di Wilma Vedruccio
Scrivevo così di Oreste Caroppo, conosciuto sul web, rincorrendo ora uno ora l’altro, dei suoi tanti interessi, per cercar di capire.
Uno scritto che pensavo un po’ fantasioso, per metter insieme alcuni indizi che si potevano cogliere dai suoi appunti, dagli articoli numerosi, dalle posizioni sull’uso del nostro territorio.
Poi è arrivata la strabiliante notizia, diffusa dalla stampa locale: la presenza, nel nostro territorio, dell’unico esemplare di una Quercia unica al mondo, denominata “Quercus Caroppoi ” dagli studiosi dell’Università del Salento.
Lo sguardo di Oreste
Era stato sempre così, fin dalla scuola elementare.
Aveva avuto un bel da fare il suo maestro a tenere a bada quell’alunno che squarciava l’orizzonte dell’aula a ogni lezione per proiettarsi nell’ampio mondo geografico, senza frontiere, senza il rispetto dei tempi convenzionali ma come a bordo della macchina del tempo.
Apportava dunque correttivi alla lezione svolta secondo i programmi, ma non il giorno dopo, dopo approfondimenti nel pomeriggio ovattato fra le mura domestiche e colte… no, subito, lì per lì, partivano le domande, i distinguo, le precisazioni a cui il maestro, preoccupato all’equilibrio della classe intera, provava a porre un argine.
Erano domande, prospettive inusitate che offriva e pretendeva risposte rigorose, non gli importava se i compagni seguissero le sue traiettorie, contava su una certa naturale fascinazione che faceva sì che avesse seguaci fedeli pronti a tutto. Per non dire delle femminucce, si schieravano in suo favore a prescindere, senza neppur sapere il motivo del contendere.
Qualche problema cominciò ad averlo alle superiori, ai professori non andava a genio che ne sapesse più di loro…era imbattibile se si trattava del proprio territorio, pareva aver vissuto prima in un’altra vita, tanto ne sapeva. Le visite al museo erano frequenti, presso la biblioteca comunale era di casa, ma soprattutto era a cavallo di una vecchia bicicletta che il mondo circostante gli svelava i suoi intriganti e fascinosi segreti.
Metteva in relazione i segni, ipotizzava, cercava il conforto nei libri, forzava un po’ la mano… e giungeva a conclusioni che potevano essere diffuse con probabilità e certezza scientifiche.
Forzava la mano? Solo per dare alimento a certe sue teorie che pareva non stessero in piedi e a cui teneva molto, col tempo sarebbero state accettate e si poteva così esplicitarle bene. “Discorsi utopici” tagliava corto il professore al quale non andava che nello svolgere la sua funzione istituzionale di insegnare, potesse offrire il più piccolo spiraglio per una qualunque innovazione, anche solo linguistica.
Ma Oreste non mollava…alla prima interrogazione utile si presentava armato di citazioni, riferimenti dotti, documenti. Presa la parola non accennava a privarsene se prima non avesse esplicitato interamente la sua ricerca con uno argomentare dialettico che era difficile interrompere. Nel rispetto dei ruoli e delle regole.
Intanto, fra una disavventura scolastica e un successo, portava avanti il suo personalissimo percorso di conoscenza del mondo circostante. Non tralasciava di cogliere ogni segno, storico, geologico, scientifico che fosse. Tracciava collegamenti fra un sentiero, un menhir, un’ icona campestre.
Spiava covate e germogli, riproduceva pianticelle da semi raccolti nella passata stagione, contava i nidi…e sognava di veder la gallinella d’acqua raggiungere senza paura una pozza d’acqua sorgiva nel bosco dei Paduli.
Sognava di veder attraversare i cieli da una stuolo di cicogne, studiava le rotte migratorie e ipotizzava che i volatili avrebbero prima o poi dato una regolatina al loro natural “navigatore” per soddisfare il suo grande desiderio di vederli nel cielo cittadino.
Risvegliava la memoria di animali belli ed estinti nel panorama dell’oggi ed arrivava a prevederne il ritorno se solo avessimo rimosso qualche bilio-tonnellata di cemento e di asfalto dalle nostre mortificate contrade.
Sognava, oltre a cieli da “Popolo Migratore” , oltre a boschi e terre da epoca precolombiana, sognava comportamenti corretti fra la sua gente: no alla corruzione, spese inutili, clientelismi…si appellava a un buonsenso, raro quale merce preziosa, alla professionalità, al rigore, sempre più sconosciuti.
Lo sguardo di Oreste aveva pian piano offerto scenari agli occhi di tanti conterranei, erano scenari semplici di cui solo i più anziani avevano memoria, ed ora erano in più a sognare, sognare… che tornino a volare le cicogne, che l’acqua sorgiva torni a scorrere, che si possa sentire il canto delle gru sui tetti di città garbate. E pur io mi ritrovo a sognare.
Per sapere quasi tutto sulla scoperta basta leggere le note del video