedettino[6], e fra gli ingenti danni riportati si registra anche il crollo del frontespizio.

L’ abate Bartolomeo, nominato da Filippo suo confessore, cappellano e consigliere[7], avrebbe fatto riparare la chiesa e il tetto danneggiati, con il concorso dei baroni della città. In tale occasione fu ingrandita con un prolungamento di circa 19 metri[8], che permise l’ aggiunta sul lato orientale del profondo coro terminante con l’ abside circolare e lo sfondamento delle nicchie absidali al termine delle due navate laterali.

Vennero eseguiti altri importanti lavori come il rifacimento della facciata principale (nel 1354, per volontà dell’ abate Azzolino De Nestore), l’ apertura di un portale sul fianco meridionale (la porta che oggi dà su piazza Salandra) caricato di un architrave col bellissimo rilievo della “Dormitio Virginis”, tuttora conservato a Nardò nella chiesetta delle Anime del Purgatorio[9].

Dall’ antipapa Clemente VII fu elevata a Cattedrale nel 1387, essendo vescovo Matteo del Castello, ma quando, nel 1401, terminò lo scisma, tornò ad essere semplice abbazia.

Le coperture del vasto edificio furono in origine costituite da travature lignee a vista, a due spioventi la navata centrale[10], ad uno le laterali. Le incavallature lignee della prima, “tra le più svariate ed originali forse in tutta Italia”[11], furono poi dipinte nel tempo di Roberto d’ Angiò, principe di Taranto, con vivacità coloristica forse ideata in funzione della ricchezza cromatica delle pareti interne, dove probabilmente era già stato realizzarto il ciclo di affreschi.

Sembra però che, nonostante la sostituzione dei pioventi, la tettoia in più punti cominciasse a subire dei guasti molto seri, per cui mons. Lelio Landi, vescovo di Nardò dal 1596 al 1610, la ricostruì per una metà nel 1606 e su una delle travi fece dipingere il suo stemma. Lo si deduce da un atto notarile conservato nell’ Archivio di Stato di Lecce, rogato dal notaio neritino Pietro Torricchio nell’ anno 1608. A c.43 recto del documento si legge infatti una dichiarazione del tesoriere della Cattedrale, l’ abate Giulio Cesare Rapanà, il quale sostiene ciuramento facto pectore more religiosorum che, tra gli altri lavori fatti eseguire per ordine del vescovo nel palazzo vescovile e nella Cattedrale, figurano anche quelli …per accomodare lo tetto della chiesa alla banda dello specchio che minacciava rovina per tavole, travi, maestranza…, eseguiti nel mese di marzo 1605, con spesa di ducati 47, …come appareno nel libro del mio esito distintamente.

Le spese furono però sicuramente maggiori, perchè negli atti dello stesso notaio, sempre del 1608, a c.7 recto, il “faber lignarum” Onofrio Fanuli da Galatone dichiarava con giuramento …di havere accomodato lo tetto della Cattedral chiesa della città di Nardò, quale minacciava rovina, in questo anno, e per la spesa necessaria per tavole, agionsioni di catene, crapiuli, ferrami, maestranza, calce e fabrica et altre cose necessarie per accomodare detto tetto, ci è stata di spesa ducati duicento novantasei, quali sono stati spesi e pagati per mano di Abb. Georgio Francesio V.I.D. can.co et procuratore di monsign. R.mo Lelio Landi, e passati tutti per mano mia…

Circa un mese dopo lo stesso mastro ribadiva sempre davanti al medesimo notaio (c.26 recto) di aver provveduto a riparare parte del tetto della Cattedrale …quale minacciava rovina questi mesi passati…, ricevendo la somma dovutagli. Aggiungeva inoltre che  …l’ altra parte del tetto di detta chiesa restò di accomodarsi, pure minaccia rovina e stà per cascare giorno in giorno, per haverlo conosciuto novamente e trovato le due catene di travi che stanno dov’ è l’ organo, sono relassate et marcitte e minacciano di cascare giorno per giorno che guastariano in tutto l’ organo di detta chiesa che, costa più di mille ducati, oltre l’ altro danno eccessivo che farebbe cascando e per resarcirlo et accomodarlo nel modo che stà accomodato l’ altro ci correrebbe di spesa ducati trecento in tutto fra ligname, fierri, tavole, mastria et altre cose necessarie, ma per fare nova detta parte di tetto che restò di farsi, ci vorrebbe di spesa mille ducati alla secura… Somma che comunque fu trovata. Infatti il vescovo Landi fece ricoprire le incavallature con un soffitto a lacunari, che in parte completò mons. Girolamo De Franchis (1617-1634).

bestiario

Di altri lavori delle coperture nei secoli successivi non è stata finora reperita documentazione.

Negli anni 40 del secolo scorso, nel togliere il predetto soffitto a cassettoni si ritrovarono le capriate del tetto decorate, “meno le prime 6 o 7 verso l’ altare maggiore che erano state rimosse recentemente dopo che il tetto fu sfondato per la caduta del campanile. Tra le due capriate sul piovente Nord e nella parte un po’ verso la porta maggiore sul  tavolato eravi lo stemma del vescovo Lelio Landi con sotto scritto Lelius Landus Suessano…”[12].

Oggi, tanto la navata centrale della Cattedrale quanto le minori, sono ricoperte da capriate lignee, in sostituzione delle originali, delle quali sopravvivono solo quelle poste sulla volta del coro, che mostrano tracce notevoli dell’ antica decorazione[13].

 

(fine prima parte)


[1]Esse erano: S. Anastasia, S. Angelo della Salute, S. Elia, S. Eleuterio, S. Maria de Alto di Nardò e di Felline, S. Maria de Civo, S. Maria della Tagliata, S. Maria di Cesarea, S. Nicola de Scugno, S. Nicola di Collemeto, S. Nicola di Pergoleto, S. Nicola Macugno, S. Stefano di Curano. Sulle vicende storiche cf. B. Vetere, S. Maria di Nardò: un’ abbazia benedettina di Terra d’ Otranto. Profilo storico-critico, in Insediamenti benedettini in Puglia, Congedo Ed. – Galatina1980, I, pp. 199-254.

[2]C. Gelao, Chiesa Cattedrale (già chiesa abbaziale di S. Maria Assunta), in Insediamenti benedettini, cit., II/2, pp. 434-440.

[3]Boito-Ricciardi-Moretti, La Cattedrale di Nardò-La cascina Pozzobello in Milano, in memoria di Pier Olinto Armanini; rilievi e studi eseguiti dall’ Architetto Pier Olinto Armanini durante gli anni del suo pensionato artistico in Roma, Milano 1898, p.25.

[4]Vedi per es. S. Maria del Casale presso Brindisi, S. Maria della Lizza ad Alezio, S. Maria della Giustizia a Taranto, S. Benedetto a Brindisi. Specie per quest’ ultima cf.  M. De Marco, Il Salento tra Medioevo e Rinascimento, Capone Ed. – Lecce 1997, p.31.

[5] Che sono a tutto sesto sul lato meridionale, a sesto acuto su quello settentrionale.

[6]Gelao, Chiesa Cattedrale…, cit., pp.436-7.

[7]E. Mazzarella,  La Sede Vescovile di Nardò, Congedo Ed. – Galatina 1971, p.46.

[8] Oggi l’ edificio misura metri 54,40 di lunghezza e 20,35 di larghezza.

[9] Cf. Id., Nardò Sacra, a c. di M. Gaballo, Quaderni degli Archivi Diocesani di Nardò e Gallipoli, Nuova Serie, Congedo Ed. – Galatina 1999, p.73.

[10] Si tratta di capriate con catena e controcatena, indispensabili per sostenere l’ armatura di copertura del tetto a falde inclinate, cui fu aggiunto successivamente un tirante orizzontale in ferro.

[11]Boito-Ricciardi-Moretti, La Cattedrale di Nardò-La cascina Pozzobello…, cit., p.18.

[12]A. Tafuri, Ripristino e restauro della Cattedrale di Nardò, Roma 1944, pp. 67-68.

[13]Cui si accede scomodamente dal terrazzo della Cattedrale. Una delle travi della navata centrale è custodita dall’ Ufficio Beni Culturali della Diocesi, in attesa di restauro ed adeguata sistemazione. Non è dato di sapere il destino delle restanti travature rinvenute nel predetto restauro.

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