La Fondazione Terra d’Otranto sollecita il recupero della fontana di Gallipoli

Il 12 settembre 2012 la nostra Fondazione ha inoltrato una lettera al Sindaco di Gallipoli per sollecitare il recupero ed il ripristino della fontana di Gallipoli, un bene architettonico che fino a qualche anno addietro arricchiva ed impreziosiva l’ex mercato coperto, ma ancor prima era collocata all’ingresso della città, nelle immediate vicinanze dell’altra fontana, più celebre, nota come “fontana greca”. Una bellissima incisione la ritrae nel sito originario, da cui fu spostata non si sa quando, per essere ricollocata nel centro storico, quindi rimossa e abbandonata  alla periferia della Città, dove ancora si trova.

La segnalazione del nostro socio Pietro Barrecchia non poteva lasciarci indifferenti e quindi ci siamo attivati per inviare la lettera riportata in basso, che ci piace condividere con i lettori. Siamo certi che il Sindaco dr. D’Errico, che ha già espresso verbalmente la volontà di intervenire, riporterà il manufatto alle originarie condizioni, collocandolo in un sito idoneo.

“Vue du Port et de la ville de Gallipoli située sur le golf de Taranto”.
Di 219x147mm, fu disegnata dal pittore e architetto Jean Louis Desprez o Des Prez (Auxerre, 1743 – Stoccolma, 18 marzo 1804), fu incisa da Martini. E’ tratta dal terzo volume del “Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile” del collezionista Jean-Claude Richard abbé de Saint-Non, che pubblicò tra il 1781e il 1786 presso l’editore Clousier a Parigi. Il volume con la nostra veduta fu stampato nel 1783.
particolare della precedente veduta di L. J. Desprez (1783), con la fontana allora zampillante, collocata di fronte all’attuale chiesa di S. Maria del Canneto
ecco la fontana oggi, alla periferia della città
particolare con la targhetta in cui si riesce a leggere solo “Taranto” nella parte centrale. Dovrebbe trattarsi della Ditta che ha realizzato, rifatto o restaurato la fontana
foto di qualche mese fa
la fontana localizzata con Google Maps

Per ulteriori informazioni rimandiamo all’articolo di Pietro Barrecchia:

Gallipoli e la sua fonte abbandonata

Se ne è parlato anche in:

L’Antica Fontana abbandonata di Gallipoli

Al Signor Sindaco

della Città di Gallipoli

Oggetto: segnalazione e proposta di recupero dell’antica fontana bronzea

 

Cogliendo l’occasione per porgerle il migliore augurio a nome della Fondazione Terra d’Otranto per un proficuo lavoro nell’espletamento del suo recente incarico, conoscendo la sensibilità da Lei usata verso i beni artistici, architettonici e naturali che rendono la Città Bella unica nel suo genere, Le segnaliamo l’incresciosa situazione in cui versa un bene architettonico che fino a qualche anno addietro arricchiva ed impreziosiva l’ex mercato coperto, nel centro storico di Gallipoli.

A seguito dei lavori di restauro e revisione dell’antico stabile commerciale l’antica fontana bronzea è stata asportata ed attualmente è abbandonata in un terreno periferico, tra le sterpaglie, a ridosso della nuova struttura del Municipio.

La datazione esatta del manufatto è incerta e la targhetta apposta, ammesso che vi fosse indicata pure la data, è così corrosa da consentire di leggere solo TARANTO nella parte centrale.

La fontana, comunque, è certamente anteriore al 1783, anno in cui l’Abbé de Saint-Non pubblicò presso l’editore Clousier a Parigi il terzo volume del suo Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile (1781- 1786). Esso contiene una tavola che costituisce l’unica rappresentazione a noi nota della fontana. Alla presente si allegano alcune foto esplicative, oltre alla riproduzione integrale della tavola e il dettaglio che a nostro avviso rappresenta un punto imprescindibile di riferimento per qualsiasi intervento di ripristino che, in attesa di tempi migliori, si auspica possa seguire a quelli di recupero, provvisoria sistemazione protetta ed eventuale restauro di ciò che resta.

Atteso il nostro interessamento per tali opere e confidando nella sua sensibilità, oltreché in quella di primo cittadino, certi di non ostacolare la sua mansione ma collaborando e condividendo il medesimo obiettivo, tendente a far risplendere nuovamente la nostra Terra, Le chiediamo di voler restituire all’intera comunità l’antica fontana bronzea per ampliare il percorso turistico e culturale del territorio, magari collocandola a ridosso del moderno portico di Piazza Medaglie d’oro o in altra dignitosa sede che Lei riterrà opportuna.

Fiduciosi in un suo tempestivo e mirato intervento, in conformità con le nostre finalità statutarie al servizio della comunità di Terra d’Otranto, siamo ben lieti con la presente segnalazione di offrire il nostro contributo per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni artistici del territorio.

Che non appaia la presente richiesta un atto travalicante le nostre prerogative e competenze, ma sincero sostegno del bene comune, piccolo ma  doveroso gesto di amore e rispetto per quanto ci è stato tramandato e che abbiamo il dovere di trasmettere quanto più possibile integro a chi verrà dopo di noi.

 

 

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13 Commenti a La Fondazione Terra d’Otranto sollecita il recupero della fontana di Gallipoli

  1. Nessuna relazione vi è tra la fontana (del tutto fantastica) nell’incisione del Des Prez e la vasca in ghisa fusa di cui si parla che è un manufatto moderno del 1889 realizzata appoositamente per il Mercato Coperto di Gallipoli luogo da cui è stata rimossa in occasione dei recenti restauri. Spero che anche questo manufatto venga al più presto restaurato e ricollocato in sito superando le eventuali ragioni che ne hanno suggerito la rimozione.

  2. Un piacere leggere Elio Pindinelli, profondo conoscitore della storia di Gallipoli ed autore di numerose pubblicazioni. Apprezziamo la sua precisazione sulla vasca in ghisa, finalmente databile al 1889 e simile, forse per casualità, a quella del Des Prez. Resta sempre valido il nostro appello a recuperare il bene

  3. Quindi la fontana sarebbe stata prima immaginata dal Desprez e solo un secolo dopo realizzata fedelmente e collocata in altro luogo rispetto a quello rappresentato nell’incisione? Inoltre, come mai il Desprez aggiunge questo elemento fantastico in un contesto che per tutto il resto è aderente a quello reale (Santa Maria del Canneto, profilo della città, castello, fontana greca, ponte, ecc)?

  4. Le domande di Pier Paolo sono anche le mie. Sarebbe interessantissimo, pertanto, conoscere da Elio Pindinelli, se è possibile, i dati documentari che sono alla base della sua preziosa informazione/rettifica.

  5. Secondo me il Desprez è un semplicissimo chiaroveggente… Inoltre nel profilo dell’incisione è possibile scorgere i numeri della prossima estrazione del Superenalotto!

  6. Innanzitutto un caro saluto a Marcello Gaballo, poi una osservazione: si è partiti da un assunto errato, che cioè la fontana del Des Prez sia uguale a quella di cui in discussione. Ciò che non è affatto vero. La prima ha una pancia arrotondata con i fianchi molto alti lungo i quali si aprono bocche di leone da cui sgorga l’acqua in una grande vasca in pietra dai contorni mistilinei. La seconda, diremmo oggi, a corolla non ha fianchi ma un semplice bordo a ovolo. Ma soprattutto non ha la serie di bocche di leone della prima. La fontana del Des Prez è un elemento puramente decorativo, inventato dall’autore (e non documentato storicamemente) al ine di scenografare l’ambiente secondo un sistema illustrativo barocco tendente alla teatralità e al coinvolgimento emozionale, con l’effetto di rendere in primo piano la ribalta sul cui sfondo, in proscenio diremmo, si staglia la città. Un artificio prospettico, insomma, di cui fanno parte con la fontana tutti gli altri elementi raffigurati nel disegno del Des Prez, traslato poi nell’incisione in acciaio del Martini per il Saint Non. Una incisione questa che ha da sempre infiammato le fantasie romantiche dei nostri scrittori, poco avvezzi alla ricerca storiografica, tanto da immaginare nella possente colonna centrale il termine dell’antica via Traiana, quando invece è riferibile ad un osanna commemorativa della Sacra Missione intrapresa a Gallipoli dai Gesuiti nella prima metà del ‘700. L’immagine della città di gallipoli restituitaci dal Des Prez è paesaggisticamente fedele, ma altrettatanto carente di verità nel dettaglio. Un esempio? La fontana antica (che certamente greca non è ne lo è stata mai…anche qui fantasie e orgoglio municipalistico hanno svolto il loro ruolo) ha una struttura interamente sagomata e corniciata, con un timpano superiore assurdo ed un basamento privo delle vasche rinascimentali, così come mancano le raffigurazioni dei tre comparti centrali. Nel dettaglio fu assai veritiero invece il Ducros che nel 1778 acquarellò magistralmente la fontana di Gallipoli con le sue mitiche illustrazioni. Naturalmente faccio queste riflessioni per chi intenda seriamente affacciarsi agli studi storiografici e alla conoscenza del nostro passato. In merito alla vasca in ghisa posso dire che l’acquisto, da parte di Vincenzo Pulito appaltatore dei lavori di costruzione del Mercato coperto di Gallipoli, è documentato nel conto finale dei lavori (archivio storico comunale. L’iodea progettuale era quella di collocare nel Mercato una vasca in pietra leccese ma, per considerazioni legate alla facile usura nel tempo del manufatto, fu sostituita con altra in ghisa fusa a Taranto, patria dell’appaltatore. Un’ultima curiosità: la vasca fu contabilizzata a L. 991,25, prezzo calcolato sul peso totale di Kg. 1525

  7. Premesso che la fedeltà del dettaglio latita in moltissime rappresentazioni del genere (faccio un solo esempio: il tempietto dell’Osanna a Nardò nella carta del Blaeu del 1676) , e che, quindi, non può essere assunta come prova regina per l’identificazione, va pure detto che i dati forniti (ringrazio Elio Pindinelli per la sollecita risposta) meriterebbero, forse, uno studio più accurato per tentare di decifrare, finché si è in tempo, oltre TARANTO, il resto del testo della targhetta (molto probabilmente contiene pure la data). Preso atto delle prove documentarie mi lascia, tuttavia, perplesso il fatto che proprio la fontana, peraltro in secondo piano rispetto alla colonna centrale, sia l’unico dettaglio inventato di sana pianta per esigenze di ordine scenografico. E a questo punto mi viene una domanda ancora più angosciosa di quella che mi porrei se, nel frattempo, sparisse anche l’oggetto più recente attualmente abbandonato: la fontana del Des Prez, se non è frutto della fantasia del disegnatore, che fine ha fatto?

  8. In realtà il sign. Pindinelli non si rende conto di contraddirsi più volte nel suo intervento e di avvalorare con il suo ragionamento l’ipotesi che la fontana raffigurata dal Des Prez esistesse per davvero ed era uguale o addirittura identica a quella il cui recupero si è sollecitato. Non si tratta qui di documenti ma di sillogismi fallaci e deduzioni sbagliate. Mi spiego. Proprio il fatto che anche gli altri elementi riprodotti nell’incisione, come la cosiddetta “fontana greca”, siano riprodotti con delle imperfezioni di dettaglio su cui Pindinelli si sofferma (PREMESSA LOGICA) lascia cadere tutta la prima parte del suo ragionamento, laddove egli vorrebbe negare che si tratti del medesimo oggetto in virtù delle differenze di dettaglio rilevate (CONSEGUENZA)! Questa, ripeto, è questione di ragionamenti fallaci, non di specifica metodologia storiografica! Se assumiamo come fa il Pindinelli che l’incisore è impreciso nei dettagli ma fedele nella riproduzione paesaggistica, si avvalora dal punto di vista logico l’ipotesi dell’esistenza di una fontana (in assoluto l’unico elemento inventato e frutto di fantasia nella riproduzione!) in quel luogo, e non il contrario come lo stesso Pindinelli vorrebbe sostenere negando l’esistenza di una fontana! Questo, a rigor di logica. Per il resto devono parlare i documenti, i riferimenti empirici, ma senza una struttura logica che permetta di connetterli in strutture di argomentazione valida i dati restano muti. E se si opera male coi sillogismi, non solo non si fa buona ricerca storiografica, non si fa proprio ricerca tout court! Dunque assumendo i presupposti del Pindinelli stesso (ossia, il Des Prez è fedele nel paesaggio ma impreciso nei dettagli) la fontana in quel posto è ancor più probabile che esistesse. A questo punto sorge spontanea la domanda di sopra di Armando! Una domanda: quali prove ha il sign. Pindinelli per affermare che il Des Prez abbia inventato il particolare della fontana, può esibirle gentilmente? Se non può la sua affermazione resta assolutamente arbitraria!

  9. Non so in quali cimenti storiografici si sia impelagato mai il signor Tarsi e non so quindi in quali occasioni egli abbia mai applicato metodologie storiografiche in lavori magari accolti in studi di ricerca. Me ne scuso con lui per non avere avuto perciò possibilità di apprezzarne il valore. Un fatto è certo comunque: la vasca in ghisa è altra cosa sia per disegno che per materiale fusorio da quella del Des Prez. In merito al ruolo giocato dalle raffigurazioni del De Prez nella diaristica dei viaggiatori del “Grand Tour” consiglio di approfondire la nutrita bibliografia sull’argomento e se il signor Tarsi lo ritiene utile leggere qualcuno dei miei numerosissimi saggi storiografici fin troppo benevolmente accolti nel contesto della storiografia salentina. Intervenendo avevo pensato di dare un contributo all’errata credulità che la vasca in ghisa fosse quella del ‘700. Non vorrei pensare di aver sbagliato vista la pretesa di esibizione delle prove quasi fossi io l’imputato e il signor Tarsi il giudice. Funzione che forse crede di derivargli dal fatto di ricoprire la carica di Vice Presidente della Fondazione? Se così fosse lo ritengo sbagliato.

  10. Gentile sign. Pindinelli, vedo che lei continua a prendere abbagli categoriali e scivoloni logici. A qualcuno che le facesse notare un errore di sintassi o di grammatica in uno dei suoi “numerosissimi saggi” lei chiederebbe per caso di esibire la patente di storiografo? Non credo, vero? Se lo facesse commetterebbe infatti una grande ingenuità! Allo stesso modo, mutatis mutandis, se qualcuno le fa notare un errore logico in una sua presunta dimostrazione lei non dovrebbe chiedere quali opere storiografiche costui abbia scritto! Se lo fa, continua a prendere abbagli. Pertanto, mi spiace deluderla, ma ha sprecato solo tempo cercando miei lavori in materia storiografica, non potrà infatti mai apprezzare la metodologia storiografica del sottoscritto per la semplice ragione… che non mi occupo affatto di storiografia, ovvio! Quel che mi premeva farle notare nel suo precedente ragionamento (cosa che non ha niente a che vedere con la mia perizia metodologico-storiografica!) è il mancato rispetto delle regole logiche che governano i sillogismi e che, in quanto norme logiche, sono meta disciplinari, ossia trasversali a tutti le discipline, storiografia compresa (non a caso sin da Aristotele la logica è considerato strumento – organon – propedeutico a tutti i saperi!). Venendo alle questioni specifiche: l’imprecisione del dettaglio del Des Prez, le ripeto, non può essere utilizzato come prova del fatto che le due fontane non fossero il medesimo oggetto per la semplice ragione (da lei stesso evidenziata peraltro!) che il Des Prez non è preciso (a suo stesso dire, se non mi crede legga sopra!) nemmeno con gli altri oggetti rappresentati nell’incisione. Questo genera una contraddizione palese ed innegabile (rilevabile anche da colui che non ha mai letto un rigo di storia, spero sia chiaro ciò) che fa crollare tutta la parte dell’intervento in cui lei si presta a tale argomentazione. Al rispetto della logica, che ci piaccia o no, nessuno si può sottrarre, nemmeno gli storici di professione (è un’implicazione logica anche questa)!
    Andando oltre. Vorrei farle notare inoltre che lei mette sullo stesso piano due questioni del tutto scisse dal punto di vista logico. Un conto è dimostrare con i documenti e i dati di cui si dispone che la vasca ritrovata (e segnalata dalla Fondazione per evitare che resti nello stato di abbandono e degrado attuale) sia quella ottocentesca che era posta nel mercato coperto, ossia l’oggetto citato nei documenti a cui lei si riferiva, e non la fontana rappresentata dal Des Prez. Per tale sua precisazione storiografica le siamo tutti grati, sia chiaro! Lei però non si limita a questo. Lei aggiunge dell’altro, ossia afferma che la vasca rappresentata nell’incisione non è mai esistita. Non vi è alcuna relazione di necessità logica tra le due questioni. E di quest’ultima questione le avevo appunto chiesto le prove. Dal momento che è uno storico serio, comprenderà che è importante fornire prove delle proprie affermazioni, soprattutto nel web, dove le informazioni circolano veloci anche quando sono arbitrarie e non accertabili. Nessun giudice e nessun imputato dunque, solo onestà intellettuale! Anche se non fossi il vicepresidente farei le medesime richieste a colui che affermasse qualcosa senza fornire prove, chiunque sia. L’ipotesi che il Des Prez abbia inserito fantasiosamente quella fontana nel paesaggio rappresentato a scopi scenografici è un’ipotesi, non una prova: dal punto di vista logico la differenza tra i due elementi è molto marcata come saprà. Per questo le avevo chiesto una prova. Prova non fornita però, devo farle notare.
    Infine, mi rendo conto che il mezzo attraverso cui stiamo comunicando può dare adito a travisamenti e falsificazioni circa le intenzioni reali per cui interveniamo, pertanto le mie parole potrebbero aver dato adito a suoi travisamenti e risentimenti (o quelli che, forse sempre per la povertà informativa del canale, mi paiono tali). Per tali ragioni mi pare opportuno precisare che le mie critiche (che ritengo ancora ineccepibili) non si riferivano alla persona ma all’oggetto di trattazione. Non so se lo stesso vale per lei dal momento che mi pare aver personalizzato il confronto. Forse una conversazione vis-a-vis alla prima occasione – spero capiti – potrebbe essere più indicata per ridiscutere con leggerezza la questione.
    Cordiali Saluti
    Pier Paolo

  11. La logica dell’argomentazione storiografica non è filiale della logica comunemente intesa, poiché essa è “frutto della profonda riflessione sui fondamenti della conoscenza storica e sulla natura del passato. Essa combina la creatività delle domande e delle ipotesi con il rigore intrinseco ed estrinseco dei documenti”. Ecco perché mi rendo conto, tardivamente, di aver sbagliato a intervenire. Dico ciò perché avevo pensato che un sito, espressione di una Fondazione di tipo culturale, con un comitato scientifico di tutto rilievo, avrebbe potuto recepire la sostanza concettuale dei miei riferimenti. Né mi sarei aspettato da parte del suo vice presidente osservazioni del tipo: se il Des Prez l’ha disegnata, la fontana al Canneto deve pur essere esistita. Una domanda tipica di chi non è abituato a considerare che ogni documento è calato in un preciso contesto culturale e storico e che come tale è soggetto ad analisi e confronti con una miriade di altri documenti che con riferimento al caso che ci occupa fanno, inequivocabilmente, escludere l’esistenza, in quel luogo, della fontana. A partire dalla stessa natura giuridica del territorio su cui la fontana appare raffigurata, che era di proprietà del Primiceriato della cattedrale di Gallipoli e concesso a canone per pascolo e orto e anche allo stesso Comune di Gallipoli in occasione dell’impianto, ogni anno, della Fiera del Canneto. Avrei dovuto forse fare menzione della vasta cartografia che tra XVI e XIX secolo descrive quel territorio, fino allo stesso catasto onciario della metà del ‘700? Oppure avrei dovuto rimarcare l’incongruenza lapalissiana di quell’enorme zampillo che fuoriesce dalla vasca, che non poteva non essere alimentata dalle condotte della fontana antica (popolarmente detta greca) e ciò per intrinseca configurazione fisica del territorio circostante, una lingua di terreno racchiuso tra il mare del Canneto e quello della Giudecca. Tali condotte avrebbero dovuto avere una portata cento volte superiore a quella effettiva ed essere collocate ad altezza tale da imprimere (a caduta) pressione sufficiente. Particolare che lo stesso Des Prez aveva certamente pensato, tanto da immaginare la fontana antica (monumentale più del reale e tale da sovrastare la stessa altezza della chiesa del Canneto) collocata in luogo eminente (tanto da essere costretto ad amplificare l’altezza delle arcate del ponte). Per tutto ciò e per tant’altro avrei dovuto sciorinare un saggio zeppo di riferimenti documentali non dimenticando di rammentare, magari, che la logica storiografica fa tesoro della ricerca analizzando scrupolosamente le fonti, legandole assieme in modo da farne scaturire una credibile ipotesi? Non l’ho fatto, dando così involontario appiglio ad osservazioni che forse partivano dal profondo di una disillusione, che meritava un passaggio di tipo consolatorio. Detto ciò, chiudo per sempre questa parentesi evitando, così, ulteriori defatiganti querelles, costruite addirittura sui sillogismi. Colgo comunque l’invito a parlare vis a vis con il sig. Tarsi, quanto meno per confermare il mio indubbio rispetto per la sua persona pur non condividendo il presupposto (cosiddetto logico) delle sue osservazioni.

  12. Gentile sign. Pindinelli, chiudiamola qua come suggerisce, tanto più se discutere le pare una querelle defatigante più che un piacere, come avrei sperato. Se lei frequenta questo sito vedrà che noi siamo avvezzi alle discussioni come fossimo in un’agorà antica, ma siamo e ci consideriamo tutti amici volti alla conoscenza di questa terra, e abbiamo gran piacere a discorrere. Troverà, per farle un solo esempio, interminabili “querelle” se sfoglia il sito tra me ed Armando (gran rompi maroni, mi creda, ma resti tra noi eh), eppure le assicuro che se c’è una persona che stimo incondizionatamente su questo pianeta è proprio Armando, giusto per farle comprendere lo spirito che ci anima! Non si penta pertanto di essere intervenuto, ed anzi, se può lo faccia più spesso e scriva qualche pezzo magari, è di questo che andiamo in cerca! Non ho mai inteso affermare che se quella fontana è stata disegnata allora DEVE esistere, mi spiace che abbia compreso questo dei miei interventi precedenti. Infine, la ricerca storica ha la sua propria metodologia, non la propria logica, se vogliamo usare i termini in modo rigoroso. Ad ogni modo, lasciamo perdere, il caffè lo pago volentieri io se ci sarà l’occasione che spero, così mi faccio perdonare l’averla delusa. Quanto al mio essere vice presidente di questa fondazione è cosa che non deve sopravvalutare troppo: parlo, scrivo e penso a titolo personale, mi sono firmato Pier Paolo, non vice-presidente, pertanto non allarghi alla fondazione il suo senso di delusione ma lo riferisca al sottoscritto. I titoli mi fanno sorridere, anche quelli che ho dovuto sudare una vita per acquisire. Io discuto con le persone, non con i loro titoli! Un caro saluto
    Pier Paolo

  13. Quale necessità o quale cortesia avrebbe spinto il Desprez ad ornare di elementi fantastici la rappresentazione della sola Gallipoli? Non è stato fatto per Brindisi, Maglie, Nardò,…Trani…. un caso a parte e verificato se F.Silvestri nel suo “Valore della documentazione grafica e fotografica per la storia della Città di Brindisi”, così riporta:”(…) L’arch. Franco Schettini, già soprintendente ai monumenti di Puglia, che aveva dedicato la sua appassionata competenza al restauro del duomo di Trani, mi scrisse da Bologna una lettera che traboccava di lieta sorpresa per aver potuto constatare, attraverso la bellissima incisione di Jan Louis Desprez raffigurante appunto il Duomo di Trani, che aveva avuto ragione nel sostenere ed attuare certe ricostruzioni ornamentali che erano sembrate quasi sacrileghe e che invece trovano conferma della loro esattezza e del saggio intuito che le aveva suggerite, nella stampa, e cioè nel documento del Deprez”. Ed a proposito della colonna “traiana” alcuni storici (E.Vernole, G.Uggeri, P.Renna, A.Barbino, C.Saladini) fanno esplicito riferimento ad essa. E’ pur vero che i gesuiti nel 1742 pervennero in missione in Gallipoli ed a loro si deve il germe della costruzione originaria della chiesa di s.Luigi (sono privato, nella mia ridotta conoscenza dell’erezione di una colonna “osanna” in tale occasione, ma ribadisco che è limitato alla mia conoscenza non a quella altrui!) Altro argomento è trattato da B.Ravenna, il quale narra del trasporto e ricollocazione della Fontana vecchia (c.d. greca). Nell’attesa della ricollocazione dell’artistica fontana che mena acqua da “tre tubi di bronzo situati a tre mascheroni” prima dell’ultima collocazione si trasportò vicino alla distrutta chiesa di “S.Nicola al porto”. “Ivi si costruì un picciol Fonte che versava l’acqua da un sol tubo e vi si osservano le vestigia prima che si livellasse la strada nuova per la progettata costruzione del borgo. Finalmente nell’anno 1560 trovandosi sindaco Gio:Pietro Abbazio fu condotta ove oggi si trova (…)” A quale fonte allude il Ravenna? La colonna Traiana risulta leggendaria? La storiografia è la favola della storia? Vorrei “seriamente affacciarmi agli studi storiografici ed alla conoscenza del nostro passato”. Ma come affidarsi a fonti di “scrittori poco avvezzi alla ricerca storiografica”? Opuure sono da tenere in considerazione? Oltre la “querelle” settecentesca o ottocentesca ed alle ovvie considerazioni circa le (im)precisioni del disegno artistico, mi sembra necessario che venga affidato ai posteri un “picciol fonte” che non apprivi il futuro di elementi certi sulla sua esistenza e che racconti, tramite il suo restauro e ricollocazione, anche i luoghi dove è stato custodito. E visto che i tempi della sua nascita sono relativamente recenti, si potrà gustare anche la causa che lo ha visto fondere. Un piccolo apporto alla storia maestra, mentre io mi attenaglio tra dubbi storiografici vacillanti o imbalsamati, presuntuosi o fantasiosi, immaginando il ghigno della storia, madre e sovrana che per orgoglioso pudore tace.

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