Chi vola basso non può toccare il cielo, ovvero scrivere per vivere

politi

di Paolo Vincenti

 

“Scrivere per vivere” è il motto di Giovanna Politi, giovane autrice, intraprendente e determinata, che inonda il suo profilo facebook con dei post nei quali, attraverso pensieri e riflessioni a ruota libera, illustra  la propria visione del mondo e della vita. Si vede che la Politi ha un bisogno forte di comunicare, tanto che oltre ad essere presente su Fb, pubblica le sue poesie su diversi siti on line, come “Scrivere” “Le poesie del cuore”, “Rime scelte” ed ha anche un blog personale:  “giopoliti.blogspot.it. Ora ha pubblicato il romanzo breve, edito da Kimerik Edizioni“Chi vola basso non può toccare il cielo” (2013), che sta portando in giro per il Salento in un lungo tour di presentazioni. Il libro sta riscuotendo un ottimo successo di pubblico e ciò costituisce senz’altro una nota positiva se si pensa all’immobilità dal punto di vista commerciale del panorama editoriale salentino.

Incontro sempre volentieri Giovanna che dimostra di credere molto nel valore salvifico della scrittura e di dedicarsi con passione alle cose che fa e che inoltre è una donna positiva e solare, con un entusiasmo travolgente. Nella saletta dell’associazione H24 FabrìKa di Lecce, presso l’atelier di Luigi Cannone pittore, trade d’union e ormai meeting point per noi, Giovanna mi dona una copia del suo libriccino che io le prometto di leggere e recensire. E dato che ogni promessa è debito, ecco queste poche righe di impressioni personali sull’opera di Giovanna Politi. Il libro ha come sottotitolo “perché cinque minuti a toccare il cielo valgono più di una vita a guardarlo da terra” e racconta una storia semplice, la storia di una donna, Emma, che ricorda molto da vicino la sua creatrice, cosa di cui non fa mistero la stessa Giovanna.

Il libro reca due prefazioni: una (dalla parte della donna) di Maria Pia Romano e una (dalla parte dell’uomo) di Daniele Arnesano e poi una Nota biografica dell’autrice. Originaria di Roma, Giovanna Politi vive ed opera a Lecce  ed ha pubblicato nel 1997 “Pensieri allo specchio” per Liber Ars Edizioni e nel 2011 “La voce del ventre” per Aletti Editore. Dopo tanta poesia, dunque, ora si misura con la forma romanzo. Un romanzo breve, intervallato da alcune prosette liriche ( che si avvicinano alla poesia sciolta, in versi liberi), opera della stessa Giovanna, e da alcuni aforismi o versi di canzoni, in un libro dalla Politi dedicato  ai propri nonni, genitori e figli. Emma è una donna apparentemente realizzata e dalla vita piena e programmata ma che in realtà soffre un’inquietudine sottile che scava piano dentro di lei fino a portarla a compiere una scelta radicale, ossia quella di abbandonare il proprio compagno, lasciare il lavoro ed anche la propria città e seguire la passione della scrittura e dell’arte. Complice un viaggio al Sud, in quel Salento nel quale sono le sue radici, la donna si ribella ad un percorso di vita già segnato e, con l’appoggio incondizionato dei genitori e delle amiche più care, decide di svoltare: di iscriversi all’ Università e contemporaneamente di dare alle stampe il suo primo libro, un romanzo che  si configura come un esperimento di meta -scrittura, ossia di scrittura nella scrittura, procedimento certo non originale in letteratura ma pur sempre interessante. Nel romanzo le pagine vibrano di una sensualità a tratti esaltante, di un erotismo delicato che si estrinseca nella storia d’amore della protagonista con un uomo selvaggio e misterioso, a metà fra figura di sogno e realtà. Quest’immagine di uomo ideale segue la protagonista per tutto il percorso di scrittura fino alla stessa presentazione del  libro quando, nella sala gremita di amici e parenti entusiasti, la scrittrice in fibrillazione crede di cogliere fra gli astanti lo sguardo del suo misterioso cavaliere. Una parabola luminosamente ottimistica, quella del libro in parola, sorretto da un sentire molto “femminile”, da un latente anelito pedagogico e da un sentimentalismo che a tratti può apparire lezioso ma sicuramente consono alla natura intima della narratrice.

 

 

La scrittura è intrisa di un autobiografismo romantico, è fatta di pensieri eterei, palpiti, speranze, sogni, che attengono ad una fase della vita più vicina all’adolescenza che alla maturità . Mi ha ricordato, per certi versi, un’opera di formazione, come “Novembre” o, ancora di più, l’ “Educazione sentimentale” del  primo Flaubert,  dal quale  la Politi sembra abbia tratto un’influenza, così come, in generale,  dai romanzieri francesi  dell’Ottocento. E sarà un caso che la sua protagonista abbia mutuato il nome dall’opera più famosa del grande scrittore francese, ossia “Madame Bovary”? E devo dire che, in particolare nella prima parte del libro, Emma ricorda la creatura scalpitante di Flaubert, per una certa ansia, una tensione insoddisfatta, quell’insofferenza che Flaubert fissa con grande icasticità tratteggiando la figura della sua Emma Rouault. E’ solo una suggestione, naturalmente, e non vorrei  peccare di lesa maestà. Il romanzo è scritto con un tono lieve, vicino a quello della favola moderna, con un concentrato di positività e di buoni sentimenti che pervade tutta la narrazione. Non so se l’autrice di questo libro sia una brava cuoca ed abbia dimestichezza con bilance, misurini e giusti dosaggi. Forse ha abbondato un po’ con lo zucchero, ma nel complesso ciò non guasta perché il risultato finale è assolutamente godibile.  Auguri a Giovanna Politi e al suo piccolo libro sincero.

PAOLO VINCENTI

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