Finocchio, finocchietto e caruselle. Caratteristiche, proprietà e ricette

di Massimo Vaglio

La pianta del finocchio selvatico (Foeniculum vulgaris Miller), presente nel Salento con la subspecie Foeniculum vulgare Miller ssp. Piperitum, è fra le specie selvatiche di interesse gastronomico, una delle più appariscenti, nonché di più facile identificazione. E’, infatti, praticamente uguale alle varietà coltivate, dalle quali si differenzia solo per le dimensioni del grumolo e conseguentemente delle infiorescenze e dei semi. Comunque, volendo dare una rapida descrizione, la pianta è costituita da germogli formati da un’asse su cui sono inserite le foglie, caratterizzate da una guaina slargata alla base, abbraccianti il fusto; segue un lungo picciolo terminante con le caratteristiche foglie fortemente laciniate, ridotte cioè a sottili fili verdi.

Con l’arrivo della bella stagione si levano gli slanciati scapi fioriferi recanti all’estremità le ombrelle formate da tanti piccoli fiori giallini, al posto dei quali troveremo più tardi, nell’estate-autunno, i ricercati piccoli acheni che, botanicamente parlando, sono dei frutti secchi. Questa specie, ha la curiosa abitudine di eleggere comunemente a proprio habitat, i bordi delle strade, ove, a dispetto dell’asprezza del luogo vegeta con prorompente vigoria dando non poco filo da torcere agli stradini.

In cucina, possono essere utilizzati i giovani grumoli che in seguito alle prime piogge, già a fine estate, spuntano alla base delle vecchie piante. Se abbastanza teneri, questi possono essere consumati lessati, meglio se in brodo di carne. Sono inoltre un ingrediente fondamentale della famosa pasta con le sarde della cucina siciliana.

Gli steli e le infiorescenze vengono sovente  utilizzati per aromatizzare le conserve ed in particolar modo le salamoie di governo delle olive, tanto delle cosiddette olive “Pasòle”, conciate verdi; quanto delle olive a drupa piccola della cultivar “Cellina di Nardò” che, secondo il metodo tradizionale salentino, vengono conciate a maturazione inoltrata.

Le infiorescenze giovani, denominate nel Salento “caruselle” (termine che significa appunto, giovinetta), possono essere gustate nelle insalate primaverili, anche se in dosi minime a causa del loro gusto fortemente aromatico, se invece vengono messe, sott’aceto, possono essere utilizzate per tutto l’anno come contorno al lesso, nonché come ingrediente dei sughi alla pizzaiola, nella farcitura delle focacce rustiche e ancora nella farcitura dei panini in accompagnamento al tonno e al provolone, nonché nella guarnitura di bruschette e friselle.

semi di finocchio

Oltre alle già descritte proprietà aromatiche, non sono da trascurare le sue proprietà aperitive, digestive e curative, infatti, i suoi semi e la radice hanno efficaci proprietà diuretiche, antispasmodiche, antidolorifiche, stomachiche, carminative  (eliminano i gas intestinali) ed espettoranti. Inoltre contiene sostanze dette fitoestrogeni che lo rendono utile nella terapia di molti disturbi femminili, in particolare nella menopausa. Inoltre, essendo il finocchio, ricco di potassio e sodio i succhi in esso contenuti, costituiscono una bevanda eccezionale per reintegrare gli elettroliti. Contiene pure, sostanze non nutrienti, le cumarine, che sono utili nella prevenzione del cancro e stimolano l’attività di alcuni leucociti. Le cumarine tonificano anche il sistema vascolare, abbassano la pressione sanguigna e possono essere utili in caso di emicranie. Un’importante ricerca dell’università di Chicago è giunta al risultato che le cumarine contenute in un etto di  steli di finocchio, se assunte regolarmente, abbassano la pressione sanguigna di circa il 15 % e il colesterolo del 7%.

Per  quanto riguarda il finocchio coltivato (Foeniculum vulgaris var. dulce), in Italia si conoscono numerose varietà quali: l’enorme Gigante di Napoli; il Grosso di Sicilia, dal grumolo allungato; il Dolce di Firenze, dall’intenso sapore di anice; il Mantovano, dal grumolo arrotondato; il Parmigiano; il Tarquinia; il Trevi; etc.

Tradizionalmente, nel Salento, si è sempre coltivata una pregiata varietà a diffusione nazionale, nota come finocchio nostrale, ma appellata dai salentini Finucchiu ti Bulogna o F. Bulugnese e altrove nota anche con i sinonimi di F. di Sicilia, F. dolce di Bologna, F. grosso di Bologna, F. di Messina, nonché, fatto alquanto curioso, anche F. di Lecce. E’ da rilevare, come, nonostante gli annosi tentativi degli orticultori salentini di affrancarsi dalla schiavitù dell’annuale acquisto del seme, tali iniziative hanno sempre dato risultati deludenti, in quanto, dopo qualche anno i semi degeneravano progressivamente, dando luogo a piante con caratteri che si avvicinavano alla specie selvatica, ragion per cui, l’approvigionamento delle sementi è sempre stata garantita da produttori del Nord Italia o dei dintorni di Napoli.

La semina veniva fatta in semenzaio a partire da luglio, anzi, come  prassi nella cultura contadina, ove ogni pratica agricola aveva come riferimento il calendario liturgico, la semina del finocchio veniva fatta di Santu Pantaleu, ossia a partire dalla ricorrenza di San Pantaleone Medico e Martire che cade il 27 luglio, sino alla metà del mese successivo e si trapiantava in campo, in file, quando aveva sviluppato la quarta o la quinta foglia, cosa che si verificava dopo circa trenta-quaranta giorni.

La coltivazione di questi finocchi, iniziata e progredita nei tipici orti suburbani che caratterizzavano molti centri del Salento, dava luogo ad una produzione molto apprezzata per grossezza, bianchezza e tenerezza dei grumoli ed è sopravvissuta anche alle profonde rivoluzioni delle tecniche agricole che hanno caratterizzato il secolo scorso, sino a quando, pochi anni addietro, è iniziato inesorabilmente il loro declino prima ad opera di nuove varietà ibride a più rapido accrescimento quali: il Sirio, il Chiarino, il Montebianco e l’Helvia e infine di altre varietà, a sviluppo ancora più rapido, adatte al trapianto meccanico e che sviluppano un grumolo bianchissimo anche senza essere sottoposte a l’onerosa operazione di rincalzatura. E’ invece sopravvissuta, sebbene venga coltivata su scala più limitatata, un’altra antica varietà rigorosamente autoctona, nota come Finucchiu Luengu, la quale viene seminata a spaglio, molto fitta, onde dar luogo alla produzione di grumoletti che sono tradizionalmente richiesti, sovente in miscellanea con la Cicora Rizza, da nicchie di affezionati consumatori soprattutto nella stagione calda, periodo in cui scarseggiano molti ortaggi verdi, andando a costituire un alimento leggero, rinfrescante e rimineralizzante. Inoltre, questi finocchietti, secondo la tradizione popolare vengono somministrati alle puerpere per stimolare una più copiosa montata del latte.

Dal punto di vista nutrizionale, i finocchi confermano tutte le proprietà del progenitore selvatico, ma si possono definire ortaggi moderni, infatti, in risposta ai problemi di sovralimentazione della società moderna, sono apprezzati più per quello che non contengono, che per la loro nobile composizione alimentare.

I finocchi, specialmente se consumati crudi risultano ricchi di vitamina A e C, posseggono un buon contenuto di, calcio, fosforo, sodio e potassio; favoriscono la digestione e la diuresi, ma la caratteristica più apprezzata è quella di essere gli ortaggi in assoluto meno calorici, infatti,100 grammi di finocchi contengono solo 9 calorie, le stesse contenute in un grammo d’olio.

Finocchietti selvatici saltati

Mondate e lessate i grumoli teneri di finocchio selvatico, quindi passateli in una casseruola dove avrete fatto disfare nell’olio bollente delle acciughe salate. Mescolate, lasciate insaporire per qualche minuto e servite ben caldo.

Pasta con le sarde alla siciliana

Questa è la più tipica delle ricette siciliane ma ci sembra comunque importante riportarla in quanto rappresenta il trionfo della cucina mediterranea.

Ingr. : bucatini 1kg, sarde o alici fresche 1kg, finocchietto selvatico 1kg, acciughe sotto sale 7-8, cipolle ½ kg, uva passa 4 cucchiai, pinoli 4 cucchiai, zafferano 2 bustine, pangrattato (facoltativo)200 g, zucchero (facoltativo) q.b., olio extravergine d’oliva q.b., sale, pepe nero.

Eviscerate, lavate e diliscate le sarde aprendole a libro; mondate e lavate il finocchietto selvatico e lessatelo in abbondante acqua salata; dissalate le acciughe, diliscatele e sminuzzatele. Pelate la cipolla, affettatela finemente e fatela  appassire in un tegame ove avrete fatto scaldare un po’ d’olio, aggiungete i pinoli, l’uvetta e le acciughe sminuzzate. Unite il finocchietto, un mestolo della sua acqua di cottura e lasciate cuocere per qualche minuto, aggiungete al tutto anche lo zafferano. Unite una metà delle sarde e proseguite la cottura per un quarto d’ora, ovvero sino a quando si saranno spappolate. Controllate di sale e pepate. Friggete la restante parte e ponetele su di un foglio di carta a perdere l’unto in eccesso e salatele. Lessate i bucatini nell’acqua di cottura dei finocchietti, scolateli al dente e versateli nel tegame con il condimento e rimestateti diligentemente. Servite la pasta in piatti singoli e sistemate sopra ciascuna porzione alcune sarde fritte. A piacere potete spolverizzare il tutto di pepe nero macinato al momento. Volendo, potete cospargere i piatti con pangrattato tostato in padella con un velo d’olio, con qualche pizzico di zucchero, e infine, completare con un filo d’olio extravergine d’oliva. È un piatto molto piacevole anche freddo.

Minescia ti finucchiu criestu

Preparate un buon brodo di manzo o di scottona. In questo brodo, eventualmente sgrassato, calate i grumoli di finocchietto precedentemente sbollentati. Completate la cottura e servite la minestra caldissima con l’aggiunta di crostoni di pane bruscati e abbondante formaggio pecorino dolce grattugiato.

Finocchi gratinati

Mondate i finocchi delle parti dure e fibrose, divideteli in otto spicchi e lessateli in acqua salata. Scolateli, lasciateli raffreddare e metteteli in una ciotola, irrorateli d’olio extravergine d’oliva, cospargeteli con formaggio grana grattugiato, pepe nero macinato e prezzemolo tritato e sistemateli ben serrati in una teglia unta d’olio. Copriteli con delle fettine di scamorza o altro formaggio fondente, cospargete il tutto con un composto di pangrattato, formaggio grana, pepe nero macinato e prezzemolo tritato, spruzzate il tutto con acqua e olio, cospargete ancora con del grana grattugiato e infornata a180°C, sino a quando la superficie avrà acquisito la caratteristica e invitante colorazione.

Tortino di finocchi

Ungete una teglia di burro, disponetevi sul fondo un letto di fette di pane casereccio private della crosta e bagnate con il latte. Distribuitevi sopra i finocchi tagliati a spicchi (in ottavi) e lessati, coprite tutta la superficie con delle fette di uova sode, e di scamorza, spolverizzate il tutto con abbondante formaggio grana grattugiato e gratinate a 180 °C.

Pitta te fenucchiu

per la pasta: 750 gdi farina di grano duro,1 dl d’olio extravergine di oliva, 1 cubetto e 1/2 ( 40g ) di lievito di birra,30 gdi sale,15 gdi zucchero, farina per la spianatoia. Per la farcia:1 kgdi finocchi lessati o stufati,200 gdi scamorza o altro formaggio fondente a piacere, 2 tuorli d’uovo, 5-6 acciughe salate, olio extravergine d’oliva, pepe nero.

Mescolate la farina con il sale e ponetela a fontana sulla spianatoia, unite l’olio e intridetela diligentemente lavorandola con le dita. Aggiungete il lievito stemperato in un po’ d’acqua tiepida, lo zucchero e continuate ad impastare aggiungendo altra acqua tiepida sino ad ottenere un impasto elastico e morbido che porrete a lievitare in una ciotola in ambiente tiepido. Nel frattempo tritate diligentemente i finocchi con un coltello, riuniteli in un’altra ciotola, salateli se necessario e unite il formaggio e le acciughe tritate grossolanamente, irrorate d’olio, pepate e legate il tutto con i tuorli d’uovo. Quando l’impasto sarà lievitato, cosa di cui sarete certi quando questo sarà raddoppiato di volume, ungete una teglia tonda di circa30 cmdi diametro con olio di oliva dividete in due parti l’impasto e adagiate il primo sottile strato di pasta tirato con il matterello. Distribuitevi sopra il composto a base di finocchi. Ricoprite il tutto con l’altra metà di pasta, pennellate la superficie con olio e bucherellatela con i rebbi di una forchetta. Cuocete in forno a180 °Cper circa mezz’ora e comunque sino a quando la superficie avrà acquisito una bella colorazione dorata.

Liquore di finocchio selvatico

Ingr. : infiorescenze fiorite di finocchio selvatico n°30, acqua lt 1, alcol a 90° lt 1, zucchero g 800.

Ponete le ombrelle fiorite in un recipiente ermetico e versatevi sopra l’alcol. Possibilmente lasciate il vaso al sole, ritirandolo  durante la notte. Lasciate macerare per 30 giorni, agitando ogni tanto. Preparate a caldo uno sciroppo con l’acqua e lo zucchero, lasciatelo raffreddare e unitelo agli altri ingredienti. Mescolate bene, filtrate quindi imbottigliate e tappate.

 

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