Palme e punteruolo rosso. Quando la storia ha un lieto fine

di Gianluca Fedele

 

Ogni volta che vediamo una palma piegare verso il basso una delle foglie che compone il tipico ciuffo a ventaglio non abbiamo dubbi: il “punteruolo rosso” sta per fare un’altra vittima. A breve quest’ultima perderà il suo colore e collasserà in una forma di ombrello richiuso su se stesso.

Questo è lo scenario a domino nel quale ci stiamo abbandonando, quasi senza opporre alcuna resistenza. Complice, a mio modesto avviso, un’insufficiente campagna d’informazione e sensibilizzazione, la quale ha largamente diffuso l’infondata credenza che, una volta attaccate dal terribile parassita, queste specie di piante siano destinate a morte. Senza contare che possederne, ora come ora, non è più un motivo di vanto ma una disgrazia poiché la legge impone, particolari e costosissimi metodi di smaltimento del tronco secco affinché, riproducendosi, gli insetti non intacchino altre nuove palme. In tv, il noto programma “Striscia la Notizia”, ha spesso trattato l’argomento in maniera eccellente, perlomeno gli si deve il merito d’aver contribuito ad accrescere mediaticamente l’attenzione intorno a questa grave problematica.

Ricordo in particolare un servizio dello stesso programma televisivo nel quale l’inviato si era recato presso uno zoo per testimoniare come una cicogna della medesima struttura zoologica, avendo deciso arbitrariamente di deporre le proprie uova alla sommità di una palma oramai decapitata dal punteruolo, si fosse nutrita delle larve contribuendo a far rigermogliare foglie nuove e sane. Ovviamente non mi aspetto che siano introdotte le cicogne sul territorio interessato dal fenomeno, ma credo che questo aneddoto possa essere preso in considerazione in un discorso di catena alimentare.

In ogni caso non mi rassegno all’idea che il colosso dei giardini e delle ville del Salento, così come quelle del Meridione tutto, stiano facendo una fine così indecorosa, ma soprattutto mi torna molto difficile credere che non esista alcun pesticida atto a debellare questo cancro terribile.

Raccogliendo delle informazioni, anche e soprattutto chiacchierando con amici e parenti, ho ascoltato le teorie più disparate. A metà di questa storia mi ero totalmente convinto che i costi per una cura di prevenzione fossero inaccessibili e ancor più inutili una volta che il micidiale (così lo definisce wikipedia) rhynchophorus ferrugineus si fosse insidiato all’interno del cuore spugnoso del palmizio.

Ero ormai dell’avviso che nel giro di pochi anni questo genere di pianta l’avrei vista soltanto in qualche fotografia sbiadita, reperto col quale raccontare a mio figlio che il bar “la Palma” di Gallipoli o la piazza “Tre Palme” di Nardò si chiamano in quella maniera perché tanti anni prima…

Infine arriva l’illuminazione.

Un pomeriggio di qualche mese fa un amico mi manifesta il suo turbamento perché una delle due palme che affiancano l’invito della sua casa di campagna presenta i tipici segnali: foglia afflosciata e un foro sul fianco dal quale si può ascoltare un fosco brusio simile ad una moka mentre esce il caffè.

La palma era lì da oltre una ventina di anni, non è tantissimo per questo tipo di pianta, è alta circa tre metri, ma l’amico contava di vederla enorme e possente accoglierlo sempre al suo arrivo. Quando vengono installate, queste singolari colonne viventi, forse sono pensate “soltanto” per estetica, ma poi si instaura un affetto disinteressato, una sorta di amicizia basata sul rispetto che l’uomo dovrebbe imparare a nutrire per animali e piante allo scopo di saper poi elargire, altrettanto disinteressatamente, presso i suoi simili.

Comunque sia, ricordo che mio zio, nel suo b&b Rizzo Nino, in località “Cenate” ne ha diverse e tutte in ottima salute. So di sicuro che le cura, ma sino a quel momento ignoravo il come. La struttura recettiva è collocata all’interno di una villa risalente a fine ‘600, qui, come in altre antiche abitazioni di interesse storico, le palme fanno allo stesso modo da collier attorno al collo di una splendida donna. Lo dico all’amico, che è lì per lì pronto a sacrificare la malata pur di salvare la sana, con il quale prima di compiere l’insano gesto, consiglio, appunto di chiacchierare.

Mio zio Francesco è anche un ottimo agricoltore. Ci racconta di aver avuto a che fare con questo coleottero assassino quando, in una primavera di diversi anni prima, minacciava le sue ventennali palme e ne abbatteva una delle otto che ancora sono in vita; mi descrive le larve e come si insinuano, segnale di esperienza sul campo, e a dire il vero mi fanno un po’ schifo anche solo nell’accademica esposizione.

Il primo punteruolo rosso che ho visto personalmente svolazzava assieme ad uno sciame di suoi simili, in piazzetta delle Erbe a Nardò, l’estate scorsa, e ricordo che si muoveva come stordito. Non ho vergogna nel dire che l’ho calpestato senza alcuna riluttanza. Una sorta di rivendicazione, forse.

Insomma, per farla breve, mio zio suggerisce al mio amico Claudio, prodotti da utilizzare, garantendogli il risultato dopo il trattamento; senza tralasciare però che è assolutamente necessario farlo con una certa assiduità. L’antifona è: “se non la tratti con regolarità ti muore. Se non oggi, domani”.

Claudio è motivato e convinto e compra le due bottiglie di medicinale “Confidor” (Bayer) e “Reldan 22” con i quali creare la miscela di antidoto. Il tutto con una spesa annua per singola palma di circa trenta euro.

Ora sono io lo scettico; ho letto su internet che la maggior parte dei prodotti impiegati sono dannosi per l’ambiente ma vengo puntualmente rassicurato: in realtà si tratta di diserbanti di libera vendita reperibili in qualsiasi negozio di botanica e fitofarmaceutica, prevalentemente venduti proprio a questo scopo.

La storia ha un lieto fine: Claudio, sotto il vigile controllo “dello specialista”, ha preso ad accudire la palma che si è liberata del parassita, e già lancia segnali di ripresa. Premurosamente la cura irrorando il fusto con la combinazione dei due medicinali sopraelencati ogni 45 giorni e ora ha un doppio valore affettivo, per lui, ma anche per me.

 

Ora tendo a precisare che ho scritto questa storia senza avere alcuna competenza in materia di agraria, magari qualcuno potrebbe avere da ridire su qualche aspetto tecnico, ma lungi dall’elevarmi al ruolo di risolutore del problema.

Mi piacerebbe soltanto che si diffondesse più ottimismo sull’argomento e che si eclissasse la tendenza a seppellire il cadavere se il presunto morto ancora respira.

Ho visto in questi ultimi anni decine e decine di palme che arredavano il verde pubblico abbandonate alla propria sorte e mutilate, e altre destinate alla stessa fine. Senza fare della facile demagogia, anche in questo caso la politica ha perso l’occasione di dare il buon esempio.

 

Sull’argomento si vedano anche:

https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/01/10/le-palme-del-salento-leccese-devono-morire/

https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/01/04/a-proposito-di-punteruolo-rosso-e-delle-nostre-palme-malate/

 

 

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11 Commenti a Palme e punteruolo rosso. Quando la storia ha un lieto fine

  1. Una palma che sopravvive però sarà ancora una probabile vittima per altre colonie di punteruolo. E’ al punteruolo che bisogna trovare il modo di fare la festa. Salvare la palma è solo spostare il problema al giorno che prima o poi ci si troverà distrattamente indifesi.

    • Si incomincia con salvare la palma e si finisce per eliminare il coleottero, questa è una relazione logica, se non trova cibo muore!!! Se tutti facesero come Claudio ci sarebbero più palme e meno Punteruoli rossi, e te lo dice uno che stà sul campo di lotta da un pò.

  2. Si tratta in realtà di due insetticidi [non erbicidi, come erroneamente indicato nell’articolo] sistemici, ovvero che entrano in circolo nella linfa della pianta.
    Come tali, sono ovviamente pericolosi anche per chi ne fa uso, in particolare per danni oculari, quindi, comunque, massima attenzione.
    Sono altamente dannosi per gli animali acquatici, non usare dunque vicino a laghetti ornamentali e, come sempre in questi casi, per i gatti, che hanno un sistema nervoso estremamente sensibile.

    Naturalmente non sta a me dire se valga o meno la pena di avvelenare l’ambiente per salvare le palme; tuttavia una buona [per ora] soluzione per chi lo desideri è la sostituzione delle Phoenix canariensis, la grande palma delle Canarie, con la Phoenix dactylifera, la palma da dattero, sua stretta parente, tipica del Salento e che in più produce ottimi datteri, nei nostri climi; quest’ultima è molto meno esposta all’attacco del punteruolo rosso.

    Ancor meglio, usare alberi autoctoni, ne giova la salute di chi non si troverà a maneggiare antiparassitari, l’ambiente che non ne verrà inquinato e le specie ecologicamente utili della nostra fauna, cui doneremo un sicuro rifugio.

    Le schede dei due prodotti:

    http://www.dowagro.com/webapps/lit/litorder.asp?filepath=it/pdfs/noreg/011-03107.pdf&pdf=true

    http://www.bayergarden.it/it-IT/data/Prodotti/c/Confidor-200-SL.aspx

  3. Anche io possiedo una quindicina di palme di circa trent’anni che sono riuscito a salvare dai vari attacchi dei punteruoli che ormai da almeno sei anni avvengono. Naturalmente quando ho incominciato a trattarle, speravo che in tempo breve si sarebbe trovata una soluzione definitiva, ma così non è stato. Gli antiparassitari che ho usato sono il rogor abbinato al feldan 22, 70 ml (35+35) in 10 litri di acqua buttati nel cuore della pianta con una pompa a ricarica. Essendo naturalmente dei veleni, tratto le palme nei periodi che non piove, in modo che i 10 litri di acqua vengano assorbiti dal tronco e non arrivino a terra prima che finisca l’effetto dell’antiparassitario. Leggevo la notizia che è in procinto di essere messo sul mercato, un antiparassitario che dura 1\2 anni, e lo aspetto con ansia. Ah…dimenticavo…le tratto ogni 40/50 giorni circa. Spero di essere stato utile.

  4. CIAO , ANCHE IO HO SEGUITO LO STESSO TRATTAMENTO DI LEO E DEVO DIRE CHE è STATO MOLTO EFFICACE,LA MIA è L’UNICA PALMA RIMASTA NELLA ZONA.
    X 10 LITRI DI TRATTAMENTO, 50 ML DI RELADAN E 25 ML DI ROGOR., HO UTILIZZATO UNA NORMALISSIMA POMPA PER DARE L’ACQUA RAMATA, HO TOLTO IL DISCHETTO DALL’AUGELLO PER EVEITARE LA VAPORIZZAZIONE DEL TRATTAMENTO ED OTTENERE UN GETTO CONTINUO E LUNGO, INDIRIZZATO AL CENTRO DELLA PALMA.
    CON POCHI SOLDI HO SALVATO LA MIA PALMA.

  5. Sono circa 5 anni che curo alcune palme, il trattamento consiste nel versare con un innaffiatoio 10 litri di acqua nella quale ho precedentemente disciolto 100 ml di pyrinex me, fino ad oggi sono riuscito a salvarle, anche se a volte il coleottero mordicchia qualche foglia, molto spesso trovo carcasse di punteruolo sotto i trochi delle palme. Il problema è salire sulla parte apicale della palma per poterla irrorare. Un litro di pyrinex me a seconda dei negozi costa 10-12 euro.
    Effettuo un trattamento ogni mese, quindi ogni palma viene a costare 12-15 euro all’anno di prodotto, un costo non eccessivo se viene eseguito personalmente. Posso garantire che funziona, ho salvato alcune palme che avevano la parte apicale già collassata.

  6. riportiamo un commento inviato con mail:

    ciò che ha scritto sull’esperienza di lotta di suo zio al punteruolo rosso è confortante. Mi conferma che suo zio ha irrorato le palme con una miscela composta da confidor e reldan? Le quantità di confidor e di reldan da miselare per litro sono uguali?
    Grazie per la risposta che mi vorrà dare e cordiali saluti.
    Domenico

    • Salve Domenico,
      lo zio consiglia quanto segue:
      la miscela per la prima irrorazione è da comporsi in queste quantità: 50 ml di Confidor e 50 ml di Reldan22 su 10 litri d’acqua per singola palma (si parla di piante almeno ventennali, altrimenti la dose scende in proporzione) ma solo per la prima volta. Successivamente procedere una volta al mese solo con Reldan22 nella quantità di 25 ml su 10 litri d’acqua.
      È consigliata l’irrorazione direttamente sul germoglio tenero e centrale, ricettacolo del punteruolo e focolaio della malattia.
      La cura deve essere effettuata dal mese di marzo e sino ad ottobre, periodi più caldi. O all’occorrenza.

  7. Tratto la mia unica palma (altezza del fusto 4 mt circa) dal 2012. E’ l’unica palma rimasta in zona: prima ogni casa intorno aveva la sua palma, sono tutte morte. Quando ho iniziato a trattarla non sapevo nulla del punteruolo rosso, vidi la palma del vicino morente e il giardiniere mi disse “è il morbo”. Da allora ho iniziato a trattare la mia palma con Reldan22 80 ml + NeemazalTS 50 ml in 10 litri di acqua sulla gemma apicale (con pompa a spalla, mi metto su uno scaletto e posiziono la punta della lancia proprio al centro), poi 250 ml di NeemazalTS disciolti in 20 lt di acqua e versati nel terreno intorno alla base. Ripeto il trattamento una volta al mese, da marzo fino a novembre.

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