Zuèccu, zzoca, zzucàre

di Armando Polito

La serie proposta oggi nel titolo è il classico esempio di voci più o meno omofone, cioè dal suono relativamente identico ma dall’etimologia completamente diversa.

Cominciamo con zuèccu, Piccone snello e leggero, con manico lungo e con sbarra a taglio piatto e stretto ad una estremità, e a taglio piatto e largo dall’altra; veniva adoperato con maestria per estrarre dalle cave di pietra i conci per costruzioni. [dal suono onomatopeico zec… zec dei colpi]1.

Se la descrizione appena fatta dell’attrezzo è perfetta, non mi convince l’etimologia proposta e non riesco a capire, anzitutto, perché non è stata messa in campo, tutt’al più, una serie zozzoc che avrebbe consentito di conservare il vocalismo.  Che la voce avesse una possibile origine onomatopeica lo aveva creduto, anche se non lo aveva dichiarato direttamente, pure il Rohlfs che dubitativamente si era chiesto se non fosse identico all’italiano ciocco2.

Ora in italiano di ciocco ce ne sono due: il primo, di etimologia incerta, indica la parte inferiore del tronco di un albero, da cui si diramano le radici; grosso pezzo di legno da ardere; persona insensibile, poco reattiva; tonto3; il secondo, probabilmente di origine onomatopeica, voce regionale toscana, urto, collisione percossa3.

Mi pare abbastanza evidente che il Rohlfs si riferisce al secondo ed è abbastanza probabile che l’opinione del Garrisi sia derivata da quella dello studioso tedesco.

Mi permetto di fare la mia proposta e di dire che la nostra voce potrebbe essere figlia del latino medioevale soccus, a sua volta figlio dell’omologo soccus=sandalo, dal cui diminutivo sòcculus è nato, poi, il nostro zoccolo.

Il passaggio semantico, a parte la somiglianza della forma (escludendo il manico), sarà chiaro dopo che avrò riportato quanto al lemma soccus è registrato da Du Cange4:

“SOCCUS, Vomer, ferrum aratri, nostris Soc de charue. Alexander Necham: Supponatur dentile vel dentale, cui Soc, vel vomis infigatur. Charta Alaman. Goldasti 50: In ea ratione, ut dum advixero, ipsas res habere debeam; et censui me pro hoc singulis annis, de festivitate S. Galloni in alia, Soccum unum, aut 4 denarios. Tzocos apud Heronem in parekbolàis, et apud Joannem Cananum pag. 194. Polyptychus Monasterii Fossatensis, editus a Steph. Baluzio: Manent ibi homines 19. Solvit unusquisque usque ad Monasterium carroperam 1 et Soc et cultrum. Alias Scot.  Lit. remiss. ann. 1385 in Reg. 127 Charttoph. reg. ch. 199: Deux grosses pieces de fer pour faire deux Scos ou coustres à charrus. Soich in aliis ann. 1388 ex Reg. 132 ch. 220 Suec in Vitis SS. MSS. ex cod. 28 S. Victor. Paris fol. 45 vo col. 2.Soccus apud Anglos et Scotos, Barones dicuntur tenere curias suas cum Socco, et sacca, furca et fossa, etc. ut est in Regiam Majestatem lib. I cap. 4 § 2. Ubi haec Skenaeus: Qui habet donationem terrarum vulgo in feofamentum5 si bi a Rege concessum, cum Socco potest habere vassallos, vel colonos, quos cogere potest, ut cum Socco seu vomere, id est aratro agrum suum colant, qui propterea Soccomanni vocantur lib. 2 cap. 27 Alii per soccum intelligunt sectam, Soyt of court, ut sit privilegium regale, tenendi curias, in quibus sectatores comparere debent, ut in lure dicendo, et justitia administranda, judici adsint suo consilio.

(traduzione: SOCCUS: Vomere, ferro dell’aratro per i nostri [i Francesi] Soc de charue 6….Si potrebbe supporre dentile o dentale in cui si inserisce il soc o vomere….in quel caso, finché vivrò, dovrei avere queste cose; e ho pensato che io a questo scopo debbo avere ogni anno da una festa di San Gallone alla successiva un socco o quattro denari. Tzocos7 presso Gerone nelle Digressioni e presso Giovanni Canano…Restano lì 19 uomini. Ciascuno provvede ad un solo trasporto con carri fino al monastero e al soc e al coltello. Altrimenti……Grossi pezzi di ferro per realizzare due scos o pezzi appuntiti per l’aratro. Soich in altri…Soccus presso gli Inglesi e gli Scozzesi, si dice che i baroni mantengono le loro corti con il socco, la sacca, la forca e la fossa…Chi ha una donazione di terre, secondo il modo di dire popolare in concessione feudal a lui fatta dal Re, può avere vassalli, o coloni che può costringere a coltivare il suo campo col socco o vomere, cioè aratro, i quali per questo sono chiamati Soccomanni…altri per socco intendono fazione, seguito di corte, come se fosse un privilegio reale di tenere una corte nella quale i componenti il seguito debbono comparire per assistere il giudice nella sua decisione nella dichiarazione della legge e nell’amministrazione della giustizia).

Nell’immagine, gentilmente passatami dall’amico Marcello, le parti contrassegnate con a (vomere, in dialetto ombre) e b (dentale, in dialetto tintale) evocano la forma del ferro dello zuèccu.

Il passaggio s->z- non pone alcun problema essendo quasi la regola: a parte la variante tzocos registrata dal Du Cange, basta pensare per l’ italiano a zozzo variante di sozzo, a zoccolo [dal latino sòcculu(m), diminutivo di soccus] e per il dialetto neretino a zòccula (grosso ratto, ma, per traslato, anche puttana) da un latino *sòrcula(m), diminutivo del classico sorex/sòricis=sorcio).

Passiamo ora a zzoca, sinonimo di fune.

Condivido questa volta pienamente, quanto riportato dal Rohlfs e dal Garrisi, per i quali la voce, collegata con l’antico italiano soga,  è dal latino (aggiungo io tardo) soca. È senz’altro da respingere la proposta etimologica avanzata da Giuseppe Presicce8 in http://www.dialettosalentino.it/zzuca.html

dove leggo: ZZUCA. Significato in italiano: corda fatta di giunchi intrecciati. Etimologia: dall’aggettivo “ζύγον”, che serve ad indicare tutto ciò che serve a congiungere due elementi e, quindi, anche una corda. Vedere anche l’antico termine italiano “soga” = striscia di cuoio, correggia. Note: con la “z” sorda.

Intanto c’è da dire: 1) che l’esatta grafia del greco (perché di parola greca si tratta) ζύγον messo in campoè ζυγόν; 2) la voce in questione non è un aggettivo ma un sostantivo che significa giogo, coppia, legame, ponte.

Se sul piano semantico non ci sono problemi a collegare zzuca (è la variante di Scorrano del neretino zzoca) con  ζυγόν,è su quello fonetico che l’operazione diventa impraticabile perché costantemente il digramma greco ζυ o quello latinoju evolvono nel dialetto salentino in sciu. Per quanto riguarda il latino gli esempi sono innumerevoli (basti per tutti jùncum da cui l’italiano giunco e il salentino sciùncu). Ma emblematico del passaggio del fenomeno dal greco al latino e poi nel salentino è proprio ζυγόν  che ha dato vita al latino jùgum (con retrazione dell’accento perché in latino non esistono, com’è noto, parole tronche), da cui, poi, l’italiano giogo e il salentino sciùu/sciù. Se zzuca fosse derivato da ζυγόν sarebbe stato, perciò, sciùca. Prima di approfondire la questione, però, non posso non essere grato al Presicce per un nesso che altrimenti avrei omesso di ricordare e che riporto: cacare zzuche: defecare escrementi di forma allungata, simili a grosse corde.

E, dopo quest’aulica immagine (che non ho ritenuto opportuno corredare di foto come ho fatto per l’originale non metaforico…)  riprendo il discorso interrotto per un attimo.

Tanto zzoca/zzuca che il ricordato italiano antico soga sono tutti, come già detto, dal tardo latino soca o soga, lemmi così trattati nel glossario del Du Cange9: “SOCA Charta plenariae securitatis sub Justiniano scripta, apud Brisson, lib. 6, formul. pag. 647: Armario uno valente siliquas quattuor, Socas tortiles duas valentes siliquas aureas sex, sella ferrea… Ital. Soca est funis. Vide Soga” (traduzione: SOCA. Carta della sicurezza plenaria scritta sotto Giustiniano, presso Brisson, lib. 6 formul. pag. 647: In un armadio che vale quattro silique10 due corde attorcigliate del valore di sei silique di oro, sedie di ferro…Ital. Soca è fune. Vedi Soga) e a SOGA: “Restis. Gloss. Soga, funis. Vox Italis et Hispanis etiam in usu. Lex Langobardorum lib. 1 tit. 25 § 33 [Roth. 296]: Si quis Sogas furatus fuerit de bove iunctorio, componat sol. 6. Innocentius III PP. lib. 1 Epist. 61: Culcitram unam, mantilia 4. Sogam carralem de corio…Chronic. Parmense ad ann. 1291 apud Murator. tom. 9 col. 821: Campana communis, quae erat adhuc in platea communis super uno aedificio ligneo, dum sonaretur ad Sogam, fracta fuit. Dantes in Infern. cant. 31: Cercati al collo e troverai la Soga.  Vide Oct. Ferrarium in Soga. Tabularium sancti Mauricii Agaunensis apud Guichenonum in Probat. Hist. Sabaud. pag. 4: De quarto terra S. Mauricii habet Sogas 5, una quaeque Soga habet pedes 100. Ubi Soga, est funis, funiculus, agri modus… (traduzione: Restis. Gloss. Soga, fune. Voce in uso pure tra gli italici e gli Spagnoli. Legge dei Longobardi lib. 1 tit. 25 § 33 [Roth. 296]: Se uno ha sottratto per furto le funi da un bue destinato al giogo paghi 6 soldi. Innocenzo III papa lib. 1 Epist. 61: Un materasso, 4 grembiuli, una fune da carro di cuoio… Cronaca parmense fino all’anno 1291 presso Muratori tomo 9 colonna 821: La campana comune che allora era si trovava in  comune in piazza su una costruzione di legno mentre veniva suonata al tiro della corda si infranse. Dante in Inferno… cant. 31: Cercati al collo e troverai la Soga.  Vedi Ottavio Ferrari alla voce Soga. Tabulario di San Maurizio  Agaunense presso Guichenono in Probat. Hist. Sabaud. pag. 4: Di un quarto la terra di San Maurizio ha cinque soghe, ciascuna soga è costituita da 100 piedi. Dove soga significa fune, cordicella, misura del campo…).

Quanto all’italiano antico soga c’è da ricordare per tutti Dante (Inferno, XXXI, vv. 73-74): Cercati al collo e trollerai la soga/che il tien legato… (il corno) e il suo uso letterario in Pascoli, Le canzoni di Enzio, La canzone dell’Olifante, III, v. 61: Lasciate il corno pendere alla soga e Il Sacro Impero, VIII, vv. 1-2: E suona la campana del Comune/a tocchi tardi. Ella è sonata a soga.

Zzucàri erano i funai e la parola sopravvive nel detto scire a nnanti comu li zzucàri (andare avanti come i funai, modo sarcastico per dire regredire invece di progredire, dal momento che i funai intrecciavano le fibre vegetali con un movimento a ritroso dopo averne fissato le estremità ad un sostegno verticale).

E siamo, infine, a zzucàre. La voce è registrata dal Rohlfs, col significato di succhiare, per il Brindisino come testimonianza non diretta ma tratta dal Vocabolario dialettale ossia il linguaggio vernacolo della provincia di Terra d’Otranto in confronto della lingua nazionale, Tipografia del commercio, Taranto, 1896 di Francesco d’Ippolito (in gran parte compilazione del Vocabolario del dialetto tarantino in corrispondenza della lingua italiana di Ludovico De Vincentiis, S. Latronico, Taranto, 1872 e del Saggio di un vocabolario domestico del dialetto leccese, Tipografia cooperativa, Lecce, 1893).

Nel Garrisi si legge la definizione fabbricare funi e in senso figurato tirare per le lunghe, tergiversare; la voce è fatta derivare da zuca, evidente variante, come zzuca del Presicce, del neretino zzoca.

A quanto ne so nel neretino la voce è usata per rimproverare ad uno (soprattutto ad un bambino) la sua petulanza e questo mi spinge a pensare che essa sia collegata alla definizione data dal Rohlfs, anche se succhiare nel neretino è sucàre. Il passaggio s->z- potrebbe tradire le origini napoletane della voce, per la quale riporto, e chiudo, le testimonianze che seguono:

Nicolò Capasso, De la guerra de Troia, in Collezione di tutti i poemi in lingua napoletana, tomo XV, Porcelli, Napoli, 1787 pag. 60: Pecché a ssentire a buie, sentì mme pare/propio li piccerille de la zizza,/che non sanno fa auto che zzucare).

Nicola Fasano, La Giorosalemme libberata de lo sio Torquato Tasso volta a lengua napoletana,  libro XI, ottava 71, in Collezione di tutti i poemi in lingua napoletana, tomo XIV, Porcelli, Napoli, 1786 pag. 23: Sta Goffredo appojato, e cco ffranchezza/nfrena lo chianto, e zzuca lo dolore (Sta Goffredo appoggiato e con franchezza frena il pianto ed assorbe il dolore).

________

1 Antonio Garrisi, Dizionario leccese italiano, Capone, Cavallino, 1990.

2 Vocabolario dei dialetti salentini, Congedo editore, Galatina, 1976, v. II, pag. 844 alla variante zoccu.

3 Dizionario italiano De Mauro, Paravia, 2000.

4 Glossarium mediae et infimae Latinitatis, Le Favre, Niort, 1886, tomo VII, pagg. 504-505.

5 Sicuramente errore per feudamentum.

6 Dal Trésor consultabile all’indirizzo http://www.cnrtl.fr/definition/

“Pièce travaillante de la charrue en acier (autrefois en bois), de forme pointue, s’élargissant vers sa partie postérieure, qui pénètre profondément dans la terre et la fait glisser sur le versoir; étymol. et Hist. 1160-74 (Wace, Rou, éd. A. J. Holden II, 1231, 1235, 1245) Mot de la France septentrionale qui remont à un gaul. *soccos ou *succos (cf. l’irl. socc qui désigne en outre le boutoir de sanglier et le kymr. swch) qui a subi l’infl. du lat. soccus, espèce de soulier bas (socque*). D’apr.  Guir. Lex. fr. Étymol. obsc. c’est le mot lat. soccus qui, sous l’infl. du gaul. *soccos ou *succos, aurait pris le sens part. de chaussure de la charrue”

(traduzione: Pezzo che lavora dell’aratro in acciaio (talvolta di legno), di forma appuntita, che si allarga verso la parte posteriore, che penetra profondamente nella terra e la scivolare sul versoio; etimologia e storia…parola della Francia settentrionale che risale ad un gallico *soccos o *succos (cfr. l’irlandese socc che designa inoltre il muso del cinghiale e il cimbrico swch) che ha subito l’influsso del latino soccus, specie di sandalo basso (socque*). Presso…etimologia oscura. È la parola latina soccus che, sotto l’influsso del gallico *soccos o *succos avrebbe assunto il significato particolare di scarpa dell’aratro”).

É con particolare soddisfazione che nel cercare nel Trésor la voce soc, introvabile negli altri dizionari francesi, ho trovato la conferma alla mia ipotesi iniziale.

7 Questa variante porta ulteriore acqua al mio mulino per quanto si dirà dopo sul passaggio, peraltro normale, s->z-.

8 Così si chiama anche mio cognato che, però, produce un ottimo formaggio in quel di Bellimento (pubblicità scorretta?…) e che di fronte ad un’etimologia si troverebbe a mal partito come me di fronte alla preparazione del cacio cavallo. Tuttavia, per quanto dirò, non è che il nostro nel confezionare la sua etimologia sia brillante…

9 Glossarium mediae… , op. cit., pagg. 503 e 508.

10 La siliqua era una moneta romana d’argento coniata dall’età costantiniana, ma prima era stata anche unità di peso corrispondente a circa o,9 g.; non a caso siliqua è anche il nome del baccello del carrubo (Ceratonia siliqua L.), i cui semi saranno utilizzati come pesi nelle bilance da orefice; carato, infatti, deriva dall’arabo qīrāt=ventiquattresima parte di un denaro, a sua volta dal greco keràtia=carruba, dal quale deriva la prima parte del nome scientifico.

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2 Commenti a Zuèccu, zzoca, zzucàre

  1. Malgrado tutto, su queste nuove e qualificate scoperte storiche continuo ad avere perplessità. A mio avviso si tratterebbe solo di supposizioni. Essendo un monumento religioso le uniche fonti attendibili dovrebbero essere solo e soltanto quelle ricavabili dalle visite pastorali e dai documenti ufficiali della Curia. Inoltre pochi anni prima (1743) a Nardò era avvenuto un terribile terremoto e nel 1754 la Città era ancora impegnata alla sua ricostruzione, specialmente in piazza dove si stava ricostruendo il palazzo del municipio e pertanto credo che le risorse economiche disponibili venivano destinate alla ricostruzione e non ad un monumento, seppur rispettabilissimo.

    • nelle visite pastorali non si fa cenno della guglia, essendo quelle riservate ai luoghi sacri (chiese, cappelle, monasteri, ecc.). Trattandosi di monumento civico, ed infatti sorge sulla “platea publica”, la competenza è del Municipio

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