Non siate, donne, come le sorbe!

 
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La Survia del Salento leccese, il Sorbo ( Sorbus domestica L.)

 

 

di Antonio Bruno

Le donne come un frutto: la Survia del Salento leccese! Un frutto antico il Sorbo ( Sorbus domestica L.) che è originario dell’Europa Meridionale, dalla Spagna alla Crimea e all’Asia Minore, e che meriterebbe di essere presente sulla nostra tavola che sempre più spesso subisce la “monotonia” dei frutti dai sapori sempre uguali, che oramai non provocano “stupore”. In questa nota le caratteristiche di questo frutto del Salento leccese.

Leo (Lionardo) Vinci da non confondere con il geniale Leonardo da Vinci è un compositore e maestro di cappella vissuto intorno al 1600 che inserì il brano che segue nella sua commedia “Lo cecato Fauzo”

So’ le sorbe e le nespole amare,

So’ le sorbe e le nespole amare,

ma lo tiempo le fa maturare

e chi aspetta se ll’adda magna”,

se ll’adda magna’, se l’adda magna’,

se ll’adda magna’, se l’adda magna’,

So’ le sorbe e le nespole amare,

ma lo tiempo le fa maturare

e chi aspetta se ll’adda magna’,

se ll’adda magna’, se l’adda magna’,

se ll’adda magna’, se l’adda magna’,

Accussi’ so’ le femmene toste,

che s’arrangiano quanno t’accuoste,

tiempo e purchie le fanno ammulla’,

tiempo tiempo, purchie purchie,

tiempo e purchie le fanno ammulla’

Naturalmente le “purchie” altro non sono che i soldi!
Il Sorbo ( Sorbus domestica L.) è conosciuto nel Salento leccese con il nome di survia.
Il territorio rurale del Salento leccese è stato storicamente plasmato dall’attività di tanti agricoltori e basta fare una passeggiata per cogliere immediatamente la correlazione tra il sistema produttivo agricolo e la presenza di torri, castelli e masserie fortificate. Proprio in queste piccole porzioni di territorio una volta abitate dai nostri antenati è possibile cogliere una particolare forma di paesaggio, caratterizzata dalla presenza di colture tradizionali, spesso non più redditizie, che sono in stato di abbandono con il rischio di estinzione di alcune specie e varietà vegetali.

Ed è in queste particolari porzioni di territorio rurale del Salento leccese che è possibile la coesistenza di diverse condizioni produttive e paesaggistiche in un dinamico equilibrio ambientale che è ogni giorno a messo a rischio da una antropizzazione che rischia di far divenire il Salento leccese un’unica megalopoli popolata da case e strade.

Nel classico giardino familiare della masseria delle Cesine a Vernole del Salento leccese, piantato a lato della corte con lo scopo di avere sempre nella masseria un po’ di tutto, o meglio, almeno un frutto per ogni mese dell’anno, c’è un albero di Sorbo (Sorbus domestica L.).

da Wikipedia

Fra’ Domenico Palombi ha rinvenuto nel territorio del Comune di Martano del Salento leccese e di Carpignano Salentino alberi di Sorbo.

Nella determinazione del dirigente del Servizio Foreste della Regione Puglia del 26 marzo 2010, n. 65 in tema di “Disposizioni attuative per la raccolta ed epoche di raccolta del materiale di moltiplicazione forestale nei boschi e popolamenti da semi della Regione Puglia” si legge di un intervento finalizzato ad eliminare specie dominanti per dare spazio a specie sporadiche, tra cui c’è il sorbo.

Anche l’Università del Salento ha rilevato in uno studio la presenza del Sorbo anche se ha registrato un inselvatichimento dell’albero che una volta era coltivato (Curti et alt. 1974).

Roberto Quaranta, Marcello Solferino e Fabrizio Licchelli nel loro progetto “Piccoli Giardini” a Tiggiano del Salento leccese hanno previsto uno spazio chiamato “Alberi della memoria o dei frutti dimenticati” dove c’è il Sorbo. L’area di progetto si sviluppa lungo la direttrice di attraversamento del paese, che collega i comuni di Alessano, Corsano, Tricase: una strada che non è quasi più trafficata e che lascia spazio a un Giardino che tiene conto degli alberi del Salento leccese che rischiano l’estinzione e tra questi c’è appunto il Sorbo e che si ricollega alla tradizione dei Giardini delle Masserie del Salento leccese.

da Wikipedia

L’albero do Sorbo è elegante e ciò gli da titolo per essere presente nei parchi urbani e nei frutteti. E’ alto fino a 13 metri, molto longevo, i rami sono grigi e la gemma quasi glabra e vischiosa. Le foglie sono alterne e lunghe fino a 20 cm, con 6-10 paia di foglioline ovale o lanceolate sessili, dentate ai margini e acute all’apice. I fiori sono numerosi con il calice a cinque lacinie triangolari acute. Il frutto e’ lungo da 2 a 4 centimetri, di colore giallo-rossastro-arancione e punteggiato diventa di colore bruno a maturità. La polpa è verdognola e dolce quando il frutto è maturo.
Si adatta ovunque e ciò rende il Sorbo un’essenza utile alla valorizzazione di ambienti marginali.

La verità è che le sorbe che cogliamo dall’albero sono immangiabili ed è per questo che il Vinci le paragona alle donne particolarmente rinunciatarie e cocciute.

Le sorbe appena raccolte sono astringenti ed allappanti, ma se si attende facendole maturare ancora, ad esempio nella paglia, ecco che le sorbe arrivano all’ammezzimento, che è un processo mediante il quale i frutti acerbi, riposti ben distanziati l’uno dall’altro, su un vassoio di cartone o cassetta di legno, vengono conservati in un luogo asciutto e senza luce, fino a che non avranno raggiunto la giusta maturazione.

Dai frutti si ricavano anche marmellate e confetture, mentre dal legno durissimo e compatto dell’albero, si ricavavano un tempo, viti, ingranaggi ed altre componenti di attrezzi e utensili complessi come torchi e fucili.

Ma cosa significa la parola Sorbo? Sorbo deriva dal latino “Sorbus” che a sua volta deriva dal celtico “Sor”, che significa aspro.
Le tradizioni celte volevano che l’edera, il caprifoglio e il sorbo venissero intrecciati insieme in una corona e posti sotto i contenitori del latte per preservarne la salubrità.

Il medico greco Galeno, le consigliava come rimedio contro la dissenteria, infatti, sono diuretiche, astringenti, antinfiammatorie, lenitive, in questo caso, è consigliabile utilizzare frutti ancora più acerbi.

Questa sua capacità medicinale deriva dal fatto che possiedono dei principi attivi, sostanze peptiniche e tanniniche, acidi organici specialmente acido sorbico, malico, citrico e tartarico, sorbitolo (o sorbite).

Le testimonianze dell’uso del sorbo sono molto antiche: le prime risalgono al 400 a.C. in Grecia, i Romani lo fecero conoscere al resto dell’Europa.
Presso i romani è ampiamente documentato l’uso dei frutti del Sorbus Domestica. L’importanza di avere di questi frutti in dispensa è ricordata da Catone nel De Agricoltura,144 (CLII): “Tenga in dispensa: pere secche, sorbe, fichi, uva passa, uva in marmitte, mele stanziane in doglio e tutti gli altri frutti che è uso conservare, anche quelli selvatici, li conservi ogni anno con diligenza “.

Virgilio, nelle Georgiche (III, 380), narrando di popolazioni che vivevano nell’Europa dell’Est, a nord del Mar Nero, racconta che dopo cacce al cervo nella neve si riunivano in grotte dove accendevano grandi fuochi e “…trascorrono la notte nel gioco, e allegri imitano la bevanda delle vigne con quelle di orzo fermentato e acide sorbe”.

Plinio, nella sua opera Naturalis Historia, riferisce che: “alcune di esse sono tonde come mele; alcune aguzze come pere, altre ovate come son certe mele, queste rinforzano tosto. Le tonde sono più odorose e più delicate che le altre. L’altre hanno sapore di vino”.

Columella, nel suo De re rustica dà consigli sulla piantagione: “…le sorbe… piantale dopo la metà dell’inverno fino a metà febbraio”, sul modo di conservarle “raccoglile a mano con diligenza e mettile in piccoli orci spalmati di pece. Alcuni conservano molto bene il frutto nel vino passito o nel vino cotto, aggiungendovi una specie di tappo di finocchio secco dal quale le sorbe siano tenute bene in fondo”.

Apicio raccomanda un piatto caldo e freddo con le sorbe. “Prendi delle sorbe, puliscile, pestale nel mortaio e passale alla staccio. Snerva quattro cervella scottate, mettile nel mortaio con una decina di grani di pepe, bagna di salsa e pesta. Aggiungi le sorbe e amalgama, rompi otto uova, aggiungi una tazza di Salsa. Ungi una padella pulita e mettila sulla brace calda sopra e sotto. Quando sarà cotta cospargi di pepe tritato fine e servi”.

Lo scrittore Alexandre Dumas, consigliava di mangiarle, quando raggiungono una condizione intermedia tra la putrefazione e la maturazione, stato che chiamava di “mezzo”.

Stefano Giacchino, cultore del mondo forestale, sostiene che “La sorba può essere conservata in due modi: o lasciandola ammorbidire per qualche tempo su un letto di paglia o “alla sicana” (incastrati in un rametto di salicone o di salice in modo da formare un grosso grappolo)”. Inoltre fa menzione di un ecotipo di sorba, presente nei monti Sicani, detta “natalina”, leggermente più grossa della varietà comune è di colore rosso, così chiamata poiché giunge a maturazione nel periodo “natalizio”.

Bibliografia
Francesco Minonne con il Patrocinio scientifico dell’Orto Botanico dell’Università del Salento: Il Sorbo domestico (Sorbus domestica L.)

Mele, P. Medagli, R. Accogli, L. Beccarisi, A. Albano & S. Marchiori: Flora of Salento (Apulia, Southeastern Italy): an annotated checklist

FRA’ DOMENICO PALOMBI: ELENCO GENERALE DELLE PIANTE ERBACEE ED ARBUSTIVE, OFFICINALI E NON, E DI QUELLE COLTIVATE, MA CON PROPRIETA’MEDICINALI, RINVENUTE NEL TERRITORIO DI MARTANO E, MARGINALMENTE, IN QUELLO DI CARPIGNANO SALENTINO.

Roberto Quaranta, Marcello Solferino, Fabrizio Licchelli: Piccoli Giardini

P. Dal Sasso, G. Ruggiero, G. Marinelli: I SITI RURALI STORICI

Guida al Bosco didattico Ponte Felcino – Perugia

Roberta Conversi: Sorbolo L’origine del nome

Domenico Saccà: Cu lu tempu e cu la pagghia, maturanu li sorba

Mario e Giuseppe Liberto: Sorbo, il frutto dei nonni e della pazienza

I prodotti nella storia: Scoperte, viaggi e tradizioni dei cibi nella storia dell’uomo

Marzia Mariscalco – Le sorbe: ricordo di antichi sapori

Annamaria Ciarallo – Ricettario: i prodotti degli orti di Pompei utilizzati in cucina

Virgilio, Georgiche (III, 380)

Plinio: Naturalis Historia

Columella, De re rustica

Catone, De Agricoltura,144 (CLII)

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