All’ombra del carrubo

di Rocco Boccadamo

In effetti, non soltanto ombra e frescura gradevole, si ha la sensazione di immergersi in una piccola oasi balsamica, che riverbera gli odori gradevoli, autentici e genuini, di cui l’andante stagione è intensamente pregna.

Le foglie, di struttura regolare e armonica, quasi che siano state sagomate da mano artigiana, veleggiano al vento, salde e resistenti. Insieme con esse, grappoli innumerevoli, meglio ancora, caschi di frutti, le carrube, penzolano elastici da rami e rametti: al primo spuntare, con tonalità verde, poi assumendo, man mano, un colore marrone, progressivo da chiaro a scuro intenso, intanto che il succo umorale della polpa è assorbito poco a poco dai raggi forti e assetati del sole.

Si pongono all’osservazione fantasiosa, tali grappoli, in certo qual modo alla stregua di ciondoli, pendenti di corallo di rara sfumatura, mirabilia a piena aria, al pari delle magnifiche infiorescenze dei fondali, opera di mano grande e di arte imperscrutabile.

E’ assai piacevole sostare, adagiarsi alleggerendo la mente, ai piedi di questa pianta del giardino di casa, eccezione assoluta, nella sua specie, rispetto al prevalente e dominante boschetto di pini giganti e baldanzosi.

E’ inoltre stupendo e magico penetrare con lo sguardo e coi pensieri il labirinto di rami e foglie, immaginaria scacchiera o dama costellata di minute finestrelle libere e dischiuse verso l’azzurro del cielo.

Su siffatto “specchio”, ecco sfilare innumerevoli momenti, figure e personaggi, solo all’apparenza di ieri, in realtà avulsi dal tempo e dalle stagioni, tuttora di straordinaria, anche se non fisica, attualità.

Fra tali sequenze, i volti marcati, accentuati, rugosi e espressivi di due nonni, dai nomi di battesimo eccezionalmente inizianti con la medesima lettera, e però, in tutto il resto, diversi, agli antipodi l’uno dall’altra.

Il primo era solito tramandare ai nipoti bambini, in rigoroso idioma dialettale, una serie di “cunti “ (racconti), i cui contenuti rispecchiavano, in genere, vicende reali.

O, in alternativa, sciorinare filastrocche come:

Sotto la cappa del mio compare, c’era un vecchio che sapeva “suonare; sapeva suonare le ventiquattro, uno due, tre e quattro” e, ancora, “caddrina zupputa, furtuna nun n’ha” , da tradursi “una gallina che è zoppa, non può essere fortunata”. Nell’ultimo sciogli lingua, interveniva talvolta, non casualmente, la metamorfosi dell’aggettivo “zupputa” in un altro, “futtuta”, con illusorio cambiamento di situazione e concetto.

Fumava, detto nonno, il sigaro toscano, tenendo, sistematicamente, in bocca il lato acceso e infuocato: a suo dire, così tirava meglio.

Il buon uomo è arrivato a campare sino a cento due anni e mezzo.

La nonna vantava una mente, per lo meno una memoria, finissima: ricordava tutto, non solo nomi e date di nascita di figli, genitori, nipoti, familiari, parenti e paesani, ma addirittura le date dei battesimi, i nomi dei padrini e gli eventuali commenti del parroco che somministrava i sacramenti.

Sotto il carrubo, gli eventi del mondo, le diatribe politiche, il gossip, le distrazioni, i discorsi, le notizie e le cronache sembrano dileguarsi, annebbiarsi e quasi squagliarsi per effetto, misterioso, semplicemente di quel mantello di verde e di fronde svolazzanti ai refoli del vento.

E filtrando attraverso i piccoli squarci tra foglia e foglia, tra ramo e ramo, lo stesso frinire delle cicale riecheggia acquietato e per niente fastidioso, lasciando residuare spazio e agio silenzioso affinché gli occhi di chi indugia ai piedi della pianta si voltino a scrutare e si posino sulla non lontana distesa del mare; quest’ultimo, di suo,  sembra corrispondere profumando con aerei effluvi di salsedine, non soltanto la chioma e il corpo esteriore, ma pure le radici e l’anima del sempreverde e prediletto carrubo.

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4 Commenti a All’ombra del carrubo

  1. Articolo molto suggestivo, è un peccato che quel tipo di nonni, provincialotti eppure pieni di saggezza popolare, stia scomparendo… prezzo da pagare per la modernità… chi leggerà alle future generazioni i cunti in lingua salentina? La còrnula vivrà ancora per molti decenni, ma non coprirà più con la propria ombra i protagonisti della vita popolare salentina…

  2. En passant vorrei sottolineare, da fumatore di toscani, quanto non m’è sfuggito del bel pezzo di Rocco…mi fa a dir poco piacere sapere che suo nonno campò oltre cent’anni! :)

  3. Mi vengono in mente alcuni ricordi di quando ero ragazzo. Dirimpetto alla scuola Perasso di Brindisi c’era una signora che oltre a vendere quaderni e pennini,vendeva anche carrube. Le compravamo per mangiarle, ma la cosa piu’ bella che ricordo è che tutti i semi delle carrube che mangiavamo noi ragazzi li raccoglievamo e facevamo a gara a chi piu ne raccoglieva, per portarli a Fra Felice che con la santa pazienza bucava tutti i semi e con un filo di rame riusciva a fare le corone del rosario. Ricordo che venivano cosi’ belli e i semi rimanevano lucidi. Faceva questo lavoro nel pomeriggio con semplicita’ e maestria stando con noi ragazzi. Ricordo che quando portavamo i semi ci regalava gli spezzoni delle ostie in quanto era suo compito fare le ostie che conservava per noi ragazzi come premio
    Cosimo Guercia

  4. Meraviglia delle meraviglie… Rocco parla, Rocco trasforma tutto in sogno. Tra i rami fiorenti e verdi del carrubo è rimasto impigliato il sole, ci sono i ‘cunti’ del nonno, è fermo il suo sorriso e quello della nonna. Grappoli di bei ricordi che Rocco Boccadamo fa maturare ad ogni sguardo e che, assaporati, gli ispirano parole belle e ironiche, ricche e poetiche, tutte regali per noi lettori.
    Già sento le voci del passato nel frusciare di quelle fronde e già mi accorgo che vi ha preso posto un riflesso della mia felicità.

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