Il fascino della Storia: La donna dei Lumi

 di Giuseppe Magnolo

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Nella sua terza opera di genere narrativo Rino Duma affronta il romanzo storico incentrandolo su una figura femminile del risorgimento italiano, considerato da un punto di vista prevalentemente meridionalista. La Donna dei Lumi è stato pubblicato da Lupo Editore a marzo del 2012, con un saggio introduttivo da parte di chi scrive, di cui riprendiamo i contenuti essenziali con alcune riflessioni suggerite dal recente evolvere degli eventi nel nostro paese.

Come nelle sue precedenti opere narrative, risulta evidente l’intento dell’autore di fornire una precisa contestualizzazione temporale, che in La Falce di Luna (2004) è costituita dall’impegno sociale del protagonista in una dimensione contemporanea, mentre la palingenesi sociale contemplata in La Scatola dei Sogni (2008) parte dall’attualità per investire addirittura il futuribile. Ma in quest’ultimo lavoro si coglie il bisogno dello scrittore di ritrovare in una dimensione storica un po’ più remota le radici dei propri ideali politici e sociali.

Non è difficile comprendere le ragioni della scelta di Rino Duma di operare nell’ambito di un periodo storico così rilevante riguardo alla genesi ed alle possibilità di tenuta dello stato nazionale italiano, focalizzando la sua attenzione su un personaggio come Antonietta de Pace, donna di forte personalità, che si è battuta per i propri ideali con dignità e fierezza. Va ricordato che l’Ottocento ha rappresentato veramente un periodo di rinascita nazionale. Il grande disegno coltivato dagli spiriti liberi del risorgimento italiano era incentrato sull’amor di patria, incardinato sugli ideali illuministici (libertà, uguaglianza, fraternità), culminati nelle rivoluzioni americana e francese di fine ‘700. Ed anche le imprese napoleoniche avevano contribuito all’esaltazione dello spirito di nazionalismo, già presente in molti stati europei sin dal rinascimento, con l’affermazione di dinastie di sovrani riconosciuti a livello nazionale. La caduta di Napoleone e la conseguente restaurazione dei vari dispotismi non riuscirono tuttavia a spegnere gli entusiasmi rivoluzionari rivolti ad ottenere riforme sociali più democratiche,superando la frantumazione in vari staterelli per giungere all’unità nazionale, e contrastando il potere temporale dei papi nello stato pontificio, che agiva da diaframma fra nord e sud creando forti ostacoli all’unificazione.

E’ su questo sfondo storico-sociale che si svolge l’esistenza di Antonietta de Pace (1818-1893), nata a Gallipoli in una famiglia della ricca borghesia cittadina, che assorbì sin dall’infanzia idee liberali e progressiste, unite ad una particolare sensibilità verso le condizioni di malessere dei ceti sociali più poveri. Non sorprende il fatto che attorno a lei già ruotassero varie figure di aderenti a sette sediziose pronti all’insurrezione (il padre, lo zio, il cognato, vari amici intimi). Sappiamo infatti che dietro ogni grande figura di rivoluzionario esiste spesso un marcato ascendente di origine familiare.Ma è probabile che nel determinare l’abito mentale della giovane de Pace abbiano concorso anche motivazioni di natura psicologica, come il fatto di essere cresciuta in una casa di sole donne (era ultima di quattro figlie), in cui la presenza maschile era o delegittimata (un fratello adottivo dal comportamento assai controverso), oppure improvvida (l’avventata attività finanziaria del padre, morto in circostanze dubbie lasciando la famiglia fortemente indebitata). Si tratta di elementi atti a produrre in lei una forte spinta verso l’autoaffermazione, inducendola ad affiancare gli uomini per cospirare, combattere sulle barricate, affrontare con tenacia e spirito indomito l’arresto e la lunga detenzione.

E’ evidente il grande interesse, ed anche l’ammirazione, dell’autore per questo personaggio, sì da poter vedere in questo intenso e sincero afflato partecipativo, più che nell’innegabile ampiezza e organicità dei riferimenti storici, il principale elemento distintivo di questo romanzo rispetto ad altre opere sullo stesso argomento. La protagonista è sempre rappresentata in modo da non venir mai meno al suo ruolo di eroina positiva, determinata e sprezzante del rischio, al punto da essere tenuta in grande considerazione dallo stesso Garibaldi, che oltre ad essere un condottiero era anche abile stratega e conoscitore delle motivazioni che sottendono l’agire umano. Né è di poco conto il fatto che per la sua scarcerazione dopo l’arresto e durante il processo si mobilitasse non solo una parte consistente dell’opinione pubblica nazionale, ma anche le sedi diplomatiche di molti stati europei.

La valenza esemplare attribuibile alla protagonista peraltro è suggerita dall’autore nel titolo del romanzo. Infatti “la donna dei lumi” è un epiteto che racchiudenon solo un riferimento ai lumi della ragione, ma anche alla intensa passionalità che esaltava nella protagonista l’amor patrio, e al tempo stesso connotava il suo universo affettivo e relazionale. Metaforicamente vi è anche un’allusione al bisogno del personaggio di vivere mantenendo costantemente ‘un lume acceso’, ossia avendo sempre un ideale elevato da coltivare. E non è trascurabile che questa “donna di frontiera”, dopo il compimento dell’unità d’Italia, abbia deciso di non vivere di rendita come un qualsiasi politicante, per dedicare le sue energie alla formazione dei giovani nell’ambito dell’organizzazione scolastica.

Una costante nella scrittura di Rino Duma è costituita da una concezione funzionale del prodotto artistico-letterario, una caratteristica che si riscontra non solo nelle sue opere narrative e teatrali ma anche nella sua ampia saggistica. La sua vocazione letteraria risponde essenzialmente ad una “esigenza di didassi”, sia nel senso dell’autoapprendimento (l’autore che mediante la ricerca conosce, riflette, produce) che in quello didascalico (l’invito al lettore a condividere i risultati della ricerca, a tentare di orientarsi, a maturare il suo senso critico). Pertanto il lettore-target a cui può essere destinata un’opera siffatta è preferibilmente rappresentato dai giovani, spesso in cerca di esempi e contenuti motivanti, che possono fornirgli indicazioni sia di metodo (il rigore nel vaglio documentale) che di merito (l’educazione ai valori condivisi).

Dal punto di vista letterario esce confermata anche la tendenza dell’autore verso la drammaturgia, non per nulla i suoi esordi come scrittore sono avvenuti nell’ambito della produzione di opere teatrali. Questo rende conto del fatto che le parti dialogate in questo romanzo, come nei precedenti, siano così frequenti. Oltre a vivacizzare la narrazione dandole carattere di immediatezza, l’interazione dialogica tra i protagonisti agisce da integrazione (ma anche da contrappunto) ai riferimenti di carattere storico. La storia, come in fondo la vita stessa, altro non è che un grande palcoscenico in cui c’è spazio per i protagonisti (Antonietta, i compagni di fede, i familiari), comprimari e caratteristi (figure di spicco come Garibaldi, e così Sigismondo Castromediano, Liborio Romano, ed altri), semplici comparse (amici, servitori, faccendieri, delatori, funzionari pubblici, opportunisti di turno), sino ai personaggi negativi (Ferdinando di Borbone, Michele de Pace, i giudici che infieriscono con pene esemplari sui presunti cospiratori, i comandanti militari sabaudi che fanno strage di popolazioni inermi).

Su questo scenario dolente lo scrittore proietta la percezione di un’Italia politicamente frantumata, e idealmente divisa in molteplici motivazioni contrapposte: neoguelfi sostenitori del papa contro propugnatori dello stato laico, monarchici contro repubblicani, liberali cavouriani contro mazziniani, borghesi contro popolari, ‘piemontesi’ contro terroni meridionali. Soprattutto egli tiene a far emergere con chiarezza (e con rammarico) l’attuazione di una deliberata politica di spoliazione da parte del nord verso il sud dopo il conseguimento dell’unità, con la sottrazione di ampie risorse le cui conseguenze perdurano a tutt’oggi, nonostante il contributo decisivo dato dalle popolazioni del sud sia con l’impiego di mezzi finanziari (interi patrimoni personali estinti per sostenere logisticamente e militarmente la causa insurrezionale) che con l’enorme sacrificio di vite umane.

Al contrario delle parti espositive dell’opera, scrupolosamente attente alla convenzionalità del linguaggio adoperato con gravitas quasi notarile, le parti dialogate riescono certamente più vivaci e accattivanti, in quanto l’autore dimostra notevole inventività e perizia nell’adottare diversi registri linguistici.Lo stile si mantiene costantemente fedele ad un criterio cartesiano di chiarezza e distinzione, che deriva non solo da personale inclinazione ma soprattutto da un’alta considerazione verso il potenziale lettore, che induce l’autore ad evitare qualunque rischio di fraintendimento. Il modulo narrativo adottato è quello del romanzo realista, rivolto da un lato a fornire riferimenti fattuali ed evidenze che li supportano, dall’altro a presentare i personaggi soprattutto “in situazione”, ossia in circostanze di tipo relazionale che ne esplicitano le convinzioni a livello pratico e comportamentale. Si coglie quindi una cura estrema nell’uso dei mezzi espressivi, che ha come obiettivo prevalente la pregnanza concettuale.

Nello sviluppo complessivo dell’itinerario letterario dello scrittore quest’opera rappresenta un punto di arrivo di rilevanza assoluta. L’intervallo di diversi anni tra questo romanzo e le precedenti opere narrative testimonia il suo enorme lavoro di ricerca e maturazione interiore, finalizzato a definire con fermezza le proprie convinzioni e i principi su cui esse poggiano. In sostanza si può affermare che il timone di Rino Duma come scrittore è sempre orientato nella stessa direzione, quella di voler mettere in discussione l’esistente per operare un cambiamento positivo, ma mantenendo ben salda la consapevolezza delle proprie radici. Sotto questo aspetto è lecito vedere in Mauro De Sica, Joe Harrus e Antonietta de Pace (i protagonisti dei suoi tre romanzi) quasi le tre facce di un prisma triangolare, che però nasconde nella base il profilo dello stesso autore. Il che equivale ad identificarli come espressione delle sue aspirazioni ideali, il prodotto di una pulsione identificativa che ha bisogno di caratterizzarsi con connotati apparentemente diversi ma sostanzialmente identici, e che auspicabilmente ha ancora qualcosa di importante da dire.

Riteniamo opportuno aggiungere qualche considerazione conclusiva, che ci viene suggerita dalle mutate condizioni in cui ci troviamo a scrivere. Infatti a distanza di pochi mesi dalla pubblicazione del romanzo la situazione politico-sociale sembra aver subito un profondo sconvolgimento,e non soltanto in Italia ma anche a livello europeo. Se da un lato questo ha consentito al nostro paese di uscire fuori da uno stato di prostrazione e sconcerto morale, dall’altro ha dato consapevolezza di essere sprofondati in una crisi recessiva così grave come non si registrava dal secondo dopoguerra, con conseguenze che imporranno lacrime e sangue per un lungo periodo a venire. Alle difficoltà economiche si sono poi aggiunti anche gli effetti devastanti recentemente prodotti da una intensa attività sismica, insolitamente protrattasi oltre ogni previsione. Alla luce di tali eventi, è possibile riconsiderare anche gli effetti e la portata che la ricerca storiografica può avere nei mutamenti imposti dalla realtà contingente. Siamo convinti che proprio in tempi problematici come questi occorra ritrovare le giuste motivazioni che possono dare speranza di rilancio, riscoprendo i valori fondanti del vivere sociale, che sono lo spirito di sacrificio, il senso di solidarietà, e soprattutto la capacità di adattamento necessaria a fronteggiare l’emergenza. Ma se proviamo a confrontare le difficoltà presenti con le enormi traversie che la memoria storica può trasmetterci, forse potremo anche recuperare un po’ dell’entusiasmo e dello spirito fattivo che ha contraddistinto chi in passato si è adoperato per porre in essere una patria comune.

Pubblicato su Il Filo di Aracne.

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