Si apre una nuova era: quella degli alberi

di Mimmo Ciccarese

 

“Gli alberi hanno pensieri di lunga durata, di lungo respiro e tranquilli, come hanno una vita più lunga di noi. Sono più saggi di noi, finché non li ascoltiamo. Ma quando abbiamo imparato ad ascoltare gli alberi, allora proprio la brevità, rapidità e fretta puerile dei nostri pensieri acquista una letizia senza pari. Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non brama più di essere un albero. Brama di essere quello che è. Questa è la propria casa. Questa è la felicità”

(H. Hesse)

 uliveti

Il “21 dicembre” è in arrivo! Con la profezia ci si concede la facoltà di ritoccare, credere e sognare nuovi periodi. In natura i tempi cambiano, si sa, l’evoluzione non ha limiti, i geni si ricombinano a creare nuove varietà in grado di resistere a eventi traumatici, di ogni tipo, ma non a quelli di una possibile fine dei tempi.

Si dice che saranno contati i luoghi dove si può star tranquilli per passare indenni l’ipotetico default calcolato dai Maya. Che cosa dovremmo aspettarci allora da una possibile fine di un’era? Forse un dialogo più avvincente e profondo che riguardi la protezione del Pianeta, oppure già lo stiamo già condividendo senza essercene mai accorti?

Il presunto“grande tilt” che dovrebbe sconvolgere la condotta umana potrebbe essere vicino, se si analizzano le cause dell’effetto serra e gli studi sul cambiamento climatico lo potrebbero anche convalidare. Gli ecosistemi non possono reggere il peso dell’incoscienza e delle scelte errate, quelle che per intenderci, rimuovono continuamente l’habitat delle nostre verdi vedute.

È proprio questa sottrazione che accresce l’affezione e il desiderio di tutelare un paesaggio, rinforza il senso dell’appartenenza alla terra, solleva trincee e fa nascere gruppi spontanei di tutela dell’ambiente, forum aperti di discussione come germogli possibili di cambiamento.

La causa ecologica dovrebbe essere l’inizio della prossima era, quella che non apparterebbe ad alcuna costellazione, rito o divinità ma semplicemente quella che ci meritiamo attraverso la cultura e il rispetto di ogni essere vivente.

Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere” (Ghandi) e senza troppi quesiti, dovremmo restituirci alla terra con l’esperienza, perché la demolizione dell’ecosistema non è una questione virtuale, ma è qualcosa di tangibile e di misurabile.

alba tra uliveti
alba tra uliveti

La mia terra è un torace dal cuore generoso, spesso pugnalato, i cui ulivi sono una lenta e silente esplosione della propria origine. Alberi secolari spesso divelti, rassegnati come martiri e castigati dalla scure degli interessi o dell’abbandono agricolo; fotogrammi di un paesaggio dove la questione meridionale e le antiche lotte di conquista contadina sono state già dimenticate.

L’immagine di un ulivo sradicato, sbrancato o incendiato, per qualsiasi motivo, è surreale e apocalittica perché per ogni forma di strappo non decade solo la pianta ma anche la memoria storica di un territorio.

Per ogni lacerazione si smarrirebbero una porzione di cultura, un pregio ambientale, la ricchezza e la biografia di un popolo. Se la linfa degli alberi non fosse trasparente e avesse il colore del nostro sangue, forse ci spingerebbe a rispettarli di più e magari condividerli con la semina.

L’auspicio della nuova era si apre, quindi, con un semplice gesto che estrae una semplicissima metafora dagli alberi: questo è il momento in cui si dovrebbe accrescere l’affezione verso ogni, essere naturale per ridare quello che è stato sottratto per restituirci dolcemente alla Terra.

 

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7 Commenti a Si apre una nuova era: quella degli alberi

  1. L’articolo odierno di Mimmo Ciccarese sembra un respiro di sollievo dopo la paura dell’apocalisse, a cui segue un rimboccarsi le maniche per riparare i danni della apocalisse quotidiana, stillicidio di una modernità “incosciente e dalle scelte errate”. Il suo scritto è intriso di consapevolezza civile, in tempi in cui ci si ritrova “ignoranti” sulla cosa pubblica, indica vie da percorrere, non vie d’uscita, ma orizzonti nuovi per non perdere un bene comune così già tanto sciupato.
    Fanno piacere le sue parole di speranza e non perché è prossimo il Natale, anche perché lo è, per chi vuole.
    Bello poi pensare agli amici del web quali “germogli possibili di cambiamento”…
    Grazie e Buon Natale

  2. Ho ritiwttato l’articolo degno di nota. E’ di oggi:l’ulivo ha gli stessi cromosomi dell’uomo, la cui vita è segnata da un destino più crudele. Rispettiamo la natura e così vedremo gli alberi accompagnarci per questo breve periodo.

  3. Grazie Wilma per le considerazioni, grazie Paolo per il suo apprezzamento! Il piacere di smarrirsi tra gli oliveti secolari equivale a quello di ritrovarsi qui per commentare la loro meraviglia; qui c’è il desiderio di riproporsi al loro cospetto, considerarli pari dell’uomo, senza distinzione di specie o di varietà.

  4. “Ḕ di oggi: l’ulivo ha gli stessi cromosomi dell’uomo”. Finché non sarà citata la fonte documentata (e poi, “stessi” si riferirebbe al numero o ad altro?) questa notizia/affermazione è una bufala e, oltretutto, non vedo perché una specie vivente dovrebbe essere rispettata in modo direttamente proporzionale ai punti (di qualsiasi tipo) in comune tra il suo patrimonio genetico e il nostro. Con affermazioni suggestive ma fasulle ci si copre di ridicolo, non si rende, pur in buona, troppo buona … fede un degno servizio a questa nobilissima causa e si offre una ghiotta occasione per ironizzare a chi, questa volta in malafede, molta malafede …, a quella causa si oppone. Armando Polito

  5. In effetti il numero dei cromosomi della specie ulivo è 46 quanto quella dell’uomo! ma i cromosomi sono 46 per alcune lepri,ratti,zebre e cervi e chissà di quante altre! Ma non è il numero di cromosomi che identifica la specie, quanto le informazioni codificate in essi! ai fini evolutivi, credo che le riflessioni di Armando e Paolo siano utilissime!Qualsiasi riflessione umana in fondo è una forma di “ricombinazione” da non sottovalutare….

  6. penso che il peggior nemico del nostro albero sia l’uomo e in particolare colui il quale è stato designato a proteggerlo e a curalo, ma sopratutto sono nemici tutti coloro i quali si reputano tecnici deputati a proteggerlo, ma sfruttandolo economicamente e traendone un proprio vantaggio lo sta distruggendo. Esistono tecnici o falsi profeti che oggi sfruttando l’onda lunga dell’olivo e della sua immagine si appropriano di un bene che andrebbe realmente protetto. Ritengo che la morte della nostra olivicoltura è stata segnata da tutte quelle leggi che permettono di non coltivarlo e abbandonarlo. Forse sarebbe opportuno, invece di decantarsi a protettori di una moda, di rimboccarsi le maniche e proteggerli seriamente da tutti coloro che ne hanno decretato la sua morte.

  7. Giusto Sig. Giuseppe Vergari! questa moda di proteggere gli alberi è molto più positiva che quella di distruggerla! Il regolamento regionale sulla tutela è stata creato da una commissione di tecnici oltre che da una struttura qualificata; personalmente avrei aggiunto anche una commissione di cittadini in modo di accreditare il valore ambientale! La biofobia purtroppo è cieca, ma è un passo necessario! L’ho scritto su è proprio questa sottrazione che fa accrescere l’affezione per le piante che malgrado ogni sembianza ripresentano la loro fisiologia a chi non vuol credere ad un possibile cambiamento! Di certo che il governo ha declarato recentemente il 21 novembre come la giornata nazionale degli alberi, si creano nuovi gruppi di salvaguardia senza precedenti! Questi sono riscontri oggettivi, sono la vigoria e la struttura di chi la natura la festeggia ogni giorno e che ama congioire con essa!

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