I Martiri di Otranto e il 1480 (III parte)

I Martiri di Otranto e il 1480

Per una rilettura delle vicende storiche tra ipotesi, protagonisti e complessità processuali

di Mauro Bortone

 

Lo strano caso della congiura dei Pazzi

ed il contesto storico

 

Seppur tra molti lati oscuri, la vicenda di Otranto, potrebbe essere collegata in qualche modo alla congiura dei Pazzi, architettata contro Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze. Dall’agosto del 1471, infatti, era asceso al soglio pontificio, col nome di Sisto IV, Francesco della Rovere. Tra i suoi favoriti c’era il nipote Girolamo Riario: per lui il Papa acquistò la contea di Imola a un passo dal territorio fiorentino;[1] ma tale operazione necessitava di un prestito di trentamila fiorini: i Medici, banchieri di fiducia della Santa Sede, si erano però rifiutati di concederlo. A Roma si trovava un’altra banca in grado di sborsare una cifra del genere: quella dei Pazzi[2]. Ne era a capo Franceschino d’Antonio, grande amico di Girolamo Riario, col quale concepì una congiura che facesse fuori Il Magnifico. Il Papa, dal canto suo, accarezzando l’idea di trasformare Firenze in una signoria per il proprio nipote, impose alla diocesi un nuovo arcivescovo, Francesco Salviati, avverso Magnifico[3]. Il momento scelto per la congiura fu la primavera del 1478: Giuliano, fratello di Lorenzo, fu colpito a morte con i pugnali di Franceschino e Bernardo Bandini. Il Magnifico, però, riuscì a scappare. A Firenze scoppiò la rivolta: l’arcivescovo Salviati fu impiccato alle finestre del palazzo della Signoria, mentre altri congiurati, penetrati nell’edificio, venivano scaraventati giù. Bernardo Bandini riuscì a fuggire: si imbarcò su una grossa galea del re di Napoli, raggiungendo Istanbul, dove aveva amici e parenti. Anche il Magnifico, nella capitale turca, aveva interessi e spie. La polizia del sultano scoprì il Bandini e lo imprigionò. Antonio de’ Medici partì nel luglio ’79 da Firenze con ricchi doni per il sultano e ritornò alla vigilia di Natale con il Bandini. Qualche giorno più tardi, l’assassino di Giuliano de’ Medici pendeva a una finestra del palazzo del Bargello. Da allora, tra la Signoria di Firenze e l’impero ottomano s’instaurarono rapporti cordiali, con scambi di messaggi, ambascerie e doni.

L’altra grande potenza, Venezia, desiderava porre un limite all’influsso degli Aragonesi. Un tacito patto, un anno dopo, permise al sultano di trovare la via spianata per conquistare Otranto[4].

Sulla presa di Otranto, c’è da rimarcare ancora un particolare, spesso sottovalutato nel dibattito odierno: l’atteggiamento del Pascià. Molti storici sostenitori del “movente religioso” dell’assalto islamico fanno derivare le proprie tesi dalle interpretazioni di alcuni passi di autori musulmani, per riproporre in ogni salsa la questione della “guerra santa”. Questi stessi storici spesso ignorano il riferimento più autorevole di quella cultura: la fede coranica, che, tra l’altro, distingue con chiarezza tra “pagani” e i “popoli del Libro”[5], vale a dire ebrei e cristiani, i quali hanno ricevuto la rivelazione attraverso una Sacra Scrittura e conoscono il vero Dio. Se per i pagani non può esservi quartiere, è, invece, severamente vietato obbligare con la forza alla conversione ebrei e cristiani; l’alternativa tra la conversione e la morte è riservata ai soli pagani, nei confronti dei quali l’Islam conosce esclusivamente un rapporto di guerra. Gli ebrei e i cristiani possono accedere liberamente e con le proprie forze al perfezionamento della loro fede, accettando l’Islam: ove non vogliano farlo, è sufficiente, per vivere in pace, che ne accettino la supremazia. Detto in termini semplici, la “guerra santa” sarebbe un esercizio bellico contro coloro che non hanno fede. Il rapporto che la fede coranica stabilisce con le altre religioni a carattere monoteista è supremaziale, in virtù di una derivazione comune. Nulla di diverso da quanto anche la tradizione cristiana ritiene per sé rispetto all’altrui credo: il Magistero della Chiesa ritiene, seppur tra varie mediazioni, che solo nella Chiesa di Cristo esista la salvezza autentica: nelle altre esperienze religiose sussistono i cosiddetti “semina verbi”, irradiazioni della vera fede. Paradossalmente questa teoria, rifacendosi a quanto affermato da quegli storici (che sono per lo più cattolici), è la medesima che anima la fede coranica: una visione supremaziale della fede cristiana rispetto alle altrui esperienze. La questione supremaziale è dunque un fatto di auctoritas, che se applicata in maniera indistinta porterebbe a riscontare che ogni principio a cui viene legato un dogma sarebbe da intendersi come “supremaziale”. Per evitare, invece, futili disquisizioni terminologiche, diremo piuttosto che il mito della “jihad” è fin troppo abusato sia dal punto di vista linguistico[6] che come genere letterario (almeno come era nei primi secoli cristiani il tema apocalittico) e che la conquista turca di Otranto era, come sempre in ogni attività bellica, veicolata da spinte espansionistiche a carattere economico. La recente esperienza dell’Iraq non sembra aver insegnato nulla, pur nella sua drammatica chiarezza: la religione o la guerra di religione sono sempre pretesti, coi quali far leva sui più per altre ragioni. Non dimentichiamo che Hitler organizzò l’Olocausto, accusando pubblicamente gli Ebrei di “aver ucciso Cristo” (salvo poi dimostrarsi più interessato alla filiera di banche europee gestite dagli ebrei e ai loro patrimoni che alle rivendicazioni religiose). Tornando ad Ahmed Pascià, sorprende che non si sottolinei pertanto che infranse la legge coranica, trattando dei cristiani come se fossero pagani. Episodi del genere, pur essendo relativamente scarsi, non sono sconosciuti alla storia dell’Islam: si pensi alle persecuzioni ai danni dei cristiani nella Spagna meridionale del IX secolo, alle conversioni forzate dei cristiani berberi[7], a pagine di duri maltrattamenti scritte in Persia e in India. Occorre dire, infatti, che i Turchi, giunti relativamente tardi alla fede musulmana, erano animati da un rigore fondamentalista più forte dei loro correligionari arabi e ciò li esponeva più frequentemente al pericolo di eccessi[8]. Detto questo, va ribadito come casi analoghi siano presenti anche nella storia del cristianesimo: dalla prima crociata del 1096-1099 alla Reconquista spagnola, gli esempi di musulmani costretti con la forza al battesimo sono numerosi. Un’altra precisazione è d’obbligo: è palese che i Turchi in questione non fossero “mansueti agnellini”; ma la descrizione forzata e morbosa della loro crudeltà li ha quasi resi gli “unici personaggi senza scrupoli della storia”: in realtà, non erano migliori o peggiori di altri assalitori del passato e del presente. Se, come sottolineato, Pascià contravvenne alla fede coranica, trattò i prigionieri in modo militare religiosamente conforme: le decapitazioni, seppur in un empio sistema di riferimento, erano all’epoca la morte più “umana”, se così la si può definire; del resto, la decapitazione giudiziaria era ovunque riservata ai nobili, proprio perchè ritenuta una morte rapida e dignitosa, al contrario dello strozzamento, dell’impiccagione o degli sgozzamenti, tornati in auge nelle cronache odierne: basti pensare al caso del Diritto Romano e di San Paolo, di Anne Boleyn, di Mary Stuart, di James I, Louis XVI.

Ci si domanda ora: a indurre Pascià, ammiraglio ottomano, allo spaventoso massacro del 1480 fu soltanto “pietas fanatica” o magari una dimostrazione di forza nei confronti dei suoi uomini più violenti?

(continua)

 

pubblicato su Spicilegia Sallentina n°3

[1] F. CARDINI, I martiri di Otranto in «Il Sabato», 34 (1993), 47 s.

[2] Ivi.

[3] Ivi.

[4] F. CARDINI, Lo zampino di Lorenzo in «Il Sabato», 34 (1993),49.

[5] C. GUERRIERI, Il diritto umanitario nell’Islam, Roma 2004, 11-22.

[6] Ivi.

[7] A. MAHJAR BARDUCCI, Convertiti… Dall’Islam al Cristianesimo: un movimento sotterraneo scuote il Nordafrica, articolo pubblicato su «L’Avvenire », 05/06/2006.

[8] Ivi.

 

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