I cavalieri teutonici in Puglia e a Santa Maria al Bagno (I parte)

 

L’ ABBAZIA DI SANCTA MARIA DE BALNEO

DA DIMORA DEI CAVALIERI TEUTONICI A MASSERIA

 

di Marcello Gaballo

A meno di 300 metri dal rudere delle Quattro Colonne, a sud del piccolo abitato costiero di Santa Maria al Bagno, sulle ultime propaggini delle Serre Salentine, a circa 35 metri dal livello del mare, seminascosta dalle abitazioni sorte senza rispetto del paesaggio e fuori da ogni regola urbanistica, si intravede la torre di quella che un tempo fu la masseria Fiume, oggi radicalmente ristrutturata in moderna e confortevole abitazione.

L’ ingresso alla masseria si raggiunge da una traversa, sulla provinciale S. Maria al Bagno-Galatone, prima di via Edrisi, per la quale si giunge alle Quattro Colonne e che un tempo era contigua all’ importante ed antica via di comunicazione che da Galatone portava al mare.

La denominazione della masseria si spiega, probabilmente, col fatto che la costruzione fiancheggiava un corso torrentizio in cui si raccoglievano le acque reflue da tutto il territorio a monte, per mescolarsi poi con quelle della sorgente delle Quattro Colonne[1]. Il complesso, nel modo con cui si colloca, corona una prospettiva che sale regolarmente dal litorale verso l’ entroterra.

Le numerose modifiche delle costruzioni adiacenti e la suddivisione successiva impediscono di delineare l’aspetto originario della masseria, restando comunque evidenti l’ androne di ingresso alla corte e, soprattutto, la torre, che rappresenta ancora oggi il nucleo centrale e l’ elemento più sorprendente.

Essa, formata in epoche successive, si sviluppa su due piani, di cui quello a piano terra molto ampio, con volta a botte e spessa muraglia; il secondo è il piano diventato utile, in cui risiedeva il proprietario, con volta a botte lunettata, tre finestre, il camino (poi trasformato in “cucina economica”), una muraglia dello spessore di circa 80 cm.

Santa Maria al Bagno – Nardò (Lecce), masseria Fiume, ingresso principale

Opere in muratura successive dividono questo piano in più ambienti, evidenziandosi comunque un corpo aggiunto sul lato orientale, che ha trasformato la pianta della torre da quadrata in rettangolare. Tale modifica ha previsto anche l’ aggiunta di una scala esterna a due rampe che collega i due piani, in sostituzione di quella più antica che si sviluppava nello spessore delle mura perimetrali e che ancora può vedersi sul lato prospiciente la marina. Come quasi tutte le scale delle torri costiere “della serie di Nardò”[2] e delle torri-masserie essa è larga circa 70 cm, con gradini alti circa 30 cm.

Santa Maria al Bagno – Nardò (Lecce), masseria Fiume, scala esterna per cui si accede al terrazzo

Un’ altra scala interna porta al terrazzo, dal quale si domina una visione meravigliosa di tutto il tratto di costa prospiciente. Qui è possibile vedere l’ origine delle caditoie, ricavate a spessore nel parapetto del terrazzo, ornato con un coronamento in leggero sbalzo e ristrutturato in più punti.

Le tre caditoie rappresentano l’ elemento fortificativo caratterizzante la costruzione; di esse due sono sul prospetto occidentale ed una sul settentrionale, poste tutte in corrispondenza di altrettante aperture, oggi alterate nel numero per il corpo aggiunto di cui si è detto, cui se n’ è aggiunta una terza.

Al di sotto della scala esterna è stato ricavato un monolocale voltato a crociera, un tempo adibito a fienile o stalla.

La torre nel suo complesso può essere alta 9 metri con lato occidentale di circa 5.

La costruzione è in conci di tufo regolarmente squadrati, in più punti sostituiti nei diversi restauri e sempre rivestiti da intonaco nelle parti interne.

La parte inferiore della torre è sicuramente precedente alle restanti parti, come ci si può rendere conto dall’ osservazione da vicino, notandosi conci di tufo assai più consunti dall’ azione erosiva del vento e che possono vedersi pure nel vano sottoscala, forse provenienti da un edificio più antico.

Sempre in questo punto possono notarsi un intonaco completamente differente dal restante, mostrandosi di colore rossastro anzichè grigiastro, come nel resto.

Inoltre, sempre per quanto concerne la parte inferiore, sul lato opposto all’attuale ingresso potrebbe trovarsi l’ accesso originario alla primitiva costruzione, rappresentato da un pronao con volta ed arco a sesto acuto, come era nella vicina abbazia basiliana di S. Mauro, sulla riviera Gallipoli-Conchiglie.

Santa Maria al Bagno – Nardò (Lecce), masseria Fiume, ingresso originario e sopraelevazione da Via Edrisi

L’ evoluzione dell’ impianto volumetrico, ampiamente rimaneggiato con le successive modifiche, esplicita le fasi attraversate dal complesso, la cui fase iniziale probabilmente era rappresentata dagli ampi locali a pianterreno, cui seguì la costruzione della torre e dei diversi casamenti, capanne e curti.

Pur se abbisognevoli di adeguato e competente rilievo che evidenzi l’ esatta cronologia dell’ immobile e spinga ad interessanti studi interdisciplinari, i due locali anzidetti sono tra di essi paralleli, con volta a botte e muraglia di spessore di circa 150 cm.

Attualmente il complesso, ben ristrutturato ed in ottime condizioni, è proprietà privata[3]. Poco distante vi è una chiesetta del XVIII sec.

Più volte nel corso dei nostri studi abbiamo avuto modo di trovare dei riferimenti su questo insediamento, che è assai più antico di quanto si possa immaginare, richiamando addirittura al XIII secolo, quando al suo posto sorgeva una abbazia dedicata a S. Maria de Balneo, della Balia di Puglia dell’ Ordine Teutonico.

Era questo un Ordine ospedaliero, detto anche di S. Maria Teutonica[4] e “Mariani” i suoi adepti, sorto ad Acri durante la terza Crociata, quasi contemporaneamente con gli Ospitalieri di S. Giovanni e coi Cavalieri Templari, fondato per interessamento di pellegrini tedeschi col fine precipuo di assistere i pellegrini e gli ammalati, connazionali e non, presenti in Terra Santa[5].

L’ encomiabile servizio reso fu premiato col riconoscimento di papa Celestino II in congregazione, posta sotto la direzione degli Ospedalieri di S. Giovanni[6].

il papa Celestino benedice l’ordine

Ulteriori riconoscimenti vennero da papa Clemente III nel 1191 e da papa Celestino III nel 1192, che lo pose sotto la regola di S. Agostino[7].

Trasferitosi in Europa nel XIII sec., col quarto Gran Maestro Ermanno di Salza[8], assunse fisionomia militare ed ottenne insigni privilegi papali ed imperiali e vastissimi possedimenti in 6 provincie (komturei): Germania, Prussia, Armenia, Livonia, Acaia ed Apulia, ognuna delle quali affidata ad un komtur (commendator)[9].

L’ Ordine raggiuse il suo massimo splendore soprattutto tra il 1351 ed il 1382, quando fu Gran Maestro Winrich von Kniprode[10].

In Puglia i vari possedimenti[11], sino alla fine del XVI secolo, erano tutti dipendenti dal monastero di S. Leonardo di Siponto[12], eretto nel XII secolo dai monaci Agostiniani, cui subentrarono poi i Teutonici nella prima metà del XIII secolo per concessione di Federico II. Essi lo tennero sino al secolo XV, quando fu affidato ai commendatarii; da questi passò, durante il pontificato di Urbano VIII, ai Francescani, e nel XVIII secolo fu donato da Ferdinando IV all’ Ordine Costantiniano[13].

Prima di S. Leonardo era a Barletta la casa principale dei Teutoni[14], che rimase tale almeno sino al 1409[15], accanto alla quale era altrettanto celebre la città di Brindisi[16], col suo importante ospedale[17] e strategico porto sulla costa orientale, stazione di partenza dei Crociati per la Terra Santa[18].

La Casa di Brindisi teneva diversi terreni dati in fitto in tutta la provincia, tra cui Ostuni, Oria, Mesagne[19], Lecce e Nardò[20]. Qui, verso la metà del secolo XIII, era altrettanto importante la dimora dei Cavalieri Teutonici in Santa Maria de Balneo, che sorgeva in riva al mare tra antichi ruderi, con un grande monastero di origine bizantina[21], incluso tra i benefici distribuiti dal cardinale Rodolfo Albanese, legato pontificio di Clemente IV[22] nel 1267[23].

Poco distante dalla dimora vi sarebbe stato un castello, denominato di S. Maria de Balneo[24], non lontano dalla cinquecentesca torre del Fiume (oggi “Quattro Colonne”), che sembrava rivestire un interesse strategico particolare, controllando le sorgenti vicine ed il mare.

Tutto il territorio, come sostiene il Coco[25], potrebbe essere stato concesso ai frati da Bernardo Gentile, conte di Nardò e signore di Galatone[26]. Egli, da preside della provincia di Terra d’ Otranto, vedendosi assai stimato dall’ imperatore Federico II, re di Sicilia, per seguire i desideri imperiali nella dotazione dei Cavalieri Teutonici, che il sovrano prediligeva ed arricchiva, per potersi affermare nella grande impresa della liberazione dei Luoghi Santi e quindi poter acquistare di là nuove terre, volle cedere la marina di S. Maria al Bagno, allora facente parte del feudo di Galatone, con un’ estensione considerevole di terreni da cui ricavavano vino, olio, arance, cera e miele[27].

Parte della produzione locale poteva servire per le scorte dei Crociati, mentre la restante veniva trasportata, via mare, dati i caratteri favorevoli di tale tratto costiero alle esigenze della navigazione, a Manfredonia e a S. Leonardo[28]. Il luogo diventò espressione visibile e quasi il simbolo del nuovo potere che l’ ordine esercitava nella zona.

Non sono comunque da trascurare i rapporti tuttora sconosciuti tra l’ imperatore e la potente famiglia D’ Alemagna, che in tale secolo risulta detentrice del feudo neritino di Agnano[29], già dei baroni Sambiasi o Sancto Blasio

Si pensi inoltre, nel declino del medioevo, a possibili condizioni per realizzare nella pratica l’ ideale cavalleresco per la nobiltà locale della Terra d’ Otranto, in cui fu appunto il primo Ordine a nascere.

Uno dei più antichi documenti pervenutici riguardo al monastero di S. Maria de Balneo è del 1310, col quale è ricordato tra le sei abbazie neritine che pagano le decime pontificie[31], ma dei possedimenti nel territorio di Nardò, si fa menzione in un diploma del 1230 dato da Federico II all’ Ordine[32] e in una lettera apostolica del 1272[33].

Non trascurabile deve essere stata in quel periodo l’ attività produttiva della nostra abbazia, che figura tra le principali, viste le cospicue rendite esatte dal canonico Tommaso Brancaccio ai tempi di Gregorio XI e riportate nelle Collettorie del 1325, 1373 e del 1376[34].

Nel 1352 l’ abbazia di S. Maria era esentata dal pagare le tasse pro communibus servitiis[35], essendo cioè assorbiti gli introiti dalle spese di gestione del monastero stesso, confermando una certa autonomia dei pochi frati che vi alloggiavano.

In una pergamena del monastero neritino di S. Chiara, datata 8 gennaio 1378, si dà notizia di un frate Nicolao magistri Iacobi ordinis Sancte Mariae Theotonicorum de Nerito, esecutore testamentario di Dyambra Sambiasi[36].

Sei anni dopo, nel 1384, Nardò venne occupata dalle truppe del conte di Lecce Pietro d’ Enghien ed i soldati non mancarono di eseguire scorrerie nelle campagne circostanti, usurpando, tra l’ altro i beni del nostro monastero e di quello di S. Nicola di Pergoleto[37].

la torre negli anni ’70 del secolo scorso, prima degli ultimi restauri (per gentile concessione di Teresa e Kurt Marending-Orlando)

Un interessante saggio sulle vicende dell’ Ordine Teutonico in Puglia è quello di Antonio Ventura, Torre Alemanna. Storia di un feudo (sec.XIII-XIX)[38], in cui si legge “…conseguenza della lontananza dalle principali autorità dell’ Ordine, residenti a Konigsberg, fu che le case sparse e lontane tra loro si legassero a questo o quel principe locale e si inserissero profondamente nell’ organizzazione statale degli Angioini, i quali esercitavano speciale protezione sulle case… Anche i Durazzeschi furono sensibili alle richieste dei Teutonici, perchè il 15 marzo 1355 Ludovico emanò da Monte S. Angelo un’ ordinanza in cui assicurava la protezione delle autorità locali su tutte le proprietà dell’ Ordine. Carlo III, seguendo l’ esempio di re Roberto e della regina Giovanna, il 23 dicembre 1384, confermò ai Teutonici tutti i privilegi concessi in precedenza, atto che fu ripetuto il 27 gennaio 1397 dal re Ladislao”.

Impoverito dalla perdita della Prussia, passata agli Hohenzollern, l’ Ordine nel 1562 perse ogni importanza politica e i Cavalieri che rimasero fedeli alla Chiesa Cattolica riuscirono a perpetuare la vita dell’ Ordine divenuto pienamente religioso-militare[39].

Tutti i possedimenti, in parte confiscati dall’ ultimo Gran Maestro Alberto di Bradenburgo, che aveva decretato lo scioglimento dell’ Ordine nel 1525, passarono quindi alla Chiesa[40].

Per quanto concerne la Puglia, i cardinali commendatari, a partire dal 1570, si liberarono di tutti i possedimenti lontani dalla sede della commenda, in San Leonardo, per tenersi quelli più vicini e più facili al controllo delle relative rendite[41].

(continua)

Il presente contributo, rivisto ed integrato in alcune parti, lo pubblicai in:
L’ abbazia di S. Maria de Balneo: da dimora dei Cavalieri Teutonici a masseria, in Nardò Nostra. Studi in memoria di don Salvatore Leonardo, a cura di Marcello Gaballo e Giovanni De Cupertinis, Bibl. di Cultura Pugliese n° 128, Congedo Ed., Galatina 2000, pp. 11-28.

Ringrazio Teresa e Kurt Marending-Orlando per la cortesia nell’avermi concesso di fotografare gli interni della masseria.
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