2 Commenti a Capolavori di oreficeria nella Cattedrale di Nardò

  1. “Gli argenti… intorno a noi!” –
    Riflessioni e ipotesi intorno ai festoni-collarini-corone, ‘applicati’ alle paraste binate dell’ Incoronata di Nardò

    Notevole importanza assume la pubblicazione, in questi giorni, del testo sui “Capolavori di oreficeria della Cattedrale di Nardò”. Naturalmente la serie di oggetti liturgici, suppellettili e arredi sacri, diventano cibo prelibato per gli studiosi di storia dell’arte e dell’architettura. A conferma di quest’osservazione e dunque a favore delle continue ricerche, sull’unità indissolubile delle arti, ecco che, proprio in concomitanza di questa, attesa pubblicazione, iniziano ad emergere, come gemme, le tracce del ‘tesoro nascosto’. Per ‘tesoro nascosto’, qui si intende la commistione di linguaggi e segni che questa terra ha saputo fondere nei diversi materiali coinvolgendo strutture di diversa dimensione, in un surreale gioco micro/macro. La traduzione dei linguaggi espressa a seconda della materia che viene usata (oro, argento, pietra, gesso, alabastro, avorio, metallo) conferma maggiormente la presenza di connessioni e ‘assonanze’ stilistiche interessanti. Nel testo ‘Vita delle forme’, H. Focillon, non dimentichiamo, affermava: “Come ogni materia ha la sua vocazione formale, ogni forma ha la sua vocazione materiale”. D’altronde, disporre di documenti e visualizzarne i particolari, concorre ad evidenziare, in dettaglio, quale sia stato il livello e l’ambito culturale, in cui, la qualità della nobile ‘pratica artigianale’, nel susseguirsi del tempo, si sia manifestata, al meglio.
    La pubblicazione dei “Capolavori di oreficeria della Cattedrale di Nardò”, dunque, stabilisce la possibilità di una maggiore dettagliata elencazione e, dunque rivelazione, di quelli che sono i preziosi particolari appartenenti alla nostra storia. Tesori preservati, nascosti o sempre manifesti, fanno parte del nostro paesaggio e ridefiniscono, una volta osservati e considerati con competenza, quale importante preziosità compone ogni nostro sguardo.
    Gli ‘oggetti’ sui quali ho ritenuto interessante porre l’attenzione, sono quelli del festone-collarino, scolpito e posto al livello del terzo medio delle paraste binate della chiesa dell’Incoronata di Nardò. Il cantiere per la costruzione della chiesa ebbe la possibilità, di disporre a quanto pare, di diversi possibili modelli (anche la geniale intuizione di trasformare i collarini-festone in “corone” cesellate, ma in pietra). Non venne scelto, infatti, un festone d’acanto o d’alloro o un cartiglio, oppure un semplice collarino decorativo lineare, come nel caso di paraste binate riconoscibili in altre chiese e monumenti a Nardò (Immacolata, la Rosa, S. Domenico), ma si volle sottolineare con decisione la funzione prima, della destinazione della chiesa e il tema “dell’ Incoronata”. Allora gli allievi del Tarantino, sicuramente su suggerimento del committente, apposero questi fregi così elaborati e complessi, proprio come chiara insegna sul ‘contenitore’ del tempio per il prezioso contenuto-funzione. Dei festoni-corona la cui fattura invade felicemente altre tecniche, e dallo scalpello approdano al cesello (ancora una volta, ritengo determinanti dunque gli studi e i confronti già realizzati e pubblicati, da tempo, della ricerca sulla necessaria filologia antiquaria scultorea d’apparato ancora da approfondire e ricercare, nell’accezione progettuale del ‘micro-macro’, a cui, certa storia locale non rende ancora il dovuto merito, purtroppo ritengo, depotenziando così diversi messaggi espressivi e connessioni importanti) proprio come i modelli delle ‘corone da quadro’, in argento, presenti fra i tesori da poco pubblicati, della cattedrale di Nardò. La curvatura centrale, presente e inserita nelle paraste binate, non fa altro che evidenziare maggiormente la scelta del collarino-festone-corona, che cinge la superficie flessa, creato e ‘incastonato’ (termine adatto), secondo la decorazione propria del gusto artigianale, dell’epoca di costruzione della chiesa. Un esplicito richiamo all’incoronazione tradotto in questo preziosissimo dettaglio, dunque? Molto probabile. L’eco artigianale, della tecnica orafa, è tanto chiaro, quanto determinante come approccio devozionale, dedicato a decorare le paraste che circondano il tempio (del modello ‘a scrigno’ come il Tarantino ci ha abituato, ma meravigliosamente, ci invita sempre più a riflettere, tesoro dopo tesoro rivelato).
    Paolo Marzano

  2. Gli argenti… intorno a noi – 2
    Riflessioni e ipotesi intorno ai collarini-festoni (di rose), ‘applicati’ alla paraste binate della chiesa de La Rosa, di Nardò.

    Continuando la riflessione e ampliando l’ipotesi dello scritto precedente, ci troviamo volentieri ad affrontare episodi artistici, certamente utili ad arricchire il nostro bagaglio culturale aggiungendo anche qualche sorpresa inerente le peculiarità espressive del nostro patrimonio monumentale. Si estende notevolmente l’argomentazione sulle preziosità del nostro territorio e che continuamente concorrono a stabilire relazioni con la nostra città, rivelandone alternativi e differenziati motivi di ricchezza.
    Come ho sempre affermato: “L’arte di saper vedere fa e farà, la differenza”.
    Faccio mio lo strumento dell’approccio all’opera d’arte che segue una evidente e ormai acclarata “filologia antiquaria” scultorea (per la quale conduco da anni studi e ricerche), proprio cogliendo e indagando, non senza difficoltà e cercando insistentemente di superare l’equivoco dell’affannosa, concorrenziale e spasmodica, ricerca per la scoperta dell’ultima primogenitura delle opere o, dell’importanza di ‘forzare’ nomi illustri, ‘dominanti’ epoche e correnti artistiche che, finiscono per sbiadire, quella verifica, invece, di analizzare le incredibili pratiche artigianali, di “tutto rispetto”, dell’intero cantiere, compresi i programmi iconologici o iconografici dettati dai committenti. L’errore madornale continua tacitamente a perpetrarsi. Scultura minore figlia di un’arte minore? Assolutamente no! Invece piccoli, ma convincenti episodi di ‘traduzione’ delle ‘preziosità diffuse’ applicate ai nostri monumenti. Aby Warburg affermò che “il buon Dio si cela nei dettagli”, questa premessa egli stabilì una forma di relazione diretta tra la sensibilità materica e l’intelligibilità dell’oggetto ‘ri-velato’ (scolpito, dunque, tradotto in pietra), ponendolo sotto l’attenzione semantica ed ergendolo ad oggetto simbolico, (in questo caso) congiunto alla devozione-funzione di quel monumento. L’esempio che ho riportato lo dimostra.
    Sta di fatto che, se questa mia tesi, ha voluto creare una diretta relazione tra i festoni-collarini incastonati come una ‘corona’, sulla parte centrale flessa delle paraste binate, e la funzione della chiesa, che è appunto l’Incoronata, allora maggiori studi, osservazioni, confronti e analisi fatte, chiariscono anche lo stretto rapporto dei collarini-festoni di ‘grandi rose’, stavolta, scolpite nelle paraste binate della chiesa de La Rosa a Nardò. L’atto creativo dello scultore o dell’allievo del cantiere non è per nulla banale.
    Questo è un particolare decorativo, appartenente alla tecnica artigianale di ricercato livello artistico che ascriviamo, come elemento di comunicazione, indirizzato ad una popolazione da controriformare.
    Le paraste binate, quindi, nelle strutture tarantiniane fungono da sostegni (metodo etrusco, poi romano) issati, e adornati con insegne che espongono il tema dominante esternamente e che si rivelerà nel ‘contenuto’ del tempio.
    Tale scelta formale delle ‘corone’ (nella chiesa dell’ Incoronata) o delle rose (nella chiesa de La Rosa) è il metodo comunicativo individuato ed è già esso stesso, una ricchezza, aggiunta alla nostra storia, la prassi poi, è assolutamente legata al gusto per l’antichità che io ho chiamato la “filologia antiquaria” scultorea di cui la nostra terra è colma. Il barocco invece è un altra cosa.

    Paolo Marzano

    http://culturasalentina.wordpress.com/2011/07/05/lecce-la-filologia-antiquaria-e-la-colonna-inglobata-riccardesca/

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