La potatura del verde urbano: occorrono riferimenti comuni

di Mimmo Ciccarese

 

Mi sono spesso chiesto se nella gestione del verde urbano esistano delle buone linee guida che siano in grado di disciplinare anche la pratica della potatura. Da una prima analisi purtroppo non sono riuscito a conseguire riscontri concreti su tale argomento. Certo è che negli Stati Uniti, in molti paesi asiatici e in quelli del nord dell’Europa, esistono, già da tempo, delle “condizioni tecniche di massima per la cura degli alberi”. Tali guide, hanno la facoltà di collaudare l’adeguatezza e l’affidamento della gestione delle potature in un ambiente cittadino. Nei capitolati d’appalto non è abbastanza chiaro a cosa si riferisca quel “cura di un albero”; spesso è sottinteso che si debba recidere senza benevolenza e, ahinoi, spesso in modo illogico; è raro che si precisi qual è il vero intervento che s’intende compiere.

Il committente spesso non dirige bene tali termini e, vuoi per la fretta di finire o per qualche altro motivo, spesso si trova coinvolto nel bel mezzo di una risoluzione inspiegabile, quando il danno alla pianta è ormai irreversibile.

Mi chiedo ancora se esiste un “disciplinare delle prestazioni” che fornisca definizioni dettagliate in merito o se nella progettazione dei lavori è prevista la conveniente presenza di un agronomo o di un forestale in grado di verificare i compiti da svolgere. Spesso sono proprio i vocaboli tecnici utilizzati nelle concessioni a creare equivoci e incomprensioni; il limite che marca il termine “taglio della chioma” spesso coincide con un’altrettanta energica “spalcatura” o “capitozzatura”, senza mai definire l’entità del taglio. Forse non  tutti sanno, ad esempio, che l’asportazione di tessuto legnoso con la potatura ordinaria, non deve superare il 30% del volume dell’albero per evitare spiacevoli squilibri. A volte, specie nelle situazioni di albero in  fase di senescenza o di decadenza alcune operazioni sono anche motivate ma in molti casi ci fanno davvero riflettere se non proprio rabbrividire.

Chi ha il peso di attivare un controllo strumentale e tecnico, che sia un dirigente o un collaboratore esterno, ha il dovere di aggiornarsi sull’evoluzione normativa, prima di delegare un appalto di potatura. Per questi motivi una gestione comunale deve valorizzare l’importanza che un patrimonio vegetale ha ai fini ecologici, paesaggistici, culturali e storici nella sua area urbana. Una buona amministrazione comunale dovrebbe garantire il governo, in economia o in appalto, delle aree verdi pubbliche, con lo scopo di ottimizzarne la funzione estetica, ludica, paesaggistica e igienico- sanitaria. La politica, quella che dirige, per intenderci, dovrebbe valorizzare anche le periferie dei comuni secondo le esigenze del territorio.

Particolarmente nel sud dell’Italia lo sviluppo delle zone urbane non ha rispettato i modelli di etica sociale e la considerazione per il verde è stata veramente scarsa. Le città sono fragili e difficili, si sperimenta ogni giorno l’incremento demografico e la sua concentrazione sulle aree di verde e quel poco che c’è o rimane si tratta spesso con faciloneria. Lo comprova anche un recente dossier del WWF.  

Eppure dovrebbe esistere per ogni abitante una superficie a verde (dai dati rilevati da Legambiente nelle città italiane al media è di circa 10 m2./ab). Secondo i dati ISTAT nel 2010, nel complesso dei comuni capoluogo di provincia, la popolazione dispone di 106,4 m2 per abitante di aree verdi . L’Aquila (2.793,8 m2 per abitante), Pisa (1.514,4), Ravenna (1.234,8) e Matera (1.193,1) sono i capoluoghi di provincia che, nel 2010, presentano la maggior dotazione di verde per abitante anche per la presenza sul loro territorio di parchi naturali. Mentre la città di Lecce (con circa 175,6) si attesta al 21° posto con una densità di verde urbano per abitante del 7% ( rispetto a l’Aquila con il 71,9% e Brindisi con il 20,6%).

Molti comuni virtuosi, come il comune di Viterbo, si sono avveduti e si sono riqualificati in tempo dotandosi di apprezzabili regolamenti per la tutela del proprio verde. Altri comuni in qualche modo sono riusciti a pianificare una buona politica connettendo le proprie visioni agli innumerevoli riferimenti legislativi nazionali o regionali, ma ciò non sembra sia sufficiente.

Primo fra questi riferimenti è l’ Art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Con questo articolo si stabilisce il valore e la tutela delle piante quale parte fondamentale del paesaggio del tessuto urbano. La legge R.D. 3267/23, quella che regola per intenderci le formazioni del bosco, poi, le norme del Codice civile, agli articoli 892 che stabilisce le distanze e le dimensioni massime che la vegetazione può raggiungere in prossimità di confini di proprietà. Così come il DM n° 1444 del 2.4.1968 all’art 4 stabilisce la “quantità minima di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali nelle singole zone territoriali omogenee”.

Ci sono alcuni articoli del Codice della strada che stabiliscono l’obbligo per i proprietari confinanti di conservare le siepi delimitanti le strade entro i confini, la loro responsabilità in caso di danneggiamenti e le fasce di rispetto per l’impianto di siepi vive e di alberate rispetto ai confini delle arterie stradali. Inoltre un DPR n. 753 del 17 luglio 1980 stabilisce le distanze e le dimensioni massime che la vegetazione può raggiungere in funzione dell’adiacenza alle ferrovie.
La legge n.113 del 29 gennaio 1992 prescrive e sovvenziona i nuovi impianti destinati al verde e per tutti i comuni italiani un premio per la messa a dimora di un albero per ogni neonato residente. A tutto ciò si aggiungono i vari Piani territoriale paesaggistici regionali ( PTPR) che individuano tra i loro beni anche gli alberi monumentali specificandone tutte le misure di tutela e di valorizzazione, come la legge di Tutela degli ulivi secolari che sta così a cuore ai pugliesi. Come se ciò non bastasse, si dovrebbero considerare anche i vari Piani regolatori, le Norme tecniche di attuazione, PUTT, patto tra i sindaci per adeguamento al PAES ( piani azione energia sostenibile), regolamenti dell’edilizia d’igiene, delibere, ecc.

Ad ogni modo, allo scopo di pianificare una regolare manutenzione del verde, le amministrazioni comunali predispongono un censimento, da aggiornare almeno ogni quinquennio, con le finalità di creare il “catasto degli alberi”, a disposizione degli abitanti. Il censimento ha la sua importanza e deve essere redatto da un professionista abilitato che cataloga, osserva e valuta lo stato fitosanitario delle piante avvalendosi degli apparati tecnologici di rilevazione satellitare. Tutto questo servirà anche ad esaminare meglio il tipo di potatura da adottare, la pianificazione di nuovi impianti arborei e ostacolare addirittura gli abbattimenti sconsiderati. A questo proposito, si ricorda che, con il censimento del patrimonio arboreo e arbustivo pubblico si può quindi richiedere l’apposizione del vincolo (ex-D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m. e i). Inoltre il Ministero per i beni e le attività culturali, per mezzo dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), cura “la definizione, anche con la cooperazione delle regioni, delle metodologie comuni da seguire nelle attività di catalogazione, anche al fine di garantire l’integrazione in rete delle banche dati regionali e la raccolta ed elaborazione dei dati a livello nazionale” e l’ICCD realizza il Sistema informativo del catalogo generale nazionale dei beni ambientali, architettonici, archeologici, artistici, storici e demo-etno-antropologici. In particolare, ICCD cura la compilazione di una scheda qualificata “Parchi e Giardini” dove vengono censiti sotto il profilo tassonomico gli individui arborei.

La potatura, a mio umile avviso, nelle aree urbane dovrebbe essere un intervento straordinario e deve limitarsi a eliminare i rami secchi, danneggiati o oggetto di patologie. La “messa in sicurezza” andrebbe sempre monitorata avvalendosi di ricorrenti analisi di stabilità (Visual Tree Assesment) e la capitozzatura andrebbe seriamente valutata e autorizzata solo dal suo settore di competenza.

Il personale specializzato (tree climber) dovrebbe avere provate abilità e buona conoscenza delle esigenze dettate dall’ambiente urbano in cui sono incluse le specie vegetali su cui opera; inoltre chi è eletto a ruolo di potatore dovrebbe cercare in ogni caso di rispettare il normale equilibrio degli organi vegetativi, cercando di non intervenire su branche e rami di calibro superiore ai 10 cm e rispettando le regole del taglio e la specie di appartenenza.

Si può richiedere il disciplinare delle prestazioni e l’elenco dei vari lavori che il potatore intende eseguire secondo il “regolamento degli appalti e dei capitolati”, che sarebbe consigliabile sfogliare prima di redigere il contratto. La descrizione della performance deve essere chiara ed precisa affinché tutti i concorrenti possano prenderne atto. Una buona esposizione dovrebbe fornire anche il costo medio di una potatura, a seconda anche dell’intensità dei tagli, alle tante modalità d’intervento che s’intendono eseguire e al dettaglio della valutazione tecnica degli alberi soggetti al taglio, per evitare sprechi di denaro pubblico.

La varietà disarticolata dei regolamenti e dei riferimenti legislativi rileva come sia doveroso, oggi, normalizzare delle linee guida comuni che aiutino a redigere o quotare una corretta gestione del verde urbano. Inoltre le procedure di conferimento di un appalto devono essere sempre trasparenti e guidate da potatori professionisti, affinché possano risolvere facilmente i vari problemi riscontrabili.

Un buon regolamento, quindi, dovrebbe favorire la tutela, il miglioramento e l’incremento della ricchezza vegetale nelle aree del territorio comunale, per preservarla; è un obiettivo da stabilire a priori oltre che uno stadio di civile condivisione.

La mia proposta è quella di istituire corsi formativi per l’acquisizione di un patentino rilasciato solo previo superamento di un esame, così come avviene per l’abilitazione all’uso dei presidi fitosanitari; un’attestazione regolare che certifichi le competenze richieste onde evitare il pericolo di potature irrazionali in ambito urbano e agricolo.

 

*Tecnico agroambientale

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4 Commenti a La potatura del verde urbano: occorrono riferimenti comuni

  1. Fondazione di Terra d’Otranto sa stupire, sorprendere con i suoi post, fin dal primo mattino.
    In questo caso, l’articolo ha il carattere della opportunità oltre che dell’urgenza e non solo per motivi stagionali. L’autore dimostra grande sensibilità oltre che competenza, verso il problema. L’articolo infatti è ricco di richiami legislativi che, se fossero tenuti presenti e rispettati, ci permetterebbero di avere un verde pubblico lussureggiante e invidiabile…..così non è purtroppo e il risultato è, ahinoi, sotto gli occhi di tutti in tutto il Salento. Mi permetto un piccolo suggerimento…che ne dici, caro Mimmo, se si approntasse un piccolo Bignami sulla materia, facile da consultare e senza possibilità di divagare, da parte dei nostri tanti amministratori poco alfabetizzati in questo settore e così tanto distratti da ben altri problemi? Il titolo potrebbe essere…”Come non capitozzare”…Grazie, un articolo che infonde linfa.

  2. Grazie Wilma per il tuo bel commento! Grazie alla Fondazione Terra d’otranto che mi offre la possibilità di informare. Noi tecnici non dovremmo essere relegati a sorprendere nè d’interpretare un riferimento legislativo perchè non di competenza. Però, penso che, spesso dietro ogni norma c’è una volontà di cambiamento da parte del legislatore. Le regole sono spesso ben determinate, ma sono tante;in alcuni interventi sorge la necessità di uniformare idee e azioni. Occorre certo il rispetto di tali norme da parte dell’amministratore, però anche il cittadino deve esserne cosciente e sopratutto deve avere gli strumenti considerato che il diritto al verde è scritto nella Costituzione e poi paga le tasse. Di manuali ne esistono tanti, ma qui ne occorre uno davvero utile e sopratutto semplice che si adegui a tutti e ci aiuti a non fare sempre le solite scelte.

  3. Grazie Mimmo, del tuo importantissimo ed interessantissimo articolo, tu hai usato più volte i termini, “cura del verde”, purtoppo questi termini oggi sembrano obsoleti, basta leggere qualunque delibera comunale o capitolato d’appalto riguardante il verde. In questi atti amministrativi, salvo rarissime eccezioni, si leggeranno solo ed esclusivamente i termini: “manutenzione del verde” e, a mio avviso, consta proprio nella genesi di questa terminologia burocratica, il dramma della gestione del verde urbano. Il verde urbano, come tu converrai, non dovrebbe essere equiparato ad un mezzo meccanico o ad un edificio per i quali si possono calendarizzare interventi manutentivi standardizzati, il verde urbano ha bisogno appunto di “cure” dedicate essenza per essenza, di attenzione e di tempestività, cose che solo le giardinerie comunali di un tempo, formate e responsabilizzate potevano garantire. Ma in società marcatamente biofobe come quelle dei nostri paesi, dove l’albero viene visto sempre come un nemico che sporca e dissesta i marciapiedi, tutti i benefici da questi apportati passano in secondo ordine, e la potatura effettuata nel modo più drastico e irrazionale possibile è l’unico intervento che incontra l’approvazione dei cittadini, e gli amministratori lo sanno!!!

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