Articolo tratto da “Cronache Galatinesi anni ’20-‘40”
La vita sociale a Galatina
nell’immediato dopoguerra
Uno spaccato di vita che in pochi ricordano e che è giusto consegnare ai giovani lettori
di Carlo Caggia
La vita sociale dei contadini si svolgeva (oltre che in Piazza San Pietro, la sera, per trovare “la giornata”) nelle cantine, con solenni bevute di vino e giochi di carte napoletane, tra cui primeggiava il cosiddetto “padrone”.
L’aria, in quei locali, era irrespirabile a causa del fumo acre delle sigarette fatte con cartine che avvolgevano un trinciato di tabacco non lavorato. I più… ricchi fumavano le “Popolari”, le “Indigena”, le “Milit” o addirittura le “Africa”, non certamente le “Serraglio”, le “Principe di Piemonte”, le “Macedonia” o le “Eva”, queste ultime leggerissime e riservate alle poche donne fumatrici del tempo.
Cantine rinomate erano “lu Mùscia”, “l’Ossu”, “lu Rasceddhra”, tutte situate nel centro storico.
Vi era poi una accorsata casa di tolleranza, “la Rosetta”, in Piazza Vecchia, mentre in veri e propri tuguri c’erano prostitute che operavano in proprio.
Artigiani e operai – il ceto medio in genere – avevano come punto di riferimento il Bar Sammartino in Piazza San Pietro; il Bar Càfaro in Via Pietro Siciliani e il Gran Caffè di Gino Sabella, all’inizio di Via Stazione, (o meglio di Corso Re d’Italia – ndr), luogo di ritrovo tradizionale per studenti e professori, data la contiguità con il Liceo Classico “Colonna”.
Il ceto medio-alto conveniva nel Circolo “Savoia” o “Cittadino” o “dei Signori”, di fronte alla Torre dell’Orologio (attualmente è la sede del Corpo di Polizia Urbana – ndr). Essere ammessi a quel circolo, nella mentalità piccolo-borghese del tempo, aveva valenza di una investitura e di promozione del proprio status-symbol.
Nell’immediato dopoguerra, quando le lauree cominciarono a diffondersi tra i figli degli operai, la corsa all’ammissione al Circolo era vissuta dagli aspiranti con veri e propri patemi d’animo. Il vecchio notabilato guardava sempre con sufficienza e con fastidio a questi parvenus.
Il Carnevale era molto sentito sia come tradizione galatinese (le sfilate alla “Via dell’Orologio” – con lancio di “candellini” (sic) – erano state sempre affollatissime) sia come senso di liberazione dopo i tristi anni della guerra, della fame, dell’autarchia, dell’oscuramento e del coprifuoco.
Ne nacquero in gran quantità. Si ballava nel Teatro Tartaro e nella Sala Lillo[1] ma anche nella Camera del Lavoro, nella Società Operaia, in locali improvvisati (Gallo Rosso, Sirenetta, Sala Azzurra[2]…). Le feste più esclusive erano quelle che si svolgevano nel Circolo dei Signori, con il selezionato pubblico delle famiglie dei soci. Il popolino (tabacchine, cameriere, sartine, contadine…) poteva accedere solo dopo mezzanotte e si stordiva per gli stucchi dorati, i grandi specchi, gli sfavillanti lampadari di Murano.
Riprende anche la vita culturale. In questo periodo vedono la luce un periodico – “La voce di Galatina” – diretto dal prof. Giuseppe Virgilio, nonché due valide riviste culturali, “Antico e Nuovo”, diretto dal prof. Enzo Esposito, e il “Saggiatore”, diretto dal poeta Giuseppe Lucio Notaro.
Sugli schermi del cine-teatro Tartaro e della Sala Lillo si proiettano film prevalentemente americani, con attori come Paul Muni (Uragano all’alba); Lucille Ball e George Murphy (Marinai allegri); Mirna Loy e William Powell (Ti amo ancora); Glend Miller (Serenata a Vallechiara). Le attrici italiane che vanno per la maggiore sono Alida Valli e Clara Calamai.
La famigliare “Gazzetta del Mezzogiorno” fa la pubblicità al “Citrato Espresso San Pellegrino”, alla “Lotteria dei Milioni” (primo premio 25 milioni), alla C.I.T. (pullman per Roma, Napoli, Milano), al ricostituente “Ischirogeno”, alle caldaie “Breda”, all’”Idrolitina”, all’”Amarena Fabbri”, al “Rabarbaro Zucca”.
In cronaca, quotidiani rastrellamenti di “segnorine” (sic) e relativa pubblicazione dei nomi, nonché frantoi e mulini per violazione delle leggi annonarie.
[1] Notizia storica – Ai giovani lettori si fa presente che la Sala Lillo era ubicata al piano terra di Palazzo Orsini, esattamente dove oggi si tengono i consigli comunali.
[2] Notizia storica – Si ignora l’ubicazione delle rispettive sedi.