Quel fastidioso inconveniente che nell’inverno tormenta mani e piedi

Edgar Degas, L’Assenzio, 1875/1876, olio su tela (92×68 cm.), Parigi, Musée d’Orsay

Li pruticèddhi (i geloni)

di Armando Polito

Chi non ne ha sofferto o non ne soffre alzi la mano! Oggi si parla di quel fastidioso inconveniente che nell’inverno tormenta le mani e in misura maggiore i piedi (non ne sono indenni naso ed orecchie; per fortuna nei maschi, a quanto mi è dato di sapere, non è coinvolto un altro organo “periferico”, probabilmente per merito, nonostante il nome inquietante, dei corpi cavernosi che, evidentemente, anche nei casi più disperati hanno un’irrorazione sanguigna sufficiente almeno ad impedire lo sviluppo dei geloni…bella consolazione!), perché, mentre le prime possiamo grattarle senza dare troppo nell’occhio, i secondi richiedono più tempo e discrezione essendo necessario togliersi scarpe e calze. Il nome italiano è, per usare un termine dotto, eziologico (dal greco aitìa=causa e logikòs=relativo al discorso), legato, cioè, alla causa riconosciuta, al freddo che esercita il suo effetto nei soggetti con disturbi circolatori periferici. Per quanto mi riguarda i geloni mi hanno tormentato fino ai venti anni, poi più nulla: forse, da quel bastian contrario che sono, il mio sistema circolatorio è migliorato col passare del tempo? Oppure ha ragione il Foscolo (non ho voluto perdere l’occasione di citare il mio poeta preferito) quando scrive: “Domenico, vecchio barbogio, patisce del male dei ragazzini; ha i pedignoni, cammina a stento per la casa…”1.

Come è evidente che il nome italiano è connesso con la causa, è altrettanto evidente che quello dialettale, pruticèddhu, lo è con l’effetto, cioè il prurito. Pruticèddhu è diminutivo di prutìtu, che ha il suo corrispondente italiano in prurito, che è dal latino prurìtu(m), a sua volta da prurìre=prudere.

Tutto lineare, ma se la radice di partenza è prur– perché la voce italiana prudere e le dialettali prutìtu e prutìre presentano una radice prud-/prut?

Nella circostanza viene concordemente messo in campo un latino volgare *prùdere variante del classico prurìre e questo spiega bene tanto l’accento, conservatosi, della forma italiana, quanto il suo spostamento in quella dialettale, sulla collaudata falsariga di lègere (latino)>lèggere (italiano)>liggìre (dialetto), mìttere (latino)> mettere (italiano)> mintìre (dialetto). Io mi limito solo a ricordare il fenomeno opposto, cioè il passaggio d>r nel dialetto napoletano (denari>renari).

Latino classico o volgare, lascio la parola ai nostri progenitori che per significare il gelone usavano il sostantivo della terza declinazione pèrnio/perniònis, dal cui accusativo perniòne(m) è derivata la voce italiana tecnico-specialistica perniòne,  sinonimo del comune gelone.2

Un pò prima di pernio/perniònis tutti i vocabolari latini registrano perna/pernae col significato di coscia, prosciutto.  Pensando all’effetto visivo del gelone, la tentazione di sfruttare la somiglianza fonetica e la congruenza semantica, sia pure per metafora, per rivendicare una parentela tra le due voci, è molto grande3. Il latino perna, poi, non è altro che la fedele trascrizione del greco perna, usato con lo stesso significato di prosciutto.

Operiamo una rapida indagine su voci latine di conformazione simile ma certamente legate fra loro:

adlùvies/adluvièi=allagamento>adlùvio>adluviònis=alluvione

adnèxus/adnèxus=legame>adnèxio/adnexiònis=annessione

còleus/còlei=testicolo>còleo/coleònis=coglione

Appare evidente che la seconda voce di ognuno dei tre gruppi ha in sé una sfumatura accrescitivo-peggiorativa, come se il suffisso delle seconde avesse già assunto il valore che poi –ione avrà in italiano; senza scomodare la storia di Cicero/Ciceronis che, dei tre nomi che ogni romano aveva, era per il famoso oratore l’ultimo, cioé il soprannome (i primi due erano, com’è noto Marcus, corrispondente al nostro nome, e Tullius , corrispondente al nostro cognome), dovuto, secondo la testimonianza di Plutarco (I-II secolo d. C.)  ad un’escrescenza sul naso a forma di cece (per cui cìcero/cicerònis deriverebbe da cicer/cìceris=cece.

Troppo poco, comunque, per trasferire senza adeguata riflessione queste considerazioni al caso di perna/pernio.4

Meglio affidarci a dati sicuri e passare in rassegna i rimedi che Plinio (I secolo d. C.) proponeva nella Naturalis historia contro questo fastidioso disturbo:

“Anche la rapa ha proprietà curative. Applicata bollente sana i geloni”; “Essa [la bietola] bollita dà sollievo ai geloni”; “Il fisico Fania tributò lodi [all’ortica] dicendo che come cibo o come condimento è utilissima per le arterie, contro la tosse, la diarrea, il mal di stomaco, i gonfiori, la parotite, i geloni”; “La cenere ricavata dalla radice [dell’asfodelo] cura l’alopecia, le screpolature dei piedi e del sedere; Il succo della radice bollita nell’olio i geloni…Diocle la utilizzò contro i geloni bollita e mescolata con olio”; “Il laser che fuoriesce dal silfio…cura i geloni cotto e mescolato con vino e con olio”; “[La polenta] si applica ad empiastro anche ai geloni”; “Il succo [della lenticchia cotta] si applica ai geloni”; “Il decotto [di ervo, una specie di veccia] sana i geloni e il prurito”; “La morchia di oliva nera è abbastanza utile contro i geloni”; “Le scorze di melagrana cotte col vino e applicate sanano i geloni”; “I fichi secchi con cera sono utili ai geloni”; “[Il decotto delle foglie dell’acacia di Galazia] sana i geloni; “La radice di ciclamino, il cui decotto [è utile] contro i geloni”; “Il  ciclamino bollito in acqua cura i piccoli geloni e tutti gli altri inconvenienti dovuti al freddo, i piccoli geloni pure il cotiledone con sugna [forse è l’ombelico di Venere]”; “Il decotto [di erba ursina] …in vino viene applicato alle scottature e ai geloni”; “La sugna pura cura le scottature anche quelle causate dalla neve, i geloni concenere di orzo e galla in pari dosi”; “Curano i geloni e tutte le screpolature dei piedi il grasso di orso, più efficacemente con l’aggiunta di allume. il grasso di capra, la farina di dente equino, il fiele di cinghiale con grasso, il polmone applicato sopra; se i piedi sono stati danneggiati da attrito o scottati dal freddo (si usa) cenere di pelo di lepre o il suo polmone pestato o la cenere del polmone”; “[Cura] i geloni il cuoio bruciato, meglio quello di una vecchia scarpa”; “Pure ai geloni si applica grasso di pecora con allume, la cenere della testa di un cane o di sterco di topo. Se le piaghe non sono infette, aggiunta della cera, favoriscono la cicatrizzazione la cenera calda di topi o ghiri cremati mista ad olio, come pure quella di topo selvatico con miele, anche di vermi di terra con olio vecchio e le lumache che si trovano nude”; “[L’acqua marina] allo stesso modo contro i geloni prima che compaiano ulcere”; “[Il sale] elimina e i duroni dei piedi e i geloni”; “I gusci delle ostriche se sono pestati sanano la scrofolosi e i geloni dei piedi”; “Cura i geloni il polmone di mare, la cenere di un gambero di mare mista ad olio, allo stesso modo quella di un gambero di fiume pestato e bruciato, dopo avere trattato la cenere con olio, e il grasso del pesce siluro”; “[La spuma d’argento] cura pure i geloni con [bacche di] mirto e cera”; “[L’allume] frena i geloni”5.

Sia ben chiaro: io garantisco solo per quel che riguarda la traduzione…

________

1 Epistolario, lettera del 16 dicembre 1808 indirizzata da Pavia  ad Ugo Brunetti. Pedignone, forma letteraria per gelone del piede, nasce da perniòne (vedi più avanti nel testo e in nota 3) con sovrapposizione di piede.

2 I Greci, invece, pure loro collegandosi alla causa, chiamavano il gelone chimètle o chimètlon, entrambi da cheima=inverno, freddo. Gelòne in italiano è pure (probabilmente non per l’aspetto, come mi è capitato di leggere, ma perché tende a svilupparsi su vecchie ceppaie) il nome comune del fungo Pleurotus ostreatus.

3 Non a caso nella Treccani on line al lemma pedignòne leggo: lat. pernio-perniònis (der. di perna=gamba), incrociato con pes/pedis=piede. È in linea con la mia ipotesi, anche se il suo riferimento alla gamba mi sembra meno congruente del mio che mette in campo il prosciutto (che è pur sempre una gamba, ma che ha assunto un particolare aspetto).

4 Oltretutto, qualcuno mi potrebbe far presente che negli esempi addotti la –i- faceva già parte del nome primitivo, mentre in perna essa manca. All’obiezione si può facilmente rispondere non mettendo in campo il caso di adnexio (in cui la –i– può essere considerata come sviluppo della –u- di adnexus)  ma il fatto che nel latino medioevale il lessico del Du Cange registra come variante di pernio un pernium (da cui, secondo alcuni, gli italiani perno e pernio) che potrebbe essere neutro sostantivato da un originario pèrneum , forma aggettivale da perna (e qui il prosciutto per metafora diventa un dettaglio meccanico).

5 XX, 18 Est et rapo vis medica. Perniones fervens inpositum sanat…; XX, 70 Ipsa vero decocta pernionibus occurrit; XXII, 35  …condidit laudes eius Phanias physicus, utilissimam cibis coctam conditamve professus arteriae, tussi, ventris destillationi, stomacho, panis, parotidibus, pernionibus…; XXII, 70 …cinis e radice alopecias emendat et rimas pedum sedisque, decoctae radicis in oleo sucus perniones…; XXII, 71 …Diocles… usus est ad perniones decocta ex oleo…;XXII, 104 …laser e silphio profluens…perniones ex vino fovet et ex oleo coctum…; XXII, 126 …inlinitur… item pernionibus…; XXII, 143 …decoctae sucus…adhibetur pernionibus…; XXII, 153 …aqua decocti perniones et pruritus sanat…; XXIII, 74 …pernionibus nigrae olivae amurca utilior…; XXIII, 109 …cortices punici ex vino cocti et impositi perniones sanant…; XXIII, 123 …utiles sunt… pernionibus cum cera…; XXIV, 110 …sanant perniones…; XXVI, 100  …cyclamini radix, cuius decoctum et pernionibus…; XXVI, 106 …cyclaminos decocta in aqua perniunculos curat omniaque alia frigoris vitia, perniunculos et cotyledon cum axungia…; XXVII, 33 …decoctum…ex vino ambustis inponitur et pernionibus…; XXVIII, 137 …sincera axungia medetur ambustis vel nive, pernionibus autem cum hordei cinere et galla pari modo…; XXVIII, 221 …perniones ursinus adips rimasque pedum omnes sarcit, efficacius alumine addito, sebum caprinum, dentium equi farina, aprunum vel suillum fel cum adipe, pulmo impositus et si subtriti sint contunsive offensatione, si vero adusti frigore, leporini pili cinis; eiusdem pulmo contusis dissectus aut pulmonis cinis…; XXVIII, 222 …perniones vero corium combustum; melius, si ex vetere calciamento…; XXX, 79 …pernionibus quoque inponitur sebum pecudum cum alumine, canini capitis cinis aut fimi murini. quod si pura sint, ulcera cera adda ad cicatricem perducunt soricum vel glirium crematorum favilla ex oleo, item muris silvatici cum melle, vermium quoque terrenorum cum oleo vetere et cocleae, quae nudae inveniuntur…; XXXI, 65 …item pernionum vitio ante ulcera…; XXXI, 103 …tollit et clavos pedum, item perniones…; XXXII, 65 …testae ostreorum… crudae si tundantur, strumas sanant et perniones pedum…; XXXII, 111 …perniones emendat pulmo marinus, cancri marini cinis ex oleo, item fluviatiles triti ustique, cinere et ex oleo subacto, siluri adips…; XXXIII, 108-110 …item perniones cum myrtis et cera…; XXXV, 189 …compescit…perniones…

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